eugenio
|
lunedì 29 marzo 2021
|
delitto e castigo alla francese
|
|
|
|
C’è miseria, degrado, cinismo umano e un vago sentore dostojveskiano nell’ultimo film del cinefilo e cineasta Arnaud Desplechin. Un film che sotto la veste di noir, nasconde la sempiterna e squallida atmosfera di miseria che popola ogni sobborgo di città esistente sulla terra con le relative anime del sottosuolo.
Roubaix, a due passi dal confine col Belgio, è il teatro nazional-popolare in cui è ambientata, nei giorni di una cristianità sofferta natalizia, l’indagine di un gruppo di poliziotti guidati dal commissario Daoud, un franco-algerino, unico della sua famiglia a essere rimasto in Francia, in una terra in cui ha imparato tutto e che gli ha donato un’ancora di salvataggio per resistere al profondo degrado e al tasso di criminalità tra i più alti d’Europa, quelli di Roubaix appunto.
[+]
C’è miseria, degrado, cinismo umano e un vago sentore dostojveskiano nell’ultimo film del cinefilo e cineasta Arnaud Desplechin. Un film che sotto la veste di noir, nasconde la sempiterna e squallida atmosfera di miseria che popola ogni sobborgo di città esistente sulla terra con le relative anime del sottosuolo.
Roubaix, a due passi dal confine col Belgio, è il teatro nazional-popolare in cui è ambientata, nei giorni di una cristianità sofferta natalizia, l’indagine di un gruppo di poliziotti guidati dal commissario Daoud, un franco-algerino, unico della sua famiglia a essere rimasto in Francia, in una terra in cui ha imparato tutto e che gli ha donato un’ancora di salvataggio per resistere al profondo degrado e al tasso di criminalità tra i più alti d’Europa, quelli di Roubaix appunto.
Difficile pensarlo eppure la città, celebre per la conclusione della corsa ciclistica parigina, nei decenni dalla fine del boom industriale delle fiandre francesi, è una delle più povere del paese con un elevato livello di disoccupazione. Tempi quindi duri per Daoud (interpretato da Roschdy Zem doppiato magistralmente da Mimmo Strati) che si ritrova, con una recluta, Louis (Antoine Reinartz), proprio nei giorni di Natale, a indagare su un incendio doloso alla periferia della città francese e alla successiva morte di un’ottantenne che abitava in quel palazzo popolare. Sarà l’occasione per far luce su eventi umanamente ambigui, tra depistaggi e verità non dette, in cui Arnaud Desplechin, caparbiamente e bonariamente mescola un taglio documentaristico, con frequenti primi piani sui volti dei protagonisti ritratti in serrate fasi investigative e uno spiccato interesse per il capolavoro della letteratura russa Delitto e castigo.
E sono proprio queste atmosfere il valore aggiunto di Roubaix, une lumiere, la luce di una speranza per la ricerca di una verità osteggiata da un’altra luce: quella della distruzione che mangia tutto e da tutto rinasce come araba fenice.
La narrazione, fredda e buia, fatta di frequenti atmosfere notturne, si mantiene assolutamente oggettiva, lasciando al commissario stesso e alla sua “spalla” Louis, la responsabilità morale e psichica di una disperante colpa descrivendola tuttavia in senso universale con riuscite riflessioni e taglienti sguardi.
La vittima e conseguentemente i carnefici di Roubaix une lumiere, non sono semplici persone nel senso obiettivo e sociale del termine, non recitano un ruolo dedicato del mondo di "essere colpevole in quanto tale", ma sono donne che vivono insieme ad altre donne. Donne con la propria dignità, con una vita elementare spiritualmente minima ma comunque attiva; donne di fronte al proprio destino murate “vive" adesso come in casa a cui non è concesso reagire ma solo accettare passivamente il lento scorrere del tempo. Donne, fidanzate vicine di casa della vittima, Léa Seydoux e Sara Forestier, donne che scelgono, arbitrariamente dove schierarsi, se una scelta è possibile là.
L'interpretazione che ne ho avuto, vedendo il film, è quella di una riuscita metafora. Roubaix diviene nelle mani di Desplechin un non luogo in una notte buia, un periodo di transizione infinito di un fine pena mai. Qui vittime e carnefici si confondono, anelando freneticamente alla libertà, alla vita; sono passionali spesso singolari nelle loro azioni, nevrotici, collettivi. Ecco... tutto questo coacervo di pulsioni umane rappresenta nient'altro che noi stessi.
Noi esseri umani.
Noi, ingabbiati in una grandissima bolla senza senso, noi spesso incompresi proprio come lo stesso Dostoevskij quando compose Delitto e Castigo che presto capì che la sfiducia dei forzati verso di lui, di origine nobile, rifletteva la sfiducia di classe dei semplici contadini nei confronti del ceto cosiddetto benestante. Gli era necessario trovare una base per la coesistenza con l'ambiente nel quale l'aveva cacciato il destino. A fatica conquistò la fiducia da parte di alcuni prigionieri ma l'abisso che esisteva tra lui come nobile e i forzati come popolo non lo colmò. E così i protagonisti di questa pellicola.
