maumauroma
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venerdì 2 giugno 2017
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ritratto di famiglia con tempesta
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Ryota in fondo e' un brav' uomo. Certo, non e' riuscito a indirizzare la sua vita in modo coerente, ma non solo per colpa sua. Un tempo scrittore di successo, ora la sua vena creativa si e' inaridita.. Ora si arrabatta a fare l' investigatore privato per conto terzi e a giocare d'azzardo alle corse di ciclismo, per sbarcare il lunario e soprattutto per dare ogni mese l' assegno di mantenimento all' ex moglie Kyoko, per lei e per il piccolo Shindo. E si perche' Kyoko lo ha mollato proprio per la sua incapacita' a relazionarsi da buon padre di famiglia con il figlio, perche' Ryota per dirla tutta non e' mai maturato come uomo ma e' sempre rimasto un bambino che gioca a cosa fare da grande, cresciuto e educato da un padre, peraltro appena deceduto, incallito giocatore e scommettitore, e una madre, solo in apparenza mite e dolce, ma in realta' molto determinata e critica verso il figlio e i suoi errori compiuti in passato.
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Ryota in fondo e' un brav' uomo. Certo, non e' riuscito a indirizzare la sua vita in modo coerente, ma non solo per colpa sua. Un tempo scrittore di successo, ora la sua vena creativa si e' inaridita.. Ora si arrabatta a fare l' investigatore privato per conto terzi e a giocare d'azzardo alle corse di ciclismo, per sbarcare il lunario e soprattutto per dare ogni mese l' assegno di mantenimento all' ex moglie Kyoko, per lei e per il piccolo Shindo. E si perche' Kyoko lo ha mollato proprio per la sua incapacita' a relazionarsi da buon padre di famiglia con il figlio, perche' Ryota per dirla tutta non e' mai maturato come uomo ma e' sempre rimasto un bambino che gioca a cosa fare da grande, cresciuto e educato da un padre, peraltro appena deceduto, incallito giocatore e scommettitore, e una madre, solo in apparenza mite e dolce, ma in realta' molto determinata e critica verso il figlio e i suoi errori compiuti in passato. E quando Ryota va a far visita alla mamma, tra una discussione e qualche rimbrotto non esita a rubacchiarle parte della pensione, ma non lo fa perche' e' un ladro ma perche' in realta' e rimasto un eterno bambinone. Ma ecco che una notte arrivera' un uragano, che sorprendera' e costringera' tutti, Ryota ,Kyoko, Shindo a restare a casa della madre di Ryota. In quella notte di tempesta accadranno cose destinate forse a cambiare la vita di tutti, forse la pioggia e il vento serviranno a ripulire i loro cuori da quel deposito di incomprensioni, menzogne, rancori,invidie, imbarazzi, che nel tempo si erano sedimentati a tal punto da incrostare i loro rapporti. Il mattino dopo, passato il tifone, l'aria sembrera' di nuovo tersa e il sole luminoso. Ryota vedra' ancora il figlio allontanarsi con la madre, ma forse avra' acquistato una nuova identita' e consapevolezza di padre e un nuovo stimolo per tornare a scrivere. In questa sua ultima opera, ben diretta e interpretata, anche se forse un po' troppo lunga e con un pizzico di noia che affiora qua' e la', Koreeda Hirokazu studia, analizza e descrive le problematiche della famiglia e del genere umano con grande attenzione e minuzia, quasi come quella di un entomologo,che sotto la lente esamina le piu' varie reazioni che un insetto subisce se sottoposto a determinati stimoli, traendo con dettagliata precisione, conclusioni molto pessimistiche sulle relazioni tra gli esseri umani, che spesso consumano i pochi decenni concessi dalla vita tra meschinita', tradimenti, ansie, sensi di colpa e con quel frustrante senso di inadeguatezza a dare un significato alle loro esistenze. Quando basterebbe, forse, per un ottenere un pizzico di felicita', volgere lo sguardo, ogni tanto, all' immensita' dei cieli e alla profondita' dei mare. Ma e' solo il testo di una canzone giapponese
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[+] i bambini ci guardano…
(di antonio montefalcone)
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vanessa zarastro
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domenica 28 maggio 2017
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indissolubilmente
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After the Storm, in orginale, è un film intimista che scava nei rapporti di una famiglia giapponese cresciuta in un appartamento al quarto piano di edifici in linea in una zona periferica di Tokio, verde e tranquilla, lontano dall’affollato e supertecnologico centro urbano.
