ashtray_bliss
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venerdì 6 marzo 2020
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ritratto d'un amore libero e incondizionato.
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Celine Sciamma si riconferma una cineasta "ritrattista" estremamente abile, specialmente nell'esplorare la condizione e le implicazioni dell'omossessualità femminile o più ampiamente della non conformità al binarismo di genere (tematica affrontata in Tomboy) con grazia e sensibilità ponendo altresì grande attenzione al lato tecnico ed estetico oltre che contenutistico. Nella sua ultima fatica, il Portrait de la Jeune Fille en Feu, Sciamma opta per la trasposizione d'un racconto sempre attuale nel contesto storico della Francia aristocratica del 1700 e ambientarlo su un'isola remota e selvaggia della Bretagna, che fa da cornice perfetta alla storia, passionale e rivoluzionaria, di due donne alla scoperta di se stesse, della propria identità sessuale e della loro riaffermazione individuale e sociale.
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Celine Sciamma si riconferma una cineasta "ritrattista" estremamente abile, specialmente nell'esplorare la condizione e le implicazioni dell'omossessualità femminile o più ampiamente della non conformità al binarismo di genere (tematica affrontata in Tomboy) con grazia e sensibilità ponendo altresì grande attenzione al lato tecnico ed estetico oltre che contenutistico. Nella sua ultima fatica, il Portrait de la Jeune Fille en Feu, Sciamma opta per la trasposizione d'un racconto sempre attuale nel contesto storico della Francia aristocratica del 1700 e ambientarlo su un'isola remota e selvaggia della Bretagna, che fa da cornice perfetta alla storia, passionale e rivoluzionaria, di due donne alla scoperta di se stesse, della propria identità sessuale e della loro riaffermazione individuale e sociale. Strutturato come un dipinto d'epoca, ponendo meticolosa attenzione ai chiaroscuri, ai dettagli del viso, alla postura del corpo e delle mani, il linguaggio del corpo fa da motrice e le intenzioni della regista si rendono sempre più chiare e inequivocabili: omaggiare le grandi donne artiste d'un tempo, in questo caso pittrici, che spesso la Storia ha lasciato nell'ombra e nell'oscurità favorendo l'unanime riconoscimento della loro controparte maschile, ed esplorare contemporaneamente la psiche femminile nella sua complessità.
Bellissimo e quindi poetico per sè questo tributo all'arte e al genio femminile, totalmente privo di retorica derivativa, che si intreccia benissimo con le personalità delle protagoniste mostrate sullo schermo. Heloise e Marianne, due donne diverse l'una dall'altra ma che condividono lo stesso amore incondizionato per la libertà, entrambe alla ricerca della propria realizzazione personale e artistica lontana dalle imposizioni sociali e dalle relative restrizioni e aspettative dovute ai ruoli di genere. Due anime indomite e libere che impareranno a conoscersi, a piacersi, a sedursi forse anche ad amarsi attraverso lo specchio dell'arte che prende svariate forme nel racconto di Sciamma; dalla pittura, indiscusso e assoluto polo artistico dominante nel film, alla letteratura classica (il mito di Orfeo ed Euridice), alla musica (le quattro stagioni di Vivaldi).
Un film potente ed esteticamente impeccabile, una tela che si anima e prende vita sullo schermo, che racconta di donne forti e determinate ma sopratutto della ricerca di libertà più pura e assoluta; una libertà che parte anche dalla scelta di amare e lasciarsi andare, scoprire se stessi ed esplorare il proprio desiderio sessuale senza pregiudizi e restrizioni.
Notevole anche la scelta di raffigurare non solo un potente legame passionale ma una vera e propria solidarietà femminile che si concretizza anche nell'amicizia e cooperazione che si instaura con la giovane domestica e l'aiuto che le due donne le offrono nella sua spasmodica ricerca di un modo efficace per abortire, toccando una tematica spinosa ma anche diacronica nella lotta delle conquiste femminili. Supportato da una regia e sceneggiatura impeccabili, creano una composizione di immagini unica e memorabile che ricordano autentici quadri barocchi in movimento (ad esempio, come non lasciarsi incantare dalla scena notturna svolta durante una sagra di paese che funge da pretesto per dar il titolo al film?).
Avvalendosi di un'ambientazione e fotografia esterna superba, resa molto vivida e suggestiva dalla natura stessa dell'isola dove è ambientata la storia, Sciamma regala un vero gioiello per gli occhi e per la mente mettendo a suo servizio due protagoniste carismatiche e talentuose in un film d'epoca raffinato e delicato, esteticamente molto accurato, che affronta con grande sensibilità e maestria la questione femminile nell'accezione di ricerca di assoluta libertà individuale, artistica, sociale e sentimentale. Un film che riesce magnificamente nel suo intento di intrattenere ma anche di far riflettere lo spettatore in quest' opera corale composta da sole donne. Incantevole e consigliatissimo: 4,5/5.
