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gianleo67
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domenica 24 agosto 2014
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malsane abitudini alimentari nella
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Alla morte accidentale della moglie, il signor Parker rimane da solo con il figlio ancora piccolo e le due figlie già adolescenti a cercare di sbarcare il lunario con l'attività di Camper Parking di famiglia. Quando il coroner locale però scopre che la signora soffriva di una precoce malattia prionica, lo mette in relazione con la misteriosa scomparsa di numerosi concittadini,tra cui sua figlia, ed il segreto atavico che sembra riguardare le raccapriccianti abitudini alimentari della famiglia Parker.
Piuttosto che ricalcare le atmosfere da dramma sociale del soggetto originale del messicano Jorge Michel Grau,dal cui film è tratto questo remake a stelle e strisce, l'affiatata coppia Jim Mickle & Nick Damici ('Stake Land' - 2010) ripropongono le inquietanti atmosfere di una provincia americana che sembra celare, dietro il paravento della rispettabilità e della normalità domestica, gli inconfessabili orrori di una tara familiare quale inalienabile retaggio di una tradizione storica legata alla frontiera ed ai suoi miti di conquista e di sopravvivenza in territori impervi ed ostili.
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Alla morte accidentale della moglie, il signor Parker rimane da solo con il figlio ancora piccolo e le due figlie già adolescenti a cercare di sbarcare il lunario con l'attività di Camper Parking di famiglia. Quando il coroner locale però scopre che la signora soffriva di una precoce malattia prionica, lo mette in relazione con la misteriosa scomparsa di numerosi concittadini,tra cui sua figlia, ed il segreto atavico che sembra riguardare le raccapriccianti abitudini alimentari della famiglia Parker.
Piuttosto che ricalcare le atmosfere da dramma sociale del soggetto originale del messicano Jorge Michel Grau,dal cui film è tratto questo remake a stelle e strisce, l'affiatata coppia Jim Mickle & Nick Damici ('Stake Land' - 2010) ripropongono le inquietanti atmosfere di una provincia americana che sembra celare, dietro il paravento della rispettabilità e della normalità domestica, gli inconfessabili orrori di una tara familiare quale inalienabile retaggio di una tradizione storica legata alla frontiera ed ai suoi miti di conquista e di sopravvivenza in territori impervi ed ostili. Affascinato dalle atmosfere uggiose di un'ambientazione che ricorda il paesaggio post apocalittico del film d'esordio, Jim Mickle ritorna a giocare con le contaminazioni western di un horror che si addentra negli oscuri territori di comunità rurali dove vigono le leggi degli uomini e la legge di Dio e dove la malintesa ritualità di una tradizione religiosa condivisa (The Holy Bible e le sue proverbiali formule liturgiche) viene declinata nel rispetto ossessivo di un'eredità atavica ('la mia Bibbia') legata alla sopravvivenza stessa del nucleo familiare: dall'antropofagia all'autonomia alimentare dei componenti più giovani addestrati all'uopo alla caccia ed alla macellazione. Pur lontano dalle perversioni slasher di 'Non aprite quella porta' e piuttosto vicino alle contraddizioni etiche di una famiglia di vampiri girovaghi nell'america dei nostri giorni ('The Hamiltons' - Mitchell Altieri, Phil Flores - 2006) , il film di Mickle si sposta sul doppio binario di una tensione drammatica basata sulla detection del 'Van Helsing' di turno (un medico condotto locale in 'conflitto di interesse') e sui dilemmi esistenziali di un'adolescenza in fiore 'voracemente' determinata a porre fine alla sanguinosa scia di sangue e di orrore di una anacronistica tradizione familiare. Nonostante le buone premesse il film sembra arenarsi nelle dinamiche un pò statiche dell'intrattenimento televisivo e su acune banalità del montaggio che non riscattano nè la discreta prova degli attori (su tutti le due giovani protagoniste femminili) nè l'ottima e livida fotografia di Ryan Samul, volendo sorprenderci con un finale esemplare quale simbolico contrappasso di un'inevitabile scontro generazionale. Malsane abitudini alimentari nella valle dell'Hudson.