Shinosa Ryota (interpretato dal bravo Hiroshe Abe) è uno scrittore che ha avuto successo con un romanzo autobiografico quindici anni prima ma che non è riuscito più a scrivere nulla perché purtroppo ha lo stesso vizio del padre giocatore e scommettitore. Il padre è morto da poco e nella casa è rimasta sua madre (interpretata dalla splendida Kirin Kiki), una donna dolce, paziente, ironica e spiritosa che continua ad amare (e accudire) i figli ormai grandi: la femmina (Satomi Kobayashi) con i suoi due figli va da lei per farsi cucinare e il maschio la va a trovare per carpirle del denaro.
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After the Storm, in orginale, è un film intimista che scava nei rapporti di una famiglia giapponese cresciuta in un appartamento al quarto piano di edifici in linea in una zona periferica di Tokio, verde e tranquilla, lontano dall’affollato e supertecnologico centro urbano.
Shinosa Ryota (interpretato dal bravo Hiroshe Abe) è uno scrittore che ha avuto successo con un romanzo autobiografico quindici anni prima ma che non è riuscito più a scrivere nulla perché purtroppo ha lo stesso vizio del padre giocatore e scommettitore. Il padre è morto da poco e nella casa è rimasta sua madre (interpretata dalla splendida Kirin Kiki), una donna dolce, paziente, ironica e spiritosa che continua ad amare (e accudire) i figli ormai grandi: la femmina (Satomi Kobayashi) con i suoi due figli va da lei per farsi cucinare e il maschio la va a trovare per carpirle del denaro. Ryota lavora in un’agenzia di investigazioni e, ogni tanto, coadiuvato dal suo giovane aiutante (Sôsuke Ikematsu), tira su un po’ di soldi extra strappandoli con qualche ricatto. Ha anche una moglie Kyoko (la bellissima Yôko Maki) che ha chiesto e ottenuto il divorzio e un figlio di cui fatica a passare gli alimenti.
La storia è tutta qui non c’è molto da raccontare ma fissa una slice of life: incontri, gelosie, rimproveri e battibecchi narrati in tempo quasi reale in un lunghissimo giorno qualsiasi nella casa di famiglia quando sta per arrivare il tifone.
Nei ricordi e nei racconti della madre, Ryota era stato un ragazzino sveglio e bravo a scuola, con un gran talento per la scrittura. La sorella probabilmente ne era stata sempre un po’ gelosa; svolgendo un ruolo di persona affidabile si è imposta contro i maschi della famiglia così dissipatori. Ryota è forse ancora innamorato dalla moglie: «Gli uomini si accorgono di amare solo quando vengono lasciati» dice sua madre, è geloso di Kyoko che cerca di ricostruirsi una vita, e prova anche a riconquistarla nel peggiore dei mondi, con delle goffe avances dettate più dalla frustrazione che dal desiderio.
Hirokazu Kore’eda ancora una volta conferma la sua abilità nel dipingere l’animo umano, i rapporti genitoriali e quelli tra fratelli, in linea con un certo cinema giapponese – come dimenticare Viaggio a Tokio di Yasujiro Ozu del 1953?
Presentato all’edizione 69 di Cannes (l’anno scorso) nella sezione “Un Certain Regard” After the Storm esce solo adesso nelle sale italiane.
