sir gient
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martedì 14 aprile 2015
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... alla fine volano tutti....
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...Ti ritrovi in casa la domenica sera e un sms di un amico ti invita a cinema...."andiamo a vedere la famiglia Belier ?"... un film francese... hmmm "..ma è una commedia ?" gli rispondo....e lui "Si"... "Ok ...va bene"....
Questo è quanto... la serata comincia così... mi piacciono le commedie francesi hanno un non so che di diverso da tutte le commedie di cinema nazionale e internazionale... e sono spesso di ispirazione.
Sapete quando si parla di imprinting genetico... beh, ogni nazione ha il suo modo di fare commedia e quella francese ha un tocco in più, ha una certa classe, alla fine è come se ti accarezzasse l'anima.
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...Ti ritrovi in casa la domenica sera e un sms di un amico ti invita a cinema...."andiamo a vedere la famiglia Belier ?"... un film francese... hmmm "..ma è una commedia ?" gli rispondo....e lui "Si"... "Ok ...va bene"....
Questo è quanto... la serata comincia così... mi piacciono le commedie francesi hanno un non so che di diverso da tutte le commedie di cinema nazionale e internazionale... e sono spesso di ispirazione.
Sapete quando si parla di imprinting genetico... beh, ogni nazione ha il suo modo di fare commedia e quella francese ha un tocco in più, ha una certa classe, alla fine è come se ti accarezzasse l'anima...
Inaspettatamente c'è anche un'amica... piacevole sorpresa.... il tre è il numero perfetto.
Il film comincia in modo sommesso... con una scena da mulino bianco ma con un'uscita di campo della protagonista degna di un nano arrabbiato a cui hanno appena detto che non crescerà mai....E' allora che capisci tutto del film, della sua impostazione dei suoi dialoghi dei suoi protagonisti....
La ragazzina in fase adolescenziale è più matura del nostro primo ministro e gestisce la sua vita sociale e quella economica dei genitori che vivono in un mondo ovattato, dove i suoni della musica della vita sono Pompati da un woofer nel cofano della loro auto, in modo deciso, impeccabile, come una provetta donna di affari... solo che ha solo 16 anni....
La vita che ci si aspetta è diversa a quell'età... i primi amori, le prime cotte, le prime delusioni, lo scontro generazionale con una famiglia a cui hai fatto da traghettatore con il mondo fatto di sonorità.
Alla fine... è questo che inevitabilmente occorre, nel senso di necessità, uno scontro, attraverso cui, in ultimo, prevale l'amore per la vita e allora le incomprensioni di chi non riesce a capire i reciproci mondi svaniscono con un volo fatto di gesti e parole disegnate con le mani... Alla fine... si vola tutti perchè ci si sente tutti un pò più leggeri nel cuore e nell'anima... e quando esci dalla sala hai solo voglia di correre incontro al domani....è questo il bello che ti resta dentro.
....semplicemente credere nella mia vita
vedere ciò che ho promesso a me stessa....
... io volo.....
(Sardou-Billon)
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francesca meneghetti
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lunedì 13 aprile 2015
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la breve perfezione della rosa
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Ci sono molte ragioni per dedicare attenzione a questo film. La fama che lo precede (il successo in Francia) non delude le aspettative dello spettatore medio, che si gode lo spettacolo, si diverte, si commuove, ed esce sollevato (a differenza di quanto avviene con certe pellicole-macigno). Si possono certo trovare dei difetti (principalmente la tendenza alla caricatura), ma funzionali al lato comico e tali da non pregiudicare la riuscita. Che non è solo commerciale.
Così come non sarebbe esaustiva, qualora la si scoprisse perfettamente, la formula esatta delle commedie francesi, inarrivabili, che sanno calibrare pesi e leggerezze, riflessioni e sentimenti, commozioni e risate, ariosi paesaggi e ambientazioni d’interno.
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Ci sono molte ragioni per dedicare attenzione a questo film. La fama che lo precede (il successo in Francia) non delude le aspettative dello spettatore medio, che si gode lo spettacolo, si diverte, si commuove, ed esce sollevato (a differenza di quanto avviene con certe pellicole-macigno). Si possono certo trovare dei difetti (principalmente la tendenza alla caricatura), ma funzionali al lato comico e tali da non pregiudicare la riuscita. Che non è solo commerciale.
