franzone
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domenica 24 novembre 2019
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brutto
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jonnylogan
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giovedì 31 ottobre 2019
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the mayor
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Antonio Barracano è definito “sindaco” perché riesce a vegliare sul Rione Sanità assieme al suo amico medicoFabio Della Ragione. Vi riesce con la capacità innata di chi sa distinguere tra carogne e brave persone e quando Rafiluccio, figlio del fornaio, gli si rivolge per comunicargli che sta per uccidere suo padre, Antonio decide d’intervenire per evitare che possa avvenire una tragedia della quale è certo che l’uomo se ne pentirebbe amaramente.
Da Morte di un Matematico Napoletano, pellicola del 1991 dedicata alla figura dello scienziato Renato Caccioppoli,fino all’approdo del rione del titolo, divenuto famoso per aver dato i natali al principe De Curtis, e già raccontato a teatro da Eduardo e in seguito al cinema da Ugo Giordani, con Anthony Quinn nel ruolo del criminale al quale rivolgersi per risolvere e governare con imparzialità.
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Antonio Barracano è definito “sindaco” perché riesce a vegliare sul Rione Sanità assieme al suo amico medicoFabio Della Ragione. Vi riesce con la capacità innata di chi sa distinguere tra carogne e brave persone e quando Rafiluccio, figlio del fornaio, gli si rivolge per comunicargli che sta per uccidere suo padre, Antonio decide d’intervenire per evitare che possa avvenire una tragedia della quale è certo che l’uomo se ne pentirebbe amaramente.
Da Morte di un Matematico Napoletano, pellicola del 1991 dedicata alla figura dello scienziato Renato Caccioppoli,fino all’approdo del rione del titolo, divenuto famoso per aver dato i natali al principe De Curtis, e già raccontato a teatro da Eduardo e in seguito al cinema da Ugo Giordani, con Anthony Quinn nel ruolo del criminale al quale rivolgersi per risolvere e governare con imparzialità. È questo l’excursus di un regista – Martone - principalmente legato al mondo del teatro e in seguito approdato al cinema sempre per narrare, o quasi, la propria Napoli, perennemente in bilico fra afflati di camorra e screzi che potrebbero costarti la vita. Fra le sue mani l’opera firmata da De Filippo diventa un mix ben congegnato di speranza e onore, critica sociale di uno stato assente al quale ci si sostituisce con mezzi di fortuna e con le armi a propria disposizione. Il risultato finale si potrebbe sbrigativamente scambiare come un oltraggio su celluloide riadattato ai tempi di Gomorra ma oltre questo c’è di più. C’è la modernità di un linguaggio differente perché traslato sul grande schermo, ma al tempo stesso uguale, perché l’opera di Eduardo è stata integralmente preservata e modificata solo sulle ultime curve per donare una speranza che al grande drammaturgo scomparso negli ‘80 mancò. Al tempo stesso il cast funziona come un orologio, la colonna sonora firmata da Ralph P colpisce nel bersaglio, la Napoli livida e notturna aggiunge alla pellicola quel tocco di freddezza che non guasta e la trama avvince pur non essendo nuova e il finale arriva quando meno lo si vorrebbe incontrare. Piacevole rivisitazione a distanza di quasi sessant’anni di un classico del teatro a dimostrazione che forse quello che doveva essere narrato era già stato ampiamente detto, o quasi.
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nino pellino
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sabato 26 ottobre 2019
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dignitosa trasposizione cinematografica
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Dignitosa trasposizione cinematografica del regista Mario Martone di un'opera teatrale di Eduardo De Filippo e che ancora una volta concentra le sue idee artistiche evidenziando le malsane periferie del centro sud del nostro Paese, caratterizzate da mentalità e concetti sociali dal forte impatto. Buona prova degli attori soprattutto del giovane protagonista Francesco Di Leva, mentre lo stile di questo film tenta di essere il più possibile fedele all'originale, ricalcandone possibilmente l'aspetto teatrale nella recitazione. Film più che dignitoso, senza infamia e senza lode e che pertanto nulla toglie, ma nulla sembra aggiungere all'opera originale.
