pepito1948
|
martedì 19 marzo 2013
|
la vita dell'altra
|
|
|
|
Siamo nella DDR, nel decennio che precede la caduta del Muro di Berlino. In un Ospedale di campagna si ritrovano Barbara, medico destinata a quella sede periferica per aver osato chiedere il permesso di espatrio, e Andrè, chirurgo dal passato pesante per un errore professionale di cui sta scontando le conseguenze. Due vite in qualche modo compromesse, che cercano di fronteggiare come possono gli esiti di accadimenti imprevisti, in una società dove tutto è pianificato e controllato, dove scegliere liberamente è un azzardo pericoloso, dove occhi e orecchie sono sempre in allerta per “riferire” e ogni attività o atto anomalo rispetto alle regole imposte dal Potere è soggetto a rapporto.
[+]
Siamo nella DDR, nel decennio che precede la caduta del Muro di Berlino. In un Ospedale di campagna si ritrovano Barbara, medico destinata a quella sede periferica per aver osato chiedere il permesso di espatrio, e Andrè, chirurgo dal passato pesante per un errore professionale di cui sta scontando le conseguenze. Due vite in qualche modo compromesse, che cercano di fronteggiare come possono gli esiti di accadimenti imprevisti, in una società dove tutto è pianificato e controllato, dove scegliere liberamente è un azzardo pericoloso, dove occhi e orecchie sono sempre in allerta per “riferire” e ogni attività o atto anomalo rispetto alle regole imposte dal Potere è soggetto a rapporto. Barbara ha un contatto con l’Ovest da cui riceve denaro per un suo progetto segreto. Andrè si getta nel lavoro e segue con particolare dedizione i pazienti affidatigli, spinto dai sensi di colpa per una maledetta distrazione che non si perdona, concentra quel poco di libertà di movimento di cui gode in un piccolo laboratorio interno all’Ospedale dove sperimenta ed approfondisce. Barbara è costantemente sotto vigilanza e subisce passivamente ispezioni anche fisiche dalla STASI. L’incuriosito Andrè e la diffidente Barbara cominciano a convergere, si aprono cautamente, si attenuano le barriere psicologiche di lei finchè l’irrompere in Ospedale di una ragazza ribelle ed in fuga da un lager spariglia i giochi e costringe Barbara a rivedere i piani del suo immediato futuro.
Dopo La vita degli altri, capolavoro assoluto che descrive magistralmente il clima plumbeo e soffocante del sistema sociale vigente nella Germania comunista, in cui tuttavia non erano assenti esempi di solidarietà ed umanità tra le stesse file di chi quel rigido sistema dirigeva, il film del tedesco Christian Petzold riprende le atmosfere fosche di una cittadina di provincia di quel Paese, in cui una donna sospettata di voler fuggire all’estero ha sempre una macchina scura in sosta sotto casa e periodicamente viene sottoposta a controlli corporali da una funzionaria del regime. Anche in questo caso, in un contesto arido e bloccato, si innesta una storia fatta di sentimenti positivi -di attrazione, amore e solidarietà verso chi è ingiustamente colpito- che per contrasto con lo sfondo prorompe in primo piano e si impone sulle circostanze avverse, quasi a testimoniare che non c’è regime che riesca a distruggere la parte più nobile dell’uomo, pronta a germogliare anche nelle condizioni più difficili, come una pianta nel deserto o un cappero nel cemento. Petzold rinuncia a dare alla vicenda umana dei due protagonisti risvolti netti e plateali, giocando molto sul contrasto dei colori e delle luci, dal cupo notturno delle stradine cittadine al verde intenso dei boschi, dal grigio trasandato degli interni dell‘Ospedale al chiarore lunare della spiaggia e del mare ondoso ma salvifico. Così come smorza la rilevanza espressiva dei dialoghi, asciutti e stringati come in tutta la filmografia improntata al realismo critico dell’Est. Forse qualche lentezza qua e là, ma comunque un film ben diretto e con una protagonista, Nina Hoss, perfetta in un ruolo in cui convivono le contraddizioni tra diffidenza, rigore, egoismo e slanci umanitari ed emotivi, la cui risultante, la rinuncia volontaria e consapevole, è il cardine tematico di fondo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|
|
d'accordo? |
|
renato volpone
|
sabato 16 marzo 2013
|
là dove non si può essere felici
|
|
|
|
Abbiamo ancora negli occhi le immagini della caduta del muro di Berlino, anche se ormai sono passati più di 23 anni, e questo film i ributta prepotentemente indietro nl tempo, dietro a quel muro. Un film che, con straordinaria delicatezza, ci racconta una storia avvenuta al di là di quel muro. Barbara è una dottoressa che da Berlino viene confinata nella più profonda provincia del nord, tenuta sotto controllo e oggetto di ripetute perquisizioni, anche corporali, umilianti. Donna colta e raffinata cerca la fuga e la ordisce con il suo innamorato, ma la campagna e l'ospedale del paese le riserveranno qualche sorpresa. Così, quel posto dove "non si può essere felici" diviene pieno di umanità e di emozioni.
