lisatp
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sabato 30 novembre 2013
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geniale
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Ieri sera ho avuto il piacere di godermi questo film e una piccola presentazione di Oleotto.
Consiglio a tutti di andarlo a vederle, sono stata piacevolmente sorpresa dalla geniale semplicità della storia!
Cinico, ironico e allo stesso tempo troppo tenero.
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ruger357mgm
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venerdì 29 novembre 2013
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paolo bressan,lo zio indegno,ha visto la luce!
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Ma dove lo avevano nascosto? Finalmente é riapparso,lo credevamo estinto.Una specie nobile,che vanta innumerevoli tentativi di imitazione: il cialtrone cinico della commedia all'italiana,grottesco e cattivo quanto basta,perfido e vendicativo,senza alcuna remora morale, ma alla fine con un cuore d'oro,pardòn di ceramica.Illustri ed estinti predecessori il Manfredi di Brutti,sporchi e cattivi ma soprattutto l'immenso Vittorio Gassman di un piccolo dimenticato,feroce,film di Franco Brusati: lo zio indegno, ovvero il parente che nessuno vorrebbe avere.Qui é diverso,l'ambiente e il tono, ma il personaggio é animato dalla stessa ineffabile perfidia, con una faccia di bronzo a 36 carati.
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Ma dove lo avevano nascosto? Finalmente é riapparso,lo credevamo estinto.Una specie nobile,che vanta innumerevoli tentativi di imitazione: il cialtrone cinico della commedia all'italiana,grottesco e cattivo quanto basta,perfido e vendicativo,senza alcuna remora morale, ma alla fine con un cuore d'oro,pardòn di ceramica.Illustri ed estinti predecessori il Manfredi di Brutti,sporchi e cattivi ma soprattutto l'immenso Vittorio Gassman di un piccolo dimenticato,feroce,film di Franco Brusati: lo zio indegno, ovvero il parente che nessuno vorrebbe avere.Qui é diverso,l'ambiente e il tono, ma il personaggio é animato dalla stessa ineffabile perfidia, con una faccia di bronzo a 36 carati.Lo scenario é quello del Carso, una campagna friulana che solo chi ha vissuto nel nord est o nella padania piú profonda può apprezzare.Vecchi che vivono in isolate case di campagna,osterie dove si "tira" il vino direttamente dalla damigiana,paesi dove non é rimasta che una scuola abbandonata dove ha sede ,di solito,il coro,l'associazione Alpini,la croce rossa.In questi luoghi si muove zio Paolo Bressan,che fino alla morte della sconosciuta zia Anja,che lui vigliaccamente chiama Anna,non sapeva di avere un giovane nipote di lingua slovena.Il suo nome ,per esteso,é Zoran Spazzapan, o piú sbrigativamente Zágor,come lo chiama zio Paolo Bressan che lo riceve in affidamento per qualche giorno.Tanto per cominciare Zagor deve stare muto e salutare la zia Anna poco dopo aver varcato il confine,visto che zio Paolo Bressan butta per strada l'urna che ne contiene le ceneri.Poi dovendo andare al lavoro,dove si diverte a tormentare il suo aiuto cuoco balbuziente e alcolizzato, non etilista,lo lascia all'osteria e qui ,al suo ritorno zio Paolo Bressan vede la luce:Zagor é un infallibile lanciatore di freccette e questo potrá servirgli a rimpinguare le sue estinte finanze,lasciare il paese,riconquistare la sua ex moglie.Le cose purtroppo non andranno come lui prevede ma l'happy ending arriverá salvifico e con soddisfazione del pubblico e di Elvis.Che dire di Battiston,enorme e olezzante di vinacce? Abbiamo un John Belushi e non sapevamo di averlo.Increduli plaudiamo a questo piccolo film,certo poca cosa rispetto agli strombazzati oscar di Benigni o alle palme dorate aggiudicate gratuitamente ad esteti del cinema antropofago coreano.A noi piace cosí e a chi non piace ,stare muti!
