jaylee
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venerdì 4 gennaio 2013
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scegliere il proprio significato
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Non si può certo dire che ad Ang Lee manchi il coraggio nelle proprie scelte autoriali… dal matrimonio di convenienza tra due immigrati di hong kong al cinefumetto d’autore, dalla storia di Woodstock alla ormai celebre saga dei cowboy gay, dubitiamo che esista un regista dell’attuale panorama mondiale con un curriculum altrettanto variegato.
Stavolta Lee ci stupisce con la favola metafisica di un giovane indiano che, vittima di un pauroso naufragio, passerà più di 200 giorni in barca con la sola compagnia di una feroce tigre del bengala. Difficile spiegare di più senza entrare nei dettagli del film e non rovinare la sorpresa finale, ma si tratta di un racconto incredibilmente denso di significato, che parte dalla ricerca di Dio attraverso la religione e arriva al concetto di sacralità dell’esistenza in ogni suo momento ed ogni sua forma.
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Non si può certo dire che ad Ang Lee manchi il coraggio nelle proprie scelte autoriali… dal matrimonio di convenienza tra due immigrati di hong kong al cinefumetto d’autore, dalla storia di Woodstock alla ormai celebre saga dei cowboy gay, dubitiamo che esista un regista dell’attuale panorama mondiale con un curriculum altrettanto variegato.
Stavolta Lee ci stupisce con la favola metafisica di un giovane indiano che, vittima di un pauroso naufragio, passerà più di 200 giorni in barca con la sola compagnia di una feroce tigre del bengala. Difficile spiegare di più senza entrare nei dettagli del film e non rovinare la sorpresa finale, ma si tratta di un racconto incredibilmente denso di significato, che parte dalla ricerca di Dio attraverso la religione e arriva al concetto di sacralità dell’esistenza in ogni suo momento ed ogni sua forma. In altre parole, Vita di Pi (che significativamente prende il nome dall’abbreviazione del protagonista – chiamato Piscines Molitor su ispirazione di uno zio quasi mitologico – e che ne rappresenta anche le forti inclinazioni matematiche – il Pi greco per intenderci), si propone, attraverso una bellissima, drammatica parabola imbevuta di senso della meraviglia di dare un senso alla Vita che ci succede tutti i giorni. La manifestazione del Sacro in ogni suo aspetto, e l’imperscrutabilità di quello che ci succede, nell’ottica di un Disegno Divino più grande di quello che può sembrare una mera apparenza. .. in modo non casuale, il Divino si manifesta in vari momenti del film proprio negli Occhi (della tigre, di un pesce, dell’orangutan, ecc.) specchio dell’anima, strumento di conoscenza della realtà e portale verso un diverso piano dell’esistenza nelle molte religioni (come ad esempio nella religione hindu, alla cui iconografia il film attinge a piene mani).
Il saper guardare alla vita, alla realtà, lo scegliere come vivere la propria esistenza, come interpretarne le meraviglie e le sofferenze, la materialità come manifestazione di qualcosa di più profondo, e potente, è il tema della metafora di Ang Lee. Preso nel proprio limitato e mortale passaggio su questa Terra, l’Uomo è ben poca cosa, eventi che ci succedono, irripetibili nella nostra individualità, banali nel contesto del genere umano. Nasciamo, cresciamo, soffriamo, uccidiamo, amiamo, odiamo, impariamo, moriamo. È il senso che diamo a quello che ci succede, come scegliamo di vivere le nostre esperienze che fa la differenza, il concetto di responsabilità, come abilità di dare risposte agli altri, ma anche a noi stessi.
