luca_1968
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domenica 19 novembre 2017
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imbarazzante...
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Gelo in sala alla fine delle 2 ore e 30 (!) del film... Se chi gli dà 5 stelle scrive che "La sceneggiatura non è la forza di questo film", allora non capisco proprio... si può raggiungere la perfezione senza sceneggiatura? L'idea di fondo poteva anche essere interessante, ma se ci si perde per strada nel realizzarla allora anche il giudizio dovrebbe tenerne conto...
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tonimais
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domenica 19 novembre 2017
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un film capolavoro spiega se stesso
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L'arte altro non è se non la rappresentazione della società che l'ha prodotta con i mezzi espressivi della propria epoca : ecco dunque che il quadrato dentro il quale si hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri è utopico e la società nel bene o nel male ( decisamente più nel male ) pulsa al di fuori di quel quadrato . Nessuno sa , neppure gli addetti ai lavori sanno, chi e dove verrà colto il frutto proibito dell'arte contemporanea ( esiste un 'arte non contemporanea ? ) piochè un artista è un contemporaneo così contemporaneo da sembrare ai propri contemporanei un anticipatore. La società si guarda allo specchio e non si riconosce a tal punto far dire alla giornalista : sei dentro di me ma non sai neppure come mi chiamo .
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L'arte altro non è se non la rappresentazione della società che l'ha prodotta con i mezzi espressivi della propria epoca : ecco dunque che il quadrato dentro il quale si hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri è utopico e la società nel bene o nel male ( decisamente più nel male ) pulsa al di fuori di quel quadrato . Nessuno sa , neppure gli addetti ai lavori sanno, chi e dove verrà colto il frutto proibito dell'arte contemporanea ( esiste un 'arte non contemporanea ? ) piochè un artista è un contemporaneo così contemporaneo da sembrare ai propri contemporanei un anticipatore. La società si guarda allo specchio e non si riconosce a tal punto far dire alla giornalista : sei dentro di me ma non sai neppure come mi chiamo . Vorrà pure strappargli di mano il suo seme creativo poichè la società è avida di rinnovamento. Ma la società è anche miope e si lascia facilmente abbagliare dai falsi profeti del modernismo. l'inganno è reciproco come tutti ben sappiamo ma ciò che permette di uscire da questo tormentato girone dantesco è l'affanno della ricerca con la quale l'artista , il vero artista , affronta tra mille difficoltà la sua quotidianità di ricerca. I falsi profeti vengono facilmente smascherati, uno solo si salverà poichè ancora una volta l'Arte ( quella con la A maiuscola ) avrà adempiuto al suo dovere: avrà svelato agli occhi di uno solo ciò che per gli altri continuerà a restare invisibile ( Paul Klee )
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domenica 19 novembre 2017
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pessimo
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Trama inesistente, significato inespresso, scene scorrrelate dal contesto, riprese mediocri, musica piacera pure a qualcuno. Attori bravi, Risparmiyevi i soldi fra 6 mesi potete annoiarvi davanti alla tv a gratis
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marioc.
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domenica 19 novembre 2017
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pretenzioso e confuso
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Film con molte aspettative visto l'importante riconoscimento di Cannes ma nel complesso deludente. Tutto incentrato su un museo di arte contemporanea e sul suo contradditorio direttore, parte da un'affermazione forte ma scontata "Il Quadrato è un santuario di fiducia e altruismo. Al suo interno tutti dividiamo gli stessi diritti e doveri" per cercare di evidenziare le diverse contraddizioni della nostra società: la divisione tra ricchi e poveri, l'ipocrisia dei nostri comportamenti quotidiani, il prevalere del potere del marketing sul comune sentire....L'obiettivo del film è quindi condivisibile, peccato che viene raggiunto in modo parziale e senza un filo conduttore chiaro, con una scenografia altalenante tra momenti gradevoli per il pubblico e lunghe pause.
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elibet1
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domenica 19 novembre 2017
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the square
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Film molto istruttivo. La superficialità può essere molto deleteria. Tutto alla fine ti torna contro. The square o ti fidi o non ti fidi della gente. Il protagonista si è fidato delle persone sbagliate perché è un uomo superficiale. Ha sottovalutato alcune e sopravvalutato altre. Perderà il lavoro, avrà un altro figlio da riconoscere e gli rimarrà per sempre il senso di colpa nei confronti del bambino. Io l'ho interpretato così.