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pepito1948
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martedì 19 novembre 2013
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il cialtrone e l'imbranato
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Il tema dello sfruttamento, per fini più o meno opportunistici, del talento di chi è in condizione di minorità (anagrafica o mentale), non è nuovo nel cinema; basti pensare a due esempi, pur lontani nel tempo e nello sviluppo narrativo, come Bravissimo di D’Amico con Sordi e Rainman di Levinson con Crouise. In entrambi i casi l’occasione imprevista di occuparsi di qualcuno incapace di utlilizzare autonomamente ed al meglio le proprie straordinarie potenzialità incide sulla vita di entrambi, cambiandola in profondità.
Paolo, alcolista, cinico, bugiardo e cialtrone, è indotto da circostanze accidentali a prendersi cura di un ragazzo sloveno (lo Zoran del titolo), occhialuto, linguaggio forbito, restio ad ogni relazione sociale, chiuso e ingobbito nella sua solitudine.
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Il tema dello sfruttamento, per fini più o meno opportunistici, del talento di chi è in condizione di minorità (anagrafica o mentale), non è nuovo nel cinema; basti pensare a due esempi, pur lontani nel tempo e nello sviluppo narrativo, come Bravissimo di D’Amico con Sordi e Rainman di Levinson con Crouise. In entrambi i casi l’occasione imprevista di occuparsi di qualcuno incapace di utlilizzare autonomamente ed al meglio le proprie straordinarie potenzialità incide sulla vita di entrambi, cambiandola in profondità.
Paolo, alcolista, cinico, bugiardo e cialtrone, è indotto da circostanze accidentali a prendersi cura di un ragazzo sloveno (lo Zoran del titolo), occhialuto, linguaggio forbito, restio ad ogni relazione sociale, chiuso e ingobbito nella sua solitudine. Scoperta la sua mira infallibile nel gioco delle freccette, Paolo intravede in lui una possibile occasione di “fare centro”, uscendo dal suo guscio friulano per partecipare ad una competizione internazionale che mette in palio un appetibile gruzzolo. Durante i preparativi Paolo, affidatario non disinteressato del giovane, svela, tra i fumi del vino e qualche sfuriata delle sue, timidi barlumi di rintanati sentimenti, che, nonostante il viaggio non sortisca gli effetti sperati, incide come un tarlo su un rapporto nato tra padre padrone e figlio imbranato e succube. Il successo di Paolo non avrà il suono di monete tintinnanti ma il sapore dolce-amaro della scoperta di una dimensione nuova, che non dà fallace ebbrezza ma acquisita consapevolezza di una preziosità che viene dal profondo "dentro". Nell'incontro le due solitudini si nobilitano e si liberano dalle rispettive gabbie, alimentandosi a vicenda.
In una provincia friulana chiusa ed emarginata, il vino sembra essere l'unico elisir di salvezza verso una realtà onirica che fuoriesca da un mondo vuoto e immobile e come recintato, senza il calore umano di relazioni sociali emotivamente gratificanti. L'imprevisto spinge a superare lo steccato e riapre un percorso di vita rianimato da pulsioni tonificanti come amore (anche se deluso), solidarietà, senso di protezione.
La montagna Battiston troneggia dall'inizio alla fine in questo film dai toni da commedia con qualche tinta drammatica che si risolve in un finale forse un po' scontato, ma ben costruito. Gradevole, divertente, e ben diretto da Matteo Oleotto, cineasta, curatore di vigne e goriziano. Notazioni non superflue.
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pier71
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martedì 19 novembre 2013
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decisamente bocciato
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Un filmettino, ino-ino. Troppo poco, anzi nulla, per 8 euro 50. Chi me li ridarà? Rachitico e buonista.