In definitiva, Vita di Pi è una straordinaria rappresentazione visiva di cui non sempre si riesce ad afferrarne la pienezza… così come nello stesso modo in cui gli strumenti cognitivi della scienza non sono sufficienti a spiegare al buon Piscine Molitor tutto quello che siamo. La fotografia, i colori e il simbolismo scelti da Ang Lee, uniti ad un 3D raramente così efficace, ne fanno un’esperienza che, per tanti versi, può ricordare 2001 Odissea Nello Spazio, così diversa, eppure così simile nell’affrontare le tematiche del trascendentale, non attraverso la spiegazione, ma attraverso l’evocazione. Non si può non uscire dalla sala risuonando di concetti forse non pienamente esprimibili a parole, ma che si possono solo accettare nella loro universale inevitabilità (www.versionekowalski.it)
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(di ivosantoni)
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marinabelinda
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domenica 13 gennaio 2013
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l'infinito
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Quando lessi il libro, diversi anni fa, mi chiesi se si sarebbe mai potuto fare un film. Immaginavo un cartone animato: aver visto i trailer mi ha fatto sentire l'urgenza di vedere questo film. Film che, ovviamente, ho trovato magnifico. Ang Lee, che davvero ha spaziato in ogniambito cinematrografico possibile, ha saputo rendere la stessa atmosfera del libro in un film in cui il protagonista assoluto del film (tigre a parte) è un ragazzo che colpisce e piace proprio come i protagonisti The Millionaire.
L'altra domanda, molto più complessa e alla quale non sono sfuggita vedendo il film, attiene alla volontà di conoscere la verità (Pirandello?) sulla straordinaria impresa di Pi.
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Quando lessi il libro, diversi anni fa, mi chiesi se si sarebbe mai potuto fare un film. Immaginavo un cartone animato: aver visto i trailer mi ha fatto sentire l'urgenza di vedere questo film. Film che, ovviamente, ho trovato magnifico. Ang Lee, che davvero ha spaziato in ogniambito cinematrografico possibile, ha saputo rendere la stessa atmosfera del libro in un film in cui il protagonista assoluto del film (tigre a parte) è un ragazzo che colpisce e piace proprio come i protagonisti The Millionaire.
L'altra domanda, molto più complessa e alla quale non sono sfuggita vedendo il film, attiene alla volontà di conoscere la verità (Pirandello?) sulla straordinaria impresa di Pi.
Ma è così necessario?
Il mistero, la ricerca della salvezza, ci toccano da sempre.
Ma in questo caso, se vogliamo, la situazione è chiara: c'è stato un naufragio e c'è stato un superstite. Come sia sopravvisuto non è fondamentale.
E allora godiamoci questo film: con gli occhi ma soprattutto con la mente. Lo spirito del libro è pienamente rispettato e quando si esce dalla sala, davvero si inizia a riflettere su quale sia il nostro rapporto con la fede (e veramente qualsiasi fede).
Da vedere assolutamente.
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arciboldo
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domenica 23 dicembre 2012
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di nuovo la tigre
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che dire di un film del genere? stupendo visivamente ,avvincente, divertente e perchè no anche ingannatore. solo alla fine si capisce il reale significato della storia. in questo si può paragonare a un capolavoro assoluto come mhuolland drive o allo stupefacente shutter island. comunque il pregio maggiore del film è l'originalità della storia e la sua narrazione credo che non esista un film veramente simile a questo ,un'opera che viaggia con le ali del sogno, del candore ,che riporta all'infanzia e alle sue aspettative.
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renovatio
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venerdì 28 dicembre 2012
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la fattoria degli animali: stimolo di fede
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Dal negativo alla riscoperta che quanto si ha è già una fortuna. Un viaggio che è una ricerca interiore, all'interno di se stessi, di una fede. Perché la religione è soprattutto un fatto che ha a che fare col proprio io, e allora diventa possibile la coesistenza pacifica di tre fedi in un'unica persona, ancora impegnata in età adulta in altri corsi religiosi. E ancora: la religione è un terreno oscuro, bisogna partire dalla razionalità come base di critica per ricerca la propria strada. Il film razionalmente quindi le tratta tutte e non ne tratta nessuna, per non scadere in facili contraddizioni e polemiche. Anzi, uscendo dalla sala è impossibile non avvertire quel senso di positività nell'illustrazione di un dramma bellissimo.