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udiego
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sabato 18 novembre 2017
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the square
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"The square", vincitore dell'ultimo festival del cinema di Cannes, ci racconta la storia di Christian. Curatore di un museo di arte contemporanea di Stoccolma, che dopo essergli stati rubati portafogli e cellulare subirà una spirale di avvenimenti che nemmeno lui avrebbe potuto prevedere.
Ruben Ostlund, apprezzato regista di "Forza maggiore", porta sul grande schermo un lavoro che trasmette perfettamente il senso ed il clima dove il film è collocato.
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"The square", vincitore dell'ultimo festival del cinema di Cannes, ci racconta la storia di Christian. Curatore di un museo di arte contemporanea di Stoccolma, che dopo essergli stati rubati portafogli e cellulare subirà una spirale di avvenimenti che nemmeno lui avrebbe potuto prevedere.
Ruben Ostlund, apprezzato regista di "Forza maggiore", porta sul grande schermo un lavoro che trasmette perfettamente il senso ed il clima dove il film è collocato. "The square" è un'opera d'arte contemporanea, dove non c'è equilibrio, dove il senso di inadeguatezza accompagna per tutta la sua durata sia i suoi personaggi che lo spettatore. La sceneggiatura è strutturata in modo che il pubblico passi dal vivere senza apparente motivo dei momenti divertenti ed esilaranti ad altri molto più inquietanti e disturbanti. I personaggi, ben delineati e caratterizzati, con l'evolversi della vicenda non sembrano più in grado di gestire i loro comportamenti e di essere completamente in balia degli avvenimenti. Interessante, soprattutto dal punto di vista sociale, la scelta di sviluppare la vicenda con due elementi di contrapposizione e contrasto, da una parte l'alta società svedese apparentemente attenta alla solidarietà ed alla ricerca dell'uguaglianza, ma in realtà chiusa in se stessa e poco pronta all'aiuto verso il prossimo, e dall'altra i mendicanti, la parte più povera ed emarginata di quella stessa società che li utilizzerà per rappresentare la sua stessa immagine. Inutile negare che "The square" voglia anche essere un film di auto denuncia sociale, ed il tutto è ben rappresentato nella scena dove il povero Christian passa dal voler girare un semplice video di scuse per un ragazzo, all'intrattenere un monologo che poi si trasforma in sproloquio sul senso di colpa. In conclusione "The square", nonostante qualche piccolo difetto come la sua eccessiva durata, è un film che lascia il segno, e che ha la capacità di trasmettere diverse e contrastate emozioni per tutta la sua durata, come dovrebbe fare un'opera di arte contemporanea. voto 4/5
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flyanto
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giovedì 16 novembre 2017
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l'utopia del quadrato
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Dopo "Forza Maggiore" ritorna in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane il regista Ruben Ostlund con la sua ultima opera intitolata "The Square".
Il quadrato a cui il titolo fa riferimento è il lavoro di un'artista argentina che nel film viene collocata davanti ad un museo di arte contemporanea a Stoccolma e che simboleggia un luogo ideale dove tutti gli individui godono degli stessi diritti.
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Dopo "Forza Maggiore" ritorna in questi giorni nelle sale cinematografiche italiane il regista Ruben Ostlund con la sua ultima opera intitolata "The Square".
Il quadrato a cui il titolo fa riferimento è il lavoro di un'artista argentina che nel film viene collocata davanti ad un museo di arte contemporanea a Stoccolma e che simboleggia un luogo ideale dove tutti gli individui godono degli stessi diritti. Il protagonista del film è il direttore del suddetto museo: un uomo di circa 40 anni, o poco più, di bell'aspetto, colto, raffinato, insomma molto 'charmant', che si adopera al fine di promuovere gli artisti contemporanei e le loro opere. In seguito ad un furto molto ben architettato nel corso del quale egli viene derubato del proprio portafoglio e cellulare ed essendo poi riuscito ad individuare la locazione del palazzo dove risiede il ladro, il protagonista si reca nel suddetto stabile ed inserisce una sorta di lettera intimidatoria in tutte le cassette della posta di tutti gli appartamenti al fine di farsi restituire l'intero maltolto. Vi riesce ma da questo momento in poi la sua esistenza cambierà notevolmente in seguito ad una serie di problematiche sorte inevitabilmente in conseguenza al suo gesto.
