Taxi Monamour |
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Un film di Ciro De Caro.
Con Rosa Palasciano, Yeva Sai, Valerio Di Benedetto, Ivan Castiglione.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 110 min.
- Italia 2024.
- Adler Entertainment
uscita mercoledì 4 settembre 2024.
MYMONETRO
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Affinità elettive
di Clara StroppianaFeedback: 2029 | altri commenti e recensioni di Clara Stroppiana |
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martedì 1 ottobre 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il non detto, il suggerito, il pensiero affidato allo sguardo e ai gesti più che alle parole. E’ questa la chiave di lettura diTaxi Monamour, quarto lungometraggio di Ciro De Caro presentato a Venezia 81, nelle Giornate degli Autori dove si è aggiudicato il Premio del Pubblico. E’ dunque tra le pieghe delle inquietudini di Anna e Cristi che lo spettatore deve cercare la storia raccontata dal film. Una relazione tra due sconosciute nata da un incontro casuale, che procede per sequenze brevi raccordate da un montaggio spesso ellittico e con frequenti jump cut. Un’affinità improbabile ad un primo sguardo: Anna estroversa, socievole, affettuosa. Cristi chiusa, diffidente, aspra. Personaggi interpretati rispettivamente da Rosa Palasciano, che insieme a De Caro ha scritto la sceneggiatura, e da Yeva Sai. Le due giovani attrici, spesso riprese in primo piano e senza trucco, ci offrono ottime prove attoriali poggiando sulla misura l’efficacia interpretativa del ruolo. Diverse anche nell’aspetto, la loro prossimità, tutta sottotraccia, emerge un poco alla volta attraverso un percorso non lineare ostacolato dai contesti familiari e sociali, dalle contingenze storiche e dalle incertezze personali delle protagoniste. Ognuna sta cercando in solitudine di ascoltare e comprendere la voce dei propri desideri e di sottrarsi come può al chiacchiericcio disturbante di chi pretende di indicarle la strada giusta. Rifugi effimeri come il bagno, l’altra stanza, la musica ascoltata in cuffia, un’uscita di casa sbattendo la porta. Finché un ballo insieme, al suono di una modesta orchestrina, un tuffo abbracciate nel mare a un passo da casa, anche se non è proprio blu, segnano momenti di spensierata seppur malinconica leggerezza, di libertà goduta lontano da legami ingombranti. Finché nel contatto dei corpi entrambe accolgono il riconoscimento di una vicinanza profonda e tangibile. Sentimenti universali che il regista pone al centro della scena. Lascia invece sullo sfondo luogo e tempo, ma con una presenza ben definita che attualizza il racconto e gli dà verità: la Roma comune ai più, lontana dalle “grandi bellezze”, la città degli autobus che non passano, dei lavori precari e dei lavoratori improvvisati, di chi sta arrivando dall’Ucraina in guerra… Realismo che l’autore ha cercato anche con una tecnica di ripresa da macchina a spalla e con una colonna sonora “sporcata” dai rumori di fondo, dimostrandosi sempre più sicuro nella ricerca di uno stile personale .
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