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mauro.t
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mercoledì 9 luglio 2025
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proletari dell?era post-industriale.
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Tratto dalla pièce teatrale di Arnold Weskerz. In un megaristorante newyorkese il personale di cucina è composto in gran parte da neri, ispanici, arabi e qualche yankee di scarse prospettive. Alla fine di una giornata di lavoro il responsabile si accorge che c’è un ammanco di circa 800 dollari. Di conseguenza parte subito la caccia al ladro all’interno del locale. L’inchiesta si intreccia con la storia di Pedro, cuoco messicano irregolare, e Julia, cameriera americana che vuole abortire nonostante la contrarietà dell’uomo. La macchina da presa segue i dipendenti in cucina e nei locali circostanti, vicinissima ai fornelli, alle postazioni simili ad allevamenti in batteria e agli angusti uffici degli addetti.
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Tratto dalla pièce teatrale di Arnold Weskerz. In un megaristorante newyorkese il personale di cucina è composto in gran parte da neri, ispanici, arabi e qualche yankee di scarse prospettive. Alla fine di una giornata di lavoro il responsabile si accorge che c’è un ammanco di circa 800 dollari. Di conseguenza parte subito la caccia al ladro all’interno del locale. L’inchiesta si intreccia con la storia di Pedro, cuoco messicano irregolare, e Julia, cameriera americana che vuole abortire nonostante la contrarietà dell’uomo. La macchina da presa segue i dipendenti in cucina e nei locali circostanti, vicinissima ai fornelli, alle postazioni simili ad allevamenti in batteria e agli angusti uffici degli addetti. Il personale è semplice, rude, sboccato, talvolta caratteriale e litigioso, a volte violento, riversante spesso nel lavoro le tensioni di una esistenza non facile.
E’ evidente il contrasto tra il clima della sala da pranzo, dove clienti esigenti assaggiano con tranquillità piatti prelibati, tra cui l’aragosta, e quello della cucina attigua, simile ad un girone infernale.
Il film è la descrizione realistica delle disuguaglianze sociali negli USA degli ultimi decenni. Ma forse oggi il proletariato descritto può essere rappresentativo di un più ampio mondo di lavoratori dell’era post-industriale. Non fabbriche ma ristorazione; non operai politicizzati ma lavapiatti, cuochi e cameriere; pochi nativi e molti immigrati. E’ un mondo dove i lavoratori sono quasi totalmente privi di una coscienza di classe e ai quali rimangono solo le ambizioni personali. Poca solidarietà e molta disperazione. “Qual è il vostro sogno?” chiede Pedro ai colleghi nel backstage durante la pausa. Ma i sogni che escono dai loro racconti sono prosaici e individualisti. E a qualcuno non resta che parlare dei propri incubi.
E’ un film politico come pochi, che rappresenta lo spaesamento di una classe sociale senza sponda politica e progetti comuni, che raffigura una comunità fatta di molti migranti che non trovano accoglienza nell’opulente occidente ma solo promesse non mantenute e sfruttamento. Il mondo descritto è quello dove l’attenzione dell’impresa per il consumatore va in parallelo allo schiacciamento dei diritti del lavoratore. Infine il regista affossa coerentemente il vecchio mito del sogno americano. “L’America non è un paese” sentenzia Pedro.
Frenetico, asfissiante, violento, girato con un bianco e nero neorealistico, ben recitato, con una Rooney Mara bionda e intensa.
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sabato 4 ottobre 2025
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la lotta di classe a time square
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ARAGOSTE A MANHATTAN (La Cocina) di Alonso Ruizpalacios.
Ovvero la lotta di classe a Time Square. Quasi interamente girato in bianco e nero, ? una pellicola che ? stata tratta da una commedia pensata per il teatro (e liberamente trasposta per la sala). Siete mai stati ?dietro?? Ovvero quel microcosmo dove si provvede a sfornare i piatti che poi consumerete comodamente a tavola, debitamente serviti? Ecco, lo sguardo (insistito) del regista ci porta a visitare il dietro le quinte, come fosse la stiva di una nave o pi? probabilmente un carcere. Il ritmo delle ?comande? la velocit? nella preparazione dei cibi e il loro impiattamento sui capienti vassoi portati da cameriere tutte vestite in uniforme come da tradizione del locale.
