Satantango

Un film di Béla Tarr. Con Peter Berling, Mihaly Vig, Putyi Horvath, Erika Bok Drammatico, b/n durata 450 min. - Ungheria, Germania, Svizzera 1993. Acquista »
   
   
   

Immagini emblematiche per un bianco e nero come Valutazione 5 stelle su cinque

di Noia1


Feedback: 15799 | altri commenti e recensioni di Noia1
sabato 7 settembre 2019

  Le vicende di una comunità di contadini ungheresi al crepuscolo dell’Unione Sovietica.
  Un film epocale, un vero e proprio pugno nell’occhio per gli spettatori di metà anni novanta abituati alle solite trasposizioni su grande schermo dei vari videoclip di MTV, qui siamo completamente fuori da quei ritmi forsennati, ritmi per i quali forse non c’è un vero e proprio pubblico e che danno alla storia un’impronta personalissima, un’impronta che lo scaraventa fuori da qualsiasi canone di qualsivoglia epoca. Immagini che sono praticamente dei quadri da appendere in un museo, assolutamente inadatte al piccolo schermo – o meglio – sul piccolo schermo perdono completamente il loro significato, la propria potenza; la potenza di un bianco e nero sfruttato all’ennesima potenza.
  Béla Tarr naturalmente di cinema se ne intende, non parliamo dell’artista di turno che prende la macchina da presa e vuole fare le cose a modo suo, c’è idealismo più che spocchia perché il soggetto e la sceneggiatura sono praticamente da thriller solo che non c’è il solito esaltato che spara a destra e sinistra; Tarr è un artista vero che fa suo il mezzo e fa qualcosa di fastidioso, che ti immerge nel clima di noia e piattume dei protagonisti e che dà un fastidio da matti.
  Un affresco a tutto tondo che non lascia da parte niente di quell’insano patologico scendere nella follia che prende le dure vite di chi è abbandonato a sé stesso. Certo per essere il film con il quale avrebbe dovuto cambiare il mondo a parer mio il regista ha fatto male i suoi conti, già dal punto di vista distributivo proporre una pellicola di sei ore è impossibile; se poi le tre parti in cui la suddividi sono rispettivamente di quattro ore, un’ora e tre quarti e un’ora e un quarto è facile intuire che l’intera operazione diventa a priori un errore. Sei ore di un capolavoro probabilmente dalle intenzioni fallite che forse il mondo lo cambierà (o lo sta cambiando) tramite però il passaparola di quei tre su cento che lo guarderanno.
  In sostanza il vero e proprio capolavoro di un genio davvero troppo avanti coi tempi, un film, che poteva durare due ore ed essere uno dei più grandi noir in assoluto, rimischia invece le carte in tavola nel nome di un’opera estrema, una vera e propria lezione di cinema.
 

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