peergynt
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martedì 5 settembre 2017
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l'apoteosi dello scrittore-creatore
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Film metaforico acceso di violenza ad illustrazione dell'aforisma: creare è distruggere. Che la creazione artistica sia un atto vampiresco che assorbe sangue ed energie a chiunque incontra è cosa risaputa. Che fosse necessario, per ribadirlo, farci su un intero film è operazione che non convince. Eppure la prima metà di questo "Madre!" fa promesse allettanti che solleticano lo spettatore e lo invogliano a crederci. Aronofsky costruisce una discesa nell'incubo per una giovane donna, moglie di uno scrittore in crisi, che si vede la casa (da lei amorevolmente e creativamente restaurata) invasa da ospiti-scarafaggio che spuntano da ogni dove con il proprio io e la propria storia.
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Film metaforico acceso di violenza ad illustrazione dell'aforisma: creare è distruggere. Che la creazione artistica sia un atto vampiresco che assorbe sangue ed energie a chiunque incontra è cosa risaputa. Che fosse necessario, per ribadirlo, farci su un intero film è operazione che non convince. Eppure la prima metà di questo "Madre!" fa promesse allettanti che solleticano lo spettatore e lo invogliano a crederci. Aronofsky costruisce una discesa nell'incubo per una giovane donna, moglie di uno scrittore in crisi, che si vede la casa (da lei amorevolmente e creativamente restaurata) invasa da ospiti-scarafaggio che spuntano da ogni dove con il proprio io e la propria storia. Mascherati sotto un'introduttiva patina di cortesia, questi intrusi sono di un'invadenza disgustosa e sanguigna. L'atroce incubo del proprio spazio privato violentato e demolito, con tocchi iperrealistico-surreali, è efficace e mette angoscia. Ma quando il regista decide di far partire la metafora dello scrittore-vampiro che fagocita tutto e tutti a caccia dell'ispirazione, per dare in cambio (a chi ha già distrutto con il suo debordante egotismo) il prezioso distillato del suo io-creatore, allora il film si fa pretenzioso e saccente, e a nulla valgono a salvarlo la generosa recitazione e alcune innegabili invenzioni figurative.
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enricodanelli
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domenica 6 gennaio 2019
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indimenticabile
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Neppure "Il Vangelo secondo Gesù Cristo" di Saramago è stato così coraggioso e, secondo la melassa dei canoni che tutto ricoprono e soffocano (katà olòs), così coraggioso ed eretico, per non dire blasfemo. Questo film esclusivamente incentrato sulla religione e il rapporto a tre Dio-Creato-Uomini osa portare avanti una visione alternativa della creazione, sottolineando i limiti e le debolezze (evidentente narcisismo e horror vacui) del Dio creatore che per l'infinito amore verso se stesso e, indirettamente, l'umanità (irriconoscente, meschina, violenta, etc,) sacrifica il figlio unigenito e lo stesso creato.
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Neppure "Il Vangelo secondo Gesù Cristo" di Saramago è stato così coraggioso e, secondo la melassa dei canoni che tutto ricoprono e soffocano (katà olòs), così coraggioso ed eretico, per non dire blasfemo. Questo film esclusivamente incentrato sulla religione e il rapporto a tre Dio-Creato-Uomini osa portare avanti una visione alternativa della creazione, sottolineando i limiti e le debolezze (evidentente narcisismo e horror vacui) del Dio creatore che per l'infinito amore verso se stesso e, indirettamente, l'umanità (irriconoscente, meschina, violenta, etc,) sacrifica il figlio unigenito e lo stesso creato. Dappertutto nel film stoccate formidabili a destra e manca: alla chiesa cattolica (i cristiani vengono fatti passare per antropofagi e conniventi con le peggiori malefatte), al bellicismo, alla religiosità ottusa e fanatica, alla industrializzazione selvaggia. Ovviamente tale visione ultra critica è a sua volta criticabile in quanto limitata e parziale (ma d'altra parte non ci ha creati Dio stesso limitati e parziali ?) : manca ad esempio una netta contrapposizione fra il Dio del vecchio testamento e quello del nuovo, ma data l'estrazione culturale del regista una cosa del genere non ce la si poteva certo aspettare. E' incredibile che un film del genere venga passato ancora fra quelli di genere horror e che pochissimi (le recensioni ne sono un esempio) abbiano capito l'esuberante significato allegorico del film (i quadri di Bosch impallidscono a confronto), che evidentemente non è stato affatto spiegato alla massa (o non lo si è voluto spiegare ?). Film da vedere e rivedere solo perchè alla fine siamo razionalmente costretti a tenerci le religioni e il mono-dio che ci propongono: altrimenti a seguire Aronofsky si deve necessariamente concludere con le sconfortanti parole di Leonardo da Vinci: "Io t'ubbidisco, Signore, prima per l'amore che ragionevolmente ti debbo, secondariamente che sai abbreviare le vite a li omini".
