
Titolo originale | A Simple Accident |
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Iran, Francia, Lussemburgo |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Jafar Panahi |
Attori | Madjid Panahi, Ebrahim Azizi, Vahid Mobasseri, Mariam Afshari . |
Tag | Da vedere 2025 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,83 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 3 luglio 2025
Un incidente stradale fa riemergere profonde ferite del passato. Il film è stato premiato al Festival di Cannes,
CONSIGLIATO SÌ
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Padre, madre e figlioletta percorrono di notte una strada in auto quando un cane finisce sotto le ruote. Ciò provoca un danneggiamento al veicolo che costringe ad una sosta per la riparazione temporanea. Un uomo che si trova sul posto cerca di non farsi vedere perché gli è parso di riconoscere nel conducente dell'auto un agente dei servizi segreti che lo ha sottoposto a violenza in carcere. Riesce successivamente a sequestrarlo ed è pronto a seppellirlo vivo quando gli viene il dubbio che si tratti di uno scambio di persona. Cercherà conferme in altri che, come lui seppure in misure diverse, hanno subito la ferocia dell'uomo.
Jafar Panahi, scontata la pena inflittagli dal regime iraniano, gira un film in cui la denuncia si fa durissima anche se nell'involucro di una apparente commedia.
Chi cerca un cinema in cui l'impegno civile si ammanti di raffinatezze da cinefili farà bene a tenersi lontano da questo film. Chi invece sente l'urgenza della denuncia di una struttura di repressione in cui si stanno insinuando crepe visibili (soprattutto dopo la discesa nelle piazze delle donne) non potrà non apprezzare il fatto che il coraggioso regista iraniano abbia scelto la strada dell'ironia per poi poter colpire dritto il bersaglio mettendone a nudo la crudeltà. I suoi protagonisti, la cui presenza a partire da colui che compie il sequestro, procede per accumulo, seppur limitato, sono esseri umani che hanno subito la violenza e la perversione di un potere che si vede come teocratico (deflorare una detenuta prima di ucciderla per far sì che non vada nel paradiso delle vergini) ed è invece solo interessato a conservare sé stesso. Panahi ne ha conosciuto la pressione e non ha dimenticato gli interrogatori bendato davanti a un muro con un inquirente alle spalle che non smetteva di fargli domande sul perché nel suo cinema non si limitava a mostrare quanto fosse bella la società del suo Paese.
Nonostante quanto è loro accaduto questi uomini e questa donna hanno conservato un'umanità che si colloca al di sopra del desiderio di vendetta. Se per i persecutori l'individuo non contava nulla perché a prevalere doveva essere l'Idea propugnata in nome della Fede, per quelle che ne sono state vittime innocenti l'essere umano ha ancora un valore. Bisogna essere certi di non stare sbagliando e quindi cercare di avere prove dell'identità del sequestrato fino al punto da aiutarlo in qualche misura in un momento cruciale. Panahi, che gira in esterno per potersi permettere di mostrare una protagonista senza velo, sottraendosi quindi alla pretesa di regime che fa sì che nei film le donne anche in casa lo indossino, riesce a portare a compimento la propria accusa mettendo a confronto due modi inconciliabili di guardare alla realtà e di concepire relazioni sociali. Proponendo un finale che resta nella memoria.
Un uomo (Ebrahim Azizi) insieme alla moglie incinta e alla figlia, sta guidando a tarda notte nella periferia di Teheran quando investe un cane randagio. L'automobile non riparte e lui cerca aiuto in un negozio lì vicino. Là trova Vahid (Vahid Mobasseri) che lo riconosce - o almeno, crede di riconoscerlo - come il suo carceriere. Un incontro che innesca una spirale di eventi.