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flyanto
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martedì 30 maggio 2017
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un padre che non si rassegna
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista giapponese Kore-eda Hirokazu con il film "Ritratto di Famiglia con Tempesta". Dopo i suoi precedenti "Father & Son" e "Little Sister" ecco un'altra storia in ambito familiare, intimistica e molto delicata. Qui si racconta di un padre, separato dalla moglie, che vuole a tutti i costi riallacciare i rapporti con l'ex-coniuge e trascorrere più tempo con il proprio figlio di circa 10 anni. Ma poichè egli si rivela essere un individuo ancora immaturo, che racconta spesso bugie al fine di "salvarsi" da situazioni imbarazzanti e che ha una passione smodata per il gioco della lotteria, per le scommesse sulle corse dei cavalli e per tutto ciò che fa guadagnare (e soprattutto perdere) facilmente del denaro, viene giustamente ritenuto dalla moglie un irresponsabile.
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Ritorna nelle sale cinematografiche il regista giapponese Kore-eda Hirokazu con il film "Ritratto di Famiglia con Tempesta". Dopo i suoi precedenti "Father & Son" e "Little Sister" ecco un'altra storia in ambito familiare, intimistica e molto delicata. Qui si racconta di un padre, separato dalla moglie, che vuole a tutti i costi riallacciare i rapporti con l'ex-coniuge e trascorrere più tempo con il proprio figlio di circa 10 anni. Ma poichè egli si rivela essere un individuo ancora immaturo, che racconta spesso bugie al fine di "salvarsi" da situazioni imbarazzanti e che ha una passione smodata per il gioco della lotteria, per le scommesse sulle corse dei cavalli e per tutto ciò che fa guadagnare (e soprattutto perdere) facilmente del denaro, viene giustamente ritenuto dalla moglie un irresponsabile. Da qui i continui litigi con la donna che giustamente lamenta il saltuario, se non addirittura mancante, assegno mensile per gli alimenti del bambino ed il continuare a vivere da parte del marito sul successo ormai passato di un romanzo scritto e pubblicato da lui molti anni addietro. Una forte tempesta che si abbatterà sulla città e che costringerà l'ex-nucleo familiare a soggiornare una notte nella stessa abitazione, rivelerà al protagonista la reale situazione riguardante i rapporti affettivi con la moglie ed il figlio.
Kore-eda, ripeto, presenta sullo schermo nuovamente una storia introspettiva concernente i legami familiari e, come sempre, riesce a rappresentare le varie situazioni e le dinamiche in maniera nitida, precisa, nonchè alquanto profonda e delicata. Le sue opere cinematografiche sono dei veri racconti poetici in cui l'azione è minima ed a prevalere su tutto sono i sentimenti, pertanto il suo cinema non è tanto quello di raccontare grandi imprese o gesta, ma solamente la pura e semplice quotidianità vissuta dagli individui e le loro emozioni. E vi riesce magistralmente. "Ritratto di Famiglia con Tempesta" , rispetto agli altri suoi precedenti films , forse risulta eccessivamente lento o, più precisamente, lungo ( con circa 10/15 minuti di meno sarebbe stato perfetto tempisticamente parlando), ma ciò conta poco in un contesto dove la realizzazione nel suo complesso è perfetta.
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lbavassano
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domenica 4 giugno 2017
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meno convincente dei precedenti
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I conoscitori del cinema di Kore-eda Hirokazu, "Father and son", "Little sister", ben sanno come il regista giapponese sia narratore sensibile e partecipe delle dinamiche famigliari, delle complessità dei rapporti genitori-figli innanzitutto, ritrattista attento alle sfumature in cui infinitamente trascolorano i drammi, tutte caratteristiche ben presenti anche in "Ritratto di famiglia con tempesta". Mi ha convinto meno però, forse perché l'incanto che sottolineava ogni inquadratura di "Little sister" viene a mancare, o risalta comunque solo a sprazzi, forse perché i personaggi mi sono apparsi più stereotipati.
