The Holdovers - Lezioni di vita

   
   
   

Quando ad essere trattenuta è la propria vita... Valutazione 4 stelle su cinque

di Montefalcone Antonio


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giovedì 25 gennaio 2024

Payne ritrova il suo stile migliore e realizza il suo film più personale, attraverso un racconto di formazione dai toni agrodolci e dalla tenerezza e sensibilità della sua messinscena.
L’opera, che dosa con equilibrio dramma e commedia, ha il suo grande pregio nella dolente umanità trasmessa dagli eccellenti e convincenti attori (Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph sono da Oscar, ma anche l’esordiente Dominic Sessa è bravissimo), nella sensibilità della messinscena, nella cronaca di vite rimosse, mai vissute. Payne lavora su tematiche complesse (il conflitto generazionale, l'orrore della guerra, la misantropia, la solitudine, il lutto, la depressione), scandaglia emozioni trattenute, si sofferma su cieli plumbei, e indaga nelle pieghe dell’anima e di ciò che essa (ci) nasconde.
Il personaggio interpretato da Paul Giamatti (l’attore era già stato diretto vent’anni prima dal regista in “Sideways - In viaggio con Jack”), è un burbero professore di una scuola americana, costretto a rimanere nel campus durante la pausa natalizia per seguire un gruppo di studenti che non ha un luogo dove passare le feste. In modo inatteso crea un legame speciale con uno di loro – un cervellotico combina guai (l’esordiente Dominic Sessa) — e con la responsabile della cucina della scuola, che ha appena perso un figlio in Vietnam (Da’Vine Joy Randolph).
Questa umanistica e toccante vicenda (della quale Alexander Payne ha avuto l’idea dopo aver visto il film “Vacanze in collegio (Merlusse)” diretto da Marcel Pagnol nel ’35) racconta l’unione (prima forzata, poi condivisa) di tre estranei e viene trattata come quella di una famiglia (con le sue varie disfunzionalità), anche se ogni personaggio sembra un fantasma o un residuo di ciò che rimane di se stessi.
Attraverso sequenze che si spostano tra spazi chiusi, desolati e viaggi on the road (è il quinto film di Payne a presentare un viaggio come punto centrale della trama, gli altri includono “A proposito di Schmidt”, “Paradiso amaro”, “Sideways” e“Nebraska”), il regista ci mostra ancora una volta il volto dell’America profonda, le lotte e le immobilità, le malinconie del passato e i rimpianti, i traumi e i desideri individuali e collettivi mai concretizzati, ma anche le vulnerabilità e le contraddizioni del suo presente; invitando lo spettatore a riflettere sull’importanza della condivisione tra persone, soprattutto quando costoro sono caratterialmente distanti e diverse fra loro. Nel prossimo si potrà trovare qualcosa di davvero utile e prezioso per noi.  Si potrà (ri)scoprire di più e meglio se stessi, prima ancora di chi si ha vicino; e soprattutto si potrà non soltanto conoscere come superare i propri limiti, ma anche imparare a guardare al futuro con uno sguardo completamente nuovo.
La verità umana dei personaggi scaturisce nello stesso modo sia dai loro pregi che dai loro limiti e difetti. C'è tutta la poetica del cinema di Payne in “The Holdovers”, il malessere esistenziale dell’individuo, la lotta quotidiana per accettare i propri difetti e comprendersi l'un l'altro. Un cinema umanista e soprattutto empatico verso chi viene lasciato indietro ma resiste nella forza di affrontare le piccole o grandi tragedie.
Insomma, “The Holdovers” è un film godibile e coinvolgente, convenzionale ma incisivo nello stile e dalla trama interessante ed efficace.  E’ un dramma di spessore e ricco di potenza emotiva.
Un inno cinematografico e poetico sulla solidarietà che nasce dalla sofferenza, e, per mezzo dei suoi personaggi (perdenti loro malgrado, sfiancati dalle sorti avverse), ci regala  divertimento e commozione, suggerendoci riflessioni importanti e non scontate. Assolutamente da non perdere.
Una curiosità: sebbene l’opera ha un suggestivo ed affascinante look cinematografico che ricorda in modo molto significativo i film degli anni ’70 (per l’ambientazione, la pellicola 35 mm nel formato 1.66:1, il taglio delle inquadrature, i colori pastosi della fotografia, la grafica dei titoli di coda), è stata interamente girata in digitale con una ARRI Alexa Mini. Tutti i tratti distintivi della pellicola di celluloide, come la grana, l’alone, lo sporco e la tessitura del film, sono stati aggiunti in post-produzione.

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