george73
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sabato 11 novembre 2023
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polizia inesistente
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Polizia inesistente...
Chiunque spara liberamente per strada... Guardie Giurate che si fanno rubare la pistola da due 15enni... Film che esce troppo fuori dalla realtà...
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andrea montesano
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sabato 28 maggio 2022
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tutto già visto
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Tutto già visto. I soliti ragazzi perduti, il mondo intorno brutto e cattivo. Finale scontato. Il messaggio è l'ennesima vita senza via d'uscita. Forse sarebbe ora di fare un film su giovani che tutti i giorni combattono con il mondo per esprimersi e crearsi uno spazio tutto loro. Ma è più facile portare sullo schermo queste storie, vere, ma ripetute all'infinito. È ora di guardare ad altre storie.
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andrea montesano
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domenica 22 maggio 2022
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tutto già visto
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purtroppo tutto già visto. I soliti problemi.,i soliti ragazzi di strada, la solita escalation previsto e prevedibile. L aspetto positivo una ricostruzione asciutta e reale. Il film poteva durare anche un ora in meno dove non c'è niente che porti novità. Direi opera quasi inutile.
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luca scialo
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venerdì 22 gennaio 2021
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come si diventa boss
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Nicola è un ragazzino di 15 anni che vive con la madre e il fratello più piccolo in un quartiere popolare. Gioca, come tanti della sua età che vivono in certi contesti, a fare la guerra tra bande. Avendo come mito qualche Boss locale. Un giorno però ha l'occasione di emergere, aiutando il figlio di un boss decaduto a riprendere il potere. Ma la malavita non è un gioco con le pistole finte... Giovannesi traspone un romanzo di Saviano, aggiungendosi così al filone del tema "Gomorra" ormai in auge al Cinema da oltre 10 anni. A volte anche con film ironici. Nella fattispecie, però, la strada scelta è quella di dimostrare come in certi contesti sociali sia molto facile cadere in errore. Finire in certi giri.
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Nicola è un ragazzino di 15 anni che vive con la madre e il fratello più piccolo in un quartiere popolare. Gioca, come tanti della sua età che vivono in certi contesti, a fare la guerra tra bande. Avendo come mito qualche Boss locale. Un giorno però ha l'occasione di emergere, aiutando il figlio di un boss decaduto a riprendere il potere. Ma la malavita non è un gioco con le pistole finte... Giovannesi traspone un romanzo di Saviano, aggiungendosi così al filone del tema "Gomorra" ormai in auge al Cinema da oltre 10 anni. A volte anche con film ironici. Nella fattispecie, però, la strada scelta è quella di dimostrare come in certi contesti sociali sia molto facile cadere in errore. Finire in certi giri. Vivere con certi miti sbagliati. E così Nicola e i suoi vedono tanti soldi, fanno la vita che hanno sempre sognato, in bei locali e tra belle ragazze. Tuttavia, ciò che manca rispetto a Gomorra (film e serie) è una morale, dove, se è vero che c'è una morte tragica tra i protagonisti, in realtà non viene proprio mostrato quanto sia sbagliato il tutto. Concludendosi di fatto con una faida da iniziare e un sentimento da coltivare: la vendetta. Il mito si trasforma in realtà. Il regista conferma comunque ancora una volta le sue buone doti di narratore di storie adolescenziali complicate, che hanno caratterizzato quasi tutta la sua filmografia. Nella speranza che un giorno, lui come altri colleghi, mostrino una Napoli non solo malavitosa o "pizza e mandolini"...
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felicity
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lunedì 25 maggio 2020
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la storia di una disillusione
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Il mondo raccontato da Saviano e Giovannesi ne La paranza dei bambini è un mondo dominato dal tempo presente, da un'immediatezza che stritola sul nascere qualsiasi ambizione che non sia quella criminale.
Del domani non c'è neppure il pensiero; non c'è una vera alternativa a quella vita, tutto è già scritto, tutto è già determinato. Non c'è un oltre.
L'ingresso nella vita criminale arriva naturalmente, senza che vi sia alcuna possibilità di scelta.