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I conoscitori del cinema di Kore-eda Hirokazu, "Father and son", "Little sister", ben sanno come il regista giapponese sia narratore sensibile e partecipe delle dinamiche famigliari, delle complessità dei rapporti genitori-figli innanzitutto, ritrattista attento alle sfumature in cui infinitamente trascolorano i drammi, tutte caratteristiche ben presenti anche in "Ritratto di famiglia con tempesta". Mi ha convinto meno però, forse perché l'incanto che sottolineava ogni inquadratura di "Little sister" viene a mancare, o risalta comunque solo a sprazzi, forse perché i personaggi mi sono apparsi più stereotipati. Restano sicuramente nella memoria scene capaci di conciliare l'intensità emotiva con la stilizzazione rituale del codice dei comportamenti, chiave di volta della bellezza del cinema di Kore-eda Hirokazu, nell'insieme però mi è sembrata opera meno riuscita. Comunque pur sempre di qualità alta.
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fabiofeli
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mercoledì 7 giugno 2017
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un talento sbocciato presto o tardi?
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Un veloce scambio di battute tra Yoshiko (Kirin Kiki, di recente commovente protagonista de “Le ricette della signora Toku”) e sua figlia in un minuscolo appartamento giapponese rivela che la anziana madre non rimpiange il marito scomparso, un uomo sempre indebitato e costretto a inventare fantasiose menzogne. La radio annuncia l’arrivo dell’ennesimo temporale monsonico e tutti dovranno proteggersi. Appare in scena Ryota (Hiroshi Abe), uno stangone di 190 cm, figlio di Yoshiko. Sta recandosi a casa di sua madre; lo accompagna una canzone tipo The lazy whistler, ma molto più strascicata e sfaticata quasi ad annunciare il carattere dell’uomo; questi sale sulla metro, fa una sosta ad un mini-bar e divora in piedi con frettolosa bulimia una zuppa con spaghetti; passa vicino ad un parco giochi, dove c’è una piovra di plastica rosa con numerosi anfratti nei quali Ryota si nascondeva da bambino.
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Un veloce scambio di battute tra Yoshiko (Kirin Kiki, di recente commovente protagonista de “Le ricette della signora Toku”) e sua figlia in un minuscolo appartamento giapponese rivela che la anziana madre non rimpiange il marito scomparso, un uomo sempre indebitato e costretto a inventare fantasiose menzogne. La radio annuncia l’arrivo dell’ennesimo temporale monsonico e tutti dovranno proteggersi. Appare in scena Ryota (Hiroshi Abe), uno stangone di 190 cm, figlio di Yoshiko. Sta recandosi a casa di sua madre; lo accompagna una canzone tipo The lazy whistler, ma molto più strascicata e sfaticata quasi ad annunciare il carattere dell’uomo; questi sale sulla metro, fa una sosta ad un mini-bar e divora in piedi con frettolosa bulimia una zuppa con spaghetti; passa vicino ad un parco giochi, dove c’è una piovra di plastica rosa con numerosi anfratti nei quali Ryota si nascondeva da bambino. Yoshiko non è in casa e Ryota ne approfitta per cercare denaro nei cassetti, ma trova e intasca solo biglietti della lotteria nazionale. Come il padre defunto è sempre indebitato e bugiardo: non paga puntualmente gli alimenti alla ex-moglie, che cresce il loro figlio Shingo. Vivacchia lavorando per una ditta di investigazioni private; ricatta assieme ad un giovane socio le vittime dei pedinamenti, bruciando subito il denaro in scommesse sulle corse ciclistiche Keirin. Eppure anni prima ha pubblicato un romanzo autobiografico salutato come la rivelazione di un grande talento; l’editore si informa sul romanzo che Ryota dovrebbe scrivere, ma sa che non uscirà mai …
Il regista 55enne torna sul tema della paternità, al centro dei suoi ultimi due film del 2013 e 2015, buoni frutti della maturità. Nel primo, Father and son, premiato a Cannes 2013, lo scambio tra due neonati di famiglie di opposte condizioni sociali crea il dilemma della scelta tra amore familiare già radicato nel tempo e richiamo del sangue. Nel secondo, Little sister, le due sorelle maggiori scelgono di costruire una famiglia allargata con la sorellastra minore, nata da un successivo matrimonio del padre defunto. In questo film Ryota deve superare ed elaborare il peso della figura paterna, assente nel suo passato; ha un presente insostenibile, privo di bussola per orientarsi, tanto che sembra non esserci un futuro per lui né come figlio né come padre. Ma forse no; il “deus ex machina” potrebbe essere proprio il monsone che potrà provocare la maturazione di Ryota restituendogli almeno il dono smarrito del rapporto con il figlio.