Così come non sarebbe esaustiva, qualora la si scoprisse perfettamente, la formula esatta delle commedie francesi, inarrivabili, che sanno calibrare pesi e leggerezze, riflessioni e sentimenti, commozioni e risate, ariosi paesaggi e ambientazioni d’interno.
Un valore aggiunto è senz’altro la colonna sonora, la quale sorprende maggiormente a posteriori quando si scopre ingenuamente, a posteriori, che la protagonista non è doppiata, ma anzi è una giovane, talentuosa, cantante francese, Louane Emera, concorrente di The voice nel 2013 (nonché e vincitrice del premio Cesar per la migliore interpretazione femminile). Ugualmente sono una scoperta le canzoni di Michel Sardou.
Poi ci sarebbero le molteplici chiavi di lettura degli aspetti tematici del film: la forza della famiglia tradizionale, solida e capace di trasmettere certezze, coerente con la difesa delle attività economiche di nicchia, ormai, legate alla natura (agricoltura, allevamento, attività casearia) e alla logica del km zero. Ma anche il tema della diversità e dell’handicap, con la differenza che il punto di vista prevalente è quello dei “diversi”, non esenti da pregiudizi nei confronti dei “normali”.
E poi il tema dell’adolescenza e del necessario distacco dalla famiglia, riassunto dalla canzone “Je vole” (Prendo il volo). A incarnarlo è appunto Louane, non solo bravissima come cantante, ma anche nei panni di una ragazza bellissima anche se un po’ goffa, insicura, come appare dalla sua postura dalle spalle incurvate. La sua è una parte splendida, anche per i risvolti educativi (previsti o no): è un messaggio positivo per tutte le teenager che vogliono distruggere il loro corpo riducendolo all’osso, perché la bellezza di un volto, di uno sguardo, di un tono di voce, per tacere del talento, dell’intelligenza, della sensibilità, sovrastano i criteri estetici della magrezza ossuta assunti come canone supremo di accettazione sociale.
Si finisce per provare molta tenerezza per questa ragazza perché si teme che i successi futuri, che senz’altro incomberanno su di lei, la possano rovinare. Si vorrebbe vederla incorniciata dalla fattoria dei genitori sordomuti del film, in calzoni e maglioni larghi o in tuta da lavoro, abbracciata al vitellino nero appena nato, cui sarebbe stato riservato, non senza ironia, il nome di Obama.
E si sa che non potrà essere così. Che questo è il suo momento di perfezione assoluta. Irripetibile, come quello di una rosa.
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gsalatiello
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venerdì 10 aprile 2015
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divertente, commovente e catartico!
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Ho visto questo film con la mia famiglia e siamo usciti dalla sala tutti con gli occhi rossi! Divertente nel primo tempo, commovente nel secondo, ricco di messaggi profondi, considero questo film quasi catartico, purificatorio!
Lo consiglio a tutti!
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catcarlo
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mercoledì 8 aprile 2015
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la famiglia bélier
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I film come questo corrono sovente su di un crinale sottile che separa la fregatura (dell’ignaro pagante) per insipienza o per grana grossa dalla commedia gentile che non inventa nulla, ma sa intrattenere. ‘La famiglia Bélier’ appartiene alla seconda categoria raccontando una storia simpatica che va esattamente come deve andare, lasciando lo spettatore con l’animo sollevato dai buoni sentimenti combinati a un susseguirsi di momenti divertenti anche grazie a un discreto numero di batture riuscite. Va perciò riconosciuta al regista e alla squadra di sceneggiatori la capacità di assemblare una serie di elementi abbastanza standard – la menomazione fisica, i turbamenti adolescenziali, il rapporto tra genitori e figli in un’età difficile, il racconto di autoaffermazione e anche la corruzione politica – costruendo un film per famiglie meno banale degli elementi che lo compongono e opportunamente non volgare anche se di momenti a rischio scivolata ce ne sono, visto che l’argomento sesso fa capolino spesso e volentieri.