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carloalberto
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lunedì 7 ottobre 2019
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il meccanismo si è rotto
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Il sindaco del rione Sanità di Eduardo è un’opera complessa e congegnata come un orologio svizzero dove ogni parte è collegata alle altre e tutte sono indispensabili al corretto funzionamento dell’intero meccanismo. La tragedia individuale è calata nel dramma sociale che a sua volta è veicolato da una storia ispirata ad un personaggio realmente esistito e vissuto a Napoli in una determinata epoca. Il protagonista, Antonio Barracano, appartiene alla lunga teoria di personaggi eduardiani rosi da una mania, in questo caso è la mania della giustizia, in altri l’oggetto della fissazione è il gioco del lotto (Non ti pago) o il desiderio dei soldi (Questi fantasmi) o fare il presepe (Natale in casa Cupiello).
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Il sindaco del rione Sanità di Eduardo è un’opera complessa e congegnata come un orologio svizzero dove ogni parte è collegata alle altre e tutte sono indispensabili al corretto funzionamento dell’intero meccanismo. La tragedia individuale è calata nel dramma sociale che a sua volta è veicolato da una storia ispirata ad un personaggio realmente esistito e vissuto a Napoli in una determinata epoca. Il protagonista, Antonio Barracano, appartiene alla lunga teoria di personaggi eduardiani rosi da una mania, in questo caso è la mania della giustizia, in altri l’oggetto della fissazione è il gioco del lotto (Non ti pago) o il desiderio dei soldi (Questi fantasmi) o fare il presepe (Natale in casa Cupiello). Sono tutti uomini traumatizzati dalla vita che si rifugiano in un’idea maniacale, che, allo stesso tempo, costituisce una fuga dal mondo e una ossessione che li divora consumandoli.
Al centro della scena, motore immobile di tutto quello che accade, c’è il senso di colpa di Antonio Barracano, il rovello che lo affligge per aver ucciso da giovane un uomo in modo efferato per reagire ad un’ingiustizia subita. Quando il destino gli offre l’occasione di espiare, è come se avesse atteso quel momento da tutta la vita. Emblematica ed evocativa in tal senso la scena in cui il ragazzo, ossessionato dall’idea di uccidere il padre, abbraccia e accarezza Barracano, in modo inusuale e decontestualizzato, a simboleggiare sia lo sdoppiamento del protagonista nel suo lato oscuro e angosciante, sia la lusinga del destino che giunge per offrire la possibilità dell’estremo riscatto.
In una catarsi liberatoria Barracano morirà ferito da una lama, arma che egli stesso suggerisce al proprio carnefice raccontandogli, qualche ora prima, nei dettagli, il fatto di cronaca di cui fu protagonista e che fece notizia, l’assassinio di un guardiano di una tenuta con relativo processo, in cui però era stato assolto per legittima difesa grazie all’ausilio di falsi testimoni. Barracano versa il suo sangue per evitare che un giovane, in cui si riconosce, si macchi di parricidio e nell’ultima scena organizza una tavolata con gli amici-seguaci e con il giuda che lo ha tradito, offrendosi come agnello sacrificale, in una simbolica ultima cena, per mondare i peccati del rione Sanità.
La tragedia individuale è originata dal dramma sociale, dalle ingiustizie che Barracano ritiene lo abbiano condotto all’omicidio e che sono quindi per lui la vera causa del suo tormento interiore, le stesse ingiustizie che deve subire il popolo a causa dell’ignoranza e della miseria culturale ed economica in cui è tenuto dalla classe dominante per essere sfruttato. Da qui nasce il Barracano eroe negativo, il dispensatore di giustizia con mezzi illeciti che si sostituisce allo Stato assente per creare utopisticamente una società migliore, a cui Eduardo contrappone la figura del dottore, che rivendica, invece, la possibilità di perseguire lo stesso fine con l’onestà e la legalità.