L’accostamento di Kore-eda a Ozu, del quale sono stati riproposti diversi film in una recente rassegna, da Viaggio a Tokyo a Buon giorno, trova fondamento nella descrizione del contrasto giapponese non tanto tra tradizione e modernità, tra personaggi che vivono in una grande città ed altri relegati in zone periferiche o addirittura rurali, ma quanto tra i chiari e gli scuri psicologici - con un analogo registro narrativo - dei protagonisti, preda di incomunicabilità generazionale. Il Giappone di oggi, come buona parte del mondo industrializzato, è quasi un unico agglomerato nel quale i treni vanno e vengono, un ambiente nel quale le persone vivono la loro esistenza comunicando poco o niente. Il regista firma anche sceneggiatura e montaggio; dirige bene tutti i suoi attori, tra i quali spiccano Hiroshi Abe e Kirin Kiki. Ne esce un film ironico, divertente, dolce-amaro e vero: da non mancare.
Valutazione ****
FabioFeli
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riccardotavani
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martedì 1 agosto 2017
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il rifugio nella tempesta del tempo
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Il tempo ha questa doppia accezione nel linguaggio umano: quello cronologico e quello atmosferico. In entrambi i significati esso sembra sovra determinare la vicenda esistenziale umana. Non possiamo arrestare né il suo scorrere, né il suo scatenarsi tra la terra, il cielo e il mare. Ma il tempo cronologico è invisibile, intangibile, addirittura impensabile, impronunciabile, tanto che Sant’Agostino afferma che se qualcuno gli chiede di spiegare cosa sia, lui non sa, non può farlo in nessun modo. E il cinema è soprattutto visione. Ecco, allora, che niente meglio dello scorrere sullo schermo delle immagini verso lo scatenamento di una tempesta notturna sulla città può mettere l’uomo di fronte a una forza ineluttabile che non può in nessun modo arrestare, evitare.
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Il tempo ha questa doppia accezione nel linguaggio umano: quello cronologico e quello atmosferico. In entrambi i significati esso sembra sovra determinare la vicenda esistenziale umana. Non possiamo arrestare né il suo scorrere, né il suo scatenarsi tra la terra, il cielo e il mare. Ma il tempo cronologico è invisibile, intangibile, addirittura impensabile, impronunciabile, tanto che Sant’Agostino afferma che se qualcuno gli chiede di spiegare cosa sia, lui non sa, non può farlo in nessun modo. E il cinema è soprattutto visione. Ecco, allora, che niente meglio dello scorrere sullo schermo delle immagini verso lo scatenamento di una tempesta notturna sulla città può mettere l’uomo di fronte a una forza ineluttabile che non può in nessun modo arrestare, evitare. Il tempo si fa concreto.