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dandy
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giovedì 9 marzo 2017
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meglio "l'insaziabile"
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Remake liberamente tratto dal film messicano "Somos lo que hay".Il regista mette quasi totalmente da parte il grand guignol per concentrarsi su un aspetto più intimo e drammatico nel rapporto tra i protagonisti.Ma l'idea della famiglia che usa la religione come scusa per i suoi propositi perversi non è certo una novità,e i personaggi non suscitano molta simpatia nè interesse,dal momento che sono piuttosto schematici(il padre fanatico,la figlia forte,la figlia fragile,il figlioletto un pò ribelle:tutto qui).Il finale è inaspettato e cattivo,ma non basta a riscattare la piattezza generale.Larry Fessden è l'affittuario di Frank.
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Remake liberamente tratto dal film messicano "Somos lo que hay".Il regista mette quasi totalmente da parte il grand guignol per concentrarsi su un aspetto più intimo e drammatico nel rapporto tra i protagonisti.Ma l'idea della famiglia che usa la religione come scusa per i suoi propositi perversi non è certo una novità,e i personaggi non suscitano molta simpatia nè interesse,dal momento che sono piuttosto schematici(il padre fanatico,la figlia forte,la figlia fragile,il figlioletto un pò ribelle:tutto qui).Il finale è inaspettato e cattivo,ma non basta a riscattare la piattezza generale.Larry Fessden è l'affittuario di Frank.Cassie Welsey DePaiva aveva esordito in "La casa 2" nel ruolo di Bobbie Jo.
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noia1
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mercoledì 27 gennaio 2016
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il finale del secolo
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Una famiglia alle prese con un lutto.
Le atmosfere sono spettacolari, la sensazione è di guardare un film di Bergman, naturalmente quello è un maestro troppo profondo e questo è un film non troppo pretenzioso, però qualcosa comunque lo può insegnare: non per forza se il ritmo è lento allora significa che il film dev’essere noioso. Dialoghi solenni, inquadrature lunghe eppure tutto ha un proprio perché e anzi, si starebbe addirittura a guardare ciascuna immagine nello schermo all’infinito tanto pare tutto nasconda un significato nascosto.
L’atmosfera è perfetta, inquietante, sempre oscura, piove spessissimo ed interessante è l’immagine di un America che non è solo città enormi e fracassone, anzi, il paesino dove la famigliola protagonista vive sembra essere stato dimenticato in qualche epoca sconvolta dal tempo, fuori da tutto.
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Una famiglia alle prese con un lutto.
Le atmosfere sono spettacolari, la sensazione è di guardare un film di Bergman, naturalmente quello è un maestro troppo profondo e questo è un film non troppo pretenzioso, però qualcosa comunque lo può insegnare: non per forza se il ritmo è lento allora significa che il film dev’essere noioso. Dialoghi solenni, inquadrature lunghe eppure tutto ha un proprio perché e anzi, si starebbe addirittura a guardare ciascuna immagine nello schermo all’infinito tanto pare tutto nasconda un significato nascosto.
L’atmosfera è perfetta, inquietante, sempre oscura, piove spessissimo ed interessante è l’immagine di un America che non è solo città enormi e fracassone, anzi, il paesino dove la famigliola protagonista vive sembra essere stato dimenticato in qualche epoca sconvolta dal tempo, fuori da tutto.
L’atmosfera nella famiglia è forse ciò che veramente disturba, dà veramente fastidio. Una tensione palpabile soprattutto nel rendersi conto di come i membri si struggono nel lutto, ma soprattutto nel vedere gli esili e pallidi corpi delle figlie forzate al digiuno che sembrano perennemente piegati dall’influsso dell’imponente padre. Oppressione ancora più spietata per il fatto che le due adolescenti, a tratti, esplodono di vita dovendo poi sempre richiudersi nella propria malinconia.
Un film che divora dall’inizio, prima dall’incomprensibile atmosfera rotta dalla brutalità della morte della madre, poi dall’addentrarsi in meccanismi familiari incomprensibili dove fin da subito si percepisce la sensazione di mistero.
Un film forse più thriller che d’orrore nello svolgimento ma, per la regola che il finale divora tutto nel suo svolgersi, forse è più giusto definirlo proprio d’orrore: un finale spettacolare nel suo essere orrendo, immagini indimenticabili dove tutto sembra assumere qualcosa di più profondo, quasi magico.
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