taxidriver
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mercoledì 18 agosto 2021
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piece teatrale coinvolgente ma pleonastica
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Piece teatrale ben realizzata ma pleonastica, questa nuova versione de "Il sindaco del rione Sanità" di Martone. A volte la recitazione è (volutamente?) esagerata e sopra le righe, coi personaggi che rischiano di diventare la parodia di se stessi. Il ritmo è serrato e non concede un attimo di tregua, la trama coinvolge ma questa piece del fu Eduardo resta circoscritta a un esercizio di recitazione auto-referenziale, relegata in un universo a se stante. In parole povere, non riesce ad aggiornare la piece all'odierna realtà di Napoli.
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ennio
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lunedì 11 gennaio 2021
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giustizia privata gestita dal ceo del rione sanità
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Sarà che non ho visto l'opera originale teatrale, e non posso rilevare differenze con essa, ma a me il film di Martone è piaciuto tanto. Riuscire a catturare l'attenzione dello spettatore per due ore, senza mai cali di tensione, è un'impresa non facile. Specie se il film si svolge quasi per intero al chiuso di quattro pareti, salvo brevi escursioni sul terrazzo di casa. Mi tornano in mente opere di Fassbinder o Rivette, quella claustrofobìa che non annoia mai, e anzi intensifica e concentra sensazioni ed emozioni dei protagonisti.
Ottimo il protagonista De Leva nella parte del mammasantissima del rione Sanità, che gestisce una giustizia sociale diversa da quella istituzionale, e che in certi momenti appare anche più umana.
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Sarà che non ho visto l'opera originale teatrale, e non posso rilevare differenze con essa, ma a me il film di Martone è piaciuto tanto. Riuscire a catturare l'attenzione dello spettatore per due ore, senza mai cali di tensione, è un'impresa non facile. Specie se il film si svolge quasi per intero al chiuso di quattro pareti, salvo brevi escursioni sul terrazzo di casa. Mi tornano in mente opere di Fassbinder o Rivette, quella claustrofobìa che non annoia mai, e anzi intensifica e concentra sensazioni ed emozioni dei protagonisti.
Ottimo il protagonista De Leva nella parte del mammasantissima del rione Sanità, che gestisce una giustizia sociale diversa da quella istituzionale, e che in certi momenti appare anche più umana.
Tante scene risultano poi esilaranti nella loro forzosa teatralità, soprattutto per i “forestieri” non-napoletani come me.
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anna rosa
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venerdì 18 dicembre 2020
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c''è giustizia e giustizia
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Film bellissimo, potente. Ho apprezzato innanzitutto la forza della recitazione di Di Leva, vero fuoriclasse, l'originalità dell'impianto teatrale che è un omaggio a De Filippo, il coraggio di proporre un film in dialetto napoletano, ovviamente coi sottotitoli, che è un omaggio a De Filippo, a Napoli e a un dialetto che come tutti gli altri dialetti sta scomparendo. Quanto alla storia che il film di Martone racconta, essa ruota intorno a un "sindaco" cui gli abitanti del rione Sanità si rivolgono in caso di conflitti o difficoltà perché lui ristabilisca gli equilibri. Alla sua idea di giustizia si oppone quella del panettiere Santaniello che meschinamente si crede giusto perché non commette reati, però ingiustamente ripudia il figlio.
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Film bellissimo, potente. Ho apprezzato innanzitutto la forza della recitazione di Di Leva, vero fuoriclasse, l'originalità dell'impianto teatrale che è un omaggio a De Filippo, il coraggio di proporre un film in dialetto napoletano, ovviamente coi sottotitoli, che è un omaggio a De Filippo, a Napoli e a un dialetto che come tutti gli altri dialetti sta scomparendo. Quanto alla storia che il film di Martone racconta, essa ruota intorno a un "sindaco" cui gli abitanti del rione Sanità si rivolgono in caso di conflitti o difficoltà perché lui ristabilisca gli equilibri. Alla sua idea di giustizia si oppone quella del panettiere Santaniello che meschinamente si crede giusto perché non commette reati, però ingiustamente ripudia il figlio. Il finale è amarissimo, poiché i beneficiati, e persino qualche amato (penso alla moglie), non sono meritevoli del sacrificio, e questo aumenta l'aura tragica del personaggio. Certo il punto debole del personaggio è che comunque quest'uomo, che si sacrifica perché la sua uccisione non provochi una catena di altre uccisioni, non si è costruito il suo piccolo impero edilizio mettendo pace tra avversari, e tuttavia l'interpretazione di Di Leva è così potente da far(me)lo dimenticare.