E che cosa c'è di più umano e straziante del tentativo di costruire un ponte sul baratro, sull'abisso fra noi e gli altri, fra colpa e pena, che permetta di oltrepassare quello sbarramento apparentemente invalicabile del muro di solitudine comunicativa?
[-]
|
|
[+] lascia un commento a eugenio »
[ - ] lascia un commento a eugenio »
|
|
d'accordo? |
|
fabiofeli
|
domenica 11 ottobre 2020
|
daoud cerca una luce in tutta quell''ombra
|
|
|
|
Le luci della notte di Natale a Roubaix sono meno vivide dell’incendio di un’auto ai lati della strada, percorsa da Yacob Daoud (Roschdy Zem), commissario di polizia, emigrato a 7 anni con i suoi in Francia dall’Algeria. Il poliziotto quella notte non dormirà: ci sono un altro incendio con omicidio, uno stupro, una rissa e una sparizione di minorenne. I vari compiti sono distribuiti e Daoud riserva a se e al tenente novellino Louis (Antoine Reinartz), che ha la passione di scrivere, l’indagine sull’omicidio. Però Daoud spende altro tempo per occuparsi della minorenne sparita, nipote di un suo caro amico conterraneo, e per visitare uno sciagurato nipote in carcere che si rifiuta di vederlo.
[+]
Le luci della notte di Natale a Roubaix sono meno vivide dell’incendio di un’auto ai lati della strada, percorsa da Yacob Daoud (Roschdy Zem), commissario di polizia, emigrato a 7 anni con i suoi in Francia dall’Algeria. Il poliziotto quella notte non dormirà: ci sono un altro incendio con omicidio, uno stupro, una rissa e una sparizione di minorenne. I vari compiti sono distribuiti e Daoud riserva a se e al tenente novellino Louis (Antoine Reinartz), che ha la passione di scrivere, l’indagine sull’omicidio. Però Daoud spende altro tempo per occuparsi della minorenne sparita, nipote di un suo caro amico conterraneo, e per visitare uno sciagurato nipote in carcere che si rifiuta di vederlo. Roubaix è una cittadina degradata con un passato industriale nell’industria tessile, che le vale il soprannome di “Manchester Francese”. E’ conosciuta nel mondo come traguardo della dura corsa ciclistica che parte da Parigi e giunge lì dopo 250 km resi micidiali da 40 km di pavé. Gli abitanti francesi, circa 100 mila, si mescolano con i belgi confinanti e con emigrati polacchi, italiani e africani. A Daoud chiedono spesso perché i suoi parenti sono tornati in Algeria, ma la domanda da rivolgergli – così afferma lui - dovrebbe essere come mai lui è rimasto lì. Il racconto si fa drammatico e cresce in efficacia con l’incidente probatorio dell’omicidio; così spariscono i nostri dubbi sul perché questo uomo vive lì: cerca una luce in tutta quell’ombra … Il film, presentato a Cannes nel 2019, ispirato ad una storia vera accaduta nel 2002 a Roubaix, città natale del regista Arnaud Desplechin, ha una struttura di giallo non convenzionale. Emerge infatti lo spaccato della città oggi degradata, con ancora i segni di una architettura di valore (fine ‘800 e inizio ‘900), che il ministero della Cultura Francese ha riconosciuto come Città d’Arte del 2000, ma con un tessuto sociale spesso diviso in clan: non sembra aver funzionato ancora a sufficienza il melting pot, l’integrazione di chi ha cercato lì lavoro e la vita tanti anni prima. Non è così per il personaggio di Daoud, una figura umana speciale completamente diversa dai poliziotti che indagano nei gialli, che vale il premio César 2019 al bravissimo Zem, uomo senza figli ma “padre di tanti negletti” che guarda con umanità gli errori di chi sbaglia. Tutto il cast è ben costruito con buone prove di Reinartz, Léa Seydoux (Claude) e Sara Forestier (Marie). La fotografia con la ripresa dei primi piani nella seconda parte ha conquistato il premio Lumiére, contribuendo non poco alla riuscita del film, un poliziesco tra Simenon e Dűrrenmatt, che indaga le emozioni dei protagonisti con grande profitto. Anche l’efficacia del montaggio contribuisce alla riuscita di questo film, da giudicare ottimo. Valutazione **** FabioFeli
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabiofeli »
[ - ] lascia un commento a fabiofeli »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
martedì 23 novembre 2021
|
opera nitida, sommessa e duale
|
|
|
|
Roubaix, une lumiere di Arnaud Desplechin, a leggere come lo hanno maltrattato i critici internazionali dovrebbe risultare un indigesto giro a vuoto nel genere polar. Invece siamo di fronte ad un’opera di tutto rispetto: nitida nel suo incedere sommesso e duale, metafisica nell’andare alla ricerca di una forma assoluta alla base della quotidianità del crimine senza perdersi in qualsivoglia relativizzazione del singolo caso.