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Dal negativo alla riscoperta che quanto si ha è già una fortuna. Un viaggio che è una ricerca interiore, all'interno di se stessi, di una fede. Perché la religione è soprattutto un fatto che ha a che fare col proprio io, e allora diventa possibile la coesistenza pacifica di tre fedi in un'unica persona, ancora impegnata in età adulta in altri corsi religiosi. E ancora: la religione è un terreno oscuro, bisogna partire dalla razionalità come base di critica per ricerca la propria strada. Il film razionalmente quindi le tratta tutte e non ne tratta nessuna, per non scadere in facili contraddizioni e polemiche. Anzi, uscendo dalla sala è impossibile non avvertire quel senso di positività nell'illustrazione di un dramma bellissimo. E proprio dagli effetti speciali partiamo, perché sono anche gli ultimi elementi in termini di importanza che il film ci presenta. In questo senso il paragone con Avatar è azzeccato da una parte e non c'entra nulla dall'altra. Perché la fotografia di Claudio Miranda è assolutamente perfetta, da Oscar, e la computer grafica è una cosa che nemmeno il best-seller di Cameroon è capace di raggiungere. Appunto però non è tutto del film. C'è un colpo di scena finale che spegne la favola, fa rivivere il film da una prospettiva diversa, riporta alla memoria la comparsa di un Gerard Depardieu che è sempre mastodontico anche facendo poco. E qui allora le interpretazioni e le discussioni si sprecano: l'isola paradiso terrestre che è la tentazione del materiale di giorno pronto a darti il vuoto di notte, un po' come la nostra triste terra. E tanti animali tutti uguali che solo per non essere offensivi e grotteschi forse non son pecore. E poi appunto, quel finale. Anche mettendo da parte l'elemento religioso tanto basterebbe l'epilogo del film per definirlo un capolavoro, il più bel film dell'anno appena trascorso. Non dobbiamo per forza scervellarci sulla giusta interpretazione, la storia di un uomo che sopravvive "da solo" in mezzo al mare viene raccontata due volte: sullo schermo la prima, nella nostra testa la seconda, suggerita dal finale. E che spettacolo signori.
Immergetevi con lo sguardo di Pi negli abissi di un problema che e' alla base di tutti i problemi, o che pure può essere ignorato. Senza giudizi e con pacifica coesistenza di scelta e dubbio, ragione e fede, Pi è un invito a riflettere. E lo fa in un modo bellissimo.
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renovatio
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venerdì 28 dicembre 2012
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la fattoria degli animali: stimolo di fede
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Dal negativo alla riscoperta che quanto si ha è già una fortuna. Un viaggio che è una ricerca interiore, all'interno di se stessi, di una fede. Perché la religione è soprattutto un fatto che ha a che fare col proprio io, e allora diventa possibile la coesistenza pacifica di tre fedi in un'unica persona, ancora impegnata in età adulta in altri corsi religiosi. E ancora: la religione è un terreno oscuro, bisogna partire dalla razionalità come base di critica per ricerca la propria strada. Il film razionalmente quindi le tratta tutte e non ne tratta nessuna, per non scadere in facili contraddizioni e polemiche.
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Dal negativo alla riscoperta che quanto si ha è già una fortuna. Un viaggio che è una ricerca interiore, all'interno di se stessi, di una fede. Perché la religione è soprattutto un fatto che ha a che fare col proprio io, e allora diventa possibile la coesistenza pacifica di tre fedi in un'unica persona, ancora impegnata in età adulta in altri corsi religiosi. E ancora: la religione è un terreno oscuro, bisogna partire dalla razionalità come base di critica per ricerca la propria strada. Il film razionalmente quindi le tratta tutte e non ne tratta nessuna, per non scadere in facili contraddizioni e polemiche. Anzi, uscendo dalla sala è impossibile non avvertire quel senso di positività nell'illustrazione di un dramma bellissimo. E proprio dagli effetti speciali partiamo, perché sono anche gli ultimi elementi in termini di importanza che il film ci presenta. In questo senso il paragone con Avatar è azzeccato da una parte e non c'entra nulla dall'altra. Perché la fotografia di Claudio Miranda è assolutamente perfetta, da Oscar, e la computer grafica è una cosa che nemmeno il best-seller di Cameroon è capace di raggiungere. Appunto però non è tutto del film. C'è un colpo di scena finale che spegne la favola, fa rivivere il film da una prospettiva diversa, riporta alla memoria la comparsa di un Gerard Depardieu che è sempre mastodontico anche facendo poco. E qui allora le interpretazioni e le discussioni si sprecano: l'isola paradiso terrestre che è la tentazione del materiale di giorno pronto a darti il vuoto di notte, un po' come la nostra triste terra. E tanti animali tutti uguali che solo per non essere offensivi e grotteschi forse non son pecore. E poi appunto, quel finale. Anche mettendo da parte l'elemento religioso tanto basterebbe l'epilogo del film per definirlo un capolavoro, il più bel film dell'anno appena trascorso. Non dobbiamo per forza scervellarci sulla giusta interpretazione, la storia di un uomo che sopravvive "da solo" in mezzo al mare viene raccontata due volte: sullo schermo la prima, nella nostra testa la seconda, suggerita dal finale. E che spettacolo signori.
