vanessa zarastro
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venerdì 6 aprile 2018
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il glossario di psicoanalisi
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All’interno del Festival di Cinema francese a Roma in questi giorni è stato proiettato “L’amant double – Doppio amore” di François Ozon, tratto da un romanzo breve di Joyce Carol Oates “Lives of the Twince”.
La tematica del doppio è uno degli argomenti di base trattati dalla psicoanalisi. Nella Vienna dell’inizio del Novecento Sigmund Freud confidò di evitare lo scrittore Arthur Schnitzler «per una specie di timore del “sosia”». Così gli scrisse nel 1922 in una lettera: «...sempre,quando mi sono abbandonato alle Sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri.
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All’interno del Festival di Cinema francese a Roma in questi giorni è stato proiettato “L’amant double – Doppio amore” di François Ozon, tratto da un romanzo breve di Joyce Carol Oates “Lives of the Twince”.
La tematica del doppio è uno degli argomenti di base trattati dalla psicoanalisi. Nella Vienna dell’inizio del Novecento Sigmund Freud confidò di evitare lo scrittore Arthur Schnitzler «per una specie di timore del “sosia”». Così gli scrisse nel 1922 in una lettera: «...sempre,quando mi sono abbandonato alle Sue belle creazioni, ho creduto di trovare dietro la loro parvenza poetica gli stessi presupposti, interessi e risultati che conoscevo come miei propri. Il Suo determinismo come il Suo scetticismo - che la gente chiama pessimismo -, la Sua penetrazione nelle verità dell'inconscio, nella natura istintiva dell'uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare…».
“L’amant double” presenta un motivo onirico-reale surreale, un po’ come i romanzi di Schnitzler, trasposto a Parigi ai giorni d’oggi. Chloé è una ragazza di venticinque anni, ex modella, che soffre spesso di algie addominali. Vive sola con un gattone certosino di nome Milo. Figlia unica – avrebbe sempre desiderato avere una sorella, magari una gemella - e non voluta, di una donna libera e affascinate, di padre incerto, è stata cresciuta dai nonni sentendosi, pertanto, abbandonata e non amata. A un controllo la ginecologa non le riscontra alcun problema fisico, pensa che sia un problema psicosomatico, ragion per cui Chloé inizia una terapia psicoanalitica con l’affascinate dott. Paul Meyer. Tra i due nasce un forte desiderio: la terapia si interrompe e vanno, invece, a vivere insieme. Casualmente scopre che Paul ha un fratello gemello monozigote anch’esso psichiatra, ma che pratica una terapia cognitivo-comportamentale. Lei inizia, di nascosto da Paul a frequentarlo e anche lì da terapia si trasforma in un rapporto sessuale passionale. Di più non posso dire perché da film psicologico si trasforma, man mano in crescendo in un thriller. Di film sui gemelli ne sono stati fatti vari ma io ne ricordo uno splendido, che sicuramente Ozon conosce bene che è Gli inseparabili di Cronenberg del 1988 con la magnifica interpretazione di Jeremy Irons dei gemelli ginecologi. Qui purtroppo Jérémie Renier non riesce a essere all’altezza del suo doppio ruolo.
L’ambientazione è accurata, dall’appartamento più modesto si passa al Museo di Arte Contemporanea del Trocadero e, allo studio del fratello cognitivo comportamentale in un bellissimo palazzo decò a Les Invalides. Molti sono gli specchi negli interni o le immagini simmetriche della fotografia che è notevole. I percorsi della protagonista negli interni minimalisti del museo o su per le scale a spirale dei palazzi sono inquietanti, però il film non convince. François Ozon ha molto talento come regista ma spesso eccede: ha la mano facile ma non sa quando fermarsi, pertanto, diventa un po’ manierista e ridondante.
