miguelangeltarditti
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domenica 10 dicembre 2017
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el pasado es siempre presente en el presente y lo será en el futuro.
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“EL INSULTO” (“L’insulto”), film libanés 2017 de Ziad Doueiri En una Beirut árabe, que convive con campamentos palestinos, y donde la guerra ha terminado en un 1990 que, si bien es lejano en el tiempo, se siente aùn presente el pasado de muerte, en las fisuras dejadas por los enfrentamientos que han sangrado esas tierras. Aún hoy el equilibrio de Medio Oriente, queda siempre en ese borde frágil que conoce las fáciles roturas de una Paz casi ya inalcanzable. Las distintas etnias, sunitas, sciitas, maronitas, dan lugar a tantas colectividades religiosas, donde en algún momento la Católica, era superior a la Musulmana, pero que hoy parece que se ha reducido a un 40 % aproximadamente.
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“EL INSULTO” (“L’insulto”), film libanés 2017 de Ziad Doueiri En una Beirut árabe, que convive con campamentos palestinos, y donde la guerra ha terminado en un 1990 que, si bien es lejano en el tiempo, se siente aùn presente el pasado de muerte, en las fisuras dejadas por los enfrentamientos que han sangrado esas tierras. Aún hoy el equilibrio de Medio Oriente, queda siempre en ese borde frágil que conoce las fáciles roturas de una Paz casi ya inalcanzable. Las distintas etnias, sunitas, sciitas, maronitas, dan lugar a tantas colectividades religiosas, donde en algún momento la Católica, era superior a la Musulmana, pero que hoy parece que se ha reducido a un 40 % aproximadamente. La religión aquì, está estrechamente vinculada a lo político, y de ahí se puede entender las dificultades de ese vulnerable equilibrio. La situación planteada hoy por las imprudentes medidas de la administración Trump, agravan sin dudas esta precariedad, en las relaciones de toda esta zona medio oriental, como se ve en la historia de este film. Esta grave dificultad de convivencia árabe-palestino-judía,debería ser cuidadosamente tratada diplomáticamente,con guantes de seda,y no con medidas provocantes e irritantes, que re-encienden y disparan la antigua intolerancia, para, al menos, no empeoraran lo que la historia de estas sociedades, enmarañadas desde tiempos ancestrales, ha cobrado en incontables vidas humanas. Esta atmosfera de polvorín de guerra, es el tema indirecto de la trama de “El Insulto”, film atrapante, interesante, y didascálico respecto a esta intolerancia racial, religiosa, política, difícilmente resolvible. Estalla el conflicto en el film, por una causa casi insignificante, ésta lleva a un insulto, y éste enciende la mecha de este polvorín, arrastrando a una reacción encadenada, que llevará a los protagonistas hasta los estrados judiciales. Desde la rotura de un simple caño se llega al verdadero motor de este odio de resentimientos entre palestinos, libaneses y judíos. De allí a la agresión, a la violencia y a los foros de la justicia nacional libanes, solo tres pequeños pasos. “El Insulto” nos recuerda como la historia personal y social de los hombres, maneja y condiciona, consciente o inconscientemente, sus actos. El pasado, que consideramos ya no existente, tiene en vez una incidencia en un presente acuciante, y se manifiesta vivo, en un futuro difícil, casi imposible de reacomodar. El guion de Ziad Doueiri y Joelle Touma y la fotografía de Tomaso Fiorill, son óptimas, excelentes. Los actores protagonistas, Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Bashason estupendos. La regia de Ziad Doueiries magnífica, porque atrapa, sorprende, asombra y exalta, encendiendo nuestro personal, secreto polvorín guerrero, que grita su propia impotencia.
michelangelotarditti@gmail.com
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maurizio.meres
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sabato 9 dicembre 2017
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una storia senza fine
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Sublime film,attraverso una normalissima discussione tra due persone per motivi futili ,come capita in tutte le città del mondo,diventa un conflitto esistenziale dettato da un odio generazionale,dove la dignità umana viene offesa da entrambi le parti,in una conflittualità che non conosce fine,siamo in Libano e più precisamente a Beirut.
Nel film vengono citate e contrapposte tutte e tre le religioni monoteiste,una guerra eterna dove l'occidentalismo si pone come primo spettatore,lasciando solo quella parte di medio oriente diventato ormai povero e senza una precisa identità,manovrando politicamente attraverso un conflitto religioso solo ciò che gli interessi possono produrre.