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fabiofeli
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martedì 19 novembre 2013
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el vin fa alegria
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Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto
Paolo Bressan (il bravo Giuseppe Battiston), un omone friulano prepotente e con una incredibile faccia tosta, lavora come cuoco in una cooperativa che si occupa di assistenza sociale, grazie ad Alfio (Roberto Citran), compagno della sua ex moglie, Stefania (Marjuta Slamic). Tra un dispetto e l’altro, giocati a Ernesto (Riccardo Maranzana), un compagno di lavoro della cooperativa, che dirige un coro nonostante la sua balbuzie, viene avvertito che la zia Anja, slovena, è morta lasciandolo come unico erede. Paolo spera che l’avvenimento produca una svolta nella sua vita sconclusionata e si reca al compianto funebre, fingendo acuto dolore. Ma non c’è molto, in verità, al di là del confine: la casa della zia è ipotecata.
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Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto
Paolo Bressan (il bravo Giuseppe Battiston), un omone friulano prepotente e con una incredibile faccia tosta, lavora come cuoco in una cooperativa che si occupa di assistenza sociale, grazie ad Alfio (Roberto Citran), compagno della sua ex moglie, Stefania (Marjuta Slamic). Tra un dispetto e l’altro, giocati a Ernesto (Riccardo Maranzana), un compagno di lavoro della cooperativa, che dirige un coro nonostante la sua balbuzie, viene avvertito che la zia Anja, slovena, è morta lasciandolo come unico erede. Paolo spera che l’avvenimento produca una svolta nella sua vita sconclusionata e si reca al compianto funebre, fingendo acuto dolore. Ma non c’è molto, in verità, al di là del confine: la casa della zia è ipotecata. C’è invece da prendersi cura di un ragazzo, Zoran (Rok Prasnikar), che Paolo si ostina a chiamare Zagor, come un celebre personaggio dei fumetti. Il notaio lo convince a occuparsi di lui, almeno temporaneamente. Il primo impatto di Paolo con il ragazzo, che sembra un po’ tardo e che parla un italiano aulico appreso su due libri di scrittori italiani, è conflittuale. Paolo è irritato e zittisce Zoran con un perentorio: “Muto!”. Ma forse quella che sembrava una noiosa incombenza è un jolly pescato nel mazzo delle occasioni della vita: Zoran ha un talento incredibile nel gioco del tiro al bersaglio con i dardi (darts); non fallisce un centro. La prova in un bar sloveno va a gonfie vele: Zoran sbaraglia il campione del posto. E quando Paolo viene a sapere che c’è un campionato mondiale di darts nel Regno Unito con un premio di 50.000 sterline, comincia a sognare la grande occasione per liberarsi da una vita grama. Decide di tenere con sé Zoran; la ex moglie pensa che con questa decisione Paolo stia maturando un senso di responsabilità che non ha mai dimostrato e si riavvicina a lui. Il ragazzo si lega di amicizia ad una ragazza che frequenta il coro e dimostra anche di saper cantare. Però sorge una difficoltà: per le regole del gioco delle freccette i punti raddoppiano e triplicano in determinati settori del bersaglio, diversi dal centro che Zoran si ostina a colpire con millimetrica precisione …
Della trama si è detto anche troppo.
Battiston è bravissimo nel prestare il massiccio fisico a un personaggio cinico e smaliziato, un lupo ormai privo di pelo, ma con gli stessi vizi. Però quando cambiano le carte in tavola, sarà qualcun altro a intimargli: “Muto!”. Contrasta, vicino a lui, la figura minuta del timido ragazzo in un ruolo non semplice, una parte simile a quella affrontata con perizia dal grande Dustin Hoffman nel film Rain man. Una coppia ben assortita, non c’è che dire, foriera di situazioni divertenti. La regia è attenta e la recitazione non scade mai nella macchietta. C’è infine una parola da spendere sui luoghi dell’azione: il paesaggio è dolcissimo e chi ha vissuto nel magico Friuli non può non essere travolto dalla nostalgia del verde di quei boschi solcati da quieti corsi d’acqua. Nostalgia, anche, di una vita placida con tempi lenti ormai dimenticati: l’osteria è il luogo dove bivaccano persone sonnacchiose di una certa età, dedite a bere “tai de vin”, perché – così canta il coro del paese – ‘ el vin fa alegria, l’acqua xé il funeral ‘. Cercando di evitare il rischio di eccedere …
Un film da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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aronne
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venerdì 15 novembre 2013
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inaspettato e divertente
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Siamo andati al cinema pensando di vedere un altra pellicola, vincitrice della Palma d'Oro a Cannes; per qualche motivo inspiegabile abbiamo cambiato idea e con piacevole sorpresa ci siamo imbattuti in questo carinissimo film. Senza fama e senza gloria ma ben fatto, ben recitato ed anche divertente.