Nella prima parte “L’amant double – Doppio amore” finisce per diventare ripetitivo e molte trovate del regista sembrano scelte con l’obiettivo di épater les bourgeois. Inoltre, se si sfoglia un glossario di psicoanalisi si possono ritrovare tutti gli elementi del film:
- Il tranfert è un meccanismo per cui si tende a spostare sentimenti, emozioni e desideri su una persona con cui si ha un coinvolgimento, un rapporto interpersonale, in un modo inconscio. Una normale proiezione di stima, affetto, amore per il partner psicoanalitico.
- Il contro-tranfert è la contro-traslazione che insorge nel medico per l’influsso del paziente sui suoi sentimenti inconsci.
- La proiezione in psicoanalisi è un meccanismo di difesa per cui un soggetto attribuisce a qualcun altro delle situazioni psichiche che non riesce ad ammettere in se stesso.
- L’isteria è il primissimo disturbo affrontato da Sigmund Freud (il caso di Dora costituisce uno dei suoi casi clinici più celebri). È una tipologia di attacchi nevrotici intensi di soggetti prevalentemente femminili, con stati emozionali parossistici particolarmente teatrali. Possono portare, ad esempio, a una gravidanza isterica.
- Il narcisismo: in una delle versioni del mito di Narciso si racconta che avesse una sorella gemella di cui poi s’innamorò e quando lei morì, guardandosi allo specchio credette di vedere l’immagine di lei.
- Vale anche per i sogni con i loro significati, per l’invidia del pene di cui soffrono molte donne per i complessi edipici, e così via.
Molte sono le esplicite citazioni cinefile, da Rosemary’s baby di Polanski del 1968 – la vicina invadente è un omaggio a Minnie interpretata da Ruth Gordon – agli animali impagliati de La donna che visse due volte di Hitchcock del 1954, dal gatto spettatore degli amplessi in Elle di Paul Verhoeven del 2016, a La signora di Shanghai di Orson Wells del 1947 nello specchio a una delle due immagini speculari con conseguente rottura dello specchio.
L’amant double è stato presentato alla 70ma edizione del festival di Cannes. Françoise Ozon e Marine Vacth avevano già girato insieme nel 2013 Giovane e bella, un buon film sulla prostituzione femminile e sicuramente con meno citazioni.
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francesco
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mercoledì 2 maggio 2018
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un film a diversi strati
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Ho visto un film complesso nel quale spicca a mio giudizio una feroce critica al mondo della psicanalisi che ho notato in almeno 3 episodi:
un terapeuta ( Paul) che non gestisce un tranfert con una bella paziente chiude correttamente una terapia, ma non accompagna la paziente in un nuovo percorso con altro professionista, ma addirittura inizia una relazione con lei ancora irrisolta decidendo di andarci a convivere.
Terapie che si svolgono in luoghi di grande lusso che costano molti danari nonostante possano durare pochi minuti e con un rapporto terapeuta - paziente assolutamente sbilaciato.
Terapeuti che al party offerto da una di loro parlano dei loro pazienti come se fossero degli strani animali, dimetichi che il loro lavoro si occupa di anime.
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Ho visto un film complesso nel quale spicca a mio giudizio una feroce critica al mondo della psicanalisi che ho notato in almeno 3 episodi:
un terapeuta ( Paul) che non gestisce un tranfert con una bella paziente chiude correttamente una terapia, ma non accompagna la paziente in un nuovo percorso con altro professionista, ma addirittura inizia una relazione con lei ancora irrisolta decidendo di andarci a convivere.
Terapie che si svolgono in luoghi di grande lusso che costano molti danari nonostante possano durare pochi minuti e con un rapporto terapeuta - paziente assolutamente sbilaciato.
Terapeuti che al party offerto da una di loro parlano dei loro pazienti come se fossero degli strani animali, dimetichi che il loro lavoro si occupa di anime.
Sono anche convinto che i gemelli sono nella mente di Cloè, mente disturbata che vede nella vita situazioni che sempre la riportano alla sua triste infanzia causa regina del suo stato emotivo attuale.
E' un film intenso, forse pieno di argomenti non sempre trattati e approfonditi a dovere, con tante citazioni cinematografiche e psicologiche ( le scale a chicciola, la vagina mutante delle immagini iniziali solo per segnalarne alcune ) con una bella fotografia e due bravi attori.