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I film come questo corrono sovente su di un crinale sottile che separa la fregatura (dell’ignaro pagante) per insipienza o per grana grossa dalla commedia gentile che non inventa nulla, ma sa intrattenere. ‘La famiglia Bélier’ appartiene alla seconda categoria raccontando una storia simpatica che va esattamente come deve andare, lasciando lo spettatore con l’animo sollevato dai buoni sentimenti combinati a un susseguirsi di momenti divertenti anche grazie a un discreto numero di batture riuscite. Va perciò riconosciuta al regista e alla squadra di sceneggiatori la capacità di assemblare una serie di elementi abbastanza standard – la menomazione fisica, i turbamenti adolescenziali, il rapporto tra genitori e figli in un’età difficile, il racconto di autoaffermazione e anche la corruzione politica – costruendo un film per famiglie meno banale degli elementi che lo compongono e opportunamente non volgare anche se di momenti a rischio scivolata ce ne sono, visto che l’argomento sesso fa capolino spesso e volentieri. I Bélier sono una famiglia di intraprendenti sordomuti che conducono una fattoria producendo formaggi che poi vendono al mesrcato: madre, padre e figlio minore (Luca Gelberg, l’unico davvero sordomuto) non sentono e non parlano, mentre la primogenita Paula non ha problemi e funge da interprete con il resto del mondo. A un certo momento, il maestro di canto della scuola riconosce in lei una voce dotata (Louane Emera esce da un contest d’Oltralpe e interpreta in prima persona brani dello chansonnier Michel Sardou) e l’invita a iscriversi a un concorso a Parigi, il che scatena quanto ci si può attendere: la famiglia si mette di traverso, il belloccio della scuola va e viene, il maestro di canto è in cerca di affermazione per interposta persona, tutto pare crollare e poi ogni tessera va magicamente al suo posto in una conclusione che gronda opportuno pathos. Il lieto fine è generale, inclusa la stramba iniziativa di papà Bélier di correre per il posto di sindaco che serve a rimpolpare il racconto e strappare qualche sorriso in più: il risultato è un lavoro che non cambierà la (e neppure resterà nella) storia del cinema, ma ha comunque la capacità di rallegrare la giornata. Buona parte del merito ce l’ha l’istintiva simpatia dei personaggi che circondano la protagonista, a partire dal finto burbero professor Thomasson dello scarmigliato Eric Elmosnino per proseguire con la birichina Mathilde (Roxane Duran) amica di Paula e finire con la dinamica coppia costituita da Gigi e Rodolphe Bélier: Karin Viard, al netto di qualche mossetta di troppo, e François Damiens, che sfoggia un rustico barbone, fanno squadra disegnando con la sola mimica due personaggi senza parole che, quando sono in scena, accelerano il ritmo e l’efficacia del racconto. Meno importante risulta invece la messa in scena, almeno fino all’ultimo quarto di narrazione in cui i Bélier finalmente si sforzano di ‘sentire’ il canto della figlia e la ragazza fa di tutto per farli partecipare: qui Lartigau ha uno scarto di fantasia ed ecco allora Rodolphe che ‘ascolta’ la canzone sentendo le vibrazioni dal collo della figlia, il linguaggio dei segni con cui Paula reinterpreta il brano conclusivo.allora e, soprattutto, le emozioni colte dai genitori sui volti degli altri spettatori al saggio di canto della scuola, scena impreziosita dalla bella idea di portare lo spettatore al loro livello togliendo l’audio,
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flyanto
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mercoledì 8 aprile 2015
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quando lasciare il proprio nido turba e fa riflett
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Film in cui si racconta di una ragazza la quale possiede una voce eccezionale e che per questa sua dote innata viene di conseguenza scoperta dal professore di canto della scuola e vivamente incitata da lui a partecipare alle audizioni presso la Radio nazionale francese a Parigi. Nel corso delle giornate in cui ella si dedica col professore alla preparazione della voce in vista delle future audizioni, la ragazza cambierà pian piano idea non volendo lasciare la propria famiglia, peraltro tutta composta di persone sordo-mute, con cui ella ha un rapporto di profondo affetto e di totale aiuto e sostegno pratico nei lavori agricoli e nelle vendite al mercato locale. Ma alla fine sarà la famiglia stessa a spronarla e a riaccenderle giustamente la voglia di dedicarsi alla sua passione per il canto ed alla sua futura e certa carriera.