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pressa catozzo
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venerdì 15 novembre 2013
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amore baci e vino
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Solo la scena iniziale merita la visione di questa opera. La dissolvenza della luce sul tavolo che si tramuta nella strada dove inizia il racconto. Ottima fotografia , montaggio colonna sonora e scelta delle musiche. Non faccio il riassuntino e non sono parente del regista. La storia si limita a due baci che cambiano il destino di due persone. Zoran immediatamente trova la normalita, paolo deve attendere ma anche lui troverà il suo equilibrio. Il tutto girato in una provincia del nord ossessivamente perfetta. Riandatelo a vedere con più attenzione e consigliatelo. Il vino? una bevanda.
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flyanto
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lunedì 11 novembre 2013
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come l'insolito può cambiare un'esistenza
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Film in cui si racconta di un uomo di nome Paolo (interpretato da Giuseppe Battiston) alquanto cinico, misogino e fortemente dedito al bere a cui un giorno una vecchia zia slovena morta lascia in affidamento un giovane ragazzo di nome Zoran. Questi ad un primo impatto sembra ritardato o, comunque, vivere in un suo mondo tutto particolare e, venendo a contatto con Paolo gli sconvolge alquanto l'esistenza. Dopo i primi e difficili momenti di convivenza in cui Paolo vuole chiaramente disfarsi del nipote, affidandolo ad una casa famiglia, i due personaggi così profondamente diversi tra loro, riusciranno alla fine ad instaurare un legame affettivo profondo e sincero, unendoli nella loro solitudine ed in un certo qual modo emarginazione dal resto del mondo.
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Film in cui si racconta di un uomo di nome Paolo (interpretato da Giuseppe Battiston) alquanto cinico, misogino e fortemente dedito al bere a cui un giorno una vecchia zia slovena morta lascia in affidamento un giovane ragazzo di nome Zoran. Questi ad un primo impatto sembra ritardato o, comunque, vivere in un suo mondo tutto particolare e, venendo a contatto con Paolo gli sconvolge alquanto l'esistenza. Dopo i primi e difficili momenti di convivenza in cui Paolo vuole chiaramente disfarsi del nipote, affidandolo ad una casa famiglia, i due personaggi così profondamente diversi tra loro, riusciranno alla fine ad instaurare un legame affettivo profondo e sincero, unendoli nella loro solitudine ed in un certo qual modo emarginazione dal resto del mondo. Il regista Matteo Oleotto, qui alla sua prima opera come regista, filma una pellicola all'insegna della dolcezza e della delicatezza, dove i buoni sentimenti ed una positiva speranza trionfano nonostante lo scoraggiamento, il cinismo e l'egoismo sembrino prendere il sopravvento su tutto. Il personaggio di Paolo, infatti, incarna tutto ciò e dunque una visione alquanto negativa di un certo tipo di umanità che sembrerebbe, ormai insensibile e poco predisposta ad un riscatto morale e personale. Eppure il "miracolo", sembra voler sostenere Oleotto, può avvenire grazie, appunto, a ciò che è insolito, a ciò che in apparenza sembra essere in un modo ed in realtà lo è in un altro (impersonato dal personaggio poco comune di Zoran) e tutto ritrova finalmente il proprio equilibrio e la propria giusta collocazione. Questa pellicola, oltre che per la dolce tematica va elogiata in quanto soprattutto risulta molto ben diretta, equilibrata in tutte le sue parti narrative come anche nel tratteggio di tutti i personaggi, anche quelli minori, quali l'amico di Paolo, ormai marito dell'ex compagna di Paolo, o dall'anziano oste dove Paolo va a rifugiarsi a bere, ed altri ancora. Spicca su tutte, ovviamente, l'interpretazione magistrale di Giuseppe Battiston che ancora una volta si dimostra un attore fuori classe nella sua performance quanto mai credibile nonchè divertente ma mai eccessiva. Pure da elogiare è il giovane Rok Presnikar che interpreta in maniera efficace lo "stralunato" nipote Zoran. Insomma tutto è all'unisono in una commedia dolce-amara di non comune sensibilità e delicatezza. Da non perdere assolutamente in attesa di un'eventuale seconda opera di questo talentuoso regista al suo esordio.