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(di maransimo)
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no_data
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lunedì 23 dicembre 2019
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la disparità cambia pelle e muta nella grazia
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Intenso, profondo, poetico, elegante, erotico, attuale (nonostante l'ambientazione d'epoca), in altre parole uno dei film migliori dell'anno, un capolavoro.
La regista francese Céline Sciamma, con questo lavoro ha fatto centro; rilegge la tragedia di Orfeo ed Euridice e dal nobile pretesto la filiazione che ne deriva risulta parimenti preziosa.
Le immagini iniziali rimandano immediatamente a Lezioni di Piano e in un frangente anche a Mission solo che muta il paesaggio essendo ambientato nella incantevole Bretagna.
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Intenso, profondo, poetico, elegante, erotico, attuale (nonostante l'ambientazione d'epoca), in altre parole uno dei film migliori dell'anno, un capolavoro.
La regista francese Céline Sciamma, con questo lavoro ha fatto centro; rilegge la tragedia di Orfeo ed Euridice e dal nobile pretesto la filiazione che ne deriva risulta parimenti preziosa.
Le immagini iniziali rimandano immediatamente a Lezioni di Piano e in un frangente anche a Mission solo che muta il paesaggio essendo ambientato nella incantevole Bretagna.
All'ultimo Festival di Cannes ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura; l'ho trovato decisamente e nettamente superiore a Parasite, il film vincitore.
A volerlo riassumere in poche righe il film ci racconta una intensa e al contempo impossibile storia d'amore, tra la nobile Héloise e la pittrice Marianne, impossibile per quell'epoca storica, Francia del XVIII secolo. A parte il rapporto tra le due protagoniste il film mette a nudo nervi tutt'oggi ancora scoperti, il suddetto rapporto tra due persone dello stesso sesso, nonché la scarsa presenza femminile nelle arti, le enormi difficoltà che deve affrontare una donna sola che vuole abortire; ma non è ancora tutto perché nei dialoghi prende forma anche una sorta di indagine psicologica ante litteram oppure assistiamo a una scena stupenda dove attorno ad un fuoco si riuniscono le donne del paese, coloro che venivano etichettate come streghe. E poi la delicatezza di un ricamo della "protagonista laterale" ovvero la giovane serva che scopriremo avere un ruolo decisivo nel far trovare la giusta connessione al potenziale amore tra le due donne.
È un racconto denso di significati e rimandi, potente nei concetti e seducente nelle immagini eppure la regista è riuscita nella mirabile operazione di evitare di pasticciare il tutto con la misura ovvero senza dilatare inutilmente le sequenze chiave. Evitata l'esasperazione, il meccanismo gira alla perfezione. Barocco nell'architettura, minimalista nell'esposizione. A tutti gli effetti un'opera d'arte di elevatissimo valore.
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vanessa zarastro
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domenica 16 giugno 2019
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lente emozioni
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Il film “Portrait of a Lady on Fire” ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura a Céline Sciamma, oltre al Queer Palm, al Festival di Cannes 2019. Lo sguardo femminile della regista è delicato e attento, non tralascia alcun dettaglio della villa, grande ma spartana, dove la vicenda ha luogo. Siamo nel 1770 in un’isola sulla costa normanna, dove approda Marianne (interpretata da Noémie Merlant), una giovane pittrice figlia d’arte, che deve fare un ritratto a Héloïse (un’intensa Adéle Haenel), senza però farsene accorgere. La ragazza, uscita da pochissimo dal convento, deve andare in sposa a un nobile italiano, destinatario del ritratto, che non conosce affatto.
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Il film “Portrait of a Lady on Fire” ha ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura a Céline Sciamma, oltre al Queer Palm, al Festival di Cannes 2019. Lo sguardo femminile della regista è delicato e attento, non tralascia alcun dettaglio della villa, grande ma spartana, dove la vicenda ha luogo. Siamo nel 1770 in un’isola sulla costa normanna, dove approda Marianne (interpretata da Noémie Merlant), una giovane pittrice figlia d’arte, che deve fare un ritratto a Héloïse (un’intensa Adéle Haenel), senza però farsene accorgere. La ragazza, uscita da pochissimo dal convento, deve andare in sposa a un nobile italiano, destinatario del ritratto, che non conosce affatto. Héloïse pertanto è molto contrariata perché non ha la possibilità di scegliere, lei che ama solo la musica e cantare in chiesa. E pensare che conosce solo la musica per organo! La sorella più grande – era lei che sarebbe dovuta andare in sposa – era appena morta accidentalmente cadendo (ma probabilmente buttandosi…) dalle alte scogliere.