Penso che sia uno di quei film che alla seconda visione danno il meglio di loro stessi.
francesco
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gianleo67
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giovedì 29 novembre 2018
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la rimozione del senso di colpa genera mostri
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Le sedute psicologiche con cui la bella Chloè tenta di risolvere un misterioso disturbo psicosomatico si interrompono improvvisamente quando si innamora del suo terapeuta ed inizia con con lui una appagante convivenza. La scoperta di un gemello dell'uomo, anche lui psichiatra ma dal carattere assai meno remissivo, la spinge ad indagare sull'oscuro passato dei due fratelli, facendo emergere un vissuto conflittuale e violento che la accomuna misteriosamente ai due uomini. Secondo adattamente per il cinema (dopo Lies of the Twins di Tim Hunter con una bellissima Isabella Rossellini) del romanzo Lives of the Twins della scrittrice americana Joyce Carol Oates, sembra un soggetto non originale singolarmente nelle corde del regista francese avvezzo alle metafore psicanalitiche come Ozon, ma anche una stratificata contaminazione tra diversi registri narrativi (il thriller psicologico, il giallo, il dramma sentimentale) che rispondono perfettamente ad una idea di racconto che fa dell'ambiguità e delle interferenze dell'inconscio una delle peculiarità principali della sua poetica tutta votata ad una manipolazione onirica e trasfigurante degli elementi del reale (Swimming Pool).
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Le sedute psicologiche con cui la bella Chloè tenta di risolvere un misterioso disturbo psicosomatico si interrompono improvvisamente quando si innamora del suo terapeuta ed inizia con con lui una appagante convivenza. La scoperta di un gemello dell'uomo, anche lui psichiatra ma dal carattere assai meno remissivo, la spinge ad indagare sull'oscuro passato dei due fratelli, facendo emergere un vissuto conflittuale e violento che la accomuna misteriosamente ai due uomini. Secondo adattamente per il cinema (dopo Lies of the Twins di Tim Hunter con una bellissima Isabella Rossellini) del romanzo Lives of the Twins della scrittrice americana Joyce Carol Oates, sembra un soggetto non originale singolarmente nelle corde del regista francese avvezzo alle metafore psicanalitiche come Ozon, ma anche una stratificata contaminazione tra diversi registri narrativi (il thriller psicologico, il giallo, il dramma sentimentale) che rispondono perfettamente ad una idea di racconto che fa dell'ambiguità e delle interferenze dell'inconscio una delle peculiarità principali della sua poetica tutta votata ad una manipolazione onirica e trasfigurante degli elementi del reale (Swimming Pool). Se i sintomi non diagnosticati di una dolorosa endometriosi sono l'allarmante manifestazione del doppio che si cela nelle irrisolte conflittualità della protagonista, lo è altrettanto l'ambivalenza di un comportamento sessuale che passa con disinvoltura da una strategia seduttiva di studiata remissività, alla brutalità di una relazione carnale fondata sulla smaccata imposizione dei ruoli: una sperimentazione del doppio maschile (quello più femminile dell'uno e quello più mascolino dell'altro) che faccia emergere il doppio femminile di cui la stessa si fa portatrice (quello della seduttrice e quello della sedotta); in una continua spola tra la ricerca di una irrisolta serenità familiare ed una appagante dominazione dei sensi. Va da sè che ad uscirne a pezzi è la solita morale borghese fondata sulle bugie impunemente confessate ("mia madre è morta") e quelle di una inconfessabile verità frammentata dalla pluralità dei punti di vista (il tentato suicidio di Sandra), in un gioco di specchi che ricerca anche visivamente il riflesso di un controcampo che cela alla vista la reale natura dei suoi interlocutori. Con un gusto dell'orrido che qualcuno ha giustamente accostato a Cronenberg, le manifestazioni somatiche di queste perversioni si giocano tutte su soluzioni visive disturbanti, tra una vagina (dentata?) ululante che grida al mondo la sua rabbia, il chiralismo dei gemelli a specchio, le suggestioni di ancestrali pratiche di soppressione nei parti doppi, l'eccentricità genetica della trisomia cromosomica sessuale di gatti tartaruga che producono chimere mostruose e affascinanti, per finire con una finta gravidanza che principia con lo squarcio addominale di uno xenomorfo e finisce con il cesareo di una rimozione del senso di colpa che sembra saldare i conti con il passato (la madre di Sandra è...la madre di Chloe) e rappacificare le relazioni; almeno fino alla prossima volta che non ci si guarderà allo specchio. Marine Vacth è una conturbante dea egizia dai capelli a caschetto e dalla bellezza felina. Presentato in concorso per la Palma d'oro al Festival di Cannes 2017, ha riscosso una accoglienza critica immeritatamente tiepida.