Martone ambientando il dramma ai giorni nostri ha modificato un elemento essenziale del meccanismo che rendeva credibile, nella versione originale, la storia personale di Barracano ed il suo ruolo nel quartiere, entrambi legati a filo doppio con la tragedia individuale ed il dramma sociale. Nemmeno lo stesso Eduardo, curando l’adattamento televisivo del ’79, osò attualizzare il dramma e lo ambientò nel 1960. E’ impossibile, infatti, attualizzare un’opera che è legata indissolubilmente al contesto storico e sociale in cui è ambienta. La figura del guappo, il Sindaco del rione Sanità, come fu anche rappresentato nel memorabile episodio del L’Oro di Napoli di Vittorio De Sica del 1954 con Totò, a Napoli non esiste più da decenni. Oggi non c’è più spazio per queste figure intermedie e quasi mitologiche, metà galantuomo e metà uomo d’onore, che facevano da ammortizzatori sociali. Oggi c’è un abisso incolmabile tra la società civile onesta e i criminali di Gomorra. In mezzo c’è la zona grigia, sempre più estesa, degli affaristi senza scrupoli, dei colletti bianchi, che badano soltanto ai loro interessi e non si sognano nemmeno di fare da pacieri o di portare giustizia laddove non c’è.
E poi, altro che trasposizione integrale. Tagliare la scena madre del dottore, che, nella versione originale, nel finale si riscatta ergendosi a paladino di un nuovo senso di legalità, a prescindere dalle intenzioni dell’autore, peraltro non chiare, vuol dire eliminare lo spirito didattico-educativo che pure era parte integrante dell’opera e del pensiero nonché della vena artistica di Eduardo.
La modernizzazione effettuata attraverso l’involgarimento e la gomorrizzazione degli arredi, dei personaggi minori e del protagonista non soltanto risulta per nulla credibile per quanto detto innanzi, depotenziando di fatto l’intensità dei temi universali e senza tempo al centro della tragedia e del dramma veicolati dalla storia contingente, ma contrasta anche in modo stridente con il tenore piccolo borghese del linguaggio utilizzato da Eduardo, qui ed in tutte le sue commedie, per i dialoghi, lasciati da Martone pressoché identici a quelli originali.
Qualche scena di esterni girata alla Sanità e una panoramica aerea ripresa con un drone sulla periferia di Napoli non trasformano l’opera teatrale in un film. Il Sindaco rimane sul palcoscenico, come del resto negli adattamenti televisivi del 1964 e del 1979 dello stesso Eduardo.
Il luogo deputato alla rappresentazione della tragedia classica rimane il teatro.
Martone, a mio avviso, non ha dato il giusto risalto, forse preso dalla “mania” di modernizzare l’opera, alla centralità del dramma interiore di Barracano, che non è un mezzo camorrista che grazie al timore che incute nella gente mette pace nel quartiere, ma al contrario è un uomo ossessionato dall’idea che nel mondo vi deve essere giustizia che diventa o meglio si atteggia a uomo d’onore.
Inutile, infine, il confronto tra gli attori delle tre versioni citate. Francesco Di Leva, Roberto De Francesco ed in particolare Massimiliano Gallo, padrone oramai di una recitazione asciutta ed essenziale, alla Eduardo, sono bravissimi, e tanto basta.
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ghisi gr�tter
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giovedì 3 ottobre 2019
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un padrino buono
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Mario Martone nel film “Il sindaco del rione Sanità” è rimasto fedele alla commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, composta nel 1960. La sua trasposizione cinematografica è a cavallo tra teatro, cinema e fiction. Il sindaco, rispetto alla versione originale, è un quarantenne palestrato interpretato da Francesco Di Leva, già specializzatosi in storie partenopee di serie televisive e di film diretti da Antonio Grimaldi.
