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Nonostante un’imponete carrellata di comici famosi, il film riesce solo a strappare alcune risate un po' stirate che non compensano la noia che prevale fin dall’inizio. Le battute, volutamente ciniche e graffianti sono in realtà scontate e tristi da Commedia stile “ panettone americano”. Ma, fin dall’inizio del film si avverte una spaccatura tra la struttura da commedia e i contenuti, il messaggio. Denis Dugan in realtà punta in alto, non ci vuole solo far ridere ha una pretesa ben più nobile, ci vuole proporre un’analisi sociologica sullo stato dell’America. E' morta, ci racconta il regista, l'idea che gli Stati Uniti debbano vincere sempre. E’ arrivato il momento di fare i conti con una società cresciuta velocemente ma forse un po’ sull'illusione. Gli americani si sono persi, dice Dugan, non solo perché sono cresciuti troppo in fretta ma perché hanno commesso l'errore di essere troppo bravi, di non sbagliare mai. La terapia: smettere di essere i primi e di vincere sempre. Se proviamo, volutamente, la sofferenza, l'umiltà della sconfitta abbiamo più tempo per noi stessi, per riscoprire le cose vere ma soprattutto, aiutiamo gli altri a non odiarci più e a non perdere più tempo nell’invidia. Chiaramente tutta questo può avvenire semplicemente pescando dentro le nostre sole energie, la nostra storia. Noi americani ci rigeneriamo da soli, sostiene Dugan.
Questa analisi fa ridere veramente ma gli Americani, almeno alcuni, ci credono e forse, é questo che si raccontano dopo il fallimento e il ritorno dall’Afganistan e dall’Iraq. Naturalmente, dal vecchio continente e in particolare dall'Italia, chi sa perché ancora noi come in Somewhere di Coppola, non hanno niente da imparare. Anzi, noi italiani, siamo solo i più vanesi nel mondo. E, se in questo avessero ragione?
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