Il sindaco del rione Sanità |
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Un film di Mario Martone.
Con Francesco Di Leva, Massimiliano Gallo, Roberto De Francesco, Adriano Pantaleo.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 115 min.
- Italia 2019.
- Nexo Digital
uscita lunedì 30 settembre 2019.
MYMONETRO
Il sindaco del rione Sanità
valutazione media:
3,19
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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"Il sindaco del rione Sanità": Martone reinventa Eduardo consegnandolo al presente
di Fabio Ferzetti L'Espresso
Ci siamo sempre chiesti perché in Italia non ci sia mai stato nulla di equivalente al grande cinema processuale americano. Poi abbiamo visto Il sindaco del rione Sanità, il magnifico film che Mario Martone ha tratto dall'opera di Eduardo dopo averla messa in scena a teatro con i giovani attori del NEST di San Giovanni a Teduccio, periferia di Napoli, e di colpo abbiamo capito. Un cinema o un teatro processuale in Italia non poteva nascere (salvo eccezioni anche notevoli, beninteso) perché nella patria del "familismo amorale" i processi, i giudici, i tribunali, le toghe, con tutto il loro apparato scenico di formule e rituali, non esistono o comunque non sono riconosciuti. In Italia la Legge si confonde con la forza; il Potere, legale o illegale poco importa, prende il posto dello Stato; e l'unico tribunale legittimato a esercitare le sue funzioni è quello della famiglia, la sola istituzione veramente riconosciuta nel nostro paese senza distinzioni di classe o regione.
Riletto in questa chiave il Sindaco di Eduardo diventa fino in fondo ciò che ogni classico è per definizione. Un testo chiave per capire il presente. A condizione di interpretarlo, ovvero reinventarlo, come hanno fatto il regista e i suoi attori, per renderlo di nuovo attuale. Sottraendolo all'accademia ma distanziandolo anche dalla retorica spettacolare post-Gomorra tv. Niente di tutto questo nel film di Martone, il primo dei tre italiani in concorso a Venezia. Nella Napoli odierna Antonio Barracano, il "sindaco" (un Francesco di Leva assolutamente memorabile), non è più un anziano nobilitato dall'esperienza e dall'appartenere a un'altra epoca, ma un criminale ancora giovane e ben piantato nei nostri giorni. Un "uomo d'onore" che fa gli addominali davanti ai suoi accoliti e risolve i casi più spinosi mettendo in campo tutta la propria autorità.
Ed ecco il testo di Eduardo martellarci come se nascesse lì, in quel momento, in quella grande villa abusiva poggiata sui fianchi del Vesuvio. Dialetto affilato come una lama, parole scandite o scagliate come colpi d'arma da fuoco, facce e corpi così intrisi di verità che possono recitare battute scritte fino all'ultima virgola come se non le avessimo mai sentite prima. Circondato dalla sua corte, tormentato dall'insonnia e dal mal di denti, Antonio Barracano sistema questioni futili ma letali, ristabilisce i confini del torto e della ragione, espone e mette in pratica la sua personalissima idea di giustizia facendosi carico anche dei casi più spinosi. Come quello che oppone il ricco fornaio Santaniello (un prosciugato, essenziale Massimiliano Gallo) al figlio Rafiluccio, deciso a ucciderlo. Una lite che finirà per essere la sua nemesi, come sappiamo, lasciando aperta la questione centrale del testo eduardiano. Perpetuare la faida, generando altre morti a catena, o spezzare la spirale della vendetta? Abolendo il monologo finale del dottore (un vibrante Roberto De Francesco), destinato a riattizzare il fuoco dell'odio, Martone e Ippolita Di Majo, che ha adattato il testo con lui, cancellano ogni possibile ambiguità.
In sala solo tre giorni, come evento, tra settembre e ottobre. Sarebbe bello che diventassero almeno trenta.
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