Ryoto se la passa abbastanza male. Da luminosa promessa della letteratura giapponese, si è ridotto alla consunzione esistenziale a causa del gioco d’azzardo. Nella casa in cui Ryoto è cresciuto da ragazzo, vive da sola ancora sua madre Yoshinko. Qui abbiamo un’altra immagine del tempo: quello sul volto di una donna, di una nonna che ha attraversato tante tempeste nella vita. È anzi le sue sembianze, i suoi modi, le sue parole sono proprio l’essenza del titolo del film. Perché la “famiglia con tempesta” è la condizione stessa dell’esistenza umana. Se non possiamo impedire l’abbattersi di un nubifragio, di un ciclone, di un potente rovescio del tempo sulle strade delle nostre vite, possiamo sempre tornare a un luogo della nostra infanzia che è anche un rifugio originario in noi. Per quanto piccolo, banale possa apparire, esso assume un risalto di segreta fortezza affettiva e potenza immaginativa proprio in relazione e in mezzo alla tempesta di pioggia e di vento che imperversa implacabile là fuori. E ancora prima che il flagello e il buio cessino, la luce di una nuova alba, di nuove parole da scrivere e dirsi è già spuntata dentro quel riparo giù nel nostro inconscio.
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vincenzovalorani
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martedì 13 giugno 2017
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precorritori in italia: i vitelloni e il sorpasso
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Un processo di maturazione può incepparsi perché esso non procede “senza l’intervento o la partecipazione diretta dell’attenzione o della volontà”, a differenza di quanto avviene nella crescita del fisico (per le parole virgolettate, v. Diz. il Devoto-Oli, voce: “meccanicamente”).
Nel film «si tocca con mano» l’«impalpabilità» del processo di completamento di una costruzione interiore. Ho usato un gioco di parole, per dire che il regista avverte la difficoltà di quest’operazione. Tuttavia, egli mostra come gradi di responsabilizzazione emergano dalle microscelte quotidiane:
Innanzitutto, il chiedersi: “Cosa ti proponevi di diventare?” e “Ti sei impegnato per conseguire l’obiettivo?” serve a compiere il primo passo verso una maturazione, specialmente nel campo dei sentimenti.
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Un processo di maturazione può incepparsi perché esso non procede “senza l’intervento o la partecipazione diretta dell’attenzione o della volontà”, a differenza di quanto avviene nella crescita del fisico (per le parole virgolettate, v. Diz. il Devoto-Oli, voce: “meccanicamente”).
Nel film «si tocca con mano» l’«impalpabilità» del processo di completamento di una costruzione interiore. Ho usato un gioco di parole, per dire che il regista avverte la difficoltà di quest’operazione. Tuttavia, egli mostra come gradi di responsabilizzazione emergano dalle microscelte quotidiane:
Innanzitutto, il chiedersi: “Cosa ti proponevi di diventare?” e “Ti sei impegnato per conseguire l’obiettivo?” serve a compiere il primo passo verso una maturazione, specialmente nel campo dei sentimenti. Nel film tali domande sono poste con naturalezza; ma nella realtà non siamo altrettanto diretti.
La sceneggiatura pone in primo piano le espressioni “essere” e “dover essere”.
Il proprio mondo interiore è la fucina in cui il «come è» è trasformato nel “come dovrebbe essere”.
La maturazione a causa della sua natura polifattoriale impone un lavoro costante, che è disatteso da chi si lascia fascinare da altre priorità.
Secondo Lev Tolstoj (1828-1910), il dominio di sé è la virtù che, trovandosi al primo gradino, schiude l’ascesa ai gradini successivi.
Generalmente, poiché il lavoro costante su se stessi ci proietta anche verso l’ignoto, temiamo il futuro, ritenendolo incontrollabile.
Ma una cosa è calcolare il rischio, altro entrare nell’ottica dello sbando: paradossalmente, in modo infantile, tendiamo a vedere “più controllabile” un futuro affidato alla magia del caso, come se sotto quel cielo non aleggiassero oscuri elementi d’indeterminatezza (nel film è usato come esempio il gioco d’azzardo).
Nella sceneggiatura la parola talento ricorre spesso, come una risorsa da cercare attentamente e da mettere a frutto.
Il padre del protagonista era giunto al termine della sua vita senza aver raggiunto un grado di maturazione interiore che gli consentisse di non essere di peso alla famiglia: si può essere inadeguati rispetto ad un obiettivo, in ogni fase dell'esistenza. Egli, per debolezza, tendeva a vedere come sue le doti del figlio; ma, più di lui, credeva in esse.
