Non è sempre agevole misurarsi con un soggetto storico basato su vicende reali del nostro Risorgimento, lo aveva già fatto Mario Martone con “Noi credevamo” (2010), disilluso bilancio di quel tratto fondamentale della storia patria; ci riprova Roberto Andò con “L’Abbaglio” che, fra tragedia e commedia, rievoca i fatti della “colonna Orsini”, durante la spedizione dei Mille nella Sicilia del 1860. Squadra che vince non si tocca, per cui, a tre anni da “La stranezza”, il regista palermitano ripropone Tony Servillo, nei panni del colonnello Vincenzo Giordano Orsini, insieme al duo comico Ficarra e Picone, una sciagurata coppia di personaggi di fantasia dal ruolo importante nell’economia complessiva del racconto romanzato. Quindi ancora personaggi storici, qui il Colonnello Orsini, tre anni fa Pirandello, mischiati a personaggi inventati, sempre Ficarra e Picone, qui inaffidabili disertori scansafatiche che, nel sottofinale, sapranno riscattare la loro condizione. Ed ancora un racconto nel racconto, quello ‘dimenticato’ della colonna militare del suddetto colonnello che, effettivamente, guidò una manovra diversiva in Sicilia, che consentì a Garibaldi una più agevole conquista di Palermo, dopo la fondamentale vittoria di Calatafimi. Tutto girato nell’isola, il film di Andò ripropone, anche nei ruoli, lo stesso schema de “La stranezza”, mentre a Servillo spetta il personaggio che vola alto nei valori espressi come nella serietà dell’impegno, a Ficarra e Picone tocca interpretare due furbetti che si barcamenano tra eventi storici più grandi di loro. Un po' come i due imboscati de “La grande guerra” di Mario Monicelli, gli inarrivabili Alberto Sordi e Vittorio Gassman! Non si fermano qui le citazioni, a ben guardare la posa del colonnello Orsini che guarda di spalle, nostalgicamente, Palermo (l’ufficiale vi era nato) prima della conquista garibaldina, ricorda tanto il “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich, dipinto simbolo del movimento romantico in senso lato; a significare l’appartenenza del militare a quanti romanticamente ‘ci avevano creduto’ a un’Italia mazzinianamente libera, unita e repubblicana. Restano gli abbagli del titolo che, metaforicamente, si susseguono sullo schermo. Per primo quello effettivamente preso dalle truppe borboniche, che si convinsero di una ritirata di Garibaldi all’interno dell’isola, inseguendolo, quando si trattava della sparuta ‘colonna Orsini’ di cui sopra. Il secondo, quello costruito da Domenico Tricò e Rosario Spitale (Ficarra e Picone) che, nella cittadina di Sambuca, inaspettatamente, salvarono sia la ‘colonna Orsini’ che l’intera spedizione dei Mille, ancora dalle truppe borboniche guidate dal comandante svizzero Jean Luc Von Mechel. Il terzo ed ultimo (?) abbaglio, esplicitamente citato dal protagonista nel finale, a 20 anni dagli eventi raccontati (che ovviamente non riveliamo), con evidenti agganci al tema del “Risorgimento tradito” del già detto “Noi credevamo” o del “Gattopardo” di Luchino Visconti. Pur rigoroso e volenteroso nelle interpretazioni (riconosciamo fra gli altri, Leonardo Maltese, nei panni del tenente Ragusin, il giovane Leopardi televisivo), il film non riesce a ricostruire la magia, così apprezzata, de “La stranezza”, facendo piuttosto pensare a una sorta di ‘minestra riscaldata’…che abbia preso un mezzo abbaglio lo stesso Andò?!
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