La prima parte del film, il celebre primo tempo, un’oretta scarsa circa, non impone alcuno sguardo etico, non contempla con emotività le vittime, non simpatizza e non amplifica la dinamica da buddy movie poliziesco tra colleghi di commissariato, non cerca nemmeno un sorriso, una forma di ironica osservazione dai casi più insoliti.
[+]
Roubaix, une lumiere di Arnaud Desplechin, a leggere come lo hanno maltrattato i critici internazionali dovrebbe risultare un indigesto giro a vuoto nel genere polar. Invece siamo di fronte ad un’opera di tutto rispetto: nitida nel suo incedere sommesso e duale, metafisica nell’andare alla ricerca di una forma assoluta alla base della quotidianità del crimine senza perdersi in qualsivoglia relativizzazione del singolo caso.
La prima parte del film, il celebre primo tempo, un’oretta scarsa circa, non impone alcuno sguardo etico, non contempla con emotività le vittime, non simpatizza e non amplifica la dinamica da buddy movie poliziesco tra colleghi di commissariato, non cerca nemmeno un sorriso, una forma di ironica osservazione dai casi più insoliti. Questo perché quando scatta la seconda parte lo spettatore viene immerso senza che se ne accorga nella tambureggiante osservazione/analisi, all’interno delle stanze del commissariato, di un presunto delitto compiuto da due donne, amanti, dropout disgraziate e incrostate di miseria tra abitazioni in rovina della città. Hanno o no ucciso una vecchia signora dopo averle sottratto alcuni averi? La volontaria mancanza di tipizzazioni o cliché porta all’emersione del meccanismo asettico osservato nella seconda parte, quando dopo la metà del film Roubaix perde ogni aderenza possibile, semmai ce ne fosse stata una, nel realismo del quotidiano e diventa un fluido, serrato, tesissimo confronto tra inquirenti e presunte colpevoli dove si rimane inchiodati tra l’altalenante ed efficace strategia degli sbirri e la difesa di un’innocenza improbabile continuamente ricostruita dalle due donne.
La macchina da presa di Desplechin, dopo aver disegnato nella prima parte scenari ampi in esterni pericolosi e cupi, nella seconda si chiude e stringe su traiettorie di sguardo tra protagonisti spesso senza staccare nel montaggio, o con un leggero anticipo sincopato, obbligando soprattutto le due donne a piccoli gesti e microespressioni, rendendo gradualmente sempre più monodimensionali Daoud e compagni.
Ne scaturisce un cinema raffinatissimo, gioco di specchi apparentemente impalpabile ma profondamente vibrante, accompagnato da un sottofondo sonoro persistente e struggente. E poi non c’è niente da fare: Zem, con questa sua tonante presenza, oscillante tra il rassicurante e il pervicace, è un fottutissimo e devastante attore che mangia in testa a decine di colleghi europei della sua generazione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
francesco2
|
domenica 13 agosto 2023
|
bel film con alcuni limiti
|
|
|
|
Film di alcuni anni fa, presentato a Cannes, visto da alcuni critici italiani come un gioiellino.
Posizione comprensibile, in parte. L eleganza con cui viene dipanata una vicenda delicatissima appartiene tutta al cinema transalpino, supportata da interpreti che forniscono un buon o ottimo contributo. In piu il film, tenendosi distante da quelli che oggi si definiscono buonismi, si guarda bene dal giudicare anche chi si macchi di crimini atroci spero di non avere, involontariamente, fatto uno spoiler-, ed approfitta di una vicenda specifica per tracciare un quadro piu globale su argomenti come ottimismo, pessimismo e visione del futuro -ci dice niente lo spagnolo La Isla Minima.
[+]
Film di alcuni anni fa, presentato a Cannes, visto da alcuni critici italiani come un gioiellino.
Posizione comprensibile, in parte. L eleganza con cui viene dipanata una vicenda delicatissima appartiene tutta al cinema transalpino, supportata da interpreti che forniscono un buon o ottimo contributo. In piu il film, tenendosi distante da quelli che oggi si definiscono buonismi, si guarda bene dal giudicare anche chi si macchi di crimini atroci spero di non avere, involontariamente, fatto uno spoiler-, ed approfitta di una vicenda specifica per tracciare un quadro piu globale su argomenti come ottimismo, pessimismo e visione del futuro -ci dice niente lo spagnolo La Isla Minima......
Detto questo, mi sembra legittimo avanzare qualche dubbio. Il personaggio del poliziotto, investigatore ma anche fine psicologo nella vicenda su cui deve lavorare, aggiunge un risvolto didattico e didascalico che non giova al risultato. Come indagine sociologica sulle realta marginali, mi sembrano piu efficaci l ottimo La classe, Palma d Oro a Cannes 2009, opuure un film ormai datato ìma solo CRONOLOGICAMENTEì, come La vita sognata degli angeli , 1998, tutti francesi. Il disagio del protagonista, poi, non viene suggerito, ma affidato dialoghi che impediscono di andare oltre uno sfogo personale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco2 »
[ - ] lascia un commento a francesco2 »
|
|
d'accordo? |
|
|