Il viaggio di Primo Levi 60 anni dopo
di Paolo D'Agostini La Repubblica
A metà tra il sessantesimo della liberazione di Auschwitz, febbraio 2005, e il ventesimo dei suicidio di Primo Levi, aprile 2007, Davide Ferrario con la sua troupe ha impiegato quasi lo stesso tempo che impiegò Levi, uscito dal campo in febbraio e arrivato a Torino nell'ottobre '45, a rifare lo stesso viaggio: raccontato diciotto anni dopo da Levi in "La tregua". DanieleVicari nel suo documentario Il mio paese ripercorreva dopo 46 anni il viaggio che aveva fatto Loris Ivens nell'Italia delle promesse del boom, Ferrario in La strada di Levi ha ripercorso l'Europa delle promesse di pace. Si domandano ambedue che fine abbiano fatto le premesse di allora. La Polonia, visitata sotto la scorta di Wajda, delle grandi fabbriche statali smobilitate, l'Ucraina dei nazionalismo e di Cernobyl, la Bielorussia della collettivizzazione sovietica ancora intatta, la Moldavia dell'emigrazione massiccia verso di noi e la Romania dei nuovi "investitori" italiani sui quali le locali operaie, imbarazzate, non rispondono alla domanda "come sono?", l'Ungheria del gadget comunisti. "La tregua" di Levi era quella personale dopo l'orrore ma anche quella del mondo carico di aspettative, finita la seconda guerra e non ancora iniziata la guerra fredda. Oggi, dopo la fine dell'impero sovietico e dopo le Torri, un'altra tregua è finita.
da La Repubblica, 19 ottobre 2006
di Paolo D'Agostini, 19 ottobre 2006