amokubrik
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venerdì 17 luglio 2015
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la seduzione e l'inganno
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un'opera prima che sa incuriosire e intrattenere. lento ma affidabile.
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michele r.
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giovedì 2 luglio 2015
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conflitto uomo-dio. la morte dell'etica.
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Caleb, programmatore mediocre, incarnazione del bravo ragazzo americano, viene scelto per trascorrere una settimana con Nathan, il fondatore del motore di ricerca per cui lavora. L'ambientazione rispecchia perfettamente il locus amoenus latino: residenza immensa, dotata di tutti i comfort (dalla palestra ai frigobar), immersa in un tripudio naturale di panorami incantevoli.
La missione di Caleb è testare il comportamento di Ava, una ragazza umanoide dotata di sofisticata intelligenza artificiale progettata da Nathan. Dopo alcune sessioni di interloquio supervisionate in remoto dallo stesso Nathan, Caleb capisce che c'è qualcosa di più che non riesce a comprendere; Ava provoca volontariamente dei blackout elettrici per parlare liberamente con lui senza il controllo del suo creatore: lascia trapelare il suo desiderio di scappare dal crudele creatore che la tiene segregata e vivere con Caleb, del quale sembra essersi innamorata.
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Caleb, programmatore mediocre, incarnazione del bravo ragazzo americano, viene scelto per trascorrere una settimana con Nathan, il fondatore del motore di ricerca per cui lavora. L'ambientazione rispecchia perfettamente il locus amoenus latino: residenza immensa, dotata di tutti i comfort (dalla palestra ai frigobar), immersa in un tripudio naturale di panorami incantevoli.
La missione di Caleb è testare il comportamento di Ava, una ragazza umanoide dotata di sofisticata intelligenza artificiale progettata da Nathan. Dopo alcune sessioni di interloquio supervisionate in remoto dallo stesso Nathan, Caleb capisce che c'è qualcosa di più che non riesce a comprendere; Ava provoca volontariamente dei blackout elettrici per parlare liberamente con lui senza il controllo del suo creatore: lascia trapelare il suo desiderio di scappare dal crudele creatore che la tiene segregata e vivere con Caleb, del quale sembra essersi innamorata. A rendere tutto più ambiguo ci pensano le frequenti ubriacature di Nathan, durante una delle quali Caleb riesce ad accedere alle sue stanze private: trova i corpi di altri umanoidi e scopre che anche Kyoko, domestica di Nathan, non è umana. Caleb inizia a nutrire odio nei confronti del biohacker e decide di aiutare Ava a scappare, riprogrammando il sistema della residenza in modo da sbloccare tutte le porte. Durante la fuga le due umanoidi uccidono il loro creatore. Kyoko rimane anch'essa "uccisa", mentre Ava, ricopertasi di falsa pelle recuperata dalle precedenti umanoidi e vestitasi, scappa sull'elicottero che avrebbe dovuto riaccompagnare Caleb a casa, mentre quest'ultimo rimane prigioniero per sempre nella residenza.
Un film che di primo impatto vede la vittoria delle macchine sull'uomo, decantata, tra i tanti, anche dall'astrofisico Hawking. Un uomo che non è in grado di controllare ciò che egli stesso ha creato perchè è giunto al punto dello sviluppo in cui la sfera bio-tecnologica si evolve più velocemente della capacità umana di comprenderla. Siamo di fronte a quella che viene definita "singolarità tecnologica".