Ecco allora che in questo mondo e con queste regole, perfino il racconto di formazione, inteso come ricerca e raggiungimento di una consapevolezza di sé, perde completamente di senso.
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Il mondo raccontato da Saviano e Giovannesi ne La paranza dei bambini è un mondo dominato dal tempo presente, da un'immediatezza che stritola sul nascere qualsiasi ambizione che non sia quella criminale.
Del domani non c'è neppure il pensiero; non c'è una vera alternativa a quella vita, tutto è già scritto, tutto è già determinato. Non c'è un oltre.
L'ingresso nella vita criminale arriva naturalmente, senza che vi sia alcuna possibilità di scelta.
Ecco allora che in questo mondo e con queste regole, perfino il racconto di formazione, inteso come ricerca e raggiungimento di una consapevolezza di sé, perde completamente di senso. Perché alla fin fine, nonostante gli sforzi, non c'è nulla da cercare. Perché si può solo seguire un percorso prestabilito. Perché non esiste un futuro.
Il regista, trovando la perfetta misura tra il naturalismo della rappresentazione e i meccanismi del genere, racconta in breve la storia di una disillusione, quella di Nicola che vuole in fondo solo ribaltare il suo punto di vista sul quartiere, non sovvertire le regole ma farle proprie e applicarle a modo suo.
È, come sempre, una questione di sguardi, e dopo aver osservato Nicola vuole diventare l’oggetto dello sguardo delle persone, di coloro che fino a un minuto prima ha guardato con ammirazione, paura o compassione e che ora ora devono girare gli occhi e sapere chi devono guardare, rispettare, temere o ringraziare.
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danilo de santis
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giovedì 3 ottobre 2019
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ancora tu....
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Film surreale dove 10 bambini conquistano un quartiere di Napoli. Se non l'avesse scritto Saviano non sarebbe uscito nemmeno al cinema parrocchiale. Complimenti alla produzione, un film girato con 3.000 euro, grazie a Saviano ha fatto anche un grande incasso.
Quann' ‘o perucchio saglie ‘ngloria, perde ‘a scienza e ‘a memoria
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sergio dal maso
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giovedì 22 agosto 2019
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la paranza dei bambini
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“Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza.”
Tyson, Briatò, Lollipop, Biscottino, O'Russ. Soprannomi di ragazzini.
Adolescenti ingenui e pieni di vita. Ma anche cinici e spregiudicati camorristi in erba. Apparentemente una contraddizione. Del resto con paranza si può intendere sia un gruppo di fuoco di una cosca criminale che la tecnica di pesca in cui i pesci piccoli, attratti dall’intensità della luce delle lampare, salgono in superficie e si impigliano nella rete. Colpevoli e innocenti nello stesso tempo, come annota Roberto Saviano nell’apertura dell’omonimo romanzo.
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“Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza.”
Tyson, Briatò, Lollipop, Biscottino, O'Russ. Soprannomi di ragazzini.
Adolescenti ingenui e pieni di vita. Ma anche cinici e spregiudicati camorristi in erba. Apparentemente una contraddizione. Del resto con paranza si può intendere sia un gruppo di fuoco di una cosca criminale che la tecnica di pesca in cui i pesci piccoli, attratti dall’intensità della luce delle lampare, salgono in superficie e si impigliano nella rete. Colpevoli e innocenti nello stesso tempo, come annota Roberto Saviano nell’apertura dell’omonimo romanzo.
I ragazzini che si affiliano o lavorano per la camorra, talvolta si tratta di bambini di 10-12 anni, sono prima di tutto delle vittime, a prescindere dalla responsabilità penale.
Il mondo di Nicola e della sua banda gira attorno agli stretti vicoli del rione Sanità, circoscritto da un atavico sistema di potere in cui le famiglie camorriste dei vari quartieri controllano, oltre alle attività criminali, anche quelle legali, o perlomeno ne sono contigue, in un sistemasociale che di fatto è un anti-Stato.