"The Square" è un film originale e 'scomodo' allo stesso tempo perchè affronta in maniera ironica e poco politicamente corretta una tematica, purtroppo, quanto mai vera e cruda. L'utopia del quadrato che simboleggia l'ideale uguaglianza che dovrebbe esistere tra tutti gli esseri umani è, appunto, irreale perchè non esiste affatto in quanto la società contemporanea tende sempre di più a discriminare. Ostlund giudica la società svedese, ma il discorso riguarda tutte le società contemporanee, in apparenza evoluta e 'civile' quando in realtà è, invece, egoista, cattiva, se non addirittura violenta, ed indifferente a tutto ciò che in qualche modo potrebbe ostacolare il proprio cammino verso un auspicato benessere. Il protagonista del film simboleggia nella sua individualità la società contemporanea generale e pertanto da un discorso sul singolo il regista si sposta a quello più corale. Come nel suo precedente "Forza Maggiore" , anche in "The Square" Ostlund fa precipitare il comportamento di un individuo in seguito ad un avvenimento fortuito ma, se nella prima pellicola il discorso negativo sulla natura umana era rivolto solo ad un singolo individuo, nella second, ripeto, il discorso e l'accusa investe una portata più ampia che investe, appunto, l'intera società degli esseri umani.
Giustamente premiato con la Palma d'Oro all'ultimo Festival del Cinema a Cannes quest'anno, "The Square" risulta un film del tutto encomiabile sia per soggetto che impostazione generale, ma non per tutti data la sua presentazione fortemente provocatoria.
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cardclau
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mercoledì 15 novembre 2017
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fin troppo facile ...
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Non si può condividere il pessimismo cosmico di Ruben Östlund. Fin troppo facile suggerire che siamo nella merda, rivoltandosi allegramente nel proprio brago, senza usare il media filmico anche come mezzo per suggerire una via di scampo alla desolazione. Shakespeare l'aveva affermato più nobilmente quando aveva fatto dire ad Amleto: "... il mondo è uscito dai cardini ...". Certo gli attori sono bravi a dare il senso che tutto è perduto, ma la storia sembra peggio della campagna di Albania nella seconda guerra mondiale, che aveva fatto esclamare a Churchill: "l'ultimo esercito del mondo, quello greco, ha sconfitto il penultimo, l'italiano.
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Non si può condividere il pessimismo cosmico di Ruben Östlund. Fin troppo facile suggerire che siamo nella merda, rivoltandosi allegramente nel proprio brago, senza usare il media filmico anche come mezzo per suggerire una via di scampo alla desolazione. Shakespeare l'aveva affermato più nobilmente quando aveva fatto dire ad Amleto: "... il mondo è uscito dai cardini ...". Certo gli attori sono bravi a dare il senso che tutto è perduto, ma la storia sembra peggio della campagna di Albania nella seconda guerra mondiale, che aveva fatto esclamare a Churchill: "l'ultimo esercito del mondo, quello greco, ha sconfitto il penultimo, l'italiano. I personaggi sono avvolti da un nascisimo quasi assoluto, da un individualismo notevole, da una anaffettività impenetrabile, da una incapacità di distinguere il bene dal male, in un mondo dove la relazione maschio-femmina, dal piacere e dal desiderio, è diventata un nonsense, dove l'arte è diventata una impudica sgualdrina al solo servizio del mercato, dove un paio di giovinastri che "conoscono il mondo d'oggi", a cui è stata data la patente di guida da persone mature solo anagraficamente, per motivare l'interesse della gente, mostrano la bischerata pazzesca di mostrare una piccola bambina, mendicante, ma biondo svedese, che salta in aria quando entra nel sacro recinto, dove tutti dovrebbero condividere stessi diritti e doveri, dove l'amore dovrebbe regnare sovrano. Certo viene evocata poi una valanga di proteste, ma solo di pancia, perché nel confronto con i giornalisti, alle necessarie dimissioni di Christian, vengono messe in dubbio per la necessaria libertà di espressione. Certo il buon Östlund, come noi, è un privilegiato, và ogni sera a letto con la pancia piena. E allora ripensiamo al nostro mondo, un po' più seriamente.
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vanessa zarastro
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martedì 14 novembre 2017
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i confini dell’arte e i confini del sociale
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Un film sicuramente inusuale per molte ragioni. Per la lunghezza di due ore e mezzo (ma mi sembra che tutti i film recenti siano molto lunghi), per essere girato prevalentemente negli interni. È una sorta di “J’accuse” perché parla di senso di colpa, accusa la civilissima Svezia di grandi diseguaglianze sociali, l’arte di essere troppo lontana dalle problematiche reali ma in particolare tutti coloro che vivono attorno al mondo dell’arte: curatori di mostre, direttori di Musei, gli art directors, gli esperti di visual communication senza scrupoli, e in fondo tutti gli intellettuali che sciorinano fiumi di parole costruendo concetti ai più incomprendibili.