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anna rosa
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venerdì 18 dicembre 2020
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doppiaggio
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Ma scusa, i film stranieri non vengono doppiati? E allora faranno così. E come in tutti i doppiaggio si perderà moltissimo della forza autentica della voce originale dell'attore.
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nicoladimi
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venerdì 25 settembre 2020
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eduardo il sindaco
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Si percepisce che è un’opera teatrale e a tratti sembra quasi di vederci il grande Eduardo. Il cinema nella sua grandezza rimpicciolisce quasi sempre un’opera teatrale ma forse proprio perchè un’opera teatrale già egregiamente svolta e più volte riproposta, gli attori l’hanno saputo interpretare. Io non avendola mai vista e non conoscendola sono stato preso dal film che mi ha a tratti anche coinvolto. Il finale credo che in teatro regga ma qui si è un po’ perso, sciolto o forse è mancato il carisma di un grande attore.
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l''imbecille
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martedì 24 marzo 2020
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film in dialetti e lingue locali.
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E' stato scritto e commentato tanto su questo film e quindi non aggiungo null'altro; valutazioni di larga massima condivisibili. Vorrei però utilizzare questo "social" per porre una domanda ed attendere una risposta.
Ma come fa questo film (e tanti altri con la stessa caratteristica) a varcare i nostri confini "linguistici"? Mi chiedo, ma ad esempio: in Francia, Germania ecc. ecc. viene doppiato o rimane il napoletano?? Se così fosse ne limita terribilmente la fruibilità, no?? Anche perché i sottotitoli onestamente sono d'altri tempi!!! Vedasi la stessa edizione originale ha dovuto fare ricorso a sottotitoli su parecchie scene!!
Grazie
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eugenio
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domenica 22 marzo 2020
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il guappo eduardo
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Temi tipici della commedia popolare del teatro napoletano, attinti a una lunga tradizione “macchiettistica” come la realtà di provincia demistificata e vivacemente popolana da un’angolazione grottesca, ricorrono con frequenza nel canovaccio dell’opera di Eduardo De Filippo incentrata sull’assunto di tematiche sociali quali elementi perturbatori di una condizione esistenziale arida e desolata.
Nel Sindaco del rione sanità, Eduardo si fa commediografo più maturo, incline al teatro popolare tradizionale, alla svolta melodrammatica e quasi cristologica pur con pesanti influenze pirandelliane contestualizzate, elaborate e “adattate” ad un discorso originale e autonomo.
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Temi tipici della commedia popolare del teatro napoletano, attinti a una lunga tradizione “macchiettistica” come la realtà di provincia demistificata e vivacemente popolana da un’angolazione grottesca, ricorrono con frequenza nel canovaccio dell’opera di Eduardo De Filippo incentrata sull’assunto di tematiche sociali quali elementi perturbatori di una condizione esistenziale arida e desolata.
Nel Sindaco del rione sanità, Eduardo si fa commediografo più maturo, incline al teatro popolare tradizionale, alla svolta melodrammatica e quasi cristologica pur con pesanti influenze pirandelliane contestualizzate, elaborate e “adattate” ad un discorso originale e autonomo.
L’ambiente classico della Napoli micro-borghese, i personaggi grotteschi, maschere di se stessi che attraversano come foglie morte la vita in equilibrio precario tra miseria e imbrogli serbando nostalgie immancabili per un passato più prospero, le “macchiette” di contorno e i cari “co-primari”, servette e portinai ficcanaso, pronti a intromettersi e a dire la loro dall’alto del loro disperato assennato pulpito, sono in questa “commedia teatrale” distanti.