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giu1962
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lunedì 4 novembre 2013
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in vino veritas
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Sul cinema italiano un po' troppo "romanocentrico" finalmente soffia un po' di vento da nordest. Divertente, ironico, ad alto tasso alcolico, velato di sofferenza e di quella apparente tristezza della provincia (che forse non salverà il mondo, ma oggi è la vera zattera che ci tiene a galla nella crisi), ZORAN è un piccolo gioiello grezzo, quasi fatto "a mano", dove il bicchiere è sempre pieno anche quando è vuoto, dove l'alcolismo è solo la cornice di un mondo intriso di rapporti umani bugiardi ma veri, palesi e diretti. Dove il Merlot e il Cabernet non diventano Merlò e Cabernè, ma mantengono quella "T" che ci differenzia dagli antipatici e saccenti transalpini, dove un confine geografico difficile scompare e riappare, ma non ferisce, non divide.
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Sul cinema italiano un po' troppo "romanocentrico" finalmente soffia un po' di vento da nordest. Divertente, ironico, ad alto tasso alcolico, velato di sofferenza e di quella apparente tristezza della provincia (che forse non salverà il mondo, ma oggi è la vera zattera che ci tiene a galla nella crisi), ZORAN è un piccolo gioiello grezzo, quasi fatto "a mano", dove il bicchiere è sempre pieno anche quando è vuoto, dove l'alcolismo è solo la cornice di un mondo intriso di rapporti umani bugiardi ma veri, palesi e diretti. Dove il Merlot e il Cabernet non diventano Merlò e Cabernè, ma mantengono quella "T" che ci differenzia dagli antipatici e saccenti transalpini, dove un confine geografico difficile scompare e riappare, ma non ferisce, non divide. Un Battiston superbo anche se un po' gigione, un tenero Rok Presnikar e una piccola truppa di alcolizzati cronici ci regalano una fotografia, tra poesia e vitigni, di quell'angolo troppo spesso dimenticato che è il Friuli Venezia Giulia. La scena nella taverna slovena della gara di freccette merita l'alta analogia con il bowling del noto Big Lebowsky. L'acqua xè el funeral! Andate a vederlo: non riderete come nei film di Checco Zalone, ma penserete sorridendo e quel sorriso vi resterà stampato sul volto per qualche giorno.
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(di resca26)
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rolando7
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lunedì 4 novembre 2013
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rain man alla friulana
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Proprio come in Rain Man in Zoran c'è un uomo sgradevole che scopre di avere un parente.
Proprio come in Rain Man il parente ha dei problemi psichici ma ha anche un lato geniale.
E, proprio come in Rain Man, il protagonista sgradevole cerca di approfittare di questo aspetto geniale del parente per fare soldi.
Poi però capisce che in fondo la cosa più importante è l'affetto tra parenti. E si riconcilia con lui e con il mondo, proprio come in Rain Man.
Però in Zoran c'è Battiston al posto di Tom Cruise, è ambientato in location non particolarmente affascinanti e dura venti minuti di troppo.
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