silvyboy
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domenica 25 novembre 2012
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una sicilia stereotipata
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Il cinema di Ciprì e Maresco s'interroga sempre sulla Sicilia. E' indubbio. In questo "E' stato il figlio", Ciprì ne dà una riconferma.
Ma qual'è la Sicilia rappresentata dai due registi? E' una Sicilia triste, poverissima, e piena di buoni sentimenti come la pietà e la fratellanza. Ma sin dai tempi di "cinico tv" mi sono chiesto dove fosse la Sicilia benestante e borghese e modaiola di Mondello e della Cuba, dove fosse il siciliano onesto, perbene, non-mostro.
Siamo in un paesino. Una famiglia strangolata dalla miseria chiede soldi a uno strozzino. Intanto durante un attentato di mafia la figlioletta muore.
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Il cinema di Ciprì e Maresco s'interroga sempre sulla Sicilia. E' indubbio. In questo "E' stato il figlio", Ciprì ne dà una riconferma.
Ma qual'è la Sicilia rappresentata dai due registi? E' una Sicilia triste, poverissima, e piena di buoni sentimenti come la pietà e la fratellanza. Ma sin dai tempi di "cinico tv" mi sono chiesto dove fosse la Sicilia benestante e borghese e modaiola di Mondello e della Cuba, dove fosse il siciliano onesto, perbene, non-mostro.
Siamo in un paesino. Una famiglia strangolata dalla miseria chiede soldi a uno strozzino. Intanto durante un attentato di mafia la figlioletta muore. La disperazione è lampante. La famiglia (per fortuna non "allargata") chiede subito il finanziamento per le vittime innocenti della mafia.
Quando questa somma di denaro arriva, il padre che lavora onestamente in un cantiere navale, onorati i numerosi debiti, decide di comperare una BMW costosissima.
Durante una notte l'altro figlio esce con la macchina e in una scena toccante di malavita modaiola paesana la graffia.
Non appena il padre si accorge dell'accaduto, comincia a bastonare il figlio sotto gli occhi dell'amico,un boss in erba, pieno di soldi e con la pistola nei pantaloni. Costui per la rabbia uccide il padre e la famiglia rimanente decide di accusare il figlio per far sì che il boss sostenga la famiglia.
Gli sguardi della famiglia sono perfetti, così come perfetto è il personaggio del figlio, un po' basito, un po' "allampanato". Le scene a casa dell'usuraio sono perfette ma il film delude, intanto perché non si vede la Sicilia cosi' per com'è (il film è girato in un paesino della Puglia) e poi perché si insiste troppo sulla miseria della mia terra che invece tale non è se non per lo sguardo arrabbiato del regista.
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zoom e controzoom
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sabato 17 novembre 2012
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pietà, la faida e questo: storie di figli
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In un periodo relativamente breve, sono passati sugli schermi alcuni film dalla tematica molto impegnativa tantopiù che riguarda ciò che per eccellenza è il futuro: i figli. Pietà, La faida e questo film.
E’ stato il figlio, soggetto che poggia su di un substrato terribilmente radicato in Italia, la mafia e i suoi sacrificati, è un film che usufruisce della grande forza interpretativa di un eclettico Toni Servillo e dell’imprevedibile capacità fantastica di Daniele Ciprì.
I continui mutamenti di atmosfera – si passa dalla cruda realtà alle scenografie più fantasiose da fantasiland – in modo fluido e tanto gradevole da non notarne quasi mai la svolta se non quando poi si ritorna alle scenografie reali.
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In un periodo relativamente breve, sono passati sugli schermi alcuni film dalla tematica molto impegnativa tantopiù che riguarda ciò che per eccellenza è il futuro: i figli. Pietà, La faida e questo film.
E’ stato il figlio, soggetto che poggia su di un substrato terribilmente radicato in Italia, la mafia e i suoi sacrificati, è un film che usufruisce della grande forza interpretativa di un eclettico Toni Servillo e dell’imprevedibile capacità fantastica di Daniele Ciprì.
I continui mutamenti di atmosfera – si passa dalla cruda realtà alle scenografie più fantasiose da fantasiland – in modo fluido e tanto gradevole da non notarne quasi mai la svolta se non quando poi si ritorna alle scenografie reali.
Gli ambienti sono splendidamente descritti nel loro squallore povero, dai giochi dei bimbi tra immondezza agli interni di una casa dove tutto è squinternatamente misero, agli esterni statici e magari ieratici al di là di un ponte inquadrato dal basso, che permette d’intravvedere solo ciò che svetta verso l’alto, non permette di capire dove tutto ciò nasce.
Nonostante ciò, nonostante la miseria che ovunque toglie speranza, il sogno di una vita migliore si focalizza su di un’inutile auto di grossa cilindrata.
