Agnus Dei |
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Un film di Anne Fontaine.
Con Lou de Laâge, Agata Buzek, Agata Kulesza, Vincent Macaigne, Joanna Kulig.
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Titolo originale Les innocentes.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 115 min.
- Francia, Polonia 2016.
- Good Films
uscita giovedì 24 novembre 2016.
MYMONETRO
Agnus Dei
valutazione media:
3,48
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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I drammi oscuri della guerradi ZararFeedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar |
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martedì 29 novembre 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Polonia 1945, il paese sotto il controllo sovietico, clima desolato e violento della smobilitazione post bellica. Una giovane suora in un gelido paesaggio innevato corre pazzamente a cercare l’aiuto di un medico, un medico che non deve essere né russo, né polacco... Dopo un primo infastidito diniego, mossa alla fine dall’inerme disperazione e dall’incrollabile attesa della suora, una giovane dottoressa della Croce rossa francese (Mathilde, impersonata da una brava Lou de Laâge) accetta di intervenire e scopre un dramma: il convento in cui viene introdotta ha subito ripetute incursioni dei soldati russi, che non hanno esitato a violentare ripetutamente le suore. Sette di loro sono in stato avanzato di gravidanza, una gravidanza vissuta in totale segretezza, con un senso orribile di sofferenza, vergogna, totale rifiuto. Una di loro è in quel momento in travaglio, soffrendo terribilmente per un parto podalico che non si risolve naturalmente. E’ quello che ha spinto la giovane consorella a rompere la severissima consegna del silenzio e a scappare per cercare aiuto, di nascosto e contro le decisioni della madre badessa, ferocemente chiusa nella difesa dell’onore del convento anche a costo della morte della partoriente e del neonato. Il film ruota intorno alle dinamiche scatenate da questa rottura iniziale, dall’incontro tra lo spirito laico di Mathilde (ispirata al personaggio realmente esistito di Madeleine Pauliac, come assolutamente veritiero e non isolato è l’evento che dà origine al film) e quello religioso delle suore, sconvolte dall’abuso subito e ancora di più, se possibile, dalle sue conseguenze, dal prepotente crescere della vita su un atto di violenza che si vorrebbe solo rimuovere per sempre. La regista e le protagoniste disegnano con grande forza espressiva le sofferenze, i conflitti, la tempesta psicologica scatenata in tutte, Mathilde compresa, da questa vicenda. Alle immagini reiterate delle suore in coro nella nuda cappella, un’icona collettiva di astratta pace che annega ogni individualità e tormento nella ritualità del canto ieratico, si alternano, nell’oscurità delle celle e dei bui corridoi, l’affollarsi delle nere cappe, lo smarrimento inerme, gli scatti improvvisi, le convulsioni espressive, il masochista autocontrollo di coloro alle quali è negato poter elaborare e persino verbalizzare il trauma. Nuova violenza che cresce sulla violenza. Ai lineamenti taglienti della monaca Maria, la mediatrice tra Mathilde e la badessa, (un’ottima Agata Buzek), irremovibile ma poi anche flessibile, si oppongono i lineamenti morbidi della silenziosa Mathilde, flessibile ma poi anche irremovibile, che mai fa dichiarazioni di principio, e che non condivide, ma cerca di capire, non accetta, ma cerca di rendere accettabile il suo aiuto. Sono due intelligenze mai veramente in lotta, anche se espressione di due mondi antitetici. Il ponte che gradualmente si crea tra di loro sulla base di un approccio puramente e semplicemente umano, spoglio di dogmi come di ideologie, renderà possibile un’elaborazione collettiva del trauma e alla fine una imprevista, un po’ improbabile composizione del dramma. Che però non disturba, nella sua funzione di necessarissima e artisticamente vera catarsi. Assecondando la sensibilità psicanalitica della regista, la fotografia gioca sul contrasto tra toni algidi azzurrini e variazioni di bianco alla Dreyer e Vermeer da una parte, e densi scuri da mondo del subconscio dall’altra. Ottima recitazione.
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