jaylee
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domenica 17 ottobre 2021
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le 3 verità di ridley scott
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Ridley Scott, uno dei grandi Maestri visivi degli ultimi 50 anni, ai duelli ci aveva già abituato: il suo primo lungometraggio è datato 1977 ed era per l’appunto I Duellanti (ottimo film, peraltro). Questo però, oltre ad essere ambientato nel tardo Medioevo (1370-1386) invece che nel ‘800, racconta di quello che sembrerebbe essere stato l’ultimo duello sanzionato da uno Stato come metodo risolutivo di un contenzioso giuridico. Seconda sceneggiatura del duo Matt Damon/Ben Affleck dopo Will Hunting del 1997, e come in quel caso, ci sono tutti e 2, Ben Affleck un po’ più nello sfondo (anche se ben delineato); sceneggiatura basata su un libro di Eric Jager, sembra su un caso vero come già detto.
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Ridley Scott, uno dei grandi Maestri visivi degli ultimi 50 anni, ai duelli ci aveva già abituato: il suo primo lungometraggio è datato 1977 ed era per l’appunto I Duellanti (ottimo film, peraltro). Questo però, oltre ad essere ambientato nel tardo Medioevo (1370-1386) invece che nel ‘800, racconta di quello che sembrerebbe essere stato l’ultimo duello sanzionato da uno Stato come metodo risolutivo di un contenzioso giuridico. Seconda sceneggiatura del duo Matt Damon/Ben Affleck dopo Will Hunting del 1997, e come in quel caso, ci sono tutti e 2, Ben Affleck un po’ più nello sfondo (anche se ben delineato); sceneggiatura basata su un libro di Eric Jager, sembra su un caso vero come già detto.
Normandia, 1386. Jean De Carrouges (Matt Damon) sfida davanti al re Jacques LeGris (Adam Driver), suo antico amico ed ora rivale politico, reo di aver stuprato la moglie Marguerite (Jodie Comer).
il film si apre e si chiude con il duello eponimo, ma cosa lo rende molto interessante è che, un po’ come una vecchia canzone di Battisti (capolavoro progressive, peraltro, a nostro modesto parere), racconta 3 volte la stessa storia da 3 punti di vista, ognuno dei quali una verità. Ma quale è la verità? E davvero ne vale la pena in un mondo dove quella di chi soffre le conseguenze conta così poco?
A noi è piaciuto molto, sia nelle ambientazioni di un Medioevo cupo e fangoso, che ben rispecchia un certo stato d’animo, ma soprattutto in questa modalità di mostrare le 3 prospettive, ognuna leggermente diversa dall’altra all’apparenza, ma totalmente diversa nei panni di chi la sta vivendo. Bravissimi gli attori nel lavorare sotto traccia per rendersi “differenti” ai nostri occhi. Vedere per credere la scena della riconciliazione tra Jean e Jacques al ricevimento, una semplice stretta di mano con bacio, che è davvero un piacere vedere (e rivedere). E ci racconta un mondo, lontano ma fino ad un certo punto dal nostro, dove ognuno dei contendenti è irrimediabilmente chiuso nel proprio punto di vista, tanto che nessuno dei 2 pensa di dire una falsità, e la persona offesa, rimane semplicemente l’oggetto della contesa, strumentalizzato per sopraffare l’altro, ma mai un essere umano ferito, neanche agli occhi della Giustizia.
Ridley Scott molto “in palla”, con scene di battaglia adrenaliniche, un duello molto cruento tesissimo, e dialoghi densi di significato: e se dobbiamo scegliere uno, la conversazione quasi finale tra Marguerite e la suocera Nicole su quale sia il nostro posto nel mondo e quanto costa mantenerlo, forse lo merita, fosse altro perché viene detto una volta sola, e non tra i 2 contendenti principali, ma tra 2 donne che in questo Medioevo sembrano relegate dal mondo degli Uomini al ruolo di comparsa. Meno Medioevo di quanto sembri?
Niente da dire, Sir Ridley è una garanzia e ci piace come abbia affrontato la questione del Mee Too sulle violenze sulle donne in un modo veramente stimolante e non per forza politically correct. Lunga Vita al Sir! Granitico. (www.versionekowalski.it)
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[+] la difficoltà di essere donne libere
(di antonio montefalcone)
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(di no_data)
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felicity
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lunedì 31 gennaio 2022
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mascolinità tossica e ruoli sociali
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The Last Duel è una rilettura dell’oscurantismo medievale aggiornata a una sensibilità contemporanea, attraverso un racconto che si concentra sul passato e le sue dinamiche brutali per parlare al presente. È fondamentalmente questa l’anima del film che traspone una storia vera e sviluppa le consuete variabili di tradimento, vendetta e orgoglio ferito triplicando il punto di vista di chi ne è coinvolto: due scudieri, caratterialmente e fisicamente agli antipodi, all’inizio amici, poi rivali, e una donna. L’esplicitazione dei contenuti avviene mostrando tre volte gli stessi fatti dai tre differenti punti di vista di chi ne è coinvolto.
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The Last Duel è una rilettura dell’oscurantismo medievale aggiornata a una sensibilità contemporanea, attraverso un racconto che si concentra sul passato e le sue dinamiche brutali per parlare al presente. È fondamentalmente questa l’anima del film che traspone una storia vera e sviluppa le consuete variabili di tradimento, vendetta e orgoglio ferito triplicando il punto di vista di chi ne è coinvolto: due scudieri, caratterialmente e fisicamente agli antipodi, all’inizio amici, poi rivali, e una donna. L’esplicitazione dei contenuti avviene mostrando tre volte gli stessi fatti dai tre differenti punti di vista di chi ne è coinvolto.
Non ci sono differenze abissali tra le varie versioni, nessun dettaglio risolutivo per avvalorare una tesi (comunque evidente ma non schiacciante), nessuna retorica facile, a dominare sono le sfumature, esaltate da una regia incisiva che sa dove porre lo sguardo e da un montaggio, calibratissimo, che insinua il dubbio senza spiegare dove. Non esiste un’unica verità, l’oggettività è solo un’illusione, le contraddizioni sono più che lecite, ciò che conta è il percepito. E il percepito, ora come allora, è figlio dei tempi che si vivono e dei valori e della cultura assimilati. Il lavoro di cesello della scrittura è supportato dalla regia vigorosa di Ridley Scott che dimostra ancora una volta di trovarsi a suo agio con i racconti epici, ma anche in grado di mettere da parte la grandeur quando è la dimensione intima a cui vuole dare risalto. Il duello finale è comunque quanto di più viscerale, potente e spettacolare il cinema contemporaneo possa offrire, una vera gioia per gli occhi capace di farci tornare bambini davanti a uno spettacolo davvero bigger than life. Di grande resa ed efficacia tutto il comparto tecnico, con una lode speciale alla fotografia plumbea del fido Dariusz Wolski. Interpreti convinti e convincenti nel supportare i caratteri che sono chiamati a incarnare. Ben Affleck si ritaglia il ruolo sui generis del conte vezzoso e vizioso e lo fa con apprezzabile misura. Un’opera figlia dei tempi, in cui la mascolinità tossica e la messa in discussione dei ruoli sociali sono materia incendiaria di confronto, in grado di contribuire al dibattito senza impartire lezioni ma utilizzando il cinema per intrattenere e indurre alla riflessione.
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