THE LAST SHOWGIRL. Visto per la prima volta un film di Gia Coppola, figlia e nipote d?arte del compianto Gian-Carlo (meno male che due mesi prima della tragedia non aveva usato il guanto parigino?), Francis e Sofia. Bisogna dire che la mano registica ce l?ha, avendo collaborato con il nonno e la zia e con due film all?attivo (mia culpa che devo recuperare).
Shelley Gardner, una showgirl di cabaret ormai in et? matura, vedr? il suo mondo poco a poco crollare quando viene a sapere che lo spettacolo di Las Vegas chiuder? i battenti dopo trent?anni. Di l? molti veli di Maya verranno tolti e al contempo cercher? di riallacciare i suoi rapporti con la figlia Hannah.
Gia gira il tutto con diversi primi piani e movimenti con macchina a mano seguendo perennemente i personaggi e con chiari tocchi e visioni prettamente femminili. Non a caso il suo stile si avvicina pi? a quello di Sofia Coppola e dal nonno Francis prende i proverbiali raccordi di montaggio artistoidi e le scelte di colori sgargianti e musiche delicate con apparente barocchismo dove per? non si raggiunge mai la totale saturazione per semplici ragioni narrative. Le interpretazioni sono buone, una Pamela Anderson protagonista finalmente decente in un ruolo a tratti autobiografico e decisamente suo. Una splendida Jamie Lee Curtis da perfetta e disillusa ?ragazza immagine? ancora in forma nelle movenze senza nascondere troppo la sua terza et?. Un Dave Bautista pacato, gentiluomo e da perfetto direttore di scena. Un bel ritorno di Kiernan Shipka e Brenda Song che sono delle giovani subrette di contorno belle in forma. Una curiosa Billie Lourd (anch?essa figlia d?arte).
La storia ha delle similitudini con The Wrestler di Darren Aronofsky dove sia il personaggio che l?interprete affrontavano delle dure realt? con la loro carriera, il loro vissuto e la loro et?. Qui Shelley vive lo spaesamento e la meno compatibilit? dovuti ai tempi che cambiano, ma soprattutto lo scoprire di non aver per davvero realizzato la sua vita: ? sentimentalmente sola e senza un compagno, ha solo coltivato il suo orto professionale tra costumi e coreografie senza mai esplorare veramente altro per tre decenni, frequenta una sua vecchia amica ex showgirl che vive le giornate da cameriera e nei ricordi dei tempi andati e le sue giovani colleghe che arrivano sempre pi? a compatirla, prova a stare col suo direttore di scena Eddie (con il quale hanno avuto insieme diversi trascorsi) che tenta pi? volte di sollevarla e aiutarla, ha una figlia che il pi? delle volte ha trascurato dove per? cerca di ritrovare un rapporto stabile, ma con inevitabili regolamenti di conti. Nelle due settimane che passano prima dell?ultimo spettacolo si arriver? ad un?audizione finale dove ogni maschera di Shelley cadr? fino ad un finale crepuscolare.
Certo, Gia poteva anche mettere la lente sugli spettacoli dove se ne parla tanto, ma preferisce concentrarsi pi? nell?intimo, nei camerini e nella sfera personale dei personaggi e attraverso i dialoghi e le immagini parla anche di uno show business che non soltanto mette in evidenza come si elogiano le giovani e belle promesse, ma dimostra in modo lampante come un guscio bello e glitterato, se non ha niente dentro, prima o poi si secca, si rinsecchisce, diventa rugoso e infine non diventa pi? utile. E per una volta non verr? data la colpa al solito maschio, bianco, etero e patriarcale, ma alla donna stessa che ha favorito di tali privilegi di comodo fino a ritrovarsi un conto finale veramente salato.
La tecnica non ? male, anche se correggere un po? la messa a fuoco e nei contorni tanto male non avrebbe fatto, si poteva spingere un po? di pi? nei lati negativi e nelle controversie dei personaggi, alcune volte si gira un po? a vuoto e al personaggio di Billie Lourde si poteva dare almeno dieci anni di pi? perch? come ventenne non ? tanto credibile (oppure castare un?attrice pi? giovane e mantenere gli stessi dialoghi).
Comunque nei suoi 89 minuti si riesce a portare a casa dei buoni messaggi senza sforare troppo in eccessivit? e retoriche e mantenendosi con un discreto film.
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