La città proibita

Un film di Gabriele Mainetti. Con Enrico Borello, Yaxi Liu, Marco Giallini, Sabrina Ferilli.
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Drammatico, durata 137 min. - Italia 2025. - PiperFilm uscita giovedì 13 marzo 2025. MYMONETRO La città proibita * * * - - valutazione media: 3,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Tris d''Assi Valutazione 4 stelle su cinque

di Clara Stroppiana


Feedback: 1929 | altri commenti e recensioni di Clara Stroppiana
venerdì 18 aprile 2025

 Con La Città Proibita, ancora una volta Gabriele Mainetti non ha deluso. Sempre uguale e sempre diverso. Uguale nel mescolare il fantastico, l’improbabile, con la dimensione del reale, diverso nelle ambientazioni, nelle atmosfere e nelle storie.
Come già Lo Chiamavano Jeeg Robot  e Freaks out, anche questo terzo film è girato a Roma, ma ogni volta è uno dei suoi tanti volti a fare da sfondo. Una città “dove tutto è possibile e nulla è importante”. Una battuta riferita all’Italia, ma che sembra fatta apposta per quella Roma insofferente alle regole, più per pigrizia che per spirito ribelle, scanzonata di norma e seria nell’eccezione. Qui ben rappresentata dalla confusione rumorosa e colorata del cuore pulsante del quartiere Esquilino: Piazza Vittorio e i suoi portici. Un mondo multietnico che Mainetti riprende con uno sguardo non documentaristico, pur facendone il ritratto visionario di una realtà contemporanea. Piccoli commerci illegali dettati dalla necessità di sopravvivere dei giovani immigrati taglieggiati dall’immancabile estorsore. I ristoranti che spennano il turista in cerca di amatriciane e carbonare. La concorrenza dei cinesi venuti con i portafogli gonfi a colonizzare spazi sempre più somiglianti a una delle tante Chinatown.
In questa Roma, arriva dalla Cina anche la giovane Xiao Mei decisa a ritrovare la sorella di cui si sono perse le tracce e forse finita in un giro di prostituzione che ha il suo centro ne La città proibita, nome pluriallusivo di un ristorante cinese. Un combattimento dopo l’altro la bravissima Yaxi Liu (che non usa controfigure, anzi lei stessa una stuntwoman prima di questa prova come attrice) riempie la scena con mosse precise e acrobatismi spettacolari che dettano il ritmo a molte sequenze.
Se la città è meticcia anche questo film lo è. Mainetti attinge al genere Kung Fu che tanto successo ebbe negli anni ’70, lo ibrida con tinte noir e momenti horror che  la fotografia di Paolo Carnera illumina di efficaci chiaroscuri e penombre. Ricco di citazioni, omaggia Mastroianni nel timido personaggio di Marcello (Enrico Borello). Quando lo sentiamo chiamare per nome la prima volta, sarà la magia del ricordo cinematografico con i suoi giochi di specchi a distanza che ci teletrasporta davanti a un altro schermo in cui Anita Ekberg  già sotto le acque che sgorgano dalle rocce di Fontana di Trevi lancia il suo indimenticabile richiamo:  “Marcello come here!” Era la Roma de La Dolce Vita, di Via Veneto, delle dive e dei paparazzi, di quando dire Roma voleva dire cinema. Ed ecco allora un omaggio anche alla Loren nella sensualità mediterranea e la furbizia latina di Lorena, una Sabrina Ferilli molto a suo agio nel personaggio. Quando ancheggiando si allontana di spalle dal ristorante “Da Lorena” nella sua ultima scena, il pensiero va alla Sophia de L’oro di Napoli e alle sue mitiche camminate nel vicolo dove impasta e vende pizze nel basso “Da Sophia”. E come non pensare a Vacanze Romane se Marcello porta Xiao a fare un giro in Vespa nei luoghi della città eterna? 
Perno del film però, personaggio centrale attorno al quale tutto ruota, è Annibale, il boss del quartiere. Sulle soglie della vecchiaia, ancora violento e spietato pur di mantenere in piedi un mondo, il suo, che sta cambiando volto, storie e protagonisti. Quando malinconia e stanchezza lo prendono, ecco che un’umanità improvvisa appare sotto la pelle del leone. Nessuna sfumatura si perde nell’interpretazione di Marco Giallini, qui ai suoi massimi livelli, che fa di Annibale un personaggio tragico capace di dominare la scena nell’oscurità del male o di alleggerirla con la battuta sarcastica. Il fiabesco, la commedia, la satira, la vena nostalgica, i maestri del passato. Tutto si intreccia ne La Città Proibita dove Mainetti dà ancora una volta prova di uno stile personale.
Unico neo a mio avviso i dialoghi “amorosi” tra Marcello e Xiao appiattiti sugli stereotipi del genere sentimentale delle serie televisive. Un peccato veniale in un ottimo film con il quale Mainetti supera la terza prova e completa il suo tris d’assi. Aspettiamo il poker.

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