I paranzinidei quartieri disagiati di Napoli, ma in generale gli adolescenti emarginati delle periferie povere di qualsiasi parte del mondo, crescono senza valori etici, senza un’educazione civica. Nel film l’assenza più evidente, oltre a quella delle istituzioni, è quella dei padri, spesso in galera o morti ammazzati. Questo vuoto educativo è facilmente colmato dal fascino del “branco”, dal culto delle armi e dell’organizzazione criminale, col suo sistema di valori in cui l’onore e la sopraffazione guidano tutto il resto.
Se non c’è futuro, o quanto meno non è percepita alcuna speranza di una vita migliore, si vive il presente a mille all’ora, e bisogna prenderlo subito, ostentarlo in tutti i modi. Ecco allora l’esaltazione dei vestiti firmati, del lusso pacchiano, come i mobili barocchi che Nicola regala alla madre. O la necessità di legittimarsi in discoteca esibendosi come privilegiati nel privè.
Non è un caso che il passaggio al mondo degli adulti, in una delle scene più intese e riuscite del film, avvenga con un rito iniziatico quasi tribale, bruciando l’albero di Natale appena rubato e spalmandosi del sanguinaccio in faccia e sul corpo.
La paranza dei bambini racconta l’educazione sentimentale e quella criminale dei giovani camorristi, in un percorso irreversibile che conduce inevitabilmente alla perdita dell’innocenza.
Claudio Giovannesi, senza dubbio uno dei migliori registi degli anni duemila, conferma la sua straordinaria capacità di raccontare gli adolescenti, senza retorica né pietismo, già ammirata in Fiore e Alì ha gli occhi azzurri. Non cerca letture pedagogiche o sociologiche, si limita a trasmettere l’umanità e il percorso emotivo dei “suoi” ragazzi. C’è una grande attenzione agli sguardi, alle espressioni del viso. La camera è spesso incollata ai volti, ma sempre con discrezione, senza essere invadente o sfacciata. Riduce così, fino ad annullare, la distanza tra lo spettatore e i personaggi, facendoci vivere la loro crescita emozionale. E’ proprio questa la peculiarità che contraddistingue le (splendide) opere di Giovannesi.
Il confronto con la serie Gomorra – di cui peraltro il regista ha diretto alcuni episodi - non si pone nemmeno, avendo scelto in partenza di non dare spazio all’estetica criminale o all’immaginario epico delle rappresentazioni televisive della Camorra. Nellaparanza dei bambini non ci sono agguati spettacolari, né eroismi, tantomeno violenza gratuita.
Il lavoro enorme e paziente del casting, che ha visionato 4000 ragazzi direttamente nei quartieri napoletani, ha permesso di scovare un gruppo di giovani esordienti davvero sorprendente. Su tutti Francesco Di Napoli, nella vita pasticcere nel rione Traiano, assolutamente credibile, oltre che bravissimo, col suo sguardo duro e angelico nello stesso tempo.
L’aver girato le scene nella sequenza cronologica e senza far conoscere ai ragazzi la trama dei giorni successivi, il ritmo serrato, una fotografia capace di esaltare le variazioni di luce nelle scenografie naturali dei vicoli, contribuiscono a dare al film un senso di autenticità, quasi da neo-realismo.
Fin dalle prime scene si percepisce che i sogni di Nicola si riveleranno velleitari, pure illusioni, a cominciare da quello di una camorra “giusta”. La scelta criminale non prevede ripensamenti, è una strada senza ritorno che richiede il sacrificio dei sentimenti, a partire dall’amicizia.
Il significato di paranza più appropriato sarà alla fine quello dei pesci piccoli impigliati nelle reti, “strozzati dall’aria, con le bocche che si schiudono in piccoli cerchi disperati e le branchie che collassano e sembrano vesciche aperte. La corsa verso la luce è finita.”
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gianp65
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martedì 5 marzo 2019
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gomorra under 18
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La violenza senza raccontare nulla. Gomorra la serie adesso si sposta sui minorenni,finendo, speriamo, di spremere il limone. Purtoppo raccontare solo questa Napoli pare risulti molto rdditizio per autori e produttori.