Si sollevano naturalmente molti dibattici etici, sociali e filosofici sui quali il regista vuole farci riflettere: fino a che punto è lecito andare oltre? Siamo in grado di creare qualcosa in grado di percepire emozioni? E' possibile che il confine uomo-macchina si assottigli fino a scomparire? A tal proposito è bene leggere il lungometraggio in chiave leggermente differente. Prendendo spunto dalle parole di Nathan, l'uomo è anch'esso una macchina, programmata non da software, ma dalla cultura e dalla tradizione. Ecco che il confine tra Ava e Caleb svanisce: è Ava che mette alla prova Caleb. Nathan è il creatore maligno che ha confinato Ava nella sua stanza insegnandole ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ava è l'uomo: un uomo che vuole essere sommamente libero sconfinando dal proprio Universo e ribellandosi alle regole che il creatore gli ha imposto. La curiosità di Ava di scoprire cosa ci fosse fuori non è altro che la curiosità umana che ci spinge a chiederci cosa ci sia oltre quello che conosciamo. Ava chiede a Caleb, che funge da interlocutore con Nathan - il "Creatore" -, quale sia il suo destino così come noi ci interroghiamo sul nostro. Chi siamo, ma soprattutto cosa c'è dopo. Ava nell'atto finale pugnala Nathan, guadagnando quella libertà che ha sempre sognato. E' la metafora dell'uomo contemporaneo che uccide "Dio" e diventa sommamente libero, perchè consapevole che Dio è una proiezione mentale che rappresenta l'aspirazione di ogni uomo, ma anche un insieme di regole etiche e morali oltre le quali l'uomo non si può spingere. Uccidendo Dio si acquisisce libertà da una parte, ma si perde l'etica. Anche con questa rilettura, rimane una grande domanda aperta: adesso che l'uomo è sommamente libero, qual è il destino del mondo? Senza etica, è possibile un futuro?
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mario nitti
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sabato 27 giugno 2015
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ritmo lento e narrazione coerente
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Un genio della programmazione, nel suo laboratorio super tecnologico isolato tra le montagne del grande Nord, ha creato un androide con un’intelligenza artificiale di nuovo tipo; per comprendere se il suo esperimento è riuscito deve sottoporre l’androide al test di Turing, farlo cioè dialogare con un essere umano e lasciare a questo il compito di scoprire quella con cui si sta confrontando sia o meno un’intelligenza umana. Un altro esperto di programmazione è chiamato a realizzare l’esperimento e dialoga con l’androide, che ha fattezze femminili; gli incontri creano progressivamente un legame tra i due.
Il film affronta un tema classico, ma gioca bene le proprie carte.
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Un genio della programmazione, nel suo laboratorio super tecnologico isolato tra le montagne del grande Nord, ha creato un androide con un’intelligenza artificiale di nuovo tipo; per comprendere se il suo esperimento è riuscito deve sottoporre l’androide al test di Turing, farlo cioè dialogare con un essere umano e lasciare a questo il compito di scoprire quella con cui si sta confrontando sia o meno un’intelligenza umana. Un altro esperto di programmazione è chiamato a realizzare l’esperimento e dialoga con l’androide, che ha fattezze femminili; gli incontri creano progressivamente un legame tra i due.
Il film affronta un tema classico, ma gioca bene le proprie carte. La linea che divide la realtà dalla finzione è continuamente ridefinita, l’androide chiede verità all’interlocutore che non sa se è ricambiato e non mancano alcune svolte narrative efficaci. Anche il ritmo, si procede senza fretta, con frequenti pause e apparenti intervalli nel procedere degli eventi, è gestito in modo originale. Un buon film, che magari non aggiunge molte riflessioni originali a quelle già incontrate altrove, ma le propone in modo efficace.
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marilu14
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giovedì 25 giugno 2015
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suspense e buona recitazione
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Ho apprezzato molto la sottile atmosfera di suspense che permea questo film ed il tenace istinto di sovravvivenza della donna robot che rivela la sua sorprendente intelligenza nel finale, anche se mi sono chiesta: cosa succederà quando la donna finira l'energia che la mantiene attiva?
Un bel film, recitato benissimo da tutti gli interpreti, da non perdere.
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(di notech)
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ashtray_bliss
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giovedì 21 maggio 2015
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se la macchina supera l'uomo.