L’insicurezza, esponendo alla paura le proprie qualità, giunge a volte a bloccare sul nascere una carriera. Il regista lascia aperto il problema: non sappiamo se il protagonista riprenderà a scrivere, dopo aver vinto un premio per la sua Opera Prima.
La madre del protagonista afferma che non trova la felicità chi non impara a distinguere ciò che deve trattenere, da ciò che deve lasciar andare: “liberi dal” male, per essere “liberi di” fare il bene.
Un concetto analogo è espresso nel versetto paolino:
«esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono», 1Ts 5, 21.
Segno questo che flash di verità sono presenti in ogni cultura.
Coltivare lo spirito di adattamento concorre alla formazione di una identità, giacché chi è immaturo tende a isolarsi nel suo mondo. Il protagonista era stato invitato anche dalla moglie a seguire il gusto letterario del pubblico: una carta questa da giocare quando l’ispirazione stentava ad emergere dal cuore.
Il film, confrontato con I vitelloni (It.-Fr. 1953) e con Il sorpasso (It. 1962), affronta il problema della maturazione senza usare il linguaggio distintivo della Commedia all’italiana: qui, il dramma dell’autorealizzazione non è presentato in chiave ironica.
Vincenzo Valorani
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roberteroica
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domenica 24 settembre 2017
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ritratto di famiglia
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Con un futuro ben dietro le spalle, lo scrittore di un unico libro si barcamena come detective privato. Ma non si limita a rintracciare le prove di adulteri e tradimenti, si mette anche a ricattare. E’ separato dalla moglie, che ha una nuova storia con un altro uomo ed è tollerato dalla vecchia madre, che gli rimprovera di non assisterla in modo adeguato dopo la morte del marito. Unica consolazione, il bel rapporto col figlioletto. Un microcosmo familiare non troppo originale che Kore-eda gira con la consueta eleganza, ma anche con una programmata lentezza, per far emergere senza squilli (si noti anche la colonna sonora) le piccole e grandi dissonanze del quotidiano, disegnando un personaggio senza qualità e senza volontà, moralmente esecrabile (l’episodio col liceale è emblematico) che ha il difetto di risultare anche simpatico allo spettatore.
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Con un futuro ben dietro le spalle, lo scrittore di un unico libro si barcamena come detective privato. Ma non si limita a rintracciare le prove di adulteri e tradimenti, si mette anche a ricattare. E’ separato dalla moglie, che ha una nuova storia con un altro uomo ed è tollerato dalla vecchia madre, che gli rimprovera di non assisterla in modo adeguato dopo la morte del marito. Unica consolazione, il bel rapporto col figlioletto. Un microcosmo familiare non troppo originale che Kore-eda gira con la consueta eleganza, ma anche con una programmata lentezza, per far emergere senza squilli (si noti anche la colonna sonora) le piccole e grandi dissonanze del quotidiano, disegnando un personaggio senza qualità e senza volontà, moralmente esecrabile (l’episodio col liceale è emblematico) che ha il difetto di risultare anche simpatico allo spettatore. Qua è là spunta anche qualche fraseggio poetico, qualche puntuale annotazione ambientale, ed è interessante lo sviluppo che non arriva al facile gioco al massacro, ma tenta un percorso di comprensione e ripartenza. Ma ci si aspettava di più da questo “Ritratto di famiglia con tempesta”, cosi’ acclamato ovunque. Del regista ci era piaciuto molto di più “The third murder” in concorso all’ultimo festival veneziano.
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stefano capasso
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lunedì 3 gennaio 2022
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quando la fine porta a fare i conti con se stessi
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Shinoda vive nel ricordo del momento di gloria avuto 15 anni prima, quando grazie ad un suo libro fu uno scrittore di successo. Da allora la sua vita è andato sempre peggio, il gioco d’azzardo, espedienti per sbarcare il lunario e la disgregazione della famiglia. Proprio il recupero del rapporto col figlio, e perché no, anche della ex moglie, sono ancora a distanza di tempo obiettivi che tra mille difficoltà tenta di raggiungere. L’occasione di svelare le carte si presenta durante la notte di un tifone.
