The Guilty si basa su un meccanismo accattivante, ma anomalo.
Un’opera che trova la sua complessità narrativa in una struttura semplice, minimalista. Un setting circoscritto, elementare, capace di generare una serie di intricati percorsi emozionali in grado di colmare quello che gli occhi in realtà non vedono.
In pratica il film si svolge in un’unica location, sullo schermo vediamo sempre un solo protagonista (fatta eccezione per qualche fugace comparsata di personaggi di contorno).
Tutto il resto, l’intero racconto in sostanza, lo viviamo grazie alle telefonate gestite da Joe (Jake Gyllenhaal), con la telecamera fissa o quasi su di lui; una serie di eventi narrati esclusivamente a parole che hanno il merito di diventare immagini nella mente dello spettatore grazie alla capacità di costruzione narrativa.
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The Guilty si basa su un meccanismo accattivante, ma anomalo.
Un’opera che trova la sua complessità narrativa in una struttura semplice, minimalista. Un setting circoscritto, elementare, capace di generare una serie di intricati percorsi emozionali in grado di colmare quello che gli occhi in realtà non vedono.
In pratica il film si svolge in un’unica location, sullo schermo vediamo sempre un solo protagonista (fatta eccezione per qualche fugace comparsata di personaggi di contorno).
Tutto il resto, l’intero racconto in sostanza, lo viviamo grazie alle telefonate gestite da Joe (Jake Gyllenhaal), con la telecamera fissa o quasi su di lui; una serie di eventi narrati esclusivamente a parole che hanno il merito di diventare immagini nella mente dello spettatore grazie alla capacità di costruzione narrativa.
Alla fine è un piacevole thriller poliziesco che con pochi elementi a disposizione costruisce un efficace meccanismo narrativo capace di catapultare lo spettatore all’interno di una vicenda a cui, di fatto, non può assistere.
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