'Sulle mie spalle' narra una storia iniziata con la prima guerra mondiale e terminata con la seconda, ambientata tra Padova e realtiva alle vicende, drammatiche e dolorose, di un imprenditore padovano e della sua famiglia.
Nella storia e nella quotidianità di questi personaggi è presente padre Leopoldo, il frate cappuccino ora santo (e patrono dei malati di tumore), originario di Castelnuovo di Cattaro (oggi nel Montenegro), che passò gran parte della vita nel convento di Santa Croce di Padova, a confessare e ascoltare i tanti che a lui si rivolgevano. Via via invecchiato, padre Leopoldo, presenza discreta ma potente, di poche ma sapienti parole, balbettate (non ebbe un eloquio fluente) ma in grado di portare sempre il senso di una riflessione sul senso della vita, riuscirà a orientare le coscienze dei protagonisti.
La guerra, i suoi fragori, le devastazioni, quasi l'odore fumigante che si alza dalle macerie, sono resi con effetti ben calibrati e studiati. Tutto in questo flim sembra naturale, e si percepisce una cura "artigianale", nel valore più positivo di questo termine, di chi ha dedicato tempo, energie, riflessioni e pensiero, in vista del risultato migliore.
Il ritmo della narrazione è sempre sostenuto, non si perde mai e non si avvita su se stesso, ma fluisce senza intoppi e il tempo passa presto. Antonello Belluco ha ben compreso e riflettuto sulla vita e la figura di Leopolo, e lo ha reso con i tratti per cui è tuttora noto e caro nella città che lo ha ospitato, ma sempre inserendolo in un contesto narrativo con una leggerezza di tocco che varia dalla tragedia della morte di un bambino, alla drammaticità delle fragilità umane, al sorriso di una possibile riconciliazione con la vita.
Chi ha familiarità con Padova e la storia di quel periodo coglie con facilità spunti suggeriti con sveltezza e mai banali: il volo di Francesco Baracca, all'inizio, con il suo emblema così esibito (il cavallino rampante che dopo pochi anni diventerà quello della casa automobilistica a tutti nota), il fascino delle architetture termali, delle riprese dentro la basilica di Sant'Antonio (e nel suggestivo chiostro del Noviziato), tanto amata da padre Leopoldo, o di certi scorci architettonici (il chiostro del Giustinianeo) per ambientare scene particolari. La chiesa di padre Leopoldo, si sa, venne bombardata durante la seconda guerra mondiale, e ne rimase intatta la celletta dove il frate confessava. Effetti speciali e documentazione storica, esattezza e precisione, ritmo, colonna sonora e attori di grande bravura rendono, a mio modo di vedere ,questo film veramente speciale. Molto più di un'opera biografica su un frate cappuccino, quanto una riflessione coinvolgente sul senso che una vita riconciliata con i valori intoccabili dell'umanità (e per chi crede, della fede), può sempre essere ricercata e attuata.
Fino alla prima settimana di ottobre è possibile visitare nella Sala dello Studio Teologico della basilica del Santo (chiostro della Magnolia), la mostra fotografica di Claudio Mainardi, che ha documentato il backstage di scena del film con immagini in b/n di grande efficacia.
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