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elgatoloco
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mercoledì 13 febbraio 2019
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film più che importante
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Con "Mother!"(2017) Darren Aronofsky realizza un'altra opera di grande spessore, dimostrandosi uno dei pochissimi autori e non solo registi di cinema attualmente esistenti, uno dei pochi che continui la tradizione dei Lang, degli Hitchcock, dei Polansky, dei Bunuel. Questo"Mother!", che inizia quasi come"El angel exterminado"di Bunuel, di più di 55 anni fa, nel quale una casa viene presa d'assalto da persone in modo incontrollato(solo che qui la casa è in campagna, lontana dalla"civiltà", là era centrale e le persone vi rimanevano prigioniere, qui invece le attira, rendendole"folli"), alla fine sembra quasi un rovesciamento di"Rosemary's Baby"(anche qui di più di mezzo secolo fa)di Polansky, con il tema della maternità risoltasi in moodo terribile, eppure con segno rovesicato rispetto al film citato.
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Con "Mother!"(2017) Darren Aronofsky realizza un'altra opera di grande spessore, dimostrandosi uno dei pochissimi autori e non solo registi di cinema attualmente esistenti, uno dei pochi che continui la tradizione dei Lang, degli Hitchcock, dei Polansky, dei Bunuel. Questo"Mother!", che inizia quasi come"El angel exterminado"di Bunuel, di più di 55 anni fa, nel quale una casa viene presa d'assalto da persone in modo incontrollato(solo che qui la casa è in campagna, lontana dalla"civiltà", là era centrale e le persone vi rimanevano prigioniere, qui invece le attira, rendendole"folli"), alla fine sembra quasi un rovesciamento di"Rosemary's Baby"(anche qui di più di mezzo secolo fa)di Polansky, con il tema della maternità risoltasi in moodo terribile, eppure con segno rovesicato rispetto al film citato....Da vedere e apprezzare, da leggere come sequenza di allucinazioni o invece con un senso(includente anche con il nonsense)preciso, per es.,quando lo scrittore, marito della ragazza, attira una sequela di fans , meramente distruttori o con il tema della nascita, che in realtà dà adito all'unica nascita che è quella della creazione non fisica ma artistico-letteraria. Entrambe le letture sono compossibili, non escludendosi ma anzi integrandosi e fecondandosi a vicenda. Poi singole sequenze da analizzare, in chiavedi "singolarità-aseità" o insieme.... o meglio in abbinamento, anche contrastivo. Film importantissimo, film della crisi e della problematicità, che f cadere in pezzi(anche letteralmente, viene da dire...)ill film "bien fait"... Interpreti di grande spessore,Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Ed Harris e una Michelle Pfeiffer, aspra-sensuale, attraente-respingente...quasi un polo assolutamente negativo, che poi attrae le masse completamente folli e distruttive... El Gato
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elena
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sabato 22 febbraio 2020
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deludente, agghiacciante e assurdo
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Sono rimasta con gli occhi fissi sullo schermo fino a che non ho più retto, a tredici minuti dal finale: il degrado più totale e la scena peggiore che i miei occhi abbiamo mai visto attraverso un televisore, mi sono dovuta alzare dal divano e riprendermi da ciò che avevo appena visto per riuscire a terminare il film.
Un lungometraggio agghiacciante e senza alcun filo logico, le scene sembrano quasi messe a caso per creare una storia che non ha ne un inizio ne una fine, alla fine della prima metà il film sarebbe potuto considerarsi terminato ma è proprio lì che la vera "storia" ha inizio, molte scene hanno irritato la mia sensibilità facendomi sentire tutte le emozioni provate dalla protagonista (jennifer lawrence, un'int
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Sono rimasta con gli occhi fissi sullo schermo fino a che non ho più retto, a tredici minuti dal finale: il degrado più totale e la scena peggiore che i miei occhi abbiamo mai visto attraverso un televisore, mi sono dovuta alzare dal divano e riprendermi da ciò che avevo appena visto per riuscire a terminare il film.