Immergetevi con lo sguardo di Pi negli abissi di un problema che e' alla base di tutti i problemi, o che pure può essere ignorato. Senza giudizi e con pacifica coesistenza di scelta e dubbio, ragione e fede, Pi è un invito a riflettere. E lo fa in un modo bellissimo.
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ollipop
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martedì 29 gennaio 2013
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un viaggio nella profondita' dell'anima
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il "viaggio" di P fa viaggiare il tuo io in un sogno fra realta e fantasia dove la grandiosita' della natura nella sua tragicita' e'per P una continua ricerca e conferma di Dio :la tigre occasionale compagna di viaggio resta sempre una potenziale nemica perche nella lotta per la sopravvivenza non puo' essere altrimenti e il regista non cade nel facile tranello di "affratellare i due naufraghi: una sola scena mitiga il difficile rapporto ma solo perche' entrambi sono sopraffatti e molto prossimi a un tragico soccombere.
Pellicola intensa e profonda dove amore religiosita' e intensita' narrativa creano un affresco cinematografico di rara bellezza dove mai si cade nella facile rettorica o in banali sentimentalismi :P e la tigre conservano sempre il proprio ruolo e la tigre resta sempre tale e questo apparente distacco te la fa amare maggiormente ;e' un essere vivente che nulla deve avere di umano ma e' proprio nella peculiarita' del suo vivere da animale pur sempre feroce che nasce il rapporto con l'uomo che puo solo ceracare di addomesticarla mai di domarla ma di amarla si.
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il "viaggio" di P fa viaggiare il tuo io in un sogno fra realta e fantasia dove la grandiosita' della natura nella sua tragicita' e'per P una continua ricerca e conferma di Dio :la tigre occasionale compagna di viaggio resta sempre una potenziale nemica perche nella lotta per la sopravvivenza non puo' essere altrimenti e il regista non cade nel facile tranello di "affratellare i due naufraghi: una sola scena mitiga il difficile rapporto ma solo perche' entrambi sono sopraffatti e molto prossimi a un tragico soccombere.
Pellicola intensa e profonda dove amore religiosita' e intensita' narrativa creano un affresco cinematografico di rara bellezza dove mai si cade nella facile rettorica o in banali sentimentalismi :P e la tigre conservano sempre il proprio ruolo e la tigre resta sempre tale e questo apparente distacco te la fa amare maggiormente ;e' un essere vivente che nulla deve avere di umano ma e' proprio nella peculiarita' del suo vivere da animale pur sempre feroce che nasce il rapporto con l'uomo che puo solo ceracare di addomesticarla mai di domarla ma di amarla si.
Ed infatti ognuno riprendera' il proprio cammino e il proprio destino in un distacco pur sempre triste ma naturale nel rispetto di ruoli che non possono e non devono essere manipolati .
film da vedere e forse rivedere
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pepito1948
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martedì 22 gennaio 2013
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lee tra omero e freud
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“Quando cominci un film cominci una nuova ricerca…”, dice Ang Lee. E se si pensa ai diversi generi in cui il regista cino-americano si è finora cimentato, con il successo verificato dai vari premi conseguiti, possiamo affermare che abbiamo a che fare con un “esploratore” cinematografico dai mille interessi e dalle mille sfide. Incentrare un’opera visiva di oltre due ore sul rapporto tra un adolescente ed una tigre su una barca in mezzo all’oceano non è impresa da tutti, nonostante il supporto letterario di base. La prova di Lee è riuscita non solo sul piano spettacolare –grazie ad una splendida regia che si avvale di una fotografia e di una fantasia di ricostruzione di rara efficacia- ma anche sul piano speculativo, grazie ad un sapiente coinvolgimento che impegna tanto la mente razionale quanto le pulsioni emotive.