C'è l'eco di La morte e la fanciulla nell'ultimo film di Panahi, il primo puramente narrativo dai tempi di Offside (2006). Nell'Iran di oggi, un uomo rapisce un padre di famiglia convinto si tratti dall'agente che l'ha torturato in carcere e del quale non ha mai visto il volto ma solo ascoltato il ticchettio dei passi della sua gamba di legno. Da qui nasce una dramma sul filo dell'assurdo (l'altro [...] Vai alla recensione »
Il cinema iraniano non smette di regalarci grandi emozioni ai festival internazionali. Soltanto un anno fa il regista Mohammad Rasulof arrivava a Cannes a presentare il suo ultimo film Il seme del fico sacro sorprendendo tutti e mandando un messaggio di speranza, dopo la sua misteriosa fuga dall'Iran. Questo avveniva mentre un altro pluripremiato regista iraniano Jafar Panahi (Taxi Teheran, Gli orsi [...] Vai alla recensione »
A volte non è possibile passare oltre certi eventi e andare avanti con le proprie vite. Lo dice Jafar Panahi nel suo film Un Simple Accident, atto di accusa senza veli contro la repubblica islamica, sorretto dall'ironia rarefatta che conosciamo tipica del regista iraniano, ma portatrice di una rabbia che è percepibile in tanti film passati in questo insolito e coraggioso festival.
Una famiglia sta percorrendo una strada di notte in auto: il padre alla guida uccide involontariamente un animale, riprende la corsa, ma l'auto risulta danneggiata. Si fermano nell'unico posto aperto per chiedere aiuto, ci sono anche la moglie incinta e un figlio. Ma tra i presenti c'è qualcuno che crede di rivedere il terribile torturatore, con una protesi al posto della gamba, perduta in Siria.
Una famiglia in auto, nel buio della sera. Un uomo al volante, il signor Azizi, la moglie incinta gli sta accanto, dal sedile posteriore sbuca la figlia vivace e chiacchierina, entusiasta per l'imminente nascita di un fratellino, sul fondo si intravedono degli animali che incrociano le luci e i tragitti di altre auto. Dopo qualche momento, un tonfo, l'auto ha investito un cane.
Un'immagine molto frequente nel cinema iraniano, molto utilizzata da Abbas Kiarostami ma anche dai suoi epigoni, come lo è Jafar Panahi, prevede dialoghi in automobile, anche molto lunghi, di due persone semplicemente riprese frontalmente da una mdp appena fuori il parabrezza. Un'istanza di cinema povero, essenziale, speculativo. Con una di queste scene inizia Un simple accident, l'ultimo lavoro di [...] Vai alla recensione »
Per lunghi anni la sedia di Jafar Panahi è rimasta vuota, al suo posto un cartello con il nome o la sagoma del regista iraniano che il regime nel 2010 ha condannato a non fare mai più film, rinchiuso nel suo Paese, processato, incarcerato nel penitenziario di Evin. Lui nel tempo non si è arreso, ha continuato a girare clandestinamente assumendone il rischio - come aveva fatto già nelle storie del suo [...] Vai alla recensione »
Anche stavolta il maestro iraniano della dissidenza politica Panahi gira un gioiello con Un Simple Accident. Gruppo di vittime del regime forse incontrano per caso colui che li torturò. Thriller morale con black humour semplicemente geniale. Primo film di Panahi senza lui come personaggio e attore dai tempi di Offside (2006). Occhio che va a premio. Da Il Messaggero, 21 maggio 2025
In un dialogo di Un simple accident - il titolo è francese perché la produzione è divisa tra Francia, Lussemburgo e Iran, dove ovviamente il film non ha incontrato i favori del ministero della cultura: si tratta comunque della traduzione letterale del farsi ?? ????? ????,traslitterabile in Yek tasadef sadeh - l'iracondo Hamid ricorda all'ex compagna Shiva di quando andarono a vedere insieme a teatro [...] Vai alla recensione »
Un uomo contro. Nel 2010 condannato a sei anni di prigione per propaganda avversa al regime, Jafar Panahi non sa, non vuole esimersi dal filmare la realtà del suo paese, l'Iran. Rilasciato su cauzione nel febbraio 2023, con il nuovo film, A Simple Accident, in Concorso al 78° Festival di Cannes corre due sensibili rischi: attirare l'ira di Teheran e ampliare il suo palmares, dopo il Leone d'Oro al [...] Vai alla recensione »
Un'auto investe un cane lungo una strada buia. Un banale incidente. Ma "le cose accadono perché Dio vuole che accadano", dice la moglie dell'uomo che sta guidando. Il caso, probabilmente, non esiste. La traiettoria delle cose si dipana secondo un'intima necessità. E così, subito dopo, il meccanico Vahid crede di riconoscere Eghbal, detto Gamba di legno, il più feroce e crudele tra gli agenti da cui [...] Vai alla recensione »