«Giù, giù all'inferno! E dì che ti ci ho mandato io! Sono venuto al mondo con le gambe per prime...E la donna gridò:"E' nato con i denti!"
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fabal
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sabato 13 luglio 2024
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il tema del doppio di nuovo... di nuovo...
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Chloé soffre di dolori al ventre da molti anni, forse di origine psicosmatica. Si rivolge a uno psicanalista, Paul, al quale confida di essere figlia non desiderata di una madre assente. Paziente e terapeuta si innamorano ma le sedute non possono continuare: i due vanno a convivere e le cose funzionano finché Chloé non fruga nel passato di Paul, scoprendo l'esistenza di un fratello gemello...
La riesplorazione del “doppio” cela il grosso rischio di far precipitare L'amant double nella banalità ripetitiva: tanti, troppi predecessori cinematografici hanno già affrontato il tema del “gemello” giocando sul filo di realtà e proiezione.
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Chloé soffre di dolori al ventre da molti anni, forse di origine psicosmatica. Si rivolge a uno psicanalista, Paul, al quale confida di essere figlia non desiderata di una madre assente. Paziente e terapeuta si innamorano ma le sedute non possono continuare: i due vanno a convivere e le cose funzionano finché Chloé non fruga nel passato di Paul, scoprendo l'esistenza di un fratello gemello...
La riesplorazione del “doppio” cela il grosso rischio di far precipitare L'amant double nella banalità ripetitiva: tanti, troppi predecessori cinematografici hanno già affrontato il tema del “gemello” giocando sul filo di realtà e proiezione. Inevitabile, dunque, che Ozon non rinunci alla tentazione di un citazionismo continuo, che passa dai dettagli aurei di De Palma al più scontato riferimento ai fratelli Inseparabili di Cronenberg. Ma aggiungiamo pure l'alter ego al femminile de Il cigno nero e il tema della gravidanza in Rosemary's baby, di cui vediamo persino la culla in una vetrina.
Eppure Doppio amore funziona lo stesso. E funziona perché la messa in scena dei temi cari a Ozon è incredilmente più garbata dei maestri che cita: i suoi personaggi sono ossessionati dalle vite degli altri fino a farle proprie, l'intimità è vissuta come trasformazione continua o come duplicazione, nel caso specifico. L'amant double rimane un film bilanciato, eccessivo al punto giusto, che rinuncia ben presto al realismo in favore della proiezione onirica, senza però perdere – e qui sta la grossa differenza con Cronenberg - definitivamente il contatto con la realtà. A dominare è, chiaramente, più l'estetica che la trama: la ricerca ossessiva di una simmetria registica, l'immagine disgustosa di una Chloé a due teste che fa l'amore con entrambi i gemelli, l'ossessione per certe parti anatomiche, rimangono molto più impresse di un plot con poche chances di originalità. Ma la rinuncia a un vero colpo di scena, che vada oltre alle visionarie proiezioni di Chloé, non sembra affatto un limite e, anzi, forse rende il film ben più hitchcockiano di qualsiasi manierismo di trama alla De Palma.
Ozon condivide con Inseparabili la distorsione dell'anatomia umana al limite del disgusto ma rinuncia alla follia catastrofista di Cronenberg abbastanza in tempo per partorire un finale costruttivo, reale e che, tutto sommato, riesce a dare un senso a tutta la faccenda.
