elepton
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lunedì 15 aprile 2024
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quanto talento in un solo film!
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Non saprei da dove cominciare per magnificare quest'opera.
Una storia piena di verità, dove i soggetti impersonati magistralmente dal primo all'ultimo attore si muovono nei loro ruoli stretti, scomodi, oppressi nell'incapacità di scorgere una via di uscita, una novità, una soluzione, per le loro vite schiacciate nella propria ottusa schiavitù esistenziale piena di incomprensione verso l'altro.
Soltanto Desirè ostinatamente non si rassegna, trova in sè stessa una volontà sovrumana che nonostante i traumi subiti nell'infanzia ama e getta il cuore oltre tutti gli ostacoli, nonostante non abbia una grande cultura, stà con il professore (Sergio Rubini) che in fin dei conti la ama veramente, ma non così forte da accettare una situazione della famiglia di lei davvero difficile per la sua mentalità, e cede sul finale.
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Non saprei da dove cominciare per magnificare quest'opera.
Una storia piena di verità, dove i soggetti impersonati magistralmente dal primo all'ultimo attore si muovono nei loro ruoli stretti, scomodi, oppressi nell'incapacità di scorgere una via di uscita, una novità, una soluzione, per le loro vite schiacciate nella propria ottusa schiavitù esistenziale piena di incomprensione verso l'altro.
Soltanto Desirè ostinatamente non si rassegna, trova in sè stessa una volontà sovrumana che nonostante i traumi subiti nell'infanzia ama e getta il cuore oltre tutti gli ostacoli, nonostante non abbia una grande cultura, stà con il professore (Sergio Rubini) che in fin dei conti la ama veramente, ma non così forte da accettare una situazione della famiglia di lei davvero difficile per la sua mentalità, e cede sul finale.
E' bello! Scritto ed interpretato benissimo, lascia quella vena di tristezza delle storie che sanno di vero.
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francog
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sabato 17 febbraio 2024
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buon esordio
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buon film,tematiche interessanti.
Il film tentenna un po' nella prima parte stilisticamente,poi viaggia bene. Giusizio positivo.
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laura manzi
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mercoledì 14 febbraio 2024
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chi è senza trauma scagli la prima pietra
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Non mi esprimo sulle doti registiche della Ramazzotti (in cui ho rivisto un bel po' di Virzì) o sulla profondità dei personaggi, che sebbene alla maggioranza possano sembrare banali e superficiali, posso assicurare che genitori cosi esistono eccome, la profondità che manca, a cui accenna qualcuno, è il risvolto violento ed abusante del padre che nel film compare solo nella seduta di psicoterapia. Il compagno poi, tra una personalità Istrionica e, ormai abusato termine, narcisistica lascia lo spettatore confuso, è uno dei cattivi perchè critica sempre la povera Desirè per poi lasciarla per una più adatta al suo "rango" o è la stessa protagonista che lo allontana non offrendo nient'altro che la superficialità di un estetica non credendo in se stessa? se questo era lo scopo devo dire ottima sceneggiatura.
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Non mi esprimo sulle doti registiche della Ramazzotti (in cui ho rivisto un bel po' di Virzì) o sulla profondità dei personaggi, che sebbene alla maggioranza possano sembrare banali e superficiali, posso assicurare che genitori cosi esistono eccome, la profondità che manca, a cui accenna qualcuno, è il risvolto violento ed abusante del padre che nel film compare solo nella seduta di psicoterapia. Il compagno poi, tra una personalità Istrionica e, ormai abusato termine, narcisistica lascia lo spettatore confuso, è uno dei cattivi perchè critica sempre la povera Desirè per poi lasciarla per una più adatta al suo "rango" o è la stessa protagonista che lo allontana non offrendo nient'altro che la superficialità di un estetica non credendo in se stessa? se questo era lo scopo devo dire ottima sceneggiatura. Molto carino, commuove il giusto chi ha vissuto relazioni abusanti, famiglie disfunzionali quindi un po' tutti noi nel 2024.
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giovedì 8 febbraio 2024
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come fraintendere il significato di un film
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Anzi meglio come subire i propri pregiudizi mentali - e ormai culturalmente endemici - sugli uomini. Su un uomo in particolare, il personaggio interpretato da Sergio Rubini. "Professore universitario narcisista che la fa sentire spesso inadeguata", "che mette a nudo le contraddizioni e l'egoismo del suo personaggio". Ma quale egoismo? quale narcisismo? Ma che film hai visto? Ovvio che la storia deve essere incentrata tutta sull'eroina dal cuore troppo grande, sfigata ma buona e generosa (ovvio, è una donna); ma - sicuramente contro le intenzioni della regista - Rubini interpreta l'unico uomo che dica di amarla e la ami davvero. L'unico uomo dotato di personalità, di gentilezza (in ogni parola, ogni dettaglio), di sensibilità.