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Un film sicuramente inusuale per molte ragioni. Per la lunghezza di due ore e mezzo (ma mi sembra che tutti i film recenti siano molto lunghi), per essere girato prevalentemente negli interni. È una sorta di “J’accuse” perché parla di senso di colpa, accusa la civilissima Svezia di grandi diseguaglianze sociali, l’arte di essere troppo lontana dalle problematiche reali ma in particolare tutti coloro che vivono attorno al mondo dell’arte: curatori di mostre, direttori di Musei, gli art directors, gli esperti di visual communication senza scrupoli, e in fondo tutti gli intellettuali che sciorinano fiumi di parole costruendo concetti ai più incomprendibili.
Il tutto è raccontato con molto garbo e ironia. La prima parte ha un bel crescendo ed è molto divertente. Situazioni comiche si alternano a quelle grottesche come, ad esempio, il goffo rapporto sessuale tra Christian e Anne.
Christian Nielsen (il bravo Claes Bang) è il direttore del Royal Museum di Arte Contemporanea a Stoccolma. È sempre impegnato sempre nei dibattiti sui confini dell’arte, vivace sostenitore di una completa libertà di espressione. Ama i performers e i flash mob situazionisti e organizza diversi eventi nel suo museo, anche commisti in cui spesso sfugge proprio il concetto di limite del lecito e di confine dello spettacolo. A suo modo potrebbe essere considerato un avanguardista e non uno sperimentatore nel senso che l’avanguardista rompe totalmente con la tradizione. Non ha caso in un’intervista televisiva della giornalista Anne (Elisabeth Moss) parla dello stuto dellìopera d’arte nella contemporaneità e le rimanda, in qualche modo, la domanda “se metto la sua borsa esposta al museo, è arte?”. In tal modo evoca implicitamente i provocatori ready-made objects di Marcel Duchamps degli anni ’20 del Novecento. Ma lì c’era veramente qualcosa da infrangere, un peso accademico da frantumare. Oggi che senso potrebbe avere un’operazione analoga?
Christian compra, con i soldi di una pubblica sottoscrizione, un intervento urbano concettuale “The Square” che smantella i vecchi simboli e monumenti. L’artista sega il porfido stradale con un frullino e costruisce un quadrato lungo i lati vi inserisce una luminescenza. L’intervento screa uno spazio “democratico” che, come recita la targa in ottone, inneggia alla solidarietà e aiuto reciproco. “The Square” evoca il Rinascimento Italiano e le sue città ideali (Pienza?) ed è visto sempre in prospettiva centrale. Due giovani visual costruiscono un video-shock per lanciare la mostra, l’esplosione di una bionda bambina mendicante a piedi nudi, con un gattino in braccio al centro del quadrato. Il video messo su You-tube e pubblicizzato da Facebook diventa, come si dice oggi, virale suscitando però clamore e dissenso tra i seguaci del Museo.
Christian, tutto preso dal suo ruolo, da bravo borghese evita, per quanto può, la gente che gli chiede una mano e i mendicanti, che incontra per la strada.
L’unica volta che si va coinvolgere in un aiuto rimane truffato e da qui una serie di vicende che servono per mettere in rapporto due diversi strati sociali e due diverse realtà urbane che però il registra non mostra ma fa intuire. Il rapinatore abita in un edificio a torre alto 15 piani senza ascensore dove vivono molte persone multietniche.
Il cinema di Östlund parla degli uomini e, in particolare, delle loro debolezze. In Forza maggiore tutto era imperniato sulla insospettata codardia che mostra Tomas, il protagonista, nel momento della paura per l’avvento improvviso di una valanga di neve.
Giocando su silenzi e piccoli movimenti, con attenzione al dettaglio e con un design scandinavo minimalista, il regista narra una parziale presa di coscienza di un narcisista impenitente, bravissimo nel pubblico ma carente nel privato e nelle relazioni umane in generale. Il film ha vinto, meritatamente, la Palma d’oro al Festival di Cannes 2017.
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[+] non meritava la palma d'oro
(di ciccimbum)
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giovanni
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martedì 14 novembre 2017
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i mendicanti senza carta di credito
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ottimo film, alcune intuizioni geniali sono davvero illuminanti: ai mendicanti che invocano una monetina si risponde con la carta di credito! la nostra società non pre-vede i diseredati! magnifico.
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