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ARAGOSTE A MANHATTAN (La Cocina) di Alonso Ruizpalacios.
Ovvero la lotta di classe a Time Square. Quasi interamente girato in bianco e nero, ? una pellicola che ? stata tratta da una commedia pensata per il teatro (e liberamente trasposta per la sala). Siete mai stati ?dietro?? Ovvero quel microcosmo dove si provvede a sfornare i piatti che poi consumerete comodamente a tavola, debitamente serviti? Ecco, lo sguardo (insistito) del regista ci porta a visitare il dietro le quinte, come fosse la stiva di una nave o pi? probabilmente un carcere. Il ritmo delle ?comande? la velocit? nella preparazione dei cibi e il loro impiattamento sui capienti vassoi portati da cameriere tutte vestite in uniforme come da tradizione del locale. Dietro tutto questo, splendidamente reso dall'atmosfera cupa e un po' retr? del bianco e nero (a contrasto con le rare scene girate nel ristorante, a colori ma sempre un po' smorti, come uno di quei fumetti che si vendevano nei primi anni 60, il grande Bleck, formato orizzontale), si innervano le storie degli uomini che vi lavorano. La spietatezza del bianco e nero, riduce all'essenziale tutto il resto. Dialoghi, battute, scazzi (ve ne sono molti, come ? naturale in un ambiente dominato dalla frenesia) e vedi bene la immancabile ?storia d'amore? fra un cuoco messicano (Pedro) e una cameriera (Julia) rigorosamente jankee (anzi, ?gringa? come la chiama lui). Un ammanco di cassa scatena una sorta di caccia all'uomo. Vengono definiti molto bene i ruoli della piramide gerarchica, la propriet?, i responsabili, lo chef, poi i cuochi le cameriere e gli ?uomini di fatica?. Una grande orchestra, una macchina oliata per fare soldi, ma dove l'alienazione regna sovrana. Sullo sfondo l'America di questi anni (il film ? del 2024?chiss?, forse prodromico dell'avvento del ?biondo?). La gran parte di locali come questo pu? esistere grazie all'intenso ricorso alla mano d'opera straniera, spesso irregolare, agognante di un visto per diventare a tutti gli effetti cittadini americani. Ma nel frattempo, grazie al loro ?sfruttamento?, vitali per l'economia USA. Uno spaccato dei drammi e delle vite di questa umanit? ?nascosta?. Dove a stridere ? l'assenza di una relazione che non sia basata su presupposti economici. La capacit? del regista ? di aver saputo rendere, in alcuni momenti di pura poesia, come durante una ?pausa pranzo? con alcuni di loro accovacciati in un fetido vicolo (sempre questo tema del ?dietro le quinte??) di quelli che ci hanno abituato a vedere, negli anni, film e telefilm, fra cassonetti dell'immondizia, intenti a fumare una sigaretta, che si lasciano andare alla rievocazione dei propri sogni. Il sogno come veicolo per sopravvivere, ma ? un sogno ?spento? anch'esso, quasi che l'orizzonte di queste donne e uomini abbia dovuto subire (volontariamente, per sopravvivere) un ridimensionamento, una consapevolezza che la vita avr? poco altro da offrire a chi ha avuta in sorte la sfiga di nascere in un posto sbagliato (e nel desiderio di sfuggirvi, capitare in uno con le stesse condizioni). Un sogno americano interrotto. La constatazione di una realt? che insieme ai pasti preparati e serviti, ha consumato in modo vorace anche la capacit? di dirsi liberi, di intendere la vita come opportunit?, di pensare ad un altrove. ?Cosa volete di pi?? Vi pago e vi do da mangiare!? la carrellata finale sui volti esterrefatti della ?brigata? (tutto il personale della ?cocina?) ? la ciliegina del film. Che ? a tratti lento, molto ricorso alla camera a mano, ma ? una piccola grande chicca dell'universo americano di questi anni venti. Da vedere (posto che ci riusciate: distribuzione bizzarra, visto in una sala parrocchiale).
Giuseppe Palam
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