amandagriss
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venerdì 19 aprile 2013
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...per il bene che ti voglio...
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Seconda guerra mondiale: la I sezione sanitaria dell'Esercito Italiano viene spedita nel cuore della Libia in missione umanitaria per l'arco di tempo di quella che tutti pensano sia una guerra lampo.Qui assistiamo alle vicissitudini di un gruppo di giovani soldati (tra cui Giorgio Pasotti),del loro comandante (un grande Alessandro Haber) e di un frate missionario compatriota (il bravo Michele Placido).Spaesati,frastornati, impreparati,con l'aria di chi si trova lì per caso,i 'difensori della patria' sono perennemente assorti nei loro pensieri,sogni,preoccupazioni private,assolutamente estranei al conflitto in atto.La guerra la vivono per forza e di riflesso: non gli appartiene come loro sentono di non appartenerle.
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Seconda guerra mondiale: la I sezione sanitaria dell'Esercito Italiano viene spedita nel cuore della Libia in missione umanitaria per l'arco di tempo di quella che tutti pensano sia una guerra lampo.Qui assistiamo alle vicissitudini di un gruppo di giovani soldati (tra cui Giorgio Pasotti),del loro comandante (un grande Alessandro Haber) e di un frate missionario compatriota (il bravo Michele Placido).Spaesati,frastornati, impreparati,con l'aria di chi si trova lì per caso,i 'difensori della patria' sono perennemente assorti nei loro pensieri,sogni,preoccupazioni private,assolutamente estranei al conflitto in atto.La guerra la vivono per forza e di riflesso: non gli appartiene come loro sentono di non appartenerle.Complici i frequentissimi tempi morti,passano le giornate sotto il sole cocente dell'Africa in un clima di quasi vacanza e in un'atmosfera generale d'indolenza.Rari,improvvisi attacchi pugnacei li riportano alla realtà,spingendoli ad abbandonare di fretta e furia,col camioncino della Croce Rossa,i luoghi dove hanno piacevolmente soggiornato.I soldati di Monicelli sono antieori compresi e giustificati,che non intendono perire per la gloria nazionale,sono uomini le cui vite nulla hanno a che fare con la belligeranza.Perfino le morti non recano il marchio del valore eroico sul campo: chi cade 'col ferro in mano' è per pura casualità,per ragioni estranee alla ragion di Stato.Dissacrazione della guerra.Sberleffo al ‘memorabile’ imperialismo fascista.Alla soglia dei 90 anni Monicelli firma il suo ultimo lavoro senza lasciare per strada lo spirito iconoclasta,beffardo,sagace,ironico,tagliente ma dal forte retrogusto amaro che da sempre lo ha contraddistinto,esprimendo ancora una volta il suo punto di vista,insofferente ai dogmi del potere.L'ultimo grande vecchio del cinema di casa nostra,con questo piccolo gioiello grezzo -come le rose del titolo,pietre che il vento del deserto intaglia naturalmente conferendole la tipica forma di tali delicatissimi fiori- dal finale memorabile,fa leva sulla conoscenza e memoria storica,riuscendo a divertire e commuovere con egual intensità.
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francesco gatti
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martedì 15 febbraio 2011
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una bella e leggera epopea
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Monicelli dirige alla grande questa leggera epopea dei nostri soldati nel deserto della libia nel 1942. una commedia a metà tra la armata brancaleone e i cari fottutissimi amici, che appassiona e commuove.
I nostri militari di un ospedale da campo, comandati da un romantico haber e da un razionale e democratico pasotti si mettono in marcia, verso non si sa bene dove. a questi si aggrega un fratozzo molto rude (placido), ma buono.
La guerra è lontana, e i problemi sono quelli di tutti i giorni. i dialetti si mischiano, e le culture del manipolo si sovrappongono. scorre via lieve. qualche pecca di montaggio, ma è tutto assai perdonabile.
Da non perdere.
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gianluca stanzani
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domenica 5 ottobre 2008
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the end
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Nell'estate del 1940, a una sezione sanitaria dell'esercito italiano viene dato ordine di stazionare in una sperduta oasi del deserto libico. Deserto che avrebbe dovuto sancire, la vittoria lampo delle truppe dell'Asse su quelle Alleate. Deserto che vedrà la sconfitta dello scalcinato regio esercito, una sorta di armata brancaleone, in cui gli stereotipi si sprecano, senza per questo mancare di rispetto alla memoria dei caduti. Con un generale, interpretato da Tatti Sanguineti, la cui arroganza e ottusità è specchio fedele delle gerarchie militari. Il Maggiore Strucchi (Giorgio Haber), timido sognatore, desideroso di tornar presto a casa dalla sua amata. Il fresco tenentino, interpretato da Giorgio Pasotti, giovane avventuriero in cerca di gloria, oltre ad un bizzarro Michele Placido nelle vesti di un frate domenicano.