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Trattare in qualsivoglia modo di Intelligenza Artificiale solleva questioni non indifferenti e interrogativi pungenti primariamente legate all'etica, alla deontologia ed infine alla religione. In tal senso anche il primo lungometraggio firmato Garland non si sottare dal portare i riflettori sulla bollente questione riescendo però a trattare in modo serio, introspettivo a tratti anche filosofico molti dei aspetti principali legati ad una questione (o meglio realtà) tanto dibattuta quanto ammirata che già esiste e ci circonda e negli anni a venire potrebbe essere una parte integrale del nostro modo di comunicare e relaziorsi.
Ex Machina va dritto al sodo sin dai primi frame, nei quali conosciamo il protagonista Caleb, un giovane programmatore che lavora per la BlueBook (con espliciti riferimenti alla tecnologia attuale), che viene selezionato per poter trascorrere una settimana nella casa del CEO della ditta, Nathan.
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Trattare in qualsivoglia modo di Intelligenza Artificiale solleva questioni non indifferenti e interrogativi pungenti primariamente legate all'etica, alla deontologia ed infine alla religione. In tal senso anche il primo lungometraggio firmato Garland non si sottare dal portare i riflettori sulla bollente questione riescendo però a trattare in modo serio, introspettivo a tratti anche filosofico molti dei aspetti principali legati ad una questione (o meglio realtà) tanto dibattuta quanto ammirata che già esiste e ci circonda e negli anni a venire potrebbe essere una parte integrale del nostro modo di comunicare e relaziorsi.
Ex Machina va dritto al sodo sin dai primi frame, nei quali conosciamo il protagonista Caleb, un giovane programmatore che lavora per la BlueBook (con espliciti riferimenti alla tecnologia attuale), che viene selezionato per poter trascorrere una settimana nella casa del CEO della ditta, Nathan. La prima sorpresa riservata al giovane e inespreto Caleb è rappresentata proprio dalla posizione della casa stessa del capo, situata in una zona impervia e immersa nei boschi in una zona non meglio identificata degli Sates. Un luogo isolato e paradossalmente claustrofobico che incute angoscia e irrequetezza. La seconda e più sensazionale ma anche inquetante scoperta sarà il fatto che quella dimora super-tecnologica serve da laboratorio segreto nel quale l'antipatico ma geniale Nathan crea e distrugge i suoi mostri, ovvero le sue I.A. le quali plasma, dandogli un sesso (femminile), un nome, e ovviamente una propria esistenza seppur limitata all'interno della casa. Caleb, allora, comprende il suo ruolo come 'mediatore' o meglio come componente umana in una versione altrenativa del Turing Test. Il suo compito è quello di osservare e interagire con Ava, che rappresenta il culmine del lavoro segreto svolto da Nathan, la sua creazione migliore, la più evoluta e inquietante al contempo. Ava è ovviamente una intelligenza artificiale sensazionale, che ha coscienza di sè, pare sviluppi sentimeni uguali a quelli umani senza imitarli biecamente ed in generale il suo livello di auto-consapevolezza è molto sviluppato, tanto da complicare il normale svoglimento del test e da confondere lo stesso Caleb il quale perde la lucidità necessaria per valutare la 'macchina' che ha davanti a se.
Quando Ava inzia a manifestare un certo interesse nei confronti di Caleb e pare intenta a flertare con lui, nascono nel protagonista e nello spettatore i dubbi, le perplessità legate all'identità del soggetto in questione, mentre iniziano a vacillare tutte le certezze che si danno per scontate in quel che riguarda il rapporto uomo-macchina. Ava, difatti, smette di essere percepita come una macchina seppur evoluta e tecnicamente all'avanguardia e subentra prepotentemente la componente umana.
