
Anno | 2014 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Wayne Wang |
Attori | Cecilia Chiang, Ruth Reichl, Alice Waters . |
Tag | Da vedere 2014 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 6 maggio 2015
CONSIGLIATO SÌ
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Cecilia Chiang ha aperto il suo ristorante americano a San Francisco, the Mandarin, per puro caso, e ne ha fatto qualcosa di unico, probabilmente destinato a rimanere tale. Oggi novantacinquenne, ancora in grado di appassionarsi all'idea del profumo del brodo, racconta la storia della sua passione, che s'interseca con un secolo di storia cinese e con la tragedia della sua famiglia.
Il cibo, così come la convivialità, sono sempre stati presenti nel cinema di Wayne Wang, ma questa volta il regista lascia che a mettere in scena il banchetto e soprattutto la narrazione che lo accompagna sia Cecilia stessa, perché sa bene che nei suoi ricordi è già contenuto un film, e che film: un affresco drammatico e epocale, nel quale si alternano le luci del successo e il buio della malinconia.
Il racconto di come si è formato in lei il senso del gusto, sbirciando dentro la strana e appassionante dinamica di coppia tra il padre e la madre, è qualcosa di bellissimo, che ci conquista già nei primi minuti. La cucina di casa, luogo proibito ai bambini, è il divieto che pungola la curiosità e la traccia infantile che non abbandonerà mai la protagonista, ancora legatissima alla dimensione domestica del cibo (tanto che persino al ristorante portava alcune pietanze da casa). Wang si adatta perfettamente a questa dimensione intima e contenuta, limitando le interviste alle due amiche più care di Cecilia Chiang (Alice Waters, chef del Chez Parnisse, e Ruth Reichel, food writer) e servendo il banchetto delle meraviglie sul tavolo di casa, per pochi ospiti.
È evidente che il documentario si configura come una sorta di missione impossibile: cercare di fissare su un supporto duraturo, come su un diario pubblico, i segreti della cucina tradizionale della Cina classica, ormai spariti dalla faccia della Terra, grazie alla tabula rasa operata da Mao in patria e dall'invasione della cucina cantonese occidentalizzata nel resto del mondo. Cecilia, sfortunatamente, porterà via con sé la maggior parte di questi segreti e, a tratti, il film di Wang ha già il sapore dell'elegia del sapore perduto, ma la generosità con cui, da sempre, la Chiang condivide il suo sapere gastronomico e la sua storia privata, che da esso è inscindibile, è altrettanto unica e meritava almeno questo ritratto.