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Film in cui si racconta di una ragazza la quale possiede una voce eccezionale e che per questa sua dote innata viene di conseguenza scoperta dal professore di canto della scuola e vivamente incitata da lui a partecipare alle audizioni presso la Radio nazionale francese a Parigi. Nel corso delle giornate in cui ella si dedica col professore alla preparazione della voce in vista delle future audizioni, la ragazza cambierà pian piano idea non volendo lasciare la propria famiglia, peraltro tutta composta di persone sordo-mute, con cui ella ha un rapporto di profondo affetto e di totale aiuto e sostegno pratico nei lavori agricoli e nelle vendite al mercato locale. Ma alla fine sarà la famiglia stessa a spronarla e a riaccenderle giustamente la voglia di dedicarsi alla sua passione per il canto ed alla sua futura e certa carriera.
Questa commedia francese, molto fresca, delicata e sensibile, nonchè divertente ed ironica, affronta il delicato tema dei giovani se lasciare o meno e quando la propria famiglia al fine di seguire le proprie passioni ed il proprio futuro o se rimanere ancorati ad essa, almeno per ancora un certo periodo di tempo, e rimandare le difficoltà e le responsabilità della vita adulta più in là. In più, in questo determinato contesto, il cosiddetto "senso di colpa" per l'imminente abbandono viene provato ed evidenziato maggiormente in quanto la famiglia qui descritta, sebbene autosufficiente in tutto, o quasi, è però minata da un grave handicap fisico che richiederebbe invece la presenza costante di un aiuto materiale e non. E tutte le difficoltà e le paure inerenti a questa situazione ed al desiderio naturale dei giovani di rendersi indipendenti, seguendo i propri desideri nonchè aspettative, vengono in maniera chiara e lineare qui ben presentate in tutte le loro sfumature e sfaccettature rendendo così l'intera vicenda molto vera, realistica e pertanto del tutto accettabile e sopratutto quanto mai vicina e condivisibile a tantissime famiglie che con dei figli adolescenti o giovani devono prima o poi affrontare la stessa situazione e gli stessi dubbi e timori vissuti dalla famiglia del film alla richiesta di libertà e di indipendenza della loro prole ormai cresciuta.
Quanto mai riuscita, questa pellicola aiuta molto a riflettere sull'argomento, pur divertendo e commuovendo nello stesso tempo unita alla spontanea lode nei confronti di tutti gli attori partecipanti che risultano, nessuno escluso, bravi e simpatici, con una menzione speciale per la giovane ed ancora a noi sconosciuta Louane Emera la quale spicca per la sua naturalezza, la sua spontaneità ed ovviamente per la sua potente e bella voce con cui peraltro ha partecipato all'edizione francese televisiva di The Voice.
Certamente consigliabile.
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nanni
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martedì 7 aprile 2015
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la famiglia belier
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Un film alla ri-scoperta del linguaggio del corpo.
Quello troppe volte sacrificato sull’altare del sedicente efficientismo di una comunicazione solo verbale.
Quello, per intenderci, profondo e insostituibile, dove abbracci, annusamenti, carezze e sguardi profondi valgono più di tutte le parole del mondo.
A meno che (come scopriremo durante la commovete audizione di Paula) quelle stesse parole non siano cantate e recitate con la lingua dei segni.
Iniziamo così un piccolo viaggio nel fantastico mondo senza suoni della famiglia Belier.
Senza suoni ma denso di una comunicazione tutta fisicità e sensualità.
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Un film alla ri-scoperta del linguaggio del corpo.
Quello troppe volte sacrificato sull’altare del sedicente efficientismo di una comunicazione solo verbale.
Quello, per intenderci, profondo e insostituibile, dove abbracci, annusamenti, carezze e sguardi profondi valgono più di tutte le parole del mondo.