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Anzi meglio come subire i propri pregiudizi mentali - e ormai culturalmente endemici - sugli uomini. Su un uomo in particolare, il personaggio interpretato da Sergio Rubini. "Professore universitario narcisista che la fa sentire spesso inadeguata", "che mette a nudo le contraddizioni e l'egoismo del suo personaggio". Ma quale egoismo? quale narcisismo? Ma che film hai visto? Ovvio che la storia deve essere incentrata tutta sull'eroina dal cuore troppo grande, sfigata ma buona e generosa (ovvio, è una donna); ma - sicuramente contro le intenzioni della regista - Rubini interpreta l'unico uomo che dica di amarla e la ami davvero. L'unico uomo dotato di personalità, di gentilezza (in ogni parola, ogni dettaglio), di sensibilità. Lui sì, un buono, un generoso, che insiste a voler avere a che fare con quella cialtrona per cercare di salvarla, di "redimerla", anzi no, semplicemente di darle una possibilità, quando invece avrebbe dovuto già mandarla al diavolo e lasciare che si "godesse" la sua bella famigliola disfunzionale. Siccome però di questi tempi l'uomo - il maschio - deve essere vilipeso e punito ad ogni occasione possibile per i suoi peccati ancestrali, ecco che l'unico personaggio positivo e ricco di umanità viene descritto come uno dei vari aguzzini della santarellina martire di turno. Mah.
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clara stroppiana
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domenica 29 ottobre 2023
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genitori sotto accusa
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Un’altra esordiente nella regia in una stagione del cinema italiano ricca di opere prime. Micaela Ramazzotti vi è arrivata non certo da sconosciuta avendo alle spalle una carriera di successo da attrice, sul grande e sul piccolo schermo, iniziata da giovanissima. Con Felicità si è messa alla prova anche dietro la macchina da presa pur senza rinunciare all’interpretazione della protagonista, Desiré, personaggio che le è congeniale. Intorno a lei o meglio contro di lei, nella Roma contemporanea, una serie di squallidi personaggi, mostri a cui Dino Risi, negli anni ’60 e nell’Italia del boom economico, diede questo appellativo nel film che intitolò appunto I Mostri.
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Un’altra esordiente nella regia in una stagione del cinema italiano ricca di opere prime. Micaela Ramazzotti vi è arrivata non certo da sconosciuta avendo alle spalle una carriera di successo da attrice, sul grande e sul piccolo schermo, iniziata da giovanissima. Con Felicità si è messa alla prova anche dietro la macchina da presa pur senza rinunciare all’interpretazione della protagonista, Desiré, personaggio che le è congeniale. Intorno a lei o meglio contro di lei, nella Roma contemporanea, una serie di squallidi personaggi, mostri a cui Dino Risi, negli anni ’60 e nell’Italia del boom economico, diede questo appellativo nel film che intitolò appunto I Mostri. Mostri in carne ed ossa, oggi come allora, ben più pericolosi di quelli partoriti dalla fantasia. I mostri di Desiré sono innanzi tutto i genitori (Anna Galiena e Max Tortora) che l’hanno cresciuta con scarsa considerazione, svalutandola di continuo per meglio far leva sul suo buon cuore e la sua ingenuità ed estorcerle soldi. Il compagno (Sergio Rubini), un professore universitario che si vergogna di lei, dei suoi strafalcioni linguistici, la svilisce, tipico narcisista che le rimane legato, a quanto pare, solo per un’attrazione fisica, pronto a lasciarla appena incontra la donna “giusta” da cui avere un figlio. Intanto sul set dove fa la parrucchiera deve difendersi da aggressioni e avances sessuali che ha conosciuto appena bambina quando fu abusata dallo zio mentre “mamma e papà” erano troppo impegnati a godersi la bella villa al mare messa a disposizione proprio dal parente predatore. Due brutti ceffi mandati dalla finanziaria con la quale si è sentita costretta a firmare un prestito a favore della famiglia, la minacciano ripetutamente. Un contorno devastante dunque, al quale però Desiré non soccombe, anzi trova in sé la forza e l’energia per resistere e aiutare il fratello Claudio (Matteo Olivetti), un ragazzo fragile che vede in un gesto autolesionista l’unica possibilità per sottrarsi alle manipolazioni dei genitori. Lo salveranno l’amore, e i risparmi, della sorella che lo farà curare in una clinica per disturbi mentali.