La trasformazione intesa da Ozon non è trasfigurazione violenta e, in questo senso, anche le ottime intepretazoni della Vacth e di Renier sono tali perché non eccessive. Doppio amore ha il grande pregio di mantenere una certa linearità nonostante le sue intenzioni estetiche siano chiare fin da subito e nonostante il citazionismo (forse esagerato) rischi di farne un film bibliografico. Ma se il risultato è di non riuscire a togliere gli occhi dallo schermo, rapiti tanto dallo svolgimento tanto dalle immagini, evidentemente Ozon ha fatto un buon lavoro.
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carlosantoni
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venerdì 20 aprile 2018
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rosemary’s cat
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Davvero un film che funziona, che funziona eccome! Intanto negli aspetti formali, il che non significa esteriori. Eccellente la fotografia, specialmente se si considera che la maggior parte delle sequenze sono in notturna o girate in ambienti a luminosità scarsissima (quando non al contrario, di un chiarore smagliante): i toni cupi, le penombre, le tonalità calde e sfumate, rendono ottimamente il clima di mistero, d’incertezza e di ansia che la storia vuol comunicare. Certe immagini sono davvero preziose, come quella della protagonista che, scesa irosamente dalla macchina guidata dal suo uomo, vomita sul ciglio della strada… poi, dopo una specie di soggettiva dall’interno dell’auto, la scena è ripresa all’aperto, di notte, in grandangolo, contro una barriera altissima e uniforme di alberi, dei quali la luce radente di qualche faro o cellula fotoelettrica mette in evidenza soltanto un’esilissima trama di rami, e intorno il nero più nero.
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Davvero un film che funziona, che funziona eccome! Intanto negli aspetti formali, il che non significa esteriori. Eccellente la fotografia, specialmente se si considera che la maggior parte delle sequenze sono in notturna o girate in ambienti a luminosità scarsissima (quando non al contrario, di un chiarore smagliante): i toni cupi, le penombre, le tonalità calde e sfumate, rendono ottimamente il clima di mistero, d’incertezza e di ansia che la storia vuol comunicare. Certe immagini sono davvero preziose, come quella della protagonista che, scesa irosamente dalla macchina guidata dal suo uomo, vomita sul ciglio della strada… poi, dopo una specie di soggettiva dall’interno dell’auto, la scena è ripresa all’aperto, di notte, in grandangolo, contro una barriera altissima e uniforme di alberi, dei quali la luce radente di qualche faro o cellula fotoelettrica mette in evidenza soltanto un’esilissima trama di rami, e intorno il nero più nero. O come, al contrario, le immagini nitidissime girate nell’interno del museo dove lavora Chloé, dove ella stessa, compostamente seduta come guardiana tra un’opera d’arte e altra, può essere considerata dallo spettatore parte costitutiva dei diversi allestimenti artistici. Eccellente la musica elettronica che fa da commento sonoro, ma che, e non è certo un caso, inizia a fare la sua comparsa soltanto quando sono terminate le scene iniziali di sedute psicoterapiche, una buona decina di minuti dall’inizio del film: come dire, prima c’è da ascoltare le dichiarazioni d’intenti dei personaggi, nel loro nitore.
Che dire poi degli attori protagonisti, Marine Vacth e Jérémie Renier? Molto convincenti, perfettamente nel loro ruolo (per Jérémie dovrei dire: ruoli). Peraltro, ottima la scelta del casting specialmente per quanto riguarda la Vacth, per il semplice motivo che ha un viso i cui lineamenti ricordano molto quelli di Mia Farrow (e come dirò non mi sembra affatto casuale) e al tempo stesso un corpo stupendamente sensuale, insomma tale da racchiudere nella stessa persona caratteristiche che possono alludere a due ben diverse personalità. La storia, di cui non dico niente se non che è del genere thriller-horror, direi che è ben congegnata e le scelte scenografiche alludono continuamente al concetto del doppio, con un continuo utilizzo di specchi che duplicano l’immagine, o con l’utilizzo di effetti speciali che permettono l’esplicita duplicazione del volto o della persona di lei, o di lui, o addirittura di entrambi nello stesso momento, all’interno della stessa sequenza: il film, in fondo, s’interroga su questo, sull’ossessione per il doppio e il mistero che questa ossessione può nascondere.