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“Quando cominci un film cominci una nuova ricerca…”, dice Ang Lee. E se si pensa ai diversi generi in cui il regista cino-americano si è finora cimentato, con il successo verificato dai vari premi conseguiti, possiamo affermare che abbiamo a che fare con un “esploratore” cinematografico dai mille interessi e dalle mille sfide. Incentrare un’opera visiva di oltre due ore sul rapporto tra un adolescente ed una tigre su una barca in mezzo all’oceano non è impresa da tutti, nonostante il supporto letterario di base. La prova di Lee è riuscita non solo sul piano spettacolare –grazie ad una splendida regia che si avvale di una fotografia e di una fantasia di ricostruzione di rara efficacia- ma anche sul piano speculativo, grazie ad un sapiente coinvolgimento che impegna tanto la mente razionale quanto le pulsioni emotive. Il racconto al presente del protagonista, secondo un collaudato espediente della narrazione dell’evento da chi l’ha vissuto ad un interlocutore interessato, qui un giornalista (come per es. in L’uomo che volle farsi re, di J. Huston)- ha un taglio epico-fiabesco ma anche teologico; il ragazzo indiano, che un’innata curiosità ha spinto a sondare tre religioni, cerca il massimo di verità dal confronto di diverse fedi per dare un senso compiuto ad una vita ancora acerba ma già corroborata dai saggi consigli del padre. Il combinato disposto tra ragione e sfera emotiva spiana la strada per affrontare il tortuoso cammino del rapporto tra l’uomo che sa, apprende, valuta e crede e la natura, talvolta ostile, tal’altra amica, con cui è costretto a convivere. E’ il viaggio nel suo multiforme divenire che conta, ben più che l’ambito traguardo. Naturalmente il dubbio è dietro l’angolo, e non sempre è facile scegliere tra la verità e ciò che appare come tale: la doppia storia di Pi è offerta al giornalista (cioè allo spettatore) perché opti secondo il suo sentire tra diverse versioni della realtà. In quest’ottica Ang Lee lascia intravedere anche altre chiavi di lettura (o almeno citazioni letterarie). Il mare tormentato, intriso di pericoli e di speranza, foriero di vita e di morte, è un teatro che richiama istintivamente le vicende di Odisseo, che si svolgono prevalentemente sull’acqua. Così l’isola misteriosa, apparentemente irresistibile ma pericolosa e cannibale (le sirene), il naufragio della nave o l’approdo sulla spiaggia della salvezza (terra dei Feaci) ci ricordano alcune delle tappe dell’eroe omerico, che sfida, forte della perizia sperimentata durante il suo “viaggio”, le forze naturali con cui deve confrontarsi per sopravvivere (la tigre), grazie anche agli aiuti divini (gli dèi pagani). Giunto al traguardo, eroe e natura si separano “consensualmente”, ma per misurasi in nuove, successive sfide che la vita imporrà (anche Odisseo ripartirà dopo il ritorno ad Itaca). Né appare peregrina un’interpretazione di tipo psicanalitico: nel ragazzo che combatte con le armi dell’esperienza e della logica contro l’imprevedibilità e l’aggressività di Robert Parker sembra implicito il riferimento alla teoria di Freud del primato della ragione sulla bestialità ed istintività dell’inconscio (rappresentato dai profondi abissi della Fossa delle Marianne). In conclusione Lee ci regala uno splendido ciclo pittorico, dove creatività e significati si esaltano al massimo, grazie anche ad effetti speciali, mai usati per stupire ma semmai per massimizzare la veridicità del racconto; forse mai la commistione tra digitale e naturale è apparsa così perfetta. Splendida, tra le immagini, quella in cui nuotatori “galleggiano” nel cielo, a prospettita invertita.
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ennas
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domenica 23 dicembre 2012
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una vita fantastica
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“La vita di Pi” mi è parso anzitutto un omaggio al cinema odierno. Come se il regista dicesse al pubblico: caro spettatore, ora ti mostro cosa è possibile fare oggi, nell’era della tecnologia digitale, con la vecchia invenzione dei fratelli Lumiere, ovvero è possibile allestire un grande, fantastico spettacolo. Dove il trionfo dell’immagine, il linguaggio principe del cinema, è celebrato nella sua magnifica e ultramoderna pervasività. E siamo subito catturati perché l’era della tecnologia è anche il prevalere dell’alfabeto delle immagini rispetto ad altri strumenti.