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Sublime film,attraverso una normalissima discussione tra due persone per motivi futili ,come capita in tutte le città del mondo,diventa un conflitto esistenziale dettato da un odio generazionale,dove la dignità umana viene offesa da entrambi le parti,in una conflittualità che non conosce fine,siamo in Libano e più precisamente a Beirut.
Nel film vengono citate e contrapposte tutte e tre le religioni monoteiste,una guerra eterna dove l'occidentalismo si pone come primo spettatore,lasciando solo quella parte di medio oriente diventato ormai povero e senza una precisa identità,manovrando politicamente attraverso un conflitto religioso solo ciò che gli interessi possono produrre.
Il processo penale nel film diventa didatticamente parlando una esposizione sintetica ma efficace della nostra storia moderna che ancora stiamo vivendo, nessuno esce vincitore ma soltanto una non colpevolezza che il regista la rimarca in entrambi le parti con uno sguardo reciproco di alleanza e di benevolenza,e la reciproca soddisfazione dell'esito processuale,perché la ragionevolezza dell'essere umano può e deve essere superiore all'ottusità di una guerra religiosa ormai inutile e senza una logica soluzione.
Bellissimo il confronto dei due avvocati,padre e figlia che attraverso una disputa generazionale dove un tradizionalismo radicato che non vuole uscire da un torpore storico ormai senza via d'uscita,si contrappone un moderno stile di giustizia che mette a nudo tutte le incomprensioni per dare vita ad una politica moderna,senza dimenticare la storia,ma giudicandola con il giusto valore in entrambe le fazioni.
Strutturalmente un film perfetto,in un ambientazione vera con i protagonisti che recitano le loro parti con il giusto sentimento,e con uno stato d'animo realistico,dialogato così come le situazioni lo richiedono,cambi scena efficaci che danno completezza al film con le pause che valgono più delle parole.
Ritengo questo film un documento per le future generazioni che vorranno comprendere e valutare tutte le incomprensioni che questo periodo storico dove nessuno forse conosce l'inizio e nessuno vedrà mai la fine.
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spettatorpensoso
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sabato 9 dicembre 2017
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potente e coraggioso
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quando vedo film di questo tipo - legati cioè ad una situazione reale ed attuale e pensati e fatti da uno che ci vive dentro - il mio primo pensiero va al coraggio di chi l'ha fatto. perchè il film in quel - ed in questo, nella fattispecie - deve far conto col restare dentro alle reazioni che suscita.... e , come nel film, queste reazioni possono diventare catene imprevedibili di risentimenti, odi, violenze.... Non voglio ripetere giudizi già dati , legati al realismo della scalata incontrollabile dell'odio - quasi il famoso venticello dellal rossiniana calunnia - o alla magistrale gestione del crescendo , quasi 'casuale'.. vorrei aggiungere il fatto che per me il messaggio del film è quasi un 'universale': contestualizzato benissimo, e che proprio per questo, perchè non ha niente di 'fantasy' , diventa un potente stimolo di riflessione sui mille gesti, e comportamenti, che anche noi adottiamo ascrivendoli, spesso per auto assoluzione , al sacrosanto principio della 'difesa dei principi'.
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quando vedo film di questo tipo - legati cioè ad una situazione reale ed attuale e pensati e fatti da uno che ci vive dentro - il mio primo pensiero va al coraggio di chi l'ha fatto. perchè il film in quel - ed in questo, nella fattispecie - deve far conto col restare dentro alle reazioni che suscita.... e , come nel film, queste reazioni possono diventare catene imprevedibili di risentimenti, odi, violenze.... Non voglio ripetere giudizi già dati , legati al realismo della scalata incontrollabile dell'odio - quasi il famoso venticello dellal rossiniana calunnia - o alla magistrale gestione del crescendo , quasi 'casuale'.. vorrei aggiungere il fatto che per me il messaggio del film è quasi un 'universale': contestualizzato benissimo, e che proprio per questo, perchè non ha niente di 'fantasy' , diventa un potente stimolo di riflessione sui mille gesti, e comportamenti, che anche noi adottiamo ascrivendoli, spesso per auto assoluzione , al sacrosanto principio della 'difesa dei principi'... tanto da riflettere per il dopo, nel mentre le quasi due ore del film scorrono senza alcuna pesantezza, presi a capire 'e che succederà ora' e spesso spiazzati...
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anna1
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venerdì 8 dicembre 2017
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da un piccolo incedente al dolore del mondo
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Un incidente banale aumenta di dimensioni in modo spropositato, ingigantito da divisioni tra popoli e religioni. Ma non è solo il senso di appartendenza e l'ideale, ma è soprattutto il dolore provocato dalle perdite di familiari, che non si placa. Partendo da un dramma legato a un luogo e a un popolo, si arriva ad un sentire universale.