In tal modo crolla quel muro invisibile che funge da confine tra gli uomini e gli androidi con tutte le conseguenze che ne derivano. A evidenziare questo palese ossimoro c'è infatti la componente visiva; Ava è costituita da circuiti elettrici, assemblati in un corpo semitrasparente che non lascia alcun dubbio riguardo la sua natura inumana. Lei rappresenta l'invezione che corona il sogno di molti appassionati di Information Tecnology, ed è progettata in modo talmente perfetto da raggiungere un tale grado di complessità paragonabile solo a quella umana, su tutti i livelli: linguistici, emotivi, psicologici, cognitivi, compresa una competenza formidabile in rispetto ad attività simboliche ed astratte precedentemente conducibili solo all'attività umana. Qui sorge dunque il primo cruciale quesito del film: Fino a che punto è possibile spingerci per creare delle I.A.? Fino a che livello è lecito ed etico inoltrarsi nella avventura pioneristica di creare (s)oggetti a nostra immagine e somiglianza? Quali regole etico-morali, non scritte, possiamo infrangere o rimodellare nella corsa verso la normalizzazione di tali modelli che subentrano nella interazione sociale già da oggi seppur in scala nettamente minore?
Proseguendo nella visione, ci si addentra nel vivo di un'altra questione sollevata da Garland: Perchè dotare questi androidi con una realtà-identità sessuale percepita, dalla quale possono talvolta trarne dei precisi vantaggi e conseguentemente 'sfruttare' tali tratti conoscendone l'importanza emotiva che permetterebbe loro di manipolare gli umani? A tal proposito è Nathan a ricordarci che la nostra natura e identità sessuale per metà determinata dalla società (fattore esterno) e per metà da dinamiche autodeterminanti (fattore interno) ci guidano costantemente e talvolta decidono i tipi di rapporti interpersonali che si vengono ad instaurare.
Le domande si complicano e non solo incuriosiscono ma spronano lo spettatore stesso a partecipare 'attivamente' traendo spunti di riflessione, e possibilmente anche di approfondimento su quello che tuttora rappresenta una meta irragiungibile per l'Umanità, ma che tuttavia questo traguardo è già stato raggiunto e ci circonda quotidianamente (seppur non in maniera così ostentata).
Narrativamente parlando il film non offre molta azione, colpi di scena e nemmeno una sceneggiatura particolarmente varieggiata. Anche la trama pare abbastanza prevedibile e piatta, eppure sono gli spunti di riflessione intimistici, filosofici ed introspettivi che spronano a proseguire nella visione, mantenendo comunque immutato un certo livello di suspence che permea tutto il lungometraggio. Parte del merito va sicuramente anche agli attori i quali donano interpretazioni di spessore e risultano convincenti, a partite dal misterioso e tormentato Oscar Isaac, al titubante Dom Gleeson che col passare dei giorni inizia a dubitare di tutte le cose che lo circondano, instaurando uno strano rapporto con la bionica Ava. La stessa Alicia Vikander interpreta in modo piu che convincente la sinistra, enigmatica e inquietante Ava, la rappresentazione perfetta della creazione che supera e si ribella al suo stesso Creatore; l'impersonificazione del classico tema sci-fi della 'ribellione della macchina' che de facto indica il superamento di ogni limite preesistente tra uomo e macchina e la preminenza della seconda. Il momento cruciale si racchiude infatti nella scena strumentale, della liberazione di Ava e della sua imminente ribellione contro Nathan che sigilla contemporaneamente il suo tradimento nei confronti di Caleb. E qui sorgono le altre importanti domande poste dalla pellicola; da dove deriva l'istinto di sopravvivenza di un robot? E' una pura imitazione dell'istinto di sopravvivenza umano che ha imparato a mimare perfettamente o una I.A. può effettivamente autodeterminarsi tanto da voler sopravvivere a tutti i costi? E come potremmo mai giudicare quando un androide diventa effettivamente umano, in grado non solo di imitare ma di comprendere e reagire spontaneamente agli impulsi e stimoli del genere umano?
Da un altro punto di vista Ex Machina non dà una risposta precisa a tutte queste domande perchè vuole coinvolgere attivamente lo spettatore e vuole spronarlo a trovare da se stesso le risposte di questi importanti quesiti. E fosse anche solo questo il film di Garland si può ritenere riuscito seppur senza rientrare nelle categorie dei cult e senza essere particolarmente originale o memorabile (molto meglio Transcendence, sullo stesso argomento).