Nella villa si trova anche la contessa (Valeria Golino), madre di Héloïse, che va e viene e l’unica donna di servizio (Luàna Bajrami)che lavora lì già da tre anni.
Così Marianne si finge dama di compagnia, e accompagna Héloïse nelle passeggiate. La scruta di nascosto cercando di memorizzarne ogni dettaglio, dai lobi delle orecchie alle nocche delle mani. La sera a casa inizia a dipingerla a memoria. Ma in questo rapporto in crescendo nasce man mano qualcosa: curiosità reciproca, confronto, desiderio? Ne nasce innanzitutto una relazione di complicità e comprensione reciproca che si trasformerà in un forte legame affettivo.
Lo scenario mostrato dalla regista è un “coro di donne” – come quelle che cantano nella festa paesana - dove vigono la collaborazione e la solidarietà. Di notevole impatto è la scena dell’aborto, a opera di una mammana, di Sophie sdraiata sul letto tra due bambini piccolissimi.
Un film di sentimenti al femminile dunque dove le riprese, ad eccezione delle immagini di scogliere, sono tutte nell’interno della casa dove le donne, per definizione, sono destinate a vivere. Un film di sole donne, mentre gli uomini sono fuori, di là, da un’altra parte.
In effetti una volta era così - fino a mezzo secolo fa - le scuole dalle suore e il convento erano i mondi tutti al femminile dove, specialmente le adolescenti, poi giovani ragazze, crescevano e vivevano le proprie pulsioni sessuali ed emotive.
Un ruolo importante nella vicenda lo svolge la musica come fonte di grande emozione, ed è citato in particolare Vivaldi – la regista è di padre italiano e spesso fa riferimento all’Italia – con le sue Quattro Stagioni.
La prima parte del film è coinvolgente ed è diretto quasi fosse un thriller, lo si segue con suspense, che però purtroppo svanisce nella seconda parte dove il lentissimo scorrere dei giorni di amore dichiarato, non riesce ad entusiasmare più di tanto.
Comunque, dopo aver visto recentemente tutti film sull’amore omosessuale maschile (“Rocketman”, “Dolor y gloria” The marriage”) qui, nella rappresentazione dell’amore saffico si apprezza la mano leggera di Céline Sciamma che preferisce alludere più che mostrare, rendendo espliciti i sentimenti con estrema naturalezza e sensibilità. La regista, che è anche sceneggiatrice, è al suo quarto lungometraggio, tutti concentrati sulla ricerca di un’identità sessuale.
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gianni quilici
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domenica 2 febbraio 2020
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un'ode all'amore
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E’ un’ode all’amore e alla sua impossibilità. Céline Sciamma ce lo fa sentire e vedere nella sua complessità. E questo attraverso il cinema nella sintesi dei suoi tanti possibili linguaggi.
1) Nella sceneggiatura. Due giovani donne, Héloise (la pittrice), Marianne (la ragazza del ritratto) in cui via via si accende la fiamma amorosa, si guardano, si studiano, si contrastano, si toccano, si stringono, si abbracciano. Parole certo e a volte secche come staffilate, ma soprattutto silenzi, dentro dialoghi concentrati. E questo è un rapporto tra uguali, tra due personalità forti, senza dipendenze avvertibili, in un’epoca (siamo nel 1770, prima della rivoluzione) di illibertà della donna, che non può decidere il suo destino, che si rivolta, che deve nascondere alla società i propri sentimenti e qualità, senza potere andare fino in fondo, se non distruggendosi,.
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E’ un’ode all’amore e alla sua impossibilità. Céline Sciamma ce lo fa sentire e vedere nella sua complessità. E questo attraverso il cinema nella sintesi dei suoi tanti possibili linguaggi.