Bella recitazione, belle scenografia e anche musica, autentici i profili dei due operai... film perfetto.
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eccome!
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giovedì 7 dicembre 2017
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realistico: conflittualità, così potente in noi
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Realistica la testardaggine delle opposte parti in conflitto.
Realistico e molto progressivo il crescendo delle tensioni.
Realistico lo spiazzamento e la distanza tra il sentire delle persone e i meccanismi, completamente diversi, della giustizia legale.
Realistici i dubbi e i ripensamenti delle persone strada facendo.
Realistico il pretesto del litigio.
Realistici i momenti di contatto e dialogo tra i litiganti.
Realistici i dialoghi, i comportamenti dei personaggi.
Più che buona la recitazione.
Toccante in più momenti.
Lo consiglio a tutti, provando ad immaginarsi realmente nei panni di uno dei due e cercando di capire, perché quello è reso davvero bene, quanto "automatico e autonomo", rispetto alla volontà delle parti, diventi il procedimento legale, che sfugge completamente al loro controllo, come tutto il resto.
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Realistica la testardaggine delle opposte parti in conflitto.
Realistico e molto progressivo il crescendo delle tensioni.
Realistico lo spiazzamento e la distanza tra il sentire delle persone e i meccanismi, completamente diversi, della giustizia legale.
Realistici i dubbi e i ripensamenti delle persone strada facendo.
Realistico il pretesto del litigio.
Realistici i momenti di contatto e dialogo tra i litiganti.
Realistici i dialoghi, i comportamenti dei personaggi.
Più che buona la recitazione.
Toccante in più momenti.
Lo consiglio a tutti, provando ad immaginarsi realmente nei panni di uno dei due e cercando di capire, perché quello è reso davvero bene, quanto "automatico e autonomo", rispetto alla volontà delle parti, diventi il procedimento legale, che sfugge completamente al loro controllo, come tutto il resto.
Bello, una riflessione sulle dinamiche della conflittualità, così potenti in noi.
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(di michelino)
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luciano
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mercoledì 20 settembre 2017
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un antico dolore
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Coraggioso film dove si fronteggiano due anime, due fedi, due facce diverse della stessa pietà. Un cristiano libanese ed un profugo palestinese partono per una guerra personalissima disseppellendo antichi rancori. Ma lentamente perdono il controllo della situazione e la storia mette in puazza la loro intimità senza preoccuparsi delle conseguenze, confondendo ciò che è privato con una morale politica e quindi pubblica allargata. Le due anime, scartavetrate dalla sofferenza e rese cieche dal dolore, si muovono come automi.La parola sconsiderata e violenta arma la mano e insieme corrono più veloci della buona volontà: non reagire alla provocazione che infanga, ferisce e sfrega ciò che hanno di più caro, il senso di appartenenza alla coscienza di un popolo.
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Coraggioso film dove si fronteggiano due anime, due fedi, due facce diverse della stessa pietà. Un cristiano libanese ed un profugo palestinese partono per una guerra personalissima disseppellendo antichi rancori. Ma lentamente perdono il controllo della situazione e la storia mette in puazza la loro intimità senza preoccuparsi delle conseguenze, confondendo ciò che è privato con una morale politica e quindi pubblica allargata. Le due anime, scartavetrate dalla sofferenza e rese cieche dal dolore, si muovono come automi.La parola sconsiderata e violenta arma la mano e insieme corrono più veloci della buona volontà: non reagire alla provocazione che infanga, ferisce e sfrega ciò che hanno di più caro, il senso di appartenenza alla coscienza di un popolo. Ma questa coscienza ha un suo lato oscuro che si pensava sepolto e dimenticato: un odio che ha radici profonde e fa riaprire vecchie cicatrici. Le emozioni restano bloccate contro le pareti di un'anima nuda di sentimenti. Più freddo appare il vuoto che ospita i cattivi pensieri che si affollano nelle notti del cuore. Vaga l'animo dell'uomo del presente, che fa esperienza di momenti dell'uomo del passato, alla ricerca di una rivelazione che possa portare ad una frontiera senza barriere. Ma non bastano le preghiere delle buone intenzioni per salvarsi da un ritorno alla discesa verso l'inferno. Occorre prendere, con fatica, coscienza del lato oscuro dell'anima che alloggia dentro ciascuno di noi e impedirci di cedere alla tentazione di chi ormai ha visto e sofferto troppo. Questo cammino, fatto dal di dentro, fa emergere, finalmente, una coscienza dolorante che si ritrova tra le dita, al posto di una spada levata e pronta a colpire, una colomba levata.