Antonio Barracano è un criminale del rione Sanità, con il quale tutti devono conferire per ogni conflitto o contestazione.
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Mario Martone nel film “Il sindaco del rione Sanità” è rimasto fedele alla commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, composta nel 1960. La sua trasposizione cinematografica è a cavallo tra teatro, cinema e fiction. Il sindaco, rispetto alla versione originale, è un quarantenne palestrato interpretato da Francesco Di Leva, già specializzatosi in storie partenopee di serie televisive e di film diretti da Antonio Grimaldi.
Antonio Barracano è un criminale del rione Sanità, con il quale tutti devono conferire per ogni conflitto o contestazione. È una sorta di Padrino che amministra la giustizia a modo suo secondo criteri diversi da quelli legali, protegge gli “ignoranti” anche dal sopruso istituzionalizzato, dall’arbitrio dei veri potenti e dei furbi che divorano la povera gente. La regola è: «chi tiene santi va in Paradiso e chi non ne tiene va da Don Antonio».
Possiede anche un negozio dove lavora il figlio, mentre nella sua “amministrazione” è coadiuvato dal dott. Fabio Dalla Ragione, un medico figlio di un Professore universitario, che lo consiglia e lo aiuta, spesso facendo evitare il pronto soccorso a tutti quei poveracci del quartiere che in qualche modo vengono feriti nelle risse.
Il dottore è in procinto di partire per gli Stati Uniti, vuole andare da un fratello emigrato lì da tanti anni, perché è stufo di condurre questa vita ai margini della legalità. Naturalmente Antonio non è d’accordo e spera di fargli cambiare idea. Infatti, uno dei suoi motti è proprio quello che “un vero uomo è quello che desiste da un proposito e si fa convincere a cambiare idea”.
Il film mostra una giornata-tipo del Sindaco passata nella villa lussuosa sotto il Vesuvio dove i Barracano svernano: ginnastica mattutina, udienze con i postulanti, pasti preparati dalla tuttofare Immacolata, si svolge tutta in famiglia con Geraldina, la figlia piccola e il figlio Gennarino.
Ci sarà pure una visita al canile dove trattengono il mastino Malavita, la femmina dei due feroci cani da guardia, che ha morso, apparentemente senza motivo, la moglie Armida. Ma per Antonio, Malavita non è una bestia feroce che azzanna a caso, ma «tene ragione ‘o cane»: ha azzannato la moglie perché è stata provocata.
Don Antonio quindi inizia le "udienze" giornaliere dei disperati che si rivolgono a lui in cerca di giustizia e protezione. Schiaffeggiati e liquidati due delinquenti, dando torto a entrambi perché si sono sparati senza il suo consenso, si appresta ad ascoltare Rafiluccio Santaniello, uno tra i postulanti che vanno ad omaggiare il sindaco, intenzionato a uccidere il padre, un ricco panettiere di zona che lo ha cacciato di casa qualche anno prima. Rafiluccio ha bisogno di soldi, vive con una ragazza che è incinta, probabilmente una ex prostituta di cui si è invaghito, e si arrabatta a fare vari lavoretti precari.
Il Sindaco Barracano crede però in valori assoluti, che nemmeno il più meschino dei criminali può infangare e la famiglia è sicuramente uno di questi. Pertanto dopo aver tentato senza successo una riconciliazione tra padre e figlio, Antonio decide di intervenire di persona tra i due contendenti.
Senza fare spoiler per chi non ricorda la commedia di Eduardo posso dire che l’ultima parte del film si svolgerà realmente nel rione Sanità nella dimora Barracano.
Martone si affida ai ragazzi del Nest (Napoli Est Teatro che in inglese significa anche “nido”) di San Giovanni a Teduccio, che hanno trasformato una palestra in una sorta di “teatro di guerra”. La Compagnia Nest ogni anno propone iniziative per contrastare la difficoltà di attirare pubblico nel proprio spazio e territorio e per far vedere zone del quartiere, magari fino a quel momento sconosciute. Gli attori sono tutti bravi, la recitazione è coinvolgente e la vicenda convincente.