Tutto il ritmo del film procede ineluttabilmente uguale verso un qualche cosa che sembra prevedibile, ma Ciprì sorprende con un ultimo colpo di scena investendo del ruolo da protagonista la nonna che fino ad allora non era stata particolarmente presente ai momenti dell’azione o delle scelte.
Difficile riconoscersi in uno o l’altro dei protagonisti perché di volta in volta, ognuno presenta realisticamente un aspetto plausibile del nostro carattere: chi è debole, chi è vile, chi ha paura, chi ha coraggio e ancora altri aspetti tutti terribilmente umani, impastati però con una povertà pericolosamente deviante.
Fotografia curatissima, si avvale di punti di vista decisamente legati/motivati dal contenuto della scena e ne sottolinea così, ora la staticità, ora il movimento delle persone e delle loro menti, ora l’essenza del personaggio stesso magari parcheggiato nell’ufficio postale.
Il tono coloristico della pellicola, è molto spento, tranne che nel sogno, quasi in contrasto con la forte espressività gergale ed irruente del grande Servillo.
Splendido il drammatico finale che letteralmente trasmette un senso di claustrofobia, comunicandoci l’ineluttabilità del futuro del figlio che pur innocente, pagherà per le piccole povere ambizioni di gente miserabile e il cerchio del sogno svanisce su di lui. Un'altra realtà del futuro dei figli se le cose resteranno in luoghi dove la mafia ancora impera.
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omero sala
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martedì 6 novembre 2012
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una farsa grottesca con beffardo finale da tragedi
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Una farsa grottesca con beffardo finale da tragedia.
Uno scombinato film che sembrerebbe un bislacco bimovie (girato, e non solo ambientato, negli anni ’70) se non fosse per la disperazione che gronda da ogni scena, per l’angoscia che pervade l’atmosfera e filtra da ogni sguardo, per la costernazione mal camuffata da comica sarabanda, per la galleria di personaggi troppo stravaganti e improbabili per non essere veri.
Una storia che può sembrare cinica (come quelle dell’indimenticabile Cinico TV dell’accoppiata Ciprì-Maresco), ma che - a mio parere - contiene e trasuda l’infinita pietà per la miseria senza nobiltà dei miserabili.
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Una farsa grottesca con beffardo finale da tragedia.
Uno scombinato film che sembrerebbe un bislacco bimovie (girato, e non solo ambientato, negli anni ’70) se non fosse per la disperazione che gronda da ogni scena, per l’angoscia che pervade l’atmosfera e filtra da ogni sguardo, per la costernazione mal camuffata da comica sarabanda, per la galleria di personaggi troppo stravaganti e improbabili per non essere veri.
Una storia che può sembrare cinica (come quelle dell’indimenticabile Cinico TV dell’accoppiata Ciprì-Maresco), ma che - a mio parere - contiene e trasuda l’infinita pietà per la miseria senza nobiltà dei miserabili.
Ciprì, come sempre, ci dà dentro, ed esagera. Esagera coi colori carichi e caldi, con le inquadrature sghembe, coi movimenti di macchina concitati, col montaggio parossistico, con la eterogeneità di stili giustapposti, con la miscellanea pastrocchiata della colonna sonora. Ma lo fa con piena consapevolezza: sa che solo col paradosso si possono abbozzare i contorni dell’inaccettabile degrado; che sono necessarie delle lenti deformanti per mostrare i risvolti più desolanti della indigeribile realtà. Perciò calca i toni nel raccontare l’orrore percettibile che consuma un’umanità allo sbando; abbozza caricature per delineare personaggi abbrutiti dalla miseria; aggredisce con tutta l’acidità di cui i capace i poveri di spirito del sottoproletariato meridionale. Il ghigno però non riesce a nascondere l’infinita amara compassione che prova nei confronti di questi relitti e lascia affiorare la in ogni inquadratura la pena rabbiosa per la loro impossibile redenzione.
È lui - il regista impotente (inerme spettatore, proprio come ognuno di noi) - quell’attonita figura vestita di nero che assiste, invisibile a tutti, all’andirivieni caotico di vittime e carnefici nello slargo cotto da un sole che asciuga i grumi di sangue della bambina assassinata e presto dimenticata.
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nino pell.
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domenica 21 ottobre 2012
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prezioso esempio di grande cinema italiano
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E' bello scoprire al Cinema che fortunatamente esistono sempre dei grandi film italiani. In particolar modo, questa pellicola del regista Ciprì ne rappresenta un prezioso esempio. Abile, preciso ed acuto nel descrivere una realtà sociale decadente, fragile ed abbandonata a se stessa, "E' stato un figlio" in realtà è soprattutto un film che richiede un'analisi particolareggiata e riflessiva dei vari personaggi che ne compongono la storia. Ironia e drammaticità, leggerezza e tensione, sono elementi che sembrerebbero in totale dicotomia tra loro, ma che si tengono perfettamente avvinghiati e coesi su di un filo sottile ma perfettamente teso, riuscendo a creare un'atmosfera che sembra sospesa a tratti, ma precisa, perfetta in ogni piccolo particolare.