Una storia con tutti gli ingredienti per portare sugli schermi certe drammatiche realtà di ambienti socialmente marginali. Alla fotografia e al montaggio due tra i migliori nel loro campo. Rispettivamente Luca Bigazzi e Jacopo Quadri. Per gli interpreti un cast di ottimo livello che la Ramazzotti però non riesce a sfruttare al meglio costruendo personaggi con poche sfumature, come descritti da un cronista frettoloso. Anche Max Tortora, utilizzato qui soprattutto per le sue doti di comico, diventa la caricatura di se stesso senza poter esprimere a pieno il tragico cinismo del ruolo: un guitto senza qualità che pur di farsi strada nel cinema o in televisione è disposto ad ogni sordido compromesso o umiliazione. Manca quasi del tutto l’ambiente della periferia, fisico e sociale, dato troppo per scontato. Verso il finale però un bel colpo di coda. Un montaggio in parallelo in cui vediamo entrambi i genitori agitarsi in un modesto spettacolo musicale in una casa di riposo. Altrove il figlio Claudio, appena uscito dal trattamento con un “moderno” elettroshock, è accompagnato da un infermiere lungo un livido corridoio. Metafora perfetta di quanto, per i figli, possano essere rovinosi i rapporti familiari se privi di un autentico legame affettivo, dove i problemi che ne derivano vengono affrontati con la negazione o l’autoassoluzione.
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thomas
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giovedì 12 ottobre 2023
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eccellente opera prima
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Non sapremo mai “quanto Paolo Virzì” sarà possibile scorgere in filigrana nella futura carriera da regista di Micaela Ramazzotti. È certo che le auguriamo tante altre opere profonde e poeticamente vere come “Felicità”. Se Virzì, infatti, ci ha regalato storie stupende che partono dalle vicende di poche persone (“Ovosodo”, “La prima cosa bella”, “Tutta la vita davanti”), se non addirittura di una coppia (“Tutti i santi giorni”, “La pazza gioia”), per farci riflettere e sorridere sui grandi temi della vita, Micaela Ramazzotti ci sorprende partendo dall’esistenza incasinata della parrucchiera Desirè Mazzoni per affrontare il “tema dei tema”: la famiglia. E così nei cento minuti di durata della storia, mentre un filo sottilissimo di angoscia pian piano rischia di insinuarsi nello spettatore, la Ramazzotti (anche sceneggiatrice) racconta del rapporto genitori/figli e dei danni incalcolabili arrecati ai giovani da padri e madri frustrati o inaspriti dai fallimenti e delusioni della loro vita, e quindi desiderosi di riscatto grazie ai figli, non già amati per ciò che sono, ma utilizzati come strumento di rivalsa nei confronti del mondo.
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Non sapremo mai “quanto Paolo Virzì” sarà possibile scorgere in filigrana nella futura carriera da regista di Micaela Ramazzotti. È certo che le auguriamo tante altre opere profonde e poeticamente vere come “Felicità”. Se Virzì, infatti, ci ha regalato storie stupende che partono dalle vicende di poche persone (“Ovosodo”, “La prima cosa bella”, “Tutta la vita davanti”), se non addirittura di una coppia (“Tutti i santi giorni”, “La pazza gioia”), per farci riflettere e sorridere sui grandi temi della vita, Micaela Ramazzotti ci sorprende partendo dall’esistenza incasinata della parrucchiera Desirè Mazzoni per affrontare il “tema dei tema”: la famiglia. E così nei cento minuti di durata della storia, mentre un filo sottilissimo di angoscia pian piano rischia di insinuarsi nello spettatore, la Ramazzotti (anche sceneggiatrice) racconta del rapporto genitori/figli e dei danni incalcolabili arrecati ai giovani da padri e madri frustrati o inaspriti dai fallimenti e delusioni della loro vita, e quindi desiderosi di riscatto grazie ai figli, non già amati per ciò che sono, ma utilizzati come strumento di rivalsa nei confronti del mondo. E ci racconta anche del senso di oppressione e inadeguatezza che distrugge l’autostima dei figli quando l’occhio critico di un genitore frustrato li rimprovera per non riuscire ad essere all’altezza dell’assurdo compito di riscatto loro affidato. “Felicità” è capace anche di dimostrare con sana franchezza quanta tossicità si diffonde nella famiglia tutte quelle volte in cui un genitore non è capace di chiedere scusa ai figli per gli errori commessi, giungendo a volte persino a costruirsi una verità virtuale che giustifichi il proprio operato, colpevolizzando comunque i figli e, quindi, continuando imperterrito a fare ancora più