stefanocapasso
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domenica 30 settembre 2018
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solitudine e famiglia
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In una piccola baracca vive una comunità eterogenea composta da quelli che appaiono essere mebri di una famiglia tradizionale: genitori, figli, nonna. Vivono arrangiandosi come possono, e un giorno trovano in strada una bambina che accolgono nella loro famiglia. Poco a poco si scoprirà che nessuno dei componenti è legato da vincoli sanguigni.
Kore'eda Hirokazu mette in scena un film molto bello che affronta temi importanti con grande delicatezza. La sceneggiatura si sviluppa pian piano, facendo emergere punti importanti mentre la storia sembra viaggiare su un binario di staticità. Ma proprio questo racconto sottotraccia finisce per coinvolgere in modo deciso.
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In una piccola baracca vive una comunità eterogenea composta da quelli che appaiono essere mebri di una famiglia tradizionale: genitori, figli, nonna. Vivono arrangiandosi come possono, e un giorno trovano in strada una bambina che accolgono nella loro famiglia. Poco a poco si scoprirà che nessuno dei componenti è legato da vincoli sanguigni.
Kore'eda Hirokazu mette in scena un film molto bello che affronta temi importanti con grande delicatezza. La sceneggiatura si sviluppa pian piano, facendo emergere punti importanti mentre la storia sembra viaggiare su un binario di staticità. Ma proprio questo racconto sottotraccia finisce per coinvolgere in modo deciso. Il tema è quello della famiglia, quale è la famiglia, quella di sangue o quella in cui si vive? Infatti il punto che è sottostante è quello della solitudine e la famiglia in questo caso rappresenta un luogo dove chi è solo ed abbandonato trova un posto dove sentirsi accolto ed amato. Kore’da dipinge sin dalle prime battute una condizione di clandestinità con il suo sguardo rubato da dietro le porte in un ambiente dove c’è poco spazio. Condizione, quella della clandestinità, che assumerà senso solo alla fine.
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8e1/2
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giovedì 1 novembre 2018
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ottimo film
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Una certa insistenza del regista (anche sceneggiatore) nel disorentiare lo spettatore alla lunga toglie un po' di emotività e di anima al film che però è costellato di 3-4 sequenze di grande cinema. I quattro attori che interpretano gli "adulti" del nucleo familiare attorno cui ruota la vicenda formano un ensemble attoriale davvero convincente, così come i due bambini che risultano sempre "intonati" e "in parte" (probabilmente anche grazie alla direzione di Kore'eda). Non un capolavoro, ma un ottimo film!
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carloalberto
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sabato 21 novembre 2020
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bastian contrario
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Un’altra famiglia del sottoproletariato urbano dell’opulento e iperindustrializzato oriente alla Parasite, ma senza la forza e l’ironia del film coreano, al centro di questo lungometraggio giapponese, che è il caso di definire tale per la lunghezza esasperante e la monotonia delle scene sempre uguali, che si succedono, senza trasmettere nessuna emozione, l’una all’altra, fino alla piccola sorpresa finale, che tale non è essendo ampiamente prevedibile. Il film sa troppo di artificioso e di studiato nella ricerca spasmodica dei buoni sentimenti esaltati laddove la gente comune non si aspetta di trovarli.
Una coppia di ladri, con un passato di prostituzione e lenocinio e una lieve condanna per l’omicidio del marito di lei per legittima difesa, sfruttano un’anziana donna, che è la nonna della ragazza più grande, utilizzando la sua reversibilità per tirare avanti e quando l’anziana muore la seppelliscono sotto casa per continuare a incassare la pensione e la derubano dei suoi risparmi.
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Un’altra famiglia del sottoproletariato urbano dell’opulento e iperindustrializzato oriente alla Parasite, ma senza la forza e l’ironia del film coreano, al centro di questo lungometraggio giapponese, che è il caso di definire tale per la lunghezza esasperante e la monotonia delle scene sempre uguali, che si succedono, senza trasmettere nessuna emozione, l’una all’altra, fino alla piccola sorpresa finale, che tale non è essendo ampiamente prevedibile. Il film sa troppo di artificioso e di studiato nella ricerca spasmodica dei buoni sentimenti esaltati laddove la gente comune non si aspetta di trovarli.
Una coppia di ladri, con un passato di prostituzione e lenocinio e una lieve condanna per l’omicidio del marito di lei per legittima difesa, sfruttano un’anziana donna, che è la nonna della ragazza più grande, utilizzando la sua reversibilità per tirare avanti e quando l’anziana muore la seppelliscono sotto casa per continuare a incassare la pensione e la derubano dei suoi risparmi.