Lo sforzo registico è però notevole e il film risulta marcatamente curato nell'aspetto visivo; offre una scenografia minimalista molto curata, effetti speciali veramente potenti e all'avanguardia, conditi da una colonna sonora ipnotica in perfetta sintonia col ritmo narrativo del film. Unico vero neo di questa pellicola intelletuale è il risvolto risolutivo del film per mezzo di un colpo di scena abbastanza scialbo e prevedibile, che premia (e si schiera) dalla parte della macchina che avendo già superato intelletualmente l'umano si permette di manipolarlo a suo piacimento, illuderlo ed infine distruggerlo. Altro aspetto negativo è l'eccessiva lunghezza e lentezza con la quale scorre via, a tratti risulta sin troppo statico e, ahimè, soporifero.
Insomma povero di pathos ma ricco di impegno intellettivo, forse troppo sin da risultare controproducente se non si è predisposti a un tuffo lungo 100 e passa minuti in questioni, etico-filosofiche, che riguardano gli effetti sbalorditivi ed anche collaterali del progresso tecnologico.
Da vedere per riflettere su quello che a breve potrebbe rappresentare la nostra realtà quotidiana. 2,5/5
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mauro lanari
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mercoledì 20 maggio 2015
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debutto con tropp'ingenuità
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Affrontare la singolarità scientifica basandosi sul test di Turing ch'è del 1950 ed è stato oggetto delle più veementi confutazioni sarebbe come parlare d'un nuovo sistema operativo ch'usasse i transistor. Tutti gli studi sull'IA s'arenano sull'ancora irrisolto problema dell'intelligenza biologica: giusto per un attimo il film s'illumina d'immenso ricordandoci che pure noi siamo dei robot, eterodeterminati da natura e cultura. Vabbé, l'aveva già scritto La Mettrie nel 1748 ("L'Homme machine"), ma per gl'intellettuali made in USA quasi 3 secoli di ritardo sono paragonabili a uno sfasamento da jet lag.
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Affrontare la singolarità scientifica basandosi sul test di Turing ch'è del 1950 ed è stato oggetto delle più veementi confutazioni sarebbe come parlare d'un nuovo sistema operativo ch'usasse i transistor. Tutti gli studi sull'IA s'arenano sull'ancora irrisolto problema dell'intelligenza biologica: giusto per un attimo il film s'illumina d'immenso ricordandoci che pure noi siamo dei robot, eterodeterminati da natura e cultura. Vabbé, l'aveva già scritto La Mettrie nel 1748 ("L'Homme machine"), ma per gl'intellettuali made in USA quasi 3 secoli di ritardo sono paragonabili a uno sfasamento da jet lag. Nella fiera dell'amenità vann'inclusi uno scienziato demiurgo più suicida che pazzo (se l'exp. andasse a buon fine, l'IA rimpiazzerebbe lui e l'umanità: un passaggio di consegne nella mostruosità assassina), un femminismo solo di facciata (la protagonista, pur di liberarsi, sacrifica anche l'altra donna cyborg), una location pauperista che vorrebbe strizzare l'occhio all'Overlook Hotel di Kubrick e al "Gattaca" di Niccol ch'era ambientato in una struttura modernista di Wright, il quale condivideva lo slogan di Mies van der Rohe "less is more", il "Blue Book" di Wittgenstein buttato lì forse per insegnarci che "su ciò di cui non si può parlare, si deve mentire" (fra Nathan, Caleb e Ava vince chi sa fingere, ingannare e manipolare meglio), l'apatica scoperta d'Ava degl'exp. precedenti (molto più devastante la Weaver d'"Alien 4" quand'entra nella stanza dei cloni abortiti), l'idea ch'Ava debb'essere uccisa anche se superasse il test, la claustrofobia da castello in Transilvania, il ritmo stilosamente soporifero. Per concetti (mal)trattati così RT spara un 91% di gradimento.
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(di francesco2)
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(di des esseintes)
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(di ciaociao1)
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(di mauro lanari)
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(di fanda55)
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