Si parte da una storia che il pubblico italiano, come troppo spesso capita, ha scoperto insieme al pubblico internazionale proprio grazie al film, una storia che avrebbe dovuto scandalizzare tutto il Paese da diversi anni e che invece non ha avuto il giusto appeal per le ribalte mediatiche dell'informazione; fortunatamente non l'ha pensata così Costanza Quatriglio, che ha lavorato a questo progetto e ha dato tale forza a questa storia che ora sarà molto difficile far finta di non sapere nulla (e infatti ha cominciato - alla buon'ora - ad occuparsene anche la tv generalista).
Partiamo dai fatti. E' in corso, ad oggi, un processo: il "processo Farmacia" che vede imputate per disastro ambientale e gestione di discarica non autorizzata otto persone tra docenti e funzionari dell'Università di Catania, dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Quando l'inchiesta è partita, nel 2008, l'ipotesi di reato era omicidio colposo. Tutto è nato dal diario-denuncia di Emanuele Patanè, ricercatore catanese presso la Facoltà di Farmacia, dove il ragazzo denuncia che la sua e altre malattie (15 i giovani deceduti fino al 2008 e 26 ammalati di tumore) erano da attribuirsi all'uso di reattivi chimici in ambienti non predisposti alla sicurezza e alla prevenzione, all'interno dei laboratori della facoltà di Farmacia e dove svela che le sostanze chimiche venivano sversate nei lavandini senza seguire alcuna procedura di smaltimento inquinando inevitabilmente il sottosuolo.
In seguito all'avvio dell'inchiesta, nel 2008, i laboratori furono sequestrati, per essere poi dissequestrati solamente l'anno successivo. Al momento nessun reato è stato accertato.
Emanuele Patanè è morto nel dicembre del 2003, aveva 29 anni.
Ed ora veniamo al film. Quattro anni di lavoro per Costanza Quatriglio che ha svolto una ricerca puntuale intervistando i protagonisti di questa storia e che l'ha voluta raccontare prendendo a prestito lo stile documentaristico che una volta tanto è al servizio della finzione cinematografica. È una messa in scena infatti l'intervista alla protagonista, Stella, magistralmente interpretata da Alba Rohrwacher, una messa in scena che però trasmette una testimonianza reale: Stella è la sintesi delle tante storie che la regista ha incontrato in questi anni, cercando di capire la reale portata di quello che è risultato un vero e proprio diario di denuncia "cercando nelle pagine delle sensazioni più che nella cronaca (cit.)".
L'intervista è il primo piano narrativo del film. Con il fiato sospeso comincia con una camera strettissima sul volto della protagonista (Stella) studentessa di Scienze Farmaceutiche all'Università di Catania, che racconta come andavano le cose in quel laboratorio, prendendo contemporaneamente coscienza della reale portata di eventi che al momento in cui accadevano non sembravano poi così importanti. Fondamentale la scelta di Alba Rohrwacher, che riesce a dare al personaggio di Stella una veridicità e una credibilità davvero impressionante, al punto che ci si dimentica davvero che si sta guardando un film e non un documentario, ed è facile pensare che il personaggio non sia sceneggiato, ma preso pari pari dalla realtà.
Il secondo piano narrativo è quello legato alla messa in scena dei racconti di Stella, tutti senza dialoghi, ma con una splendida colonna sonora; è qui che conosciamo Anna, che nell'intenzione (perfettamente realizzata) della regista è il personaggio portatore di musica, e rappresenta una Catania viva, attiva, positiva, portandoci fuori da quell'ossessione che però lei subisce indirettamente.
Il terzo piano narrativo è la voce fuoricampo di Emanuele Patanè, interpretato da Michele Riondino.
In questi tre piani narrativi realizzati in modi così nettamente distinti, la realtà si fonde con la finzione in un equilibrio assoluto, ridando dignità a una delle tante storie che sfuggono alla nostra attenzione.
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