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“La vita di Pi” mi è parso anzitutto un omaggio al cinema odierno. Come se il regista dicesse al pubblico: caro spettatore, ora ti mostro cosa è possibile fare oggi, nell’era della tecnologia digitale, con la vecchia invenzione dei fratelli Lumiere, ovvero è possibile allestire un grande, fantastico spettacolo. Dove il trionfo dell’immagine, il linguaggio principe del cinema, è celebrato nella sua magnifica e ultramoderna pervasività. E siamo subito catturati perché l’era della tecnologia è anche il prevalere dell’alfabeto delle immagini rispetto ad altri strumenti. Poi “la vita di Pi” è anche una storia narrata dal protagonista ( il film è tratto da un libro famoso) e si presta a vari livelli di lettura.
Pi, acronimo di Piscine Molitor ( un luogo della memoria del padre) è diminutivo scelto dal ragazzo per contrastare sberleffi adolescenti. Il.giovane cresce da una famiglia proprietaria di uno zoo, nell’area indiana allora sotto il dominio francese, cioè nella vecchia magica India “contaminata”dalla cultura occidentale.
Il giovane Pi persegue una sua personale ricerca del “sacro” attraverso un sincretismo religioso ricavandone un proprio senso originale da dare alle domande imperscrutabili dell’esistenza. A nulla valgono le sollecitazioni paternalistiche del genitore – che la scienza è in grado di fornire risposte più complete e ragionevoli sull’accadere-. In questo profilo il personaggio Pi, è emblematicamente un simbolo del mondo di oggi, multiculturale e multietnico, mescolanza di saperi d’avanguardia e vecchie credenze.
La scelta tecnica del regista di costruire il film per la visione in 3D è coerente con il risultato di rendere il film non più realistico ma più onirico, come si addice ad un’opera metaforica che ci narra una vicenda inverosimile ma affascinante, per la resa dell’aura magica del sogno.
La parte centrale del film ci mostra infatti Pi , durante e dopo un naufragio della nave su cui è imbarcato con la famiglia e lo zoo, emigranti in cerca di terre promesse. Pi si ritrova unico superstite umano, su una piccola barca in compagnia di tre animali –zebra, iena, orango- qualche topo, più la presenza incombente di Richard Parker, la maestosa tigre del bengala dal nome umano, con la quale rimarrà solo e dovrà fare i conti fino all’approdo fortuito. Questa parte del film è anche quella che dispiega a piene mani le “mirabilia” degli effetti speciali: balenottere luminescenti, pioggie di pesci ed altre performance senza contare la resa splendida della tigre, con l’abilità dei maestri narratori per immagini.
La lotta di Pi per la sopravvivenza, con il suo faccia a faccia continuo e il suo “ammaestramento” della ferocia ferina della tigre – alter- ego e parte di sé – si dispiegano in quest’habitat surreale e tremendo. Le citazioni bibliche e letterarie sono tante ma con bravura il regista e il giovane attore che impersona Pi, riescono a rendere emotivamente efficace, nell’inevitabile inflazione delle immagini, il timore reverenziale che il protagonista esprime, a voce e nei gesti, verso la “natura” schiacciante che lo circonda. In questa lotta deve far tesoro delle ragionevoli “lezioni di sopravvivenza sul mare” del padre quanto del suo senso del” sacro “ per approdare sfinito ma vivo alla spiaggia della vita.
Alla fine del film i periti dell’assicurazione della nave naufragata chiedono a Pi di raccontare loro una versione più credibile: il sopravvissuto darà in sintesi e singhiozzando una diversa versione della storia.
-Dio preferisce la prima versione- Pi dice allo scrittore che raccoglie il suo racconto ma ritengo scontata questa affermazione: anche il regista ha profuso con maestria la sua arte per raccontarci la prima, non importa se credibile o fantastica, meglio il sogno di un Giobbe che domina con fatica gli elementi malgrado la sua infermità che un storia crudele di cannibalismo più feroce della tigre Richard Parker. E il pubblico lo premierà immergendosi nel sogno di Pi.
E’assolutamente un film da vedere.
