francesco zennaro
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sabato 23 febbraio 2019
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non tutto il male vien per nuocere
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L' UOMO È UN ANIMALE BIPEDE E INGRATO, DICEVA IL GRANDE DOSTOEVSKIJ.
Dopo una vita dedicata al lavoro come A.D./C.E.O. in una casa automobilistica, al nostro amico protagonista - dopo un ictus -
vengono concessi 10 minuti per sbaraccare la scrivania. Licenziato!!
Mentre l'ex collega top glielo comunica cinicamente, l'altro ex collega top guarda fuori dalla finestra, voltandogli in modo glaciale le spalle.
Nemmeno volevano che venisse riaccompagnato a casa (per un'ultima volta) dal fidato (e umano) autista.
(L'autista lo farà ugualmente, e per questo "ammutinamento" irriverente verrà licenziato in tronco).
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L' UOMO È UN ANIMALE BIPEDE E INGRATO, DICEVA IL GRANDE DOSTOEVSKIJ.
Dopo una vita dedicata al lavoro come A.D./C.E.O. in una casa automobilistica, al nostro amico protagonista - dopo un ictus -
vengono concessi 10 minuti per sbaraccare la scrivania. Licenziato!!
Mentre l'ex collega top glielo comunica cinicamente, l'altro ex collega top guarda fuori dalla finestra, voltandogli in modo glaciale le spalle.
Nemmeno volevano che venisse riaccompagnato a casa (per un'ultima volta) dal fidato (e umano) autista.
(L'autista lo farà ugualmente, e per questo "ammutinamento" irriverente verrà licenziato in tronco).
CORRIAMO, CORRIAMO, CORRIAMO, MA PER CHE COSA?
Il soggetto filmico riporta alla mente "CAST AWAY", della serie: dall' affannoso tempo tiranno - votato anima&corpo all'azienda - al totale "Non tempo". Ma anche a VATEL, a QUEL CHE RESTA DEL GIORNO e a diversi altri film.
NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE.
"Grazie" alla malattia, il protagonista riacquista il rapporto con la figlia, il rapporto con il cane, il rapporto con un cameriere, il rapporto con la dottoressa "psicopatica", Il rapporto con la.. .vita.
Compie addirittura il lungo e faticoso "Cammino di Santiago di Compostela".
Vale tanto la pena perdere di vista il senso dellaVita?!
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loland10
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martedì 26 febbraio 2019
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parole giuste...quando servono
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“Parlami di te” (The homme pressé, 2018) è il quarto lungometraggio del regista francese Hervé Mimran.
“Mi riposerò quando sarò morto”, dice Alain sprezzante e sicuro.
Niente di meglio che lavorare e non guardare indietro.
“Siete apocrifi invece di ipocriti”. Dice, sempre, Alain quando il vuoto fa capolino.
Ecco che la memoria langue, il cervello balbetta e i termini sembrano interscambiabili.
Alain Waplernon si scompone di fronte a nulla per prepararsi alla grande uscita del modello auto rivoluzionario per il Salone di Ginevra.
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“Parlami di te” (The homme pressé, 2018) è il quarto lungometraggio del regista francese Hervé Mimran.
“Mi riposerò quando sarò morto”, dice Alain sprezzante e sicuro.
Niente di meglio che lavorare e non guardare indietro.
“Siete apocrifi invece di ipocriti”. Dice, sempre, Alain quando il vuoto fa capolino.
Ecco che la memoria langue, il cervello balbetta e i termini sembrano interscambiabili.
Alain Waplernon si scompone di fronte a nulla per prepararsi alla grande uscita del modello auto rivoluzionario per il Salone di Ginevra. Tutto pronto, nonostante gli screzi aziendali e le invidie fruscianti, ma l’imprevisto arriva senza preavviso. La salute comincia a preoccuparlo e un ictus pensa di fermarlo. Ecco Alain vorrebbe rialzarsi subito ma non può. Il destino cambia bruscamente strada. Una figlia di conoscere, una Jeanne che, piano piano, gli ridona sicurezza nel parlare e nel ricordare la lingua. Ginevra è salva ma oramai la sua vita è altra. Come la perdita del lavoro.
Ecco che stare a casa, incontrare le persone vicine, accarezzare il cane, guardare la tv e i film in bianco e nero (in realtà ‘Casablanca’ e i suoi miti), fare lezioni sulle parole dimenticate, prendere appunti di un piccolo quaderno, fare colazione in un bar, non allontanarsi da se stesso (anche se non sempre riesce e si perde per strada) sono tutte piccole e grandi cose che rivitalizzano la sua vita e aprono, inaspettatamente, un mondo nuovo.
È il cammino di Compostela sorge come una speranza e una deviazione a tutto
Un gesto di speranza, di commozione e di sguardo nuovo. Belle le sequenze dell’andare tra pianure, sentieri, montagne e paesi con ritrovi e amici casuali.