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gaiart
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sabato 2 settembre 2017
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una storia del tubo.
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THE INSULT E UNA STORIA DEL TUBO.
Parole chiave del film: Verità, giustizia, parola e sofferenza.
Un film geniale. Scritto da Dio. In persona.
Parla della storia di un tubo e di come gli animi si possano accendere per un nonnulla. Geograficamente universale, ma casualmente collocato in Libano.
Un uomo deve riparare un tubo di un terrazzo in una casa privata che perde su strada, bagnando i passanti. Da li parte un processo per un insulto che scatena un semi aborto, delle costole rotte, dispendio economico, catastrofe famigliare, un processo mediatico, malattia, odio, bombe e morte.
In realtà la relazione tra i palestinesi rifugiati in Libano, i cristiani del quartiere e le frasi di odio che alimentano il mondo odierno ovunque, sono la miccia esplosiva per conflitti di vicinato, di famiglia, di società e che poi diventano guerre vere proprie.
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THE INSULT E UNA STORIA DEL TUBO.
Parole chiave del film: Verità, giustizia, parola e sofferenza.
Un film geniale. Scritto da Dio. In persona.
Parla della storia di un tubo e di come gli animi si possano accendere per un nonnulla. Geograficamente universale, ma casualmente collocato in Libano.
Un uomo deve riparare un tubo di un terrazzo in una casa privata che perde su strada, bagnando i passanti. Da li parte un processo per un insulto che scatena un semi aborto, delle costole rotte, dispendio economico, catastrofe famigliare, un processo mediatico, malattia, odio, bombe e morte.
In realtà la relazione tra i palestinesi rifugiati in Libano, i cristiani del quartiere e le frasi di odio che alimentano il mondo odierno ovunque, sono la miccia esplosiva per conflitti di vicinato, di famiglia, di società e che poi diventano guerre vere proprie. Non solo in medio oriente.
Il film racconta uno spaccato odierno con molta intelligenza, ironia ottimi attori estremamente reali e credibili, proprio perché forse hanno provato sulla propria pelle la sofferenza che si racconta come fiction.
Ed è proprio questa la potenza del film : far percepire che la sensibilità di chi ha sofferto, di chi ha avuto una vita difficile fatta di morte, distruzione, esilio non ha nulla di finto.
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peergynt
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giovedì 31 agosto 2017
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l'inarrestabile progressione dell'odio
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Un film, ben scritto e ben girato, che ci mostra quanto sia potente l'odio che divide quasi sempre gli esseri umani, soprattutto quando alle loro spalle ci sono sofferenza e umiliazioni. A Beirut un capomastro palestinese si vede piovere acqua in testa da una grondaia che scarica direttamente in strada. La grondaia appartiene ad un libanese cristiano che non ne vuole sapere di aggiustare il tubo, pur sapendo che non è a norma. Fra i due si parte con un insulto, si prosegue con un alterco e si finisce in tribunale. In una progressione ottimamente resa dalla convincente sceneggiatura e dal ritmo del film, teso come una corda di violino, l'odio si fa sempre più inarrestabile fino a coinvolgere anche gli avvocati e il pubblico che assiste al processo.
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Un film, ben scritto e ben girato, che ci mostra quanto sia potente l'odio che divide quasi sempre gli esseri umani, soprattutto quando alle loro spalle ci sono sofferenza e umiliazioni. A Beirut un capomastro palestinese si vede piovere acqua in testa da una grondaia che scarica direttamente in strada. La grondaia appartiene ad un libanese cristiano che non ne vuole sapere di aggiustare il tubo, pur sapendo che non è a norma. Fra i due si parte con un insulto, si prosegue con un alterco e si finisce in tribunale. In una progressione ottimamente resa dalla convincente sceneggiatura e dal ritmo del film, teso come una corda di violino, l'odio si fa sempre più inarrestabile fino a coinvolgere anche gli avvocati e il pubblico che assiste al processo. Per larga parte è un film processuale che è capace di essere nel contempo avvincente e istruttivo, e che riesce a far riflettere tutti su una grande verità che nessuno deve dimenticare: in un mondo dove gli uomini giocano ad odiarsi, nessuno può pretendere di avere l'esclusiva della sofferenza. Pertanto tutti devono fare uno sforzo di conciliazione: ma nel film solo le donne provano a risolvere i conflitti con la pace. Gli uomini puntano alla guerra: in ogni occasione.
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