Kore'eda Hirokazu racconta una storia di famiglia, che diviene l’occasione per parlare di temi universali dell’uomo. Tutti i protagonisti hanno a che fare con “la fine”, sia della vita, com’è il caso della madre del protagonista, sia della relazione, com’è il caso dei due interpreti principali.
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Shinoda vive nel ricordo del momento di gloria avuto 15 anni prima, quando grazie ad un suo libro fu uno scrittore di successo. Da allora la sua vita è andato sempre peggio, il gioco d’azzardo, espedienti per sbarcare il lunario e la disgregazione della famiglia. Proprio il recupero del rapporto col figlio, e perché no, anche della ex moglie, sono ancora a distanza di tempo obiettivi che tra mille difficoltà tenta di raggiungere. L’occasione di svelare le carte si presenta durante la notte di un tifone.
Kore'eda Hirokazu racconta una storia di famiglia, che diviene l’occasione per parlare di temi universali dell’uomo. Tutti i protagonisti hanno a che fare con “la fine”, sia della vita, com’è il caso della madre del protagonista, sia della relazione, com’è il caso dei due interpreti principali. E proprio insieme al concetto di “fine” si incastra l’idea dell’autorealizzazione: ogni fine diviene il momento ideale per fare i conti con se stessi, su cosa si è fatto, se si è arrivati ad essere ciò che si era sperato. In prossimità della fine il protagonista scopre che più della soddisfazione di aver raggiunto quello che si era prefissato, è importante essere sempre in quel cammino di autorealizzazione, un cammino che diventa motore e fonte di vita. Durante la notte del tifone, che simbolicamente, spazza via tutte le impurità, il confronto trai protagonisti permette loro di fare chiarezza e riposizionarsi su posizioni di vita più consone, anche se, a volte, dolorose.
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luca scialo
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venerdì 3 giugno 2022
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un uomo che ha perso tutto ma non i suoi difetti
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Dopo il primo romanzo di successo, Shinoda Ryota non riesce più a scrivere. Pesa anche una vita privata disastrata, con la ormai ex moglie che gli ha chiesto il divorzio e ha già un nuovo partner, il figlio che vede a stento una volta al mese, una madre e una sorella che lo aiutano sempre meno economicamente. Ha così avviato un'agenzia investigativa ma il vizio del gioco divora i già magri guadagni. Un monsone ricompone per una notte il quadro familiare, ma a pioggia finita, il dipinto si dissolve nuovamente. La pellicola più famosa di Kore'eda Hirokazu, che ha dedicato quasi tutta la sua filmografia agli affreschi familiari giapponesi. Famiglie però problematiche e mai ordinarie. Il film scorre lento, come una lunga poesia in pieno stile giapponese.
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Dopo il primo romanzo di successo, Shinoda Ryota non riesce più a scrivere. Pesa anche una vita privata disastrata, con la ormai ex moglie che gli ha chiesto il divorzio e ha già un nuovo partner, il figlio che vede a stento una volta al mese, una madre e una sorella che lo aiutano sempre meno economicamente. Ha così avviato un'agenzia investigativa ma il vizio del gioco divora i già magri guadagni. Un monsone ricompone per una notte il quadro familiare, ma a pioggia finita, il dipinto si dissolve nuovamente. La pellicola più famosa di Kore'eda Hirokazu, che ha dedicato quasi tutta la sua filmografia agli affreschi familiari giapponesi. Famiglie però problematiche e mai ordinarie. Il film scorre lento, come una lunga poesia in pieno stile giapponese. Manca però almeno un risvolto che possa scuotere la storia, la quale appare lineare come un elettroencefalogramma piatto. Resta comunque un piacevole spaccato di vita vissuta delle periferie del Sol Levante.
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