1) Nella sceneggiatura. Due giovani donne, Héloise (la pittrice), Marianne (la ragazza del ritratto) in cui via via si accende la fiamma amorosa, si guardano, si studiano, si contrastano, si toccano, si stringono, si abbracciano. Parole certo e a volte secche come staffilate, ma soprattutto silenzi, dentro dialoghi concentrati. E questo è un rapporto tra uguali, tra due personalità forti, senza dipendenze avvertibili, in un’epoca (siamo nel 1770, prima della rivoluzione) di illibertà della donna, che non può decidere il suo destino, che si rivolta, che deve nascondere alla società i propri sentimenti e qualità, senza potere andare fino in fondo, se non distruggendosi,. E questa sete di libertà si allarga anche alla servetta, che diventa complice di questo amore e che da loro viene aiutata, e alle donne dell’isola che la esprimono in un rituale magico tra danza e fuoco di grande forza simbolica e poetica. 2) Nelle inquadrature. I primi e i primissimi piani che hanno la bellezza e la purezza di certi film di Bergman con il pianto finale della “ragazza in fiamme” risolto magnificamente da Noémie Merlant per la verità e per la difficoltà della durata, che l’E statedi Vivaldi sottolinea efficacemente. 3) Nella scenografia. Il film si svolge quasi interamente in un’isola, quasi selvaggia, della Bretagna e ricorda negli esterni “ Lezione di piano” nell’arrivo e nell’orizzonte dell’oceano di fronte ai loro occhi, come metafora e gli interni del castello che prendono via via il calore del focolare con l’amore e la complicità che si viene a creare tra le tre donne, compresa la servetta. 4) Nel montaggio. Céline Sciamma non vira mai nel sentimentalismo, perché stacca, a volte con montaggi netti, di chi ha in mano la storia e la disciplina con rigore. 5) La pittura e il cinema. C’è infine il tema del ritratto, ossia del quadro. Il primo tentativo fallisce. Lo riconosce Héloise, dopo la critica gelida di Marianne. Perché? Perché Héloise ha colto soltanto la superficie del volto della ragazza. E’ solo cogliendo cosa si nasconde dietro di esso, che il ritratto assumerà una verità. E sarà l’esperienza amorosa a determinarla. E’ il sentimento dell’intelligenza, prima ancora della pura intelligenza, che coglie la verità delle cose. Ma questo è l’itinerario stesso del film, sembra dirci Céline Sciamma. E mi sembra ci sia riuscita. Un film realistico, che si mescola poeticamente al magico.
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francesca
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martedì 24 marzo 2020
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sublime capolavoro
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Non trovo nemmeno le parole per descrivere questo film.
Intenso, raffinato, intrigante, potente e delicato al tempo stesso, penetrante nell'anima come nessun altro, credo, nella storia del cinema.
Una rappresentazione dell'amore puro in un accostamento di colori meraviglioso e nella coniugata bellezza delle protagoniste e delle scene.
Inquadrature originali e ricercate, in uno studiato contesto spazio-temporale. Ogni scena è un quadro pittorico, curato nei minimi dettagli.
Un capolavoro poetico, ma reale.
Ricco di riferimenti culturali e soprattutto di tematiche e valori, trasmessi da dialoghi perfettamente meditati dalla regista per inviare il suo messaggio e concentrati in una cornice lenta e riflessiva che racchiude: amore, indipendenza, libertà, uguaglianza, emancipazione femminile, possibilità e impossibilità di scelta, empatia, aiuto reciproco.
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Non trovo nemmeno le parole per descrivere questo film.
Intenso, raffinato, intrigante, potente e delicato al tempo stesso, penetrante nell'anima come nessun altro, credo, nella storia del cinema.
Una rappresentazione dell'amore puro in un accostamento di colori meraviglioso e nella coniugata bellezza delle protagoniste e delle scene.
Inquadrature originali e ricercate, in uno studiato contesto spazio-temporale. Ogni scena è un quadro pittorico, curato nei minimi dettagli.
Un capolavoro poetico, ma reale.
Ricco di riferimenti culturali e soprattutto di tematiche e valori, trasmessi da dialoghi perfettamente meditati dalla regista per inviare il suo messaggio e concentrati in una cornice lenta e riflessiva che racchiude: amore, indipendenza, libertà, uguaglianza, emancipazione femminile, possibilità e impossibilità di scelta, empatia, aiuto reciproco...
L'ho visto al cinema a Dicembre, ma viene voglia di guardarlo e riguardarlo all'infinito per sognare e lasciarsi coinvolgere in un amore così elevato: intenso, passionale e dolce.
E' il miglior film che abbia mai visto.
Una visione dell'amore che solo un cuore profondo e sensibile sa concepire, rappresentare, dirigire e trasmettere:
semplicemente eccezionali Adèle e Noémi, immensa Céline.