E salvare un cerbiatto per ridarlo alla ‘mamma’ da il contro canto a tutte le carni macellate in cucina dalla cuoca di casa (tra polli, conigli e quant’altro).
Film medio francese che in modo non sommario gestisce il potere di un’azienda, l’arrivismo, la malattia, il contatto umano, l’incontro, lo scontro, il ritorno e una sana ‘appartenenza’ transalpina.
Film medio divertente, ammiccante, ben orchestrato, commovente e esente da tracce più o meno futili. Ma l’epilogo finale (parlo di un ultimo minuto) chiama in causa pubblicità della grande velocità (indiretta), sana economia e ottimismo di un francese caduto in disgrazia (e questo non può essere...). Si poteva chiudere prima (almeno per chi scrive).
A proposito qualche prodotto (oltre ai treni) compare in capolino: famosa bevanda gassata, palline di cioccolata doppia mm e, naturalmente, auto di note marche. Come dire non tutto viene per nuocere…
Fabrice Luchini(Alain) guarda sempre avanti e con un piglio da attore navigato non sbaglia nulla, mentre è seduto in scrivania, parla di economia, è in visita, raccoglie i cocci e cammina imperterrito tra freddo e caldo verso il suo destino che non conosce.
Leila Beckhti(Jeanne) è l’altra parte della vita di Alain: il loro incontro per la riabilitazione al ricordo e al linguaggio fa cambiare molte cose. I duetti sono spassosi e divertenti come quelli di Alain con gente casuale e vicine alla sua vita. Le parole storpiate e la ‘buonanotte’ per il ‘buongiorno’ sono il marchio di un film (nella successione dei fatti che sembrano casuali) da consigliare per rilassarsi e riflettere. La banalità di una commedia non tocca tale racconto.
Da menzionare l’autista Sam (Gus) che, con piccole battute e scene minime, riesce a ritagliarsi il suo ruolo (come quando ‘spaventato’ deve tornare a casa e non stare addosso al suo Alain per portarlo dove vuole). E la domestica-cuoca (originali siparietti) che lascia stare i convenevoli per un lauto pranzo a base di carne.
Regia variopinta e mai ferma, sorniona e smarginante.
-ps.: i titoli tradotti male o meglio perché cambiare i titoli; lasciare l’idea originale si può?!-
Voto: 7½/10 (***½).
.ps.: quando nel nostro bel Paese una commedia sana e di sano intrattenimento?!?!
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wolvie
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mercoledì 22 gennaio 2020
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astensione dal dopato
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Oramai F. Luchini è diventato l' icona di un certo cinema di genere transalpino, direi "borghese". Questo Alain Wapler (ispirato alla true story di C. Streiff, ex direttore della Peugeot/Citroen) è un altra figurina per la sua personale collezione, che tra l' altro aumenta anche il catalogo dei film sui disabili. Qui il grande ed insostituibile manager, compulsivamente occupato sul lavoro per dimenticare la moglie defunta e non fare i conti con una figlia che conosce a malapena. Viene colpito da due ictus che gli impediscono di parlare correttamente, formulando frasi sconnesse con parole espresse a caso ( i dialoghi sono le gag più riuscite, meglio costruite, così come i titoli di coda, veramente spassosi).
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Oramai F. Luchini è diventato l' icona di un certo cinema di genere transalpino, direi "borghese". Questo Alain Wapler (ispirato alla true story di C. Streiff, ex direttore della Peugeot/Citroen) è un altra figurina per la sua personale collezione, che tra l' altro aumenta anche il catalogo dei film sui disabili. Qui il grande ed insostituibile manager, compulsivamente occupato sul lavoro per dimenticare la moglie defunta e non fare i conti con una figlia che conosce a malapena. Viene colpito da due ictus che gli impediscono di parlare correttamente, formulando frasi sconnesse con parole espresse a caso ( i dialoghi sono le gag più riuscite, meglio costruite, così come i titoli di coda, veramente spassosi). Il cuore del film è il solito messaggio: carpe diem, cura i sentimenti, riscopri te stesso; ma la trama non riesce ad esplicitare in maniera adeguata il messaggio, inserisce risvolti superflui come il rapporto della logopedista con la madre che l ' ha abbandonata in fasce o l' infermiere spasimante, addirittura non manca il cammino di redenzione, indovinate dove? Certo! Santiago de Compostela, farcito di cartoline didascaliche su paesaggi mozzafiato. Il film funziona solo in parte, grazie al gran lavoro sul doppiaggio e al pregio di non volere spingere il pedale dell' acceleratore, appesantendo il tutto, con una facile rivalsa sui colleghi che gli hanno dato il ben servito. La scena meglio realizzata trova Wapler all' ufficio di collocamento, in soggettiva Wapler snocciola il suo curriculum, ma la faccia dell' interlocutore svela che le parole che esprime sono altre, confuse, stonate. Gradevole, ma poco altro.
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