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E' bello scoprire al Cinema che fortunatamente esistono sempre dei grandi film italiani. In particolar modo, questa pellicola del regista Ciprì ne rappresenta un prezioso esempio. Abile, preciso ed acuto nel descrivere una realtà sociale decadente, fragile ed abbandonata a se stessa, "E' stato un figlio" in realtà è soprattutto un film che richiede un'analisi particolareggiata e riflessiva dei vari personaggi che ne compongono la storia. Ironia e drammaticità, leggerezza e tensione, sono elementi che sembrerebbero in totale dicotomia tra loro, ma che si tengono perfettamente avvinghiati e coesi su di un filo sottile ma perfettamente teso, riuscendo a creare un'atmosfera che sembra sospesa a tratti, ma precisa, perfetta in ogni piccolo particolare. I protagonisti della trama sono spinti, nelle loro scelte estreme, da un lato dalla loro necessità quotidiana, ma dall'altro da soluzioni effimere, non importanti a volte ai fini della sopravvivenza, insomma non essenziali. E in questo costante elemento divergente, si snoda piano piano un finale drammatico che regala allo spettatore un irresistibile effetto sorpresa, tipico dei grandi film del passato alla Hitchcock. Grande plauso per il livello interpretativo degli attori e doveroso riconoscimento per questa pellicola di interesse culturale. Cosa posso aggiungere altro? Capolavoro !!!
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marbus
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martedì 16 ottobre 2012
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e' stato ciprì
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Come potrebbero essere eventuali pronipoti dei personaggi di "Brutti sporchi e cattivi " di Ettore Scola? Esattamente come i protagonisti dell'esordio da solista di Daniele Ciprì che, archiviate (anche se non del tutto ) le trovate folli e disturbanti dei film in bianco e nero e senza donne diretti con Franco Maresco , ci narra una storia - quella della famiglia Ciraulo - contestualizzata ai giorni nostri ma che potrebbe andare bene per qualsiasi epoca, ambientata a Palermo , ma che potrebbe essere ben adatta per ogni città (infatti è girata a Brindisi. e i protagonisti sentono Nino D'Angelo), perchè la storia di una mentalità.
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Come potrebbero essere eventuali pronipoti dei personaggi di "Brutti sporchi e cattivi " di Ettore Scola? Esattamente come i protagonisti dell'esordio da solista di Daniele Ciprì che, archiviate (anche se non del tutto ) le trovate folli e disturbanti dei film in bianco e nero e senza donne diretti con Franco Maresco , ci narra una storia - quella della famiglia Ciraulo - contestualizzata ai giorni nostri ma che potrebbe andare bene per qualsiasi epoca, ambientata a Palermo , ma che potrebbe essere ben adatta per ogni città (infatti è girata a Brindisi. e i protagonisti sentono Nino D'Angelo), perchè la storia di una mentalità. La ricchezza deriva dall' esplosione della miseria e dell'esasperazione , gli affetti (specialmente quelli familiari) sono contiunamente messi in discussione in nome della più becera convenienza. E il bello è che tutto ciò fa anche molto ridere. Il romanzo di Aiajmo è continuamente filtrato e infettato da tocchi sqiusitamente "cipirìmareschiani" (si vedano i personaggi dell'avvocato forforoso e dell'ex tassista riciclatosi come strozzino , con il gioco di macchina che fa sempre passare un treno ogniqualvolta quest'ultimo spiega le proprie terribili "condizioni"). Toni Servillo , a metà tra il laido e il tenero , è eccezionale e riesce nel quasi impossibile intento di andare sopra le righe ma con misura. Per chi vuol vedere un Cinico Cinema, non indulgente con i poveracci.
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spike
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venerdì 12 ottobre 2012
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buono ma il libro...
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Buon film, specialmente per l'interpretazione degli attori, ma il libro è decisamente più divertente: la scena dell'arrivo dei carabinieri sul luogo del delitto è fantastica e molto cinematografica, peccato non averla girata.
Storia attuale sull'ignoranza della gente che fatica ad arrivare a fine mese ma si indebita per fare la bella vita...