Un lungometraggio agghiacciante e senza alcun filo logico, le scene sembrano quasi messe a caso per creare una storia che non ha ne un inizio ne una fine, alla fine della prima metà il film sarebbe potuto considerarsi terminato ma è proprio lì che la vera "storia" ha inizio, molte scene hanno irritato la mia sensibilità facendomi sentire tutte le emozioni provate dalla protagonista (jennifer lawrence, un'interpretazione da oscar) altre mi hanno fatta stare male e mi hanno fatta pensare al perché io avessi avuto questa curiosità nel vederlo, mi sono pentita di aver passato 2 ore del mio tempo a seguire un film così inquietante, assurdo, insano e totalmente incompleto
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fabal
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lunedì 2 ottobre 2017
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prendere o lasciare?
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Un uomo e una donna vivono in una casa situata in una piccola radura in mezzo ai boschi: lui è un celebre scrittore in cerca di ispirazione, lei si occupa di ricostruire l’abitazione, devastata in seguito a un incendio alcuni anni prima. Il luogo è isolato e sembra un piccolo paradiso, in cui la coppia vive in una apparente armonia. Un giorno bussa alla porta uno strano individuo, buffo e malaticcio, che desidera conoscere lo scrittore che tanto lo ha appassionato. Poi arriva anche la moglie, poi i figli, poi i parenti. La situazione degenera e la sopportazione della padrona di casa cede il passo a una iperbole ossessiva fatta di sospetto e inquietudine. Fino alle più estreme conseguenze.
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Un uomo e una donna vivono in una casa situata in una piccola radura in mezzo ai boschi: lui è un celebre scrittore in cerca di ispirazione, lei si occupa di ricostruire l’abitazione, devastata in seguito a un incendio alcuni anni prima. Il luogo è isolato e sembra un piccolo paradiso, in cui la coppia vive in una apparente armonia. Un giorno bussa alla porta uno strano individuo, buffo e malaticcio, che desidera conoscere lo scrittore che tanto lo ha appassionato. Poi arriva anche la moglie, poi i figli, poi i parenti. La situazione degenera e la sopportazione della padrona di casa cede il passo a una iperbole ossessiva fatta di sospetto e inquietudine. Fino alle più estreme conseguenze.
Aronofsky è ormai avvezzo nel suscitare una drastica tipologia di verdetto, quella del “prendere o lasciare”. Il sentimento partorito dalla visione di mother! non può che essere inflessibilmente rigettato, talmente torturata è la sopportazione dello spettatore, oppure accolto da una volontaria passività che consenta di raggiungere quello che Pasolini definiva “il piacere di essere scandalizzati”.
Chi già conosce il cinema di Aronofsky - e sia stato provato dall’iperbole snervante e talvolta gratuita di Requiem for a dream - e non lo ama, non può comunque non rimanere affascinato almeno dalla prima ora di mother!, che si avvale di riprese serrate sui personaggi, con la telecamera che mette fiato sul collo alla bella Jennifer Lawrence seguendola in ogni passo nella misteriosa casa, accompagnata da un sonoro eccezionale che scandaglia rumori, scricchiolii, tonfi, voci, provenienti da ogni parte e in grado di catturare al 100% l’attenzione dello spettatore.
Sembra di avere a che fare con un horror svelato a dosi omeopatiche, dove l’ambiente circostante fa da contenitore alle solite presenze occulte. L’arrivo della coppia misteriosa Harris/Pfeiffer pareggia per qualche istante lo scarto tra horror e dark comedy (con alcuni intermezzi ironici), concentrando i nervi sui dialoghi pieni di rabbia repressa, sulla progressiva invasione dello spazio privato e il sospetto di una tragedia imminente. Ma anche la veste da pièce teatrale, molto ben recitata dal cast stellare in stile Carnage, svanisce. E poi mother! sceglie di fare il salto nel buio definitivo, quello che affascina definitivamente oppure fa decadere, senza mezzi termini, quanto di buono (anzi di ottimo) è stato fatto nella prima ora.
Il film di Aronofsky diventa allora ossessivo in modo grottesco, avvalendosi di simbologie sociali e sacre ma con una pericolosissima allegoria religiosa sul tema della madre, del parto di una divinità destinata al sacrificio. Il gusto è discutibile, la credibilità ancor di più: si insinua il classico dubbio che quanto fatto sia essenzialmente pretestuoso, un esercizio di stile in cui sconvolgere lo spettatore sia un obiettivo autoreferenziale, gratuito, e assolutamente sproporzionato per spiegare un messaggio profondo che forse neanche c’è. Troviamo, comunque, una sorta di psicanalisi della religione e della divinità: la natura sostanzialmente narcisistica del maschio artista/creatore, compiaciuto dall’adorazione, quella più riservata ma altruistica della donna, a cui spetta il ruolo definitivo nella rigenerazione e nella morte.