A metà strada tra Oliver Twist in versione moderna e Brutti, sporchi e cattivi in forma però sdolcinata e buonista, il film non coinvolge emotivamente, eppure questo dovrebbe essere il suo unico scopo, visto che manca qualsiasi riferimento critico, neppure sotto forma di metafora, alla società dei consumi che li ha schiacciati emarginandoli nella baracca periferica in cui vivono e dal cui minuscolo giardino si intravede a stento uno spicchio di cielo.
Ma forse il film voleva essere soltanto una riflessione su di un banale luogo comune, ovvero che a volte non è sufficiente procreare per essere una buona madre e che i genitori adottivi possono essere, in taluni casi, migliori di quelli naturali.
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cardclau
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martedì 18 settembre 2018
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povertà e miseria non sono sinonimi
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Un altro film di Kore'eda Hirokazu. La storia raccontata ruota sulla
fortissima interazione e interdipendenza di diversi personaggi : Osamu
Shibata e Nobuyo Shibata, genitori apprendisti, ma non biologici; Nobuyo
Shibata, una figlia tenera che ha imparato dai genitori l’accoglienza;
Hatsue Shibata, la nonna, la cui funzione di collante per tutta la
“famiglia” è formidabile; Shota Shibata e Juri, rispettivamente un
fanciullo e una piccola bambina, senza famiglia. Siamo nella campo di
film di eccezionale spessore, dove, pur nella diuturna difficoltà della
vita, sempre difficile, impegnativa, a volte terribile, puzzolente,
perfino schiacciante, che richiede aggiustamenti ed adattamenti senza
posa, emerge un essere umano, povero sì, ma non assolutamente immiserito
fisicamente e spiritualmente.
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Un altro film di Kore'eda Hirokazu. La storia raccontata ruota sulla
fortissima interazione e interdipendenza di diversi personaggi : Osamu
Shibata e Nobuyo Shibata, genitori apprendisti, ma non biologici; Nobuyo
Shibata, una figlia tenera che ha imparato dai genitori l’accoglienza;
Hatsue Shibata, la nonna, la cui funzione di collante per tutta la
“famiglia” è formidabile; Shota Shibata e Juri, rispettivamente un
fanciullo e una piccola bambina, senza famiglia. Siamo nella campo di
film di eccezionale spessore, dove, pur nella diuturna difficoltà della
vita, sempre difficile, impegnativa, a volte terribile, puzzolente,
perfino schiacciante, che richiede aggiustamenti ed adattamenti senza
posa, emerge un essere umano, povero sì, ma non assolutamente immiserito
fisicamente e spiritualmente. In questo contesto non si diventa
necessariamente uno psicopatico individualista, narcisista, estremamente
e disperatamente solo, prono quindi alla cieca distruzione, al trionfo
della “pulsione di morte”, ma si può essere un umano che nella sua
semplicità (beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei
cieli) dove, pur non albergando grandi e sofisticati studi o sviluppi
intellettuali clamorosi, riesce a prendersi cura dell’altro, e quindi di
se stesso: e riesce a risolvere positivamente e in modo creativo i
conflitti che necessariamente emergono. Come quando Shota non vuole
niente a che fare con Juri, l’ultima arrivata. Una vittoria fulgida
della “pulsione di vita”, per dirla in modo semplicistico. Anche perché
tutto ruota non su quello che possiedi, o su gli altri che cosa pensano
che tu debba fare o pensare o essere, perché “giusto”, in una farsa e
pantomima continua, basato sul nulla, in mondo solo animato da
burattini, ma quanto sei nella testa dell’altro, sei pensato, sei
voluto. Alla fine di questo film travagliato, Shota chiama Osamu:
“papà”. L’essere umano può essere stupefacente.
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flaw54
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lunedì 17 settembre 2018
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non riesco a capire tutto questo entusiasmo
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Film decisamente brutto con un montaggio dilettantesco e recitazione da parte degli adulti che talvolta sfiora il ridicolo. Una noia mortale. I film italiani giustamente discussi per la loro monotonia e ripetitivitá al confronto sono di una vivacità enorme. Proprio non riesco a capire l'entusiasmo suscitato da quest'opera. Va bene l'analisi della famiglia e della società giapponese, tutto quello che volete, ma un po' di brillantezza sarebbe necessaria. Due ore sprecate
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