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moulinsky
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martedì 9 ottobre 2012
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ciprì vs ciprì
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L'estetica del brutto applicata a una storia "vera" palermitana girata a Brindisi con la colonna sonora di Nino D'Angelo. Come a dire, paese che vai italiano (lo stesso) che trovi. I nuovi Mostri di Ciprì ormai sono la parodia di se stessi in canotta e peli superflui, buoni per la pars destruens dei quindici minuti serali su Rai 3 non abbastanza per costruire un'ora e mezza di cinema inseguendo le affabulazioni del figlio ritardato di famiglia scombinata in quartiere di miserabili che sugli espedienti, mafia inclusa, costruisce la sua (s)fortuna. Sarà vero o no, interessa poco, come stare a indagare chi sia il vecchio con aria da profeta dei bassifondi che osserva muto il susseguirsi della vicenda o la bambina incupita da tanta presaga malinconia.
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L'estetica del brutto applicata a una storia "vera" palermitana girata a Brindisi con la colonna sonora di Nino D'Angelo. Come a dire, paese che vai italiano (lo stesso) che trovi. I nuovi Mostri di Ciprì ormai sono la parodia di se stessi in canotta e peli superflui, buoni per la pars destruens dei quindici minuti serali su Rai 3 non abbastanza per costruire un'ora e mezza di cinema inseguendo le affabulazioni del figlio ritardato di famiglia scombinata in quartiere di miserabili che sugli espedienti, mafia inclusa, costruisce la sua (s)fortuna. Sarà vero o no, interessa poco, come stare a indagare chi sia il vecchio con aria da profeta dei bassifondi che osserva muto il susseguirsi della vicenda o la bambina incupita da tanta presaga malinconia. Il televisore sempre acceso ma fuori sintonia diventa emblema di una sceneggiatura che ingarbuglia e poi sbroglia con troppa facilità, dove le figure agli snodi della storia - ancora un usuraio amico-di-famiglia, il cugino belloccio stereotipato boss in fieri, il prete avido, la cassiera felliniana, la nonna deus-ex-Mercedes che risolve a modo suo ristabilendo il diritto ancestrale alla sopravvivenza familiare - cadono come la forfora a grana grossa dai capelli dell'avvocato strabico in forma Cinico TV. Più dell'auto, desiderata posseduta benedetta coccolata ed esposta, che insieme alla lira (meglio sarebbe stato allora dire sempre "i piccioli") identifica per modello una stagione e sottrae alla parabola di ascesa sociale e rovina morale dei Ciraulo il valore universale che è di ogni presunta favola, ora sì buona solo per il sordomuto che non può ascoltare né narrarla ad altri, solo un altro incidente nella quotidiana ripetizione all'errore di ogni generazione ed esistenza che prova a elevarsi dalla iniziale e irremovibile condizione di partenza. Che non è un graffio né la ruggine del tempo ma la Legge stessa del Mercato a togliere valore a ogni bene presunto tale, come sarebbe il Sapere (le coordinate bancarie) se non fosse scientemente precluso a rendere forse possibile un'emancipazione. Per questo amiamo di più i perdenti di Cinico TV, portatori non di basse aspirazioni al modello consumistico condiviso ma di una rassegnata umanità altra che quel modello rivela, con la forza di un rutto o di una scoreggia, in tutta la sua precaria insulsa tracotanza.
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ctizen k
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martedì 9 ottobre 2012
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daniele ciprì fa centro anche senza maresco
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Ciprì fa ancora una volta centro anche senza Maresco. In questo film racconta la" piccola" Sicilia, con i suoi problemi e le sue regressioni, un destino tragico e crudele porterà la famiglia Ciraulo alla disperazione. Come in ogn film dell'ex duo troviamo sempre il cinismo e il tragicomico, il film ha un ritmo intenso, attori formidabili come il grande Toni Servillo. Finalmente un film di cui l'Italia e non solo deve andarne fiera
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alex2044
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venerdì 5 ottobre 2012
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imperfetto ma con genio
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C'è del genio in questo film. Un film imperfetto ma intrigante. Grottesco ma anche tenero . A colori ed in bianconero. Feroce e delicato. Un mezzo voto in più per gli attori ,tutti straordinari. In sostanza non è un capolavoro ma un ottimo film.
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carlos90
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mercoledì 3 ottobre 2012
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bella fotografia, attori bravissimi ma...
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premetto che se il film fosse stato girato in dialetto brindisino e non in siciliano cinematografico avrebbe avuto più incisività e freschezza. il film nella sostanza l'ho trovato un po' "pigro" nel senso che troppo spesso la sceneggiatura zoppicava vistosamente. soggetto interessante si, ma personaggi e storia un po' ripetitivi e caricaturali, senza nulla togliere alla bravura degli attori. il finale non mi ha convinto anzi, l'ho trovato forzato. quel lungo monologo della vecchia mi è parso assolutamente senza appiglio narrativo. bellissima fotografia.
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