Alludevo alla non casualità della somiglianza della Vacth alla Farrow, perché il film richiama per più motivi “Rosemary’s Baby”: non solo per la centralità del tema della gravidanza, ma per la presenza della vicina di casa che pare assomigliare alla megera del film di Polanski, o per le simbologie connesse alla presenza dei gatti. Peraltro, l’idea dei gemelli e delle fantasie orrorifiche sul corpo umano rinviano a Cronenberg (“Inseparabili”), mentre quella che fonde l’idea dei gemelli con quella dei gatti rimanda con forza al “Bacio della pantera”, straordinario noir-horror di Tourneur. C’è poi una citazione esplicita ad una scena di “Alien” di Scott, laddove la protagonista… “partorisce”, e non è difficile rinvenire allusioni al mondo di Hitchcock e di De Palma nelle strutture architettoniche, soprattutto degl’interni.
Un film sicuramente da vedere (e almeno rivedere: una volta per gemello).
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flyanto
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martedì 24 aprile 2018
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una ragazza divisa in e tra due
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"Doppio Amore" del regista Francois Ozon è un thriller psicologico in cui una giovane e bella donna è piuttosto tormentata senza saperne e capirne il motivo. Pertanto ella inizia un percorso di sedute presso uno psichiatra del quale, dopo breve tempo, si innamora, ricambiata. E' così che la coppia inizia a condividere la propria esistenza in un nuovo appartamento. Da questo momento per la protagonista inizia una serie di conturbanti avvenimenti di cui vuole ricercare la ragione e nel corso della sua indagine la donna arriverà a scoprire una sconcertante verità.
Essendo un thriller ovviamente non si può rivelare di più riguardo la trama che occorre seguire attentamente per comprendere appieno il finale rivelatore.
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"Doppio Amore" del regista Francois Ozon è un thriller psicologico in cui una giovane e bella donna è piuttosto tormentata senza saperne e capirne il motivo. Pertanto ella inizia un percorso di sedute presso uno psichiatra del quale, dopo breve tempo, si innamora, ricambiata. E' così che la coppia inizia a condividere la propria esistenza in un nuovo appartamento. Da questo momento per la protagonista inizia una serie di conturbanti avvenimenti di cui vuole ricercare la ragione e nel corso della sua indagine la donna arriverà a scoprire una sconcertante verità.
Essendo un thriller ovviamente non si può rivelare di più riguardo la trama che occorre seguire attentamente per comprendere appieno il finale rivelatore. Al di là di ciò si può senza alcun dubbio affermare che quest'opera di Ozon è molto ben congegnata, diretta ed interpretata dai suoi protagonisti (Marine Vacht e Jérémie Renier) e pertanto il tutto funziona. Ozon può scandalizzare il pubblico per le sue scene esplicite e dirette, ma solo se non lo si conosce e non lo si apprezza. Il regista francese, infatti, non scende mai nel volgare e non ricorre mai a riprese inutili e gratuite: il tutto fa parte di un insieme che ben si armonizza nell'intero contesto. Forse, in "Doppio Amore" la vicenda può apparire un poco ricercata e la tematica del 'doppio' è stata anche già abbondantemente affrontata in altre pellicole precedenti da svariati registi, ma Ozon è riuscito a presentarla in una forma nuova (seppure con moltissimi riferimenti a maestri quali Polanski, Cronenberg, ecc,...) e, dunque, originale e tutta sua.
Altro non vi è da aggiungere ed il film sicuramente è consigliabile.
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[+] il cinema di ozon, tra visione, seduzione, inganno
(di antoniomontefalcone)
[ - ] il cinema di ozon, tra visione, seduzione, inganno
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