Coco

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Un film di Lee Unkrich, Adrian Molina. Con Anthony Gonzalez, Gael García Bernal, Benjamin Bratt, Alanna Ubach, Renee Victor.
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Titolo originale Coco. Animazione, Ratings: Kids, durata 109 min. - USA 2017. - Walt Disney uscita giovedì 28 dicembre 2017. MYMONETRO Coco * * * 1/2 - valutazione media: 3,89 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Quello spazio eterno tra musica e amore Valutazione 4 stelle su cinque

di annalisarco


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domenica 14 gennaio 2018

 “Uniremo con le note il cuore e le anime” è la frase tratta da una delle canzoni presenti nel nuovo film di animazione Pixar che meglio racchiude il significato dell’intero lungometraggio. I legami profondi, quelli che vanno oltre la morte, che si costruiscono giorno dopo giorno nel corso della vita, che toccano – appunto – il cuore e l’anima, e che spesso vengono resi eterni da qualcosa di magico: la musica, l’unica lingua compresa da tutti, e per questo lo strumento più forte di unione. Non solo linguaggio, ma luogo intangibile in cui sembra fermarsi per sempre la verità, in cui i sentimenti più veri e profondi sembrano vivere per davvero, a volte più che nella vita stessa. Non ci sarebbe Coco senza la sua musica. Il nuovo lavoro targato Pixar ha già messo d’accordo tutti, e anche quest’anno è prevedibile la sua corsa (e la sua vittoria) verso la statuetta degli Academy. Questa volta lo scenario si sposta in Messico, nella cittadina di santa Cecilia, probabilmente per sfruttare al massimo il concetto quasi sacro di familia, tanto forte e presente in questa terra. Miguel Rivera è l’ultimo arrivato, figlio di generazioni di calzolai, che hanno intrapreso questa strada a seguito dell’abbandono da parte del marito di Imelda (trisavola di Miguel) in favore di una carriera da musicista. Da quel giorno la musica è stata bandita in casa Rivera, se non fosse che Miguel ama suonare la chitarra. Si esercita di nascosto, imparando da autodidatta a suonare uno strumento improvvisato seguendo e conoscendo alla lettera dei vecchi vhs del suo mito Ernesto de la Cruz, cantante e musicista scomparso da anni, la cui fama e ricordo sono ancora molto sentiti. Come ogni anno, si svolge il tradizionale Dìa de los Muertos, giorno in cui ogni membro della famiglia celebra il ricordo delle persone care scomparse, prepara delle offerte per loro, e cosparge la via di casa con dei petali di Cempasuchil (fiori di un arancione acceso realmente usati nella tradizione messicana) per indicare ai defunti la strada del ritorno. Miguel, a seguito di una discussione con la sua famiglia causata proprio dalla passione del ragazzo per la musica, si ritrova protagonista di un’avventura proprio nel mondo dei morti. Conoscere il passato per capire il presente, per sapere chi siamo: questo è quello che succede a Miguel, intrappolato nel mondo dei morti, coloro che non sono stati dimenticati, e che per una notte possono attraversare il ponte ricoperto di foglie che li porta indietro dai loro cari. Chi è stato dimenticato, però, non può più tornare indietro, e pian piano è costretto a svanire. Ci sono varie tematiche forti in questo film che sempre di più sembra discostarsi dai target delle fiabe disneyiane e spostarsi verso un pubblico di età più adulta. La sottile linea di confine tra la vita e la morte, è uno dei temi più presenti: vivere seguendo delle convinzioni, dando fermamente importanza a qualcosa che d’un tratto non ha più alcun valore. Seguire regole o restrizioni che alla fine, quando passi il ponte, non hanno più alcun senso o importanza. Seguire invece le passioni, quelle forti, come la musica è per Miguel. Avere qualcuno su cui poter contare sempre e senza alcun dubbio, perchè quando il corpo non ci sarà più, la persona resterà in vita attraverso l’amore e il ricordo. Saremo tutti mucchietti di ossa un giorno, è vero, ma ciò che conterà sarà soltanto quello che abbiamo dato in vita, sia alle persone che ci sono state vicine, sia a quelle più lontane e che forse non conosceremo mai. Come è stato per la famiglia Rivera, che da generazioni tramanda il rispetto e l’amore per una cosa sola, la famiglia. Tante cose cambiano nel corso della vita, ma i ricordi restano. Un viso, una voce, un sentimento, una canzone. Una di queste cose resta sempre, ci accompagna fino all’ultimo giorno e non smette mai di fare il suo dovere: farci sorridere. Le persone care non ci lasciano mai del tutto, vivono nei nostri ricordi. Oltre alle tematiche, Coco si avvale di una tecnica di animazione computerizzata sempre più dettagliata nella mimica dei personaggi (meravigliosamente descritta dal viso di Miguel la sensazione di pura tranquillità e naturalezza del ragazzo quando per la prima volta mostra a noi spettatori il suo mondo, fatto soltanto di lui e delle sue dita che sfiorano le corde della chitarra che si è maldestramente – ma egregiamente – costruito), nella loro interazione, nella creazione di ambientazioni fantastiche e nella colorazione vivisa e incantevole. Anche la scelta di colori vivi e luminosi non è stata lasciata al caso, ma presa proprio per dare risalto alla credenza pixariana presentata in questo film, ovvero che c’è vita dopo la morte. Un luogo in cui la vita continua, in cui puoi ancora essere chi sei, oppure, avere il tuo riscatto se la vita non ti ha permesso di farlo. E non si tratta solamente di una idea pixariana, bensì della stessa festa dei morti che si svolge in Messico, e che è una vera e propria celebrazione della vita: colori, musica, maschere, offerte e cibo. Non c’è spazio per la tristezza, nè in vita nè dopo la morte. Tutto è un passaggio positivo, sta a noi coglierne il meglio. E per farlo, non si può che fare una cosa: essere sè stessi e seguire la propria strada, che può essere dettata soltanto da ciò che hai dentro. Questa è l’incrollabile convinzione di Miguel, il ragazzino che ha saputo imparare e allo stesso tempo insegnare qualcosa alla sua famiglia. E forse anche a noi.

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