Una cosa però è certa: dal cinema si esce provati, storditi, perché la potenza delle immagini e delle emozioni sobillate da Aronofsky è notevole. Bellissima la lettura della poesia raccontata non dalla voce della protagonista ma dalle immagini. Meno bello, invece, e meno elegante, è il caos sociale con spargimento di sangue e delirio collettivo.
In questo manicheismo equipollente tra la meraviglia e il pessimo gusto è forse più saggio non analizzare ma vivere mother! come un’esperienza di cinema provante, e che il verdetto non sia tanto un giudizio di qualità cinematografica ma emotivo. E quale che sia la reazione scaturita - il coinvolgimento o la repulsione -, essa ha comunque il pregio di essere totalizzante, calibrata in base alla sensibilità dello spettatore.
Resta da capire se mother! potesse essere migliore, nettamente migliore, se avesse mantenuto il piglio da dramma indoor della prima ora, avvalendosi della bravura degli interpreti e non dell’esagerazione grandguignolesca dell’ultima parte: una risposta affermativa condanna il film di Aronofsky ad autosgretolarsi nella caricatura, in una rappresentazione allegorica della realtà che forza tutto quanto l’impianto narrativo. Ma c'era da aspettarselo.
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carloalberto
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lunedì 2 ottobre 2017
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due film al prezzo di uno
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Nel primo tempo è un thriller psicologico, con ambientazione claustrofobica in una grande villa in stile ottocentesco sperduta in un immenso prato verde, giocato sul rapporto di coppia. Lui, scrittore senza ispirazione, tipo Shining, lei, che lascia presagire uno sviluppo del personaggio alla Rosemary's Baby. Chi ha visto il trailer si aspetta si tratti della storia di una setta satanica. Nella seconda parte, il regista, esaurito lo spirito emulativo, s’inventa letteralmente un altro film, che cercherà di ricongiungere al primo con un finale, a quel punto, scontato. Metafore della creazione e rinvii biblici a parte, il secondo tempo disorienta e, capita l’antifona, annoia.
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Nel primo tempo è un thriller psicologico, con ambientazione claustrofobica in una grande villa in stile ottocentesco sperduta in un immenso prato verde, giocato sul rapporto di coppia. Lui, scrittore senza ispirazione, tipo Shining, lei, che lascia presagire uno sviluppo del personaggio alla Rosemary's Baby. Chi ha visto il trailer si aspetta si tratti della storia di una setta satanica. Nella seconda parte, il regista, esaurito lo spirito emulativo, s’inventa letteralmente un altro film, che cercherà di ricongiungere al primo con un finale, a quel punto, scontato. Metafore della creazione e rinvii biblici a parte, il secondo tempo disorienta e, capita l’antifona, annoia. Merita di essere visto per il cast e per il primo tempo.
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dragore
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domenica 1 ottobre 2017
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uno psico-thriller, metafora di un amore malato
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L'impressione iniziale che assale lo spettatore assistendo alle sequenze dell'ultimo film di Aronofsky è di essere capitati in una versione cinematografica di "Scherzi a parte", in cui la vittima è proprio l'ignavo spettatore attraverso la complicità e il volto dell'ottima Jennifer Lawrence.
Per chi poi tenti di descrivere la trama o di conferire una logica alla complicatissima sceneggiatura di “Mother”, precipita nel baratro dell’impossibile , navigando la pellicola tra paradossi, disordine ed inspiegabili umani comportamenti o misteriosi accadimenti al limite del sovrannaturale, solo brevemente inframmezzati da dialoghi coerenti e maestosi panorami canadesi.
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L'impressione iniziale che assale lo spettatore assistendo alle sequenze dell'ultimo film di Aronofsky è di essere capitati in una versione cinematografica di "Scherzi a parte", in cui la vittima è proprio l'ignavo spettatore attraverso la complicità e il volto dell'ottima Jennifer Lawrence.