Gli spezzoni urbani che il regista inserisce tra le varie parti più statiche e teatrali, ci stanno bene e arricchiscono di informazioni visive – edifici di edilizia economico e popolare di periferia - quello che originariamente era relativo al solo quartiere storico partenopeo.
Perfetti sono gli scenari e gli arredamenti che sono scelti con un cattivo gusto piccolo borghese velleitario ma contenuto, senza arrivare al kitsch dei Casamonica.
Il film è stato presentato in Concorso all’ultimo Festival di Venezia 2019, dove ha riscosso un discreto successo.
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mauridal
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giovedì 3 ottobre 2019
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il sindaco a teatro
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Eduardo , ai giovani napoletani disse : fujtevenne ! Scappate via da Napoli ! Ovviamente un grido di dolore di un vecchio artista ormai disilluso rivolto a quella parte buona di generazione giovane che per poter vivere secondo begli ideali e buone competenze , non può rimanere in una città dal malessere stratificato , come la sua storia millenaria . Eduardo, commediografo , Mario Martone , regista di cinema e teatro , uniti dal pessimismo per il riscatto civile e umano della città di Napoli tutta da decifrare ancora , nonostante l’antropologia socio culturale .
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Eduardo , ai giovani napoletani disse : fujtevenne ! Scappate via da Napoli ! Ovviamente un grido di dolore di un vecchio artista ormai disilluso rivolto a quella parte buona di generazione giovane che per poter vivere secondo begli ideali e buone competenze , non può rimanere in una città dal malessere stratificato , come la sua storia millenaria . Eduardo, commediografo , Mario Martone , regista di cinema e teatro , uniti dal pessimismo per il riscatto civile e umano della città di Napoli tutta da decifrare ancora , nonostante l’antropologia socio culturale . Città di Napoli raccontata da diversi e opposti punti di vista la Napoli di Eduardo, è autenticamente popolare dove i personaggi nascono e vivono nel popolo ne fanno parte., sono la città viva , con tutte le contraddizioni e le impossibilità a risolverle ,con la tragedia che incombe , ineludibile. La città di Martone , è la sua rappresentazione , è il teatro perenne nelle strade , nelle case dove vivono le stesse persone che nel proprio vissuto diventano personaggi , e questo film è esattamente il teatro di personaggi che recitano la propria vita . Ottima scelta per un regista napoletano che conosce la realtà dei quartieri centrali e periferici dove ha lavorato, con la speranza della cultura , come viatico, con la consapevolezza che teatro , cinema istruzione, possano sconfiggere o almeno superare l’ignoranza di giovani e vecchi . Dunque il Barracano giovane non è molto diverso dal vecchio personaggio di Eduardo , sindaco di un rione Sanità che avrebbe contribuito a riscattare , come Eduardo realmente ha fatto con i giovani detenuti del carcere di Nisida. Dunque questo film ben recitato da attori ormai professionali , è per Mario Martone una scommessa riuscita una piccola rivoluzione culturale stavolta realizzata , e chissà che non riesca a trascinare altre esperienze culturali non solo nelle periferie ma proprio nel cuore storico di Napoli . La lotta tra il bene e il male tema di sottofondo del testo , diventa una lotta interna nelle viscere del personaggio Barracano che alla fine da malamente ,si sacrifica , pur di non iniziare una faida familiare. Per la cronaca , fino ad oggi nessun capo clan ha evitato niente e molti giovani sono finiti morti ammazzati. Un film , che non ricalca il genere gomorroide e questo è un pregio per gli autori e per tutti coloro che lo hanno realizzato , ben sapendo che il successo di pubblico non è mai prevedibile , ma consapevoli che una traccia nel cinema d’autore questo film potrà lasciarla. ( mauridal)
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