Sì, perché nell’opera di De Filippo, portata sullo schermo dall’abile regia di Mario Martone con la supervisione della compagnia Elledieffe e il supporto del teatro stabile di Torino, l’oggetto delle elucubrazioni è l’uomo, alle prese con la difficile vita di tutti i giorni in cui convive quotidianamente con un dolore tenuto sotto chiave, l’uomo non metafisico ma pragmatico, assorbito dai grandi problemi del vivere. Ed in questo contesto che la figura di Antonio Barracano, questo guappo dal volto di Francesco di Leva (formatosi al laboratorio teatrale dello stesso Martone dopo una convincente prova in Una vita tranquilla) assai più giovane nell’interpretazione filmica rispetto al saggio sessantenne Eduardo nello spettacolo, riassume in sé la capacità di saper gestite i problemi, spesso evanescenti a cui la giustizia rimane spesso incapace di porre rimedio.
Affacciandosi a un mondo indegno, una terra desolata di uomini vuoti, gretti e meschini (citando Eliot), profondamente amorale e ingiusta, Eduardo esprime sdegno e protesta tramite Antonio Barracano che, a differenza di una superficiale lettura del lavoro di Martone in cui assume una connotazione quasi “camorristica”, appare assai convincente nei suoi mezzi di restituire una parvenza di normalità alle questioni del rione di cui è evidente rappresentante, il rione di Sanità appunto.
Nel movimento di una macchina da presa che indugia sui volti, sulla luce mediterranea di una villa sul Vesuvio (chiaramente abusiva, prima parte), contrapposta ai lugubri vicoletti si cui si aprono palazzi antichi arredati a uso barocco (ottenuti da fonti assai poco lecite), il discorso diretto della predica quanto soprattutto quello indiretto dell’invenzione della commedia, tingono di vena comica-drammatica le azioni dei personaggi che si presentano a Antonio Barracano come fosse l’unico in grado di dirimere il bene e il male.
Così, i due scagnozzi di bande rivali che si sparano a vicenda, un pusillanime divorato dai debiti di un usuraio, il figlio perdigiorno con compagnia incinta al seguito, defraudato dal padre panettiere (un onesto e carismatico Massimiliano Gallo), tingono di amaro squallore tutta la vicenda su cui si erge quasi il limite di una speranza, di una fiducia nella giustizia, gravida nelle parole del panettiere in un serrato quanto lucido e teatralmente ineccepibile dialogo.
Nella lettura fedele di Martone, in cui tuttavia la voce di De Filippo assume i toni gravidi di una saudade, l’appello cristologico a una figura terrena, assetata di potere, figlia del popolo e da questo rispettato con ossequioso verecondo timore, rappresenta una cartina di tornasole, capace di denunciare una realtà societaria che non funziona, che non sa collaborare, che non sa agire ma solo appellarsi a un’entità “risolutoria” appoggiata da un medico (un bravissimo Roberto de Luca) colluso cucitore di corpi straziati e trame rovinate.
Martone, nell’adattamento di Eduardo, è stato capace di eliminare la convenzionalità, la verosimiglianza dei personaggi, togliendo quella suspence del testo teatrale con cui avrebbe potuto tranquillamente imbastire l’ossatura del dramma, facendo ricorso a schemi per distruggerla, ribaltarla, in un climax quasi sconvolgente.
Lo scontro tra l’innocenza, l’onestà del panettiere, le speranze deluse degli intrighi di un mondo che lo circonda schiavo della meschinità affaristica e il savoir-faire da guappo di Barracano, lasciano l’amaro in bocca. Malgrado il finale quasi pagano, non pregno di importanza, rappresenti una sorta di liberazione (ma in realtà di un nuovo vincolo), ciò che lascia perplessi sono proprio le confessioni dei vari personaggi, sfogo ed emblema di tutte le repressioni istintuali del tira-campare nazionale, oggi di gran voga.
Spettacolo di grandissima modernità, Il sindaco del Rione sanità, malgrado scritto nel lontano 1960, è capace di sollevare inquietanti interrogativi, sulla realtà attuale e su un contesto storico di umana ma brillante miseria.