A meno che (come scopriremo durante la commovete audizione di Paula) quelle stesse parole non siano cantate e recitate con la lingua dei segni.
Iniziamo così un piccolo viaggio nel fantastico mondo senza suoni della famiglia Belier.
Senza suoni ma denso di una comunicazione tutta fisicità e sensualità.
I belier sono allevatori, sordomuti ma completamente autosufficienti, che vivono nella provincia francese con i loro due figli adolescenti che vanno a scuola e che li aiutano nel loro lavoro.
Tutto fila liscio fino a quando la bella Paula, unica “normodotata” della famiglia, scopre, quasi casualmente, di avere l’attitudine per il canto che potrebbe essere perfezionato in una prestigiosa scuola di Parigi, allontanandola però dalla famiglia……………………………………
Con un finale tutto fisicità, dove l’emozione tocca vette che le parole non potrebbero raggiungere….... mai, Eric Lartigau suggella il suo piccolo capolavoro.
Il film è stato campione d’incasso in Francia ed ……………… è un vero peccato perdere.
Ciao Nanni
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robert eroica
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lunedì 6 aprile 2015
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dalle parti di violetta
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In una bizzarra famiglia di commercianti di formaggio sono quasi tutti sordomuti: padre, madre, figlio minore. Solo la figlioletta, preadolescente, non solo parla e capisce tutto molto bene, ma ha anche il dono di una voce meravigliosa. Grazie all’interesse di un professore di canto, parteciperà ad un concorso nella capitale francese e forse arriverà anche l’amore. La chiave d’accesso, probabilmente, per arrivare al succo de “La famiglia Belier”, è immedesimarsi nei suoi protagonisti, condividerne le ansie, i patimenti e le gioie improvvise, come quella corsa finale verso una giovinezza a venire, come da cinquanta e passa anni fanno tutti i ragazzetti d’oltralpe, dai “500 colpi” di Truffaut in giù.
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In una bizzarra famiglia di commercianti di formaggio sono quasi tutti sordomuti: padre, madre, figlio minore. Solo la figlioletta, preadolescente, non solo parla e capisce tutto molto bene, ma ha anche il dono di una voce meravigliosa. Grazie all’interesse di un professore di canto, parteciperà ad un concorso nella capitale francese e forse arriverà anche l’amore. La chiave d’accesso, probabilmente, per arrivare al succo de “La famiglia Belier”, è immedesimarsi nei suoi protagonisti, condividerne le ansie, i patimenti e le gioie improvvise, come quella corsa finale verso una giovinezza a venire, come da cinquanta e passa anni fanno tutti i ragazzetti d’oltralpe, dai “500 colpi” di Truffaut in giù. Diciamo probabilmente perché altrimenti si resta fuori da tutto, dal film, dalle immagini, dalla storia. In senso emozionale ma anche e soprattutto, razionale. Come in un teen movie anni Ottanta, una voglia di vincere che contempli solo un ritorno al futuro, quello di una pazza giornata di vacanza, dove i genitori sono esclusi. Anche qui, come allora, siamo dalle parti del sogno ad occhi aperti, della favola gentile, del racconto di formazione senza ombre e con solo luci. Tutto il resto non esiste, e proprio per questo, le cose meno riuscite del film toccano il mondo degli adulti, incapaci, letteralmente, di comprendere gli slanci delle nuove leve. Che poi un vitellino nero si chiami Obama, non c’entra proprio un bel niente.
Robert Eroica
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[+] coinvolgersi
(di gigino)
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xcacel
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lunedì 6 aprile 2015
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un film che non ti lascia indifferente
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Un film molto bello, che ti fa sorridere e commuovere. Seguendo alla lontana il filone di "quasi amici" il regista ci parla di una storia "scomoda" con garbo e leggerezza. I genitori e il fratello di Paula sono contadini sordomuti, e lei si occupa di loro con la naturalezza di una adulta. Ma, proprio quando capisce di essere adulta, si rende conto di avere anche delle ambizioni personali, che vengono ostacolate dalla famiglia, attaccata a lei quasi morbosamente. Ci sono mille spunti di riflessione dietro ad una storia solo apparentemente banale. Il tema della sordità è affrontato senza perbenismo e superficialità, i genitori di Paula sono quello che sono, con i loro pregi e i loro difetti.