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gambadilegnodinomesmith
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sabato 5 gennaio 2013
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e il naufragar m'è dolce con questa tigre
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In una India che negli ultimi anni non guasta mai, perfetta per ambientazioni da “C’era una volta in India”, il ragazzino Pi è cresciuto nella ricerca disinvolta delle 3D: di un Dio; di un Diminutivo appropriato; di Darwin la cui selezione naturale si mostrerà in tutta la sua esemplarità sotto forma di scialuppa da lotta per la sopravvivenza.
La fiaba di formazione dolceamara, meglio salata, di questo novello Noè-Francesco, discendente dalla famiglia Orfei, è spettacolare più che intimista. La cornice di corredo difatti, il packaging in cui inserire la fiaba, risulta debole, ma non è una falla abbastanza grande per far naufragare un film che sfrutta al meglio il mezzo, 3D-scialuppa, per giustificare la fine, il distacco, la separazione.
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In una India che negli ultimi anni non guasta mai, perfetta per ambientazioni da “C’era una volta in India”, il ragazzino Pi è cresciuto nella ricerca disinvolta delle 3D: di un Dio; di un Diminutivo appropriato; di Darwin la cui selezione naturale si mostrerà in tutta la sua esemplarità sotto forma di scialuppa da lotta per la sopravvivenza.
La fiaba di formazione dolceamara, meglio salata, di questo novello Noè-Francesco, discendente dalla famiglia Orfei, è spettacolare più che intimista. La cornice di corredo difatti, il packaging in cui inserire la fiaba, risulta debole, ma non è una falla abbastanza grande per far naufragare un film che sfrutta al meglio il mezzo, 3D-scialuppa, per giustificare la fine, il distacco, la separazione.
Gli occhi restano estasiati, ammaliati, da dipinti digitali incantevoli, il cuore graffiato da artigli reali, in un connubio perfetto, a mio parere per primo finora, fra nuova tecnologia virtuale e tradizionale stampo sentimentale; sintesi forse di tutta la filmografia di Lee, una sorta di “La tigre e il magone”.
E il naufragar m’è dolce con questa tigre.
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law_311
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sabato 12 gennaio 2013
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non volevo vederlo ma poi..
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Premetto che sono una persona decisamente restia a vedere film che vantano effetti speciali clamorosi, perchè solitamente dietro non ci sono altro che storie mediocri. In questo caso avevo la stessa idea e non volevo vederlo anche perchè il trailer non gli rende giustizia a mio avviso. Comunque spinta da persone che l'avevano già visto alla fine sono andata, e devo dire che sono rimasta decisamente colpita. E' bellissima la curiosità da parte del protagonista nei confronti della religione che ci porta a pensare che adoriamo tutti lo stesso Dio in cui lui ha scelto di credere durante tutta la sua avventura in mare e che gli da la forza di sopravvivere a quell'esperienza così difficile.
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Premetto che sono una persona decisamente restia a vedere film che vantano effetti speciali clamorosi, perchè solitamente dietro non ci sono altro che storie mediocri. In questo caso avevo la stessa idea e non volevo vederlo anche perchè il trailer non gli rende giustizia a mio avviso. Comunque spinta da persone che l'avevano già visto alla fine sono andata, e devo dire che sono rimasta decisamente colpita. E' bellissima la curiosità da parte del protagonista nei confronti della religione che ci porta a pensare che adoriamo tutti lo stesso Dio in cui lui ha scelto di credere durante tutta la sua avventura in mare e che gli da la forza di sopravvivere a quell'esperienza così difficile. E' bellissima la relazione con la tigre, per me metafora del percorso verso la scoperta di noi stessi e l'accettazione totale di ciò che siamo, e attenzione loro hanno imparato a stare nella stessa barca nonostante la fame, insieme, nessuno ha sovrastato l'altro, la tigre non è stata snaturata è rimasta fredda carnivora e istintiva come la sua natura richiede. Profondamente vera ho trovato la riflessione sul fatto che la vita sia un continuo processo di separazione e che non ci prendiamo il tempo per vivere la separazione nel modo adeguato cosa importante per trarre insegnamenti e per poter affrontare serenamente ciò che viene dopo la separazione. E' un film eccezionale, anche perchè lascia liberi di cogliere ciò che si è in grado e ciò che si desidera cogliere da quello che viene proposto.
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[+] una favola affascinante...
(di antonio montefalcone)
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