danni. E infine la Ramazzotti ci racconta che a volte, più o meno consapevolmente, in famiglia si inizia a pensare all’altro come ad un bancomat, dando valore alla persona non già per ciò che è, ma dando valore alla persona per ciò che dà. La famiglia, allora, come “male supremo”, come anticamera tossica della tossicità della vita? Ma quando mai. “Felicità” ci dice che mettere in comune le proprie debolezze in famiglia rende per paradosso ognuno più forte e che l’affetto in famiglia si alimenta con una dinamica dal nome semplice e dalla forza immensa: la generosità. E la generosità è nel tempo dedicato, nella capacità di perdonare, nel gusto di dare per trasmettere serenità. Micaela Ramazzotti ci dice che quanto più la generosità circola in famiglia, come acqua nei vasi comunicanti, tanto più quella “cellula fondamentale della società” è in grado di svilupparsi positivamente, dando forza ad ogni componente e rendendolo capace di resistere alle difficoltà della vita. E conclude sostenendo che, quando la generosità non circola in famiglia, quest’ultima si salva solo se vi è un “eroe nascosto” che continua per affetto a dispensarla comunque. Il film non è perfetto e il personaggio del padre, interpretato da un comunque ottimo Max Tortora, è troppo marcato nella sua vuota stupidità, ma un’opera prima così vera e profonda merita il plauso. Al diavolo gli stupidi supereroi fantascientifici che salvano il mondo, vuote e pallide figure che non cambiano nulla della realtà; evviva le tante parrucchiere Desirè Mazzoni che esistono nella realtà e che rendono il mondo infinitesimamente migliore perchè sanno continuare a voler bene generosamente ai famigliari, nonostante le plurime delusioni che ricevono. Il loro eroismo è nel saper pagare il prezzo della loro capacità di perdonare.
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giovanna raggi
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domenica 8 ottobre 2023
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film orribile
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Il film è depressivo, lento, poco interessante e soprattutto noiosissimo. Avevamo bisogno della Ramazzotti come regista e autrice? La risposta è NO! 1+
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fulvia russo
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sabato 30 settembre 2023
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umanamente bello
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Bravissimi gli interpreti, in specialmente la Ramazzotti, nelle vesti di attrice, regista, sceneggiatrice. Una storia familiare dalle sfumature squallide, dove emerge l'ignoranza, l'egoismo ,l'egoismo e l'assenza dei due genitori, che hanno trasmesso ai figli insicurezze e desiderio di Amore, una compagine che sarebbe destinata allo sfacelo senza la generosità ,l'ingenuità e l'amore profondo che la figlia, sempre pronta ad intervenire,distruggendo la sua vita privata riesce ad esprimere. Un film che guarda nel profondo e suscita emozione. Da non perdere
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giovedì 28 settembre 2023
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antifrasi del titolo
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Il film è una rassegna di alcuni modi in cui si può essere infelici: razzismo di ritorno e estroversione vanesia nel padre; cinismo puerile, irresponsabile e cieco nella madre; sindrome di Peter Pan nel figlio minus habens; finta superiorità intellettuale, morale e comportamentale nel professore con due amanti, ambigue velleità buoniste e familistiche di borgatara sensibile, ma ignorante nella protagonista. Non se ne salva uno. Giorgio Maselli
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athos
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giovedì 28 settembre 2023
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un bell''inizio
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Un bell'inizio come regista per Micaela Ramazzotti. Il racconto molto attuale di una famiglia disfunzionale, dove al narcisismo del padre subentra la remissività della madre. Di conseguenza i figli sono privi di autostima o dediti oltremisura alla salvaguardia della famiglia. Pur con qualche esagerazione nella figura di Max Tortora e di Sergio Rubini la tensione del film è sempre al punto giusto, per sfociare in un finale emozionante. E' un film che scandaglia le dinamiche familiari di questi tempi e, ne sono sicuro, sarà argomento di riflessione personale per tante persone che lo vedranno.
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