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marcloud
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lunedì 6 luglio 2020
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la cura dell'immagine
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Un film squisitamente francese, con una fotografia maniacalmente perfetta e una scelta stilistica sublime. L'amore tra una pittrice e il suo soggetto artistico, raccontato con arte e senza eccessi. Lento ma godibile
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crispino seidenari
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giovedì 30 dicembre 2021
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poetico
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Il film esprime con raffinata e originale eleganza la poesia della reciproca attrazione che scaturisce fra due spiriti femminili tormentati da una sensibilità profonda ed un'esuberante giovinezza. L'alchimia dei sentimenti ci giunge attraverso le pause, i silenzi, le attese, le espressioni, i movimenti, il languore degli sguardi che riflette, come la superficie di uno specchio, la delicata tenerezza dei loro turbamenti.
È una storia che antepone la soggettività delle sensazioni e dei sentimenti all'oggettività delle convenzioni sociali, annullando le differenze di classe e privilegiando la condivisione e l'amicizia. I corpi rigogliosi delle due protagoniste irradiano il fascino afrodisiaco della giovinezza, la dolcezza del mistero che avvolge tutte le cose viventi, trasmettendo l'ebbrezza vertiginosa di un abbandono sentimentale che tutti vorremmo aver vissuto almeno una volta.
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Il film esprime con raffinata e originale eleganza la poesia della reciproca attrazione che scaturisce fra due spiriti femminili tormentati da una sensibilità profonda ed un'esuberante giovinezza. L'alchimia dei sentimenti ci giunge attraverso le pause, i silenzi, le attese, le espressioni, i movimenti, il languore degli sguardi che riflette, come la superficie di uno specchio, la delicata tenerezza dei loro turbamenti.
È una storia che antepone la soggettività delle sensazioni e dei sentimenti all'oggettività delle convenzioni sociali, annullando le differenze di classe e privilegiando la condivisione e l'amicizia. I corpi rigogliosi delle due protagoniste irradiano il fascino afrodisiaco della giovinezza, la dolcezza del mistero che avvolge tutte le cose viventi, trasmettendo l'ebbrezza vertiginosa di un abbandono sentimentale che tutti vorremmo aver vissuto almeno una volta.
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minnie
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giovedì 9 gennaio 2020
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lo sguardo della ritrattista
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“Ritratto della giovane in fiamme”, di Céline Sciamma è un bel film ma sovraccarico di riferimenti, il che gli nuoce. Intanto visivamente è molto bello ed esprime una vera passione per la pittura, per lo stendere il colore sulla tela, per quel provare e riprovare che è proprio della pittura, del ritratto in particolare. Il volto, come diceva Levinas, esprime tutto, ed è anche quasi inevitabile, è accaduto nei secoli e tuttora accade, che il pittore, in questo caso la pittrice, s’innamori del suo modello/a.
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“Ritratto della giovane in fiamme”, di Céline Sciamma è un bel film ma sovraccarico di riferimenti, il che gli nuoce. Intanto visivamente è molto bello ed esprime una vera passione per la pittura, per lo stendere il colore sulla tela, per quel provare e riprovare che è proprio della pittura, del ritratto in particolare. Il volto, come diceva Levinas, esprime tutto, ed è anche quasi inevitabile, è accaduto nei secoli e tuttora accade, che il pittore, in questo caso la pittrice, s’innamori del suo modello/a. Perfetta la ricostruzione d’epoca, con la cura dei particolari, a cominciare dagli abiti a finire al castello, e i personaggi in pratica sono quattro, le due donne una emancipata l’altra ricca destinata al matrimonio e poi c’è la cameriera, mai chiamata per nome, che ha talento nel ricamo, che viene aiutata in un aborto. E poi c’è la madre, comprensiva ma inflessibile nel suo progetto per la figlia, destinata a un nobile milanese. Il lato femminista del film è proprio quello che funziona meno, quando si assiste a una specie di sabba di cui nemmeno si capiscono le parole, “Fuggi fuggi” ma da chi? I riferimenti a Vertigo di Hitchock, rivendicati dalla stessa regista, non sono così immediati e le confessioni delle due ormai innamorate, Marianne, la pittrice ed Heloise, che andrà incontro al matrimonio senza eccessiva ribellione, alla fine risultano noiose, ci si chiede quando mai arriverà la madre. Il fantasma in abito da sposa che appare a una Marianne imperturbabile, davvero troppo temeraria, sconfina nell’horror. Come l’apparizione del postino, che sembra davvero un alieno così come aliene sono state tante volte le donne in un mondo di uomini. Insomma per svolgere un tema, anzi diversi temi, il film acquista via via pesantezza e ciò gli nuoce. Per molti versi ricorda “Lezioni di piano” ma lì la regista si teneva più a un solo risvolto narrativo e la Campion risulta così più convincente.
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