Per chi poi tenti di descrivere la trama o di conferire una logica alla complicatissima sceneggiatura di “Mother”, precipita nel baratro dell’impossibile , navigando la pellicola tra paradossi, disordine ed inspiegabili umani comportamenti o misteriosi accadimenti al limite del sovrannaturale, solo brevemente inframmezzati da dialoghi coerenti e maestosi panorami canadesi. Resi ancor più incantevoli da una superba fotografia di M. Libatique.
Il montaggio, infine, molto serrato, caro ad Aronofsky, e qualche inquadratura alla Hitchcock, contribuiscono a creare ansia e smarrimento anche al più imperturbabile degli spettatori.
L'unico elemento “facilmente” comprensibile della narrazione, che tuttavia è solo pretesto e sfondo del celato intento del regista, è l'egoismo, il narcisismo e l'ossessione per il proprio lavoro di scrittore di Javier Bardem (“lui”).
Il film, in realtà, (nell'abituale stile del regista di New York) è uno psico-thriller metafora dell'amore malato di una donna nei confronti del proprio compagno, complicato da una storia di violenze familiari, da lei negate, affondate nell’oblio dagli psicofarmaci e certamente sublimate dalla passione ossessiva che la donna nutre verso l’uomo.
La Madre, tra realtà ed allucinazioni, ferite, ematomi, chiazze di sangue, tazzine frantumate, maldestri tentativi di “denuncia”, rimuove o ricopre con diligenza ogni traccia del burrascoso rapporto. Una pulizia fisica che non risana tuttavia le ferite dell’anima.
Altre metafore si intrecciano alla principale, come l’invasione della casa (naturalmente traslata nella realtà solo attraverso l’immaginazione della protagonista) di una varia e bislacca umanità (poliziotti, stupratori, assassini, stalker, guru, barboni e quant’altro), trasformandola da prigione dorata e nido d‘amore in Tempio degli orrori alla Shining.
Dove il labirinto di siepi di Kubrick è assimilabile ai contorti circuiti psicologici della Madre.
La gravidanza (immaginata anch’essa) e il finale del film, tragico ed evocativo dei corsi e ricorsi della vita, chiariscono in una scena molto “forte”, ma eloquente, di come l’ Amore possa nutrire, far rinascere ma anche uccidere.
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[+] un film ambizioso e allegorico, ma senza respiro
(di tom87)
[ - ] un film ambizioso e allegorico, ma senza respiro
[+] ehm...
(di edosangio)
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taxidriver
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mercoledì 4 ottobre 2017
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gran pasticcio in salsa aronofskiana
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Darren Aronofsky, regista già affermatissimo e autore di pellicole importanti caratterizzate da un'insolita e caratteristica vena visionaria, non rinuncia allo stile che lo ha reso celebre per questa sua ultima fatica. Anzi, Mother spinge la sua ricerca espressiva ancora più in là, forse questa volta a scapito della narrazione, che soffre di un'eccessiva frammentarietà e ridondanza. Trattasi comunque di un'opera interessantissima, di evidente impostazione psicanalitica arricchita da elementi horror, cui peraltro non manca neanche un sottile (e malato) sense of humour. Sul tutto poi aleggia un'atmosfera da teatro dell'assurdo. Purtroppo una buona parte del film si trascina un po' troppo in ripetitive ed estenuanti scene d'azione fini a se stesse che allungano il brodo anzichè insaporirlo.
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Darren Aronofsky, regista già affermatissimo e autore di pellicole importanti caratterizzate da un'insolita e caratteristica vena visionaria, non rinuncia allo stile che lo ha reso celebre per questa sua ultima fatica. Anzi, Mother spinge la sua ricerca espressiva ancora più in là, forse questa volta a scapito della narrazione, che soffre di un'eccessiva frammentarietà e ridondanza. Trattasi comunque di un'opera interessantissima, di evidente impostazione psicanalitica arricchita da elementi horror, cui peraltro non manca neanche un sottile (e malato) sense of humour. Sul tutto poi aleggia un'atmosfera da teatro dell'assurdo. Purtroppo una buona parte del film si trascina un po' troppo in ripetitive ed estenuanti scene d'azione fini a se stesse che allungano il brodo anzichè insaporirlo. Da segnalare una buona prova del cast: la Lawrence e Bardem fanno bene la loro parte, ma una menzione a parte spetta a una straordinaria Michelle Pfeiffer, algida, sensuale e magnetica come non mai. In definitiva, Mother è un film interessante, di grande potenza e impatto, sia visivi che psicologici. Un gran pasticcio, ma dove gli ingredienti sono sapientemente amalgamati da Aronofsky.