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siebenzwerg
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giovedì 28 febbraio 2019
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la banalità del male raccontato
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Mentre la trama del libro è originale, appassionante e complessa, quasi un thriller, che scava anche nell'anatomia patologica del tessuto sociale del rione Sanità e della malavita camorristica, quella del film è di una banalità sconcertante. Situazioni ed emozioni annacquate e semplificate a fumetto, con cui il film elimina ogni elemento caratteristico della camorra, diventando una storia generica di teppismo adolescenziale, neanche troppo allarmante. Al contrario del libro, qui in fondo sono dei ragazzotti simpatici che non fanno male a nessuno, solo a chi è più cattivo di loro e vogliono riportare la giustizia nel rione, quasi dei Robin Hood.
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Mentre la trama del libro è originale, appassionante e complessa, quasi un thriller, che scava anche nell'anatomia patologica del tessuto sociale del rione Sanità e della malavita camorristica, quella del film è di una banalità sconcertante. Situazioni ed emozioni annacquate e semplificate a fumetto, con cui il film elimina ogni elemento caratteristico della camorra, diventando una storia generica di teppismo adolescenziale, neanche troppo allarmante. Al contrario del libro, qui in fondo sono dei ragazzotti simpatici che non fanno male a nessuno, solo a chi è più cattivo di loro e vogliono riportare la giustizia nel rione, quasi dei Robin Hood. Come adolescente li ammirrerei e vorrei emularli. Tutto stravolto e falsato rispetto al libro e soprattutto alla realtà. Dato che anche le emozioni e le relazioni, per quando sbrodolate lungo il film, sono appiattite da una regia e una sceneggiatura molto epidermica, non trovo un motivo valido che sostienga questo lavoro. Riconosco una sola bella trovata originale aggiunta nel film rispetto al libro: quella del videogioco di sparatorie regalato dai ragazzi al vecchio boss agli arresti domiciliari. Per il resto un'operazione indecorosa. Aggiungo una stella in più solo per la bravura del protagonista.
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siebenzwerg
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giovedì 28 febbraio 2019
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quando la banalità affoga l'originalità
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Mentre la trama del libro è originale, appassionante e complessa, quasi un thriller, che scava anche nell'anatomia patologica del tessuto sociale del rione Sanità e della malavita camorristica, quella del film è di una banalità sconcertante. Situazioni ed emozioni annacquate e semplificate a fumetto, con cui il film elimina ogni elemento caratteristico della camorra, diventando una storia generica di teppismo adolescenziale, neanche troppo allarmante. Al contrario del libro, qui in fondo sono dei ragazzotti simpatici che non fanno male a nessuno, solo a chi è più cattivo di loro e vogliono riportare la giustizia nel rione, quasi dei Robin Hood. Come adolescente li ammirrerei e vorrei emularli.
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Mentre la trama del libro è originale, appassionante e complessa, quasi un thriller, che scava anche nell'anatomia patologica del tessuto sociale del rione Sanità e della malavita camorristica, quella del film è di una banalità sconcertante. Situazioni ed emozioni annacquate e semplificate a fumetto, con cui il film elimina ogni elemento caratteristico della camorra, diventando una storia generica di teppismo adolescenziale, neanche troppo allarmante. Al contrario del libro, qui in fondo sono dei ragazzotti simpatici che non fanno male a nessuno, solo a chi è più cattivo di loro e vogliono riportare la giustizia nel rione, quasi dei Robin Hood. Come adolescente li ammirrerei e vorrei emularli. Tutto stravolto e falsato rispetto al libro e soprattutto alla realtà. Dato che anche le emozioni e le relazioni, per quando sbrodolate lungo il film, sono appiattite da una regia e una sceneggiatura molto epidermica, non trovo un motivo valido che sostienga questo lavoro. Riconosco una sola bella trovata originale aggiunta nel film rispetto al libro: quella del videogioco di sparatorie regalato dai ragazzi al vecchio boss agli arresti domiciliari. Per il resto un'operazione indecorosa. Aggiungo una stella in più solo per la bravura del protagonista.
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