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franzone
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domenica 24 novembre 2019
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brutto
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jonnylogan
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giovedì 31 ottobre 2019
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the mayor
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Antonio Barracano è definito “sindaco” perché riesce a vegliare sul Rione Sanità assieme al suo amico medicoFabio Della Ragione. Vi riesce con la capacità innata di chi sa distinguere tra carogne e brave persone e quando Rafiluccio, figlio del fornaio, gli si rivolge per comunicargli che sta per uccidere suo padre, Antonio decide d’intervenire per evitare che possa avvenire una tragedia della quale è certo che l’uomo se ne pentirebbe amaramente.
Da Morte di un Matematico Napoletano, pellicola del 1991 dedicata alla figura dello scienziato Renato Caccioppoli,fino all’approdo del rione del titolo, divenuto famoso per aver dato i natali al principe De Curtis, e già raccontato a teatro da Eduardo e in seguito al cinema da Ugo Giordani, con Anthony Quinn nel ruolo del criminale al quale rivolgersi per risolvere e governare con imparzialità.
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Antonio Barracano è definito “sindaco” perché riesce a vegliare sul Rione Sanità assieme al suo amico medicoFabio Della Ragione. Vi riesce con la capacità innata di chi sa distinguere tra carogne e brave persone e quando Rafiluccio, figlio del fornaio, gli si rivolge per comunicargli che sta per uccidere suo padre, Antonio decide d’intervenire per evitare che possa avvenire una tragedia della quale è certo che l’uomo se ne pentirebbe amaramente.
Da Morte di un Matematico Napoletano, pellicola del 1991 dedicata alla figura dello scienziato Renato Caccioppoli,fino all’approdo del rione del titolo, divenuto famoso per aver dato i natali al principe De Curtis, e già raccontato a teatro da Eduardo e in seguito al cinema da Ugo Giordani, con Anthony Quinn nel ruolo del criminale al quale rivolgersi per risolvere e governare con imparzialità. È questo l’excursus di un regista – Martone - principalmente legato al mondo del teatro e in seguito approdato al cinema sempre per narrare, o quasi, la propria Napoli, perennemente in bilico fra afflati di camorra e screzi che potrebbero costarti la vita. Fra le sue mani l’opera firmata da De Filippo diventa un mix ben congegnato di speranza e onore, critica sociale di uno stato assente al quale ci si sostituisce con mezzi di fortuna e con le armi a propria disposizione. Il risultato finale si potrebbe sbrigativamente scambiare come un oltraggio su celluloide riadattato ai tempi di Gomorra ma oltre questo c’è di più. C’è la modernità di un linguaggio differente perché traslato sul grande schermo, ma al tempo stesso uguale, perché l’opera di Eduardo è stata integralmente preservata e modificata solo sulle ultime curve per donare una speranza che al grande drammaturgo scomparso negli ‘80 mancò. Al tempo stesso il cast funziona come un orologio, la colonna sonora firmata da Ralph P colpisce nel bersaglio, la Napoli livida e notturna aggiunge alla pellicola quel tocco di freddezza che non guasta e la trama avvince pur non essendo nuova e il finale arriva quando meno lo si vorrebbe incontrare. Piacevole rivisitazione a distanza di quasi sessant’anni di un classico del teatro a dimostrazione che forse quello che doveva essere narrato era già stato ampiamente detto, o quasi.
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nino pellino
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sabato 26 ottobre 2019
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dignitosa trasposizione cinematografica
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Dignitosa trasposizione cinematografica del regista Mario Martone di un'opera teatrale di Eduardo De Filippo e che ancora una volta concentra le sue idee artistiche evidenziando le malsane periferie del centro sud del nostro Paese, caratterizzate da mentalità e concetti sociali dal forte impatto. Buona prova degli attori soprattutto del giovane protagonista Francesco Di Leva, mentre lo stile di questo film tenta di essere il più possibile fedele all'originale, ricalcandone possibilmente l'aspetto teatrale nella recitazione. Film più che dignitoso, senza infamia e senza lode e che pertanto nulla toglie, ma nulla sembra aggiungere all'opera originale.
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