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(di maxcorto)
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storyteller
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domenica 1 ottobre 2017
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genio e sregolatezza
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Attenzione: contiene diversi spoiler sulla trama del film.
Un plauso ad Aronofsky, che attingendo da fonti autorevoli (Polanski, Lynch, il miglior Von Trier) ci consegna una parabola metafisica in cui le allegorie si intersecano e si sovrappongono - alcune esplicite, altre più sibilline.
Non sempre avventurarsi nei territori inesplorati della cinematografia ha dato buoni frutti, ma il regista dimostra un controllo straordinario del proprio linguaggio filmico, alternando sequenze grottescamente ridicole (e kitsch) a momenti di vertigine esistenziale, arrivando persino a trasformare l'intimità di un rapporto di coppia in un campo di battaglia pieno di violenza, fuoco ed esplosioni.
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Attenzione: contiene diversi spoiler sulla trama del film.
Un plauso ad Aronofsky, che attingendo da fonti autorevoli (Polanski, Lynch, il miglior Von Trier) ci consegna una parabola metafisica in cui le allegorie si intersecano e si sovrappongono - alcune esplicite, altre più sibilline.
Non sempre avventurarsi nei territori inesplorati della cinematografia ha dato buoni frutti, ma il regista dimostra un controllo straordinario del proprio linguaggio filmico, alternando sequenze grottescamente ridicole (e kitsch) a momenti di vertigine esistenziale, arrivando persino a trasformare l'intimità di un rapporto di coppia in un campo di battaglia pieno di violenza, fuoco ed esplosioni.
Capace di imbastire una feroce satira religiosa, ma al contempo di dimostrare un singolare rispetto per i simboli, la mistica e l'iconografia ermetica (ce ne sarebbe da dire, tra riferimenti all'Eden e alla dottrina gnostica), Aronofski fa un film sulla fragilità dei rapporti umani e delle convenzioni sociali, sull'egoismo dell'uomo che - incapace di creare - vive per ricevere l'adorazione altrui (arrivando a sacrificare un'estensione di sé stesso alle masse ossessionate dalla ricerca di un scopo, e per questo altrettanto sacrificabili), e sull'inevitabile castrazione operata dalla donna che è naturalmente creatrice di vita, ma al contempo imbrigliata in un ruolo di servilismo manicheo.
Senza dimenticare la paura dell'estraneo - oggi diffusa più che mai - la percezione dell'invasore che viola il nostro spazio privato, incarnato da quel principio di appartenenza che più volte viene svilito dagli "ospiti" della casa e che alla luce della natura ciclica della vicenda, si può anche rileggere come riflessione sulla memoria storica: gli eventi tendono a ripetersi, e con essi anche gli errori dell'uomo.
L'uso brillante del sonoro e la Lawrence completano un quadro che si può definire un'incrocio tra caos e struttura, fallimento e capolavoro. Di sicuro un film da ricordare.
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[+] il perno del film è solo uno la madre
(di gerardomedea)
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giosel
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giovedì 1 febbraio 2018
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Un contrasto visivo fra l'immagine cattolica e il progresso scientifico. Una madre che costruisce e rigenera, interessandosi minuziosamente dei danni causati dalla visione cattolica; un uomo che rappresenta metaforicamente la figura di un Dio, dedito esclusivamente al bene dell'umanità e al culto unanime dela sua stessa figura. Un film che contrappone le due visioni fondanti sulla nascita dell'uomo e sulla conservazione della specie. Una visione puremente scientifica, che intravede nella natura la possibile causa motrice dell'umanità, inaccepita dall'uomo e talvolta deturpata dagli istinti religiosi , soverchiata dalle volontà proprie e dai dogmi imposti al singolo, annichilita in toto dalla profetizzazzione e dal culto di un Dio ,che talvolta la mette da parte e talvolta la rende ispirazione stessa del suo progetto; l'altra ipotesi risulta essere nient'altro che una visione distorta della religione Cattolica, una lettura atipica della Bibbia, che sviscera i punti patetici dell'insegnamento cattolico, mettendoli a nudo nella più totale consapevolezza, esaltando il fanatismo religioso e la volontà del culto di voler sopraffare la scientificità del reale, un culto dogmatico che rovina anzichè conservare, che contrasta la benevolezza della natura che risulta essere vittima stessa della religione, nonchè sacrificio per l'uomo completamente avvilito dai peccati umani dettati dall'impostazione cattolica e dall'interesse individuale.
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