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Un film molto bello, che ti fa sorridere e commuovere. Seguendo alla lontana il filone di "quasi amici" il regista ci parla di una storia "scomoda" con garbo e leggerezza. I genitori e il fratello di Paula sono contadini sordomuti, e lei si occupa di loro con la naturalezza di una adulta. Ma, proprio quando capisce di essere adulta, si rende conto di avere anche delle ambizioni personali, che vengono ostacolate dalla famiglia, attaccata a lei quasi morbosamente. Ci sono mille spunti di riflessione dietro ad una storia solo apparentemente banale. Il tema della sordità è affrontato senza perbenismo e superficialità, i genitori di Paula sono quello che sono, con i loro pregi e i loro difetti. Ci sono almeno due o tre scene di grande impatto, come il duetto in teatro (così come vissuto dai genitori di Paula), il provino alla "flashdance" e l'ultima scena, nella quale è difficile trattenere le lacrime. Ancora una volta il cinema francese riesce a ad arrivare con una semplicità quasi disarmante ad una profondità spesso sconosciuta ai nostri registi che amano complicarsi la vita.
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fabriziog
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lunedì 6 aprile 2015
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bellezza estetica e bellezza etica
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La dimostrazione che si possa fare un film esteticamente pregevole e contenutisticamente di valore è l’ultima fatica cinematografica del regista francese Eric Lartigau “La famiglia Bélier”, commedia gradevolissima, che oltre ad essere piacevole conduce lo spettatore verso pensieri eticamente positivi: la famiglia, i sentimenti profondi e veri fra marito e moglie, genitori e figli e tra fratelli.
Saper parlare in una famiglia composta da padre, madre e fratello sordomuti.
Non solo saper parlare ma saper cantare, perché Paula ha un dono nella voce: ha una pepita d’oro nell’ugola.
Dover limitare questo dono, anzi, quasi vergognarsene, perché Paula è il perno di quella famiglia, e quella famiglia non può comunicare all’esterno senza di lei e ha bisogno di lei per il lavoro al mercato e nella fattoria, specie adesso che il padre si è messo in testa di concorrere come sindaco alle imminenti elezioni comunali.
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La dimostrazione che si possa fare un film esteticamente pregevole e contenutisticamente di valore è l’ultima fatica cinematografica del regista francese Eric Lartigau “La famiglia Bélier”, commedia gradevolissima, che oltre ad essere piacevole conduce lo spettatore verso pensieri eticamente positivi: la famiglia, i sentimenti profondi e veri fra marito e moglie, genitori e figli e tra fratelli.
Saper parlare in una famiglia composta da padre, madre e fratello sordomuti.
Non solo saper parlare ma saper cantare, perché Paula ha un dono nella voce: ha una pepita d’oro nell’ugola.
Dover limitare questo dono, anzi, quasi vergognarsene, perché Paula è il perno di quella famiglia, e quella famiglia non può comunicare all’esterno senza di lei e ha bisogno di lei per il lavoro al mercato e nella fattoria, specie adesso che il padre si è messo in testa di concorrere come sindaco alle imminenti elezioni comunali.
Splendida l’abilità del regista di passare dall’angolo prospettico di chi è in grado di sentire a quello del sordo.
Tre immagini raccontano in maniera emozionale questa navette: i genitori che comprendono per la prima volta le capacità della figlia e la bellezza della sua voce, durante una sua esibizione, guardando il volto estasiato e rigato di lacrime degli altri uditori, mentre il sonoro diventa un solo, continuo suono atono; il padre che, mettendo il palmo della grande mano intorno il collo di Paula mentre ella canta, tramite le vibrazioni del gorgheggio ne coglie lo splendore; il canto lento e melodioso della figlia all’audizione accompagnato dal linguaggio dei segni per trasmettere ai familiari presenti cosa diceva il suo cuore: io non vado via, io non fuggo via, io volerò!
E l’afflato artistico finale che si trasforma il un lungo, intenso, struggente abbraccio che è un adieu!
Fabrizio Giulimondi
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