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Nell'estate del 1940, a una sezione sanitaria dell'esercito italiano viene dato ordine di stazionare in una sperduta oasi del deserto libico. Deserto che avrebbe dovuto sancire, la vittoria lampo delle truppe dell'Asse su quelle Alleate. Deserto che vedrà la sconfitta dello scalcinato regio esercito, una sorta di armata brancaleone, in cui gli stereotipi si sprecano, senza per questo mancare di rispetto alla memoria dei caduti. Con un generale, interpretato da Tatti Sanguineti, la cui arroganza e ottusità è specchio fedele delle gerarchie militari. Il Maggiore Strucchi (Giorgio Haber), timido sognatore, desideroso di tornar presto a casa dalla sua amata. Il fresco tenentino, interpretato da Giorgio Pasotti, giovane avventuriero in cerca di gloria, oltre ad un bizzarro Michele Placido nelle vesti di un frate domenicano. Tratto dal romanzo “Il deserto della Libia” di Mario Tobino, il film segna il ritorno di Mario Monicelli alla macchina da presa; ultimo dei giganti rimasti della cinematografia nostrana. Nel complesso, l'opera ricalca un cliché già visto; priva di qualsiasi slancio di originalità e scadente in una sorta di cinema elementare, più consono ad una regia esordiente. Finale incombente e deludente.
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franco a
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domenica 30 marzo 2008
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monicelli e le rose nel deserto
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solo oggi vedo il film di Monicelli e mi dispiace dire con tanto rispetto per un maestro come lui che il film fà veramente ridere, recitato a tratti da cane , la fotografia nemmeno a parlarne e poi il trucchetto patetico della motocicletta accellerata fà veramente venir voglia di pensare che il mondo del cinema è un mondo di elite: peggio ancora la critica ufficiale che smbra tutta omologata , forse per rispetto ad un grande maestro che è stato Monicelli, a difendere a spada tratta un filmetto che l'unica cosa da salvare forse è la sceneggiatura che ci riporta in quegli anni e diventa testimone di un momento di memoria che ci aiuta a farci vergognare
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davizz
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domenica 30 marzo 2008
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bellissimo film
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Vi verranno a raccontare che è un film drammatico ma in realtà è una commedia intelligente, piena di battute sagaci, che rappresentano in modo straordinario gli Italiano degli anni '40.
Chi ha scritto la recensione ufficiale è un povero fesso, pieno di preconcetti, non ha capito niente del film.
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tata 89
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mercoledì 30 gennaio 2008
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non c'è cosa più divina...
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stupendo film!!! nella tragedia riesce a trovare quella giusta ironia che lascia il film meno pesante. FINE ASSURDA!!!!
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reiner werner
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giovedì 10 gennaio 2008
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grande
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Sono uscito dal cinema con un senso di soddisfazione per aver visto un grande film, come, purtroppo, non molte volte capita ultimamente. Bravissimi tutti gli attori, regia perfetta, o quasi. Sono così entusiasta da definirlo uno dei film italiani più belli usciti negli ultimi anni !! Certamente non piacerà a coloro che pensano che la disgraziata "avventura" italica in terra libica sia stata un qualcosa di eroico, a quelli che credono nella guerra, preventiva o no, come mezzo per portare la pace, la libertà, la democrazia ai popoli, a coloro che hanno il fascino dell'esercito inteso come un ente intoccabile, portatore di "sacri valori".
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pino
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lunedì 17 settembre 2007
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deludente!
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giosco
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martedì 29 maggio 2007
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aliquando dormitat homerus
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Ho assegnato tre stellette a questo film, come fanno i professori con l'allievo prediletto, quando fa un compito così così ... In effetti, nonostante il mio amore per il cinema italiano e la venerazione verso il grande Monicelli, sono rimasto un po' deluso da quest'ultima opera, sempre in bilico fra affresco storico, denuncia antimilitaristica e bozzetto da commedia all'italiana. L'ispirazione di partenza era sicuramente lodevole, ma la realizzazione alquanto altalenante, così come l'approfondimento psicologico dei personaggi (compreso l'ottimo Haber). Mi e' parso di cogliere nel film gli stessi difetti della prosa di Giancarlo Fusco, che alterna guizzi folgoranti a pagine decisamente mediocri.
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Ho assegnato tre stellette a questo film, come fanno i professori con l'allievo prediletto, quando fa un compito così così ... In effetti, nonostante il mio amore per il cinema italiano e la venerazione verso il grande Monicelli, sono rimasto un po' deluso da quest'ultima opera, sempre in bilico fra affresco storico, denuncia antimilitaristica e bozzetto da commedia all'italiana. L'ispirazione di partenza era sicuramente lodevole, ma la realizzazione alquanto altalenante, così come l'approfondimento psicologico dei personaggi (compreso l'ottimo Haber). Mi e' parso di cogliere nel film gli stessi difetti della prosa di Giancarlo Fusco, che alterna guizzi folgoranti a pagine decisamente mediocri.
PS. spero di non aver urtato, con questo mio commento, la suscettibilità degli estimatori di MM, tra i quali, ripeto, mi annovero anch'io.
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darkdoll
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sabato 7 aprile 2007
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monicelli, ti voglio bene!
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Vorrei abbracciarlo e chiamarlo "nonno". Un bel film. Un pò amaro, un pò sognante. Bello ma non un capolavoro.
Ma è riuscito a lasciare a bocca aperta il mio ragazzo, fanatico di film d'azione ultraviolenti. E' riuscito a pochi. ;)
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