[+]
Abbiamo ancora negli occhi le immagini della caduta del muro di Berlino, anche se ormai sono passati più di 23 anni, e questo film i ributta prepotentemente indietro nl tempo, dietro a quel muro. Un film che, con straordinaria delicatezza, ci racconta una storia avvenuta al di là di quel muro. Barbara è una dottoressa che da Berlino viene confinata nella più profonda provincia del nord, tenuta sotto controllo e oggetto di ripetute perquisizioni, anche corporali, umilianti. Donna colta e raffinata cerca la fuga e la ordisce con il suo innamorato, ma la campagna e l'ospedale del paese le riserveranno qualche sorpresa. Così, quel posto dove "non si può essere felici" diviene pieno di umanità e di emozioni. Barbara scostante e distaccata dovrà scegliere tra la libertà promessa e un sogno di felicità. Passerà tra le lacrime di una ragazza che fugge dal campo di lavoro minorile e la perduta memoria di un ragazzo che ha tentato il suicidio, passerà tra la sofferenza dei carnefici per non provarne pietà, ma capire che tutti siamo umani, passerà sotto gli occhi di Andre accomunata al suo destino, quegli occhi che brillano di vero amore. Un racconto che fa soffrire, che non capisci, ma i tasselli si compongono ad uno ad uno fino ad arrivare alla scelta che tutti noi sappiamo, che avremmo voluto desiderato perché la "libertà" è anche saper amare. Un grande film che con coraggio ci parla dei tempi della "Stasi", della libertà reclusa, di un Paese chiuso al resto un mondo e indietro di vent'anni. Ci parla di storie che non conoscevamo e che abbiamo subito dimenticato perché quel muro non era solo una canzone, ma una realtà dura che non bisognerebbe mai dimenticare, ma la memoria è sempre troppo corta. Bravi gli attori, stupenda Nina Hoss, meritatissimo l'Orso d'argento a Berlino per la regia, favolose le immagini di paesaggi e paesi incantati, ottima la ricostruzione teorica. Assolutamente da non perdere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a renato volpone »
[ - ] lascia un commento a renato volpone »
|
|
d'accordo? |
|
luanaa
|
lunedì 18 marzo 2013
|
regia piatta..contenuto valido
|
|
|
|
Come quasi tutti i film di Petzold...che hanno la caratteristica di presentare casi più che di narrarli.Casi che avrebbero una certa intensità..peccato però che la regia è estremamente piatta; quasi cronachistica. Il risultato è che guardandoli mai ci dimentichiamo che stiamo guardando una finzione.Forse è una caratteristica tedesca quella di non essere assolutamente ridondanti; di presentare dialoghi ridotti al minimo;suggerendo sentimenti introversi e pensieri profondi.Lontanissimo dallo stile melo'del "La vita degli altri";il racconto è qui più interiore. Si parla della convivenza nella protagonista di due anime e la scoperta di quello che si vuole davvero ossia l'abbandonarsi emotivamente(Barbara parla di se stessa come di una persona senza emozioni)a una dimensione più semplice ma forse più ricca in questo senso.
[+]
Come quasi tutti i film di Petzold...che hanno la caratteristica di presentare casi più che di narrarli.Casi che avrebbero una certa intensità..peccato però che la regia è estremamente piatta; quasi cronachistica. Il risultato è che guardandoli mai ci dimentichiamo che stiamo guardando una finzione.Forse è una caratteristica tedesca quella di non essere assolutamente ridondanti; di presentare dialoghi ridotti al minimo;suggerendo sentimenti introversi e pensieri profondi.Lontanissimo dallo stile melo'del "La vita degli altri";il racconto è qui più interiore. Si parla della convivenza nella protagonista di due anime e la scoperta di quello che si vuole davvero ossia l'abbandonarsi emotivamente(Barbara parla di se stessa come di una persona senza emozioni)a una dimensione più semplice ma forse più ricca in questo senso.C'è più di un passaggio in cui viene sottolineato il contrasto col lusso..qualcosa di esteriore.. di una vita all'ovest.Abbandono legato anche al Sacrificio; Sacrificio che è sempre presente in una scelta importante.Insomma alla fin fine un forte discorso Etico:molto tedesco! Questa presa di coscienza in Barbara avverrà attraverso il confronto trasformativo con la scelta consapevole dell'altro medico.Dare un Senso alla propria Vita implica Sempre un discorso Morale:ancora molto, molto tedesco!! Peccato che questa regia ellittica;lenta ma soprattutto di stile televisivo non sia proprio cinematograficamente "saporita" e sfiori la noia. P.S. forse la serie dell'ispettore Derrick era più coinvolgente!!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luanaa »
[ - ] lascia un commento a luanaa »
|
|
d'accordo? |
|
donni romani
|
lunedì 18 marzo 2013
|
le emozioni sopite ai tempi della stasi
|
|
|
|
Una prigione fisica e morale quella della Germania dell'Est Anni 80 descritta da Christian Petzold, che sceglie un percorso narrativo metaforico, fatto di sottintesi, di silenzi e sguardi più che denunce e accuse, e per farlo sceglie come protagonista una donna colta, elegante, coraggiosa, medico pediatra di professione che ha come unica colpa il volersi trasferire all'Ovest e per questo viene confinata in un piccolo paese di campagna, in una casa squallida e disadorna, a lavorare in un ospedale dove manca quasi tutto e sottoposta ad umilianti perquisizioni corporali se si assenta per qualche ora. La vita per Barbara è talmente arida così costretta in limiti fisici, sociali, culturali ed emotivi che lei stessa si chiude, si isola, evita qualunque contatto anche con i colleghi, anche se Andre, medico appassionato e scrupoloso, anche lui a suo modo esiliato dal grande circuito ospedaliero di Berlino per un vecchio errore, tenta in ogni modo di instaurare un rapporto con lei, umano e professionale.
[+]
Una prigione fisica e morale quella della Germania dell'Est Anni 80 descritta da Christian Petzold, che sceglie un percorso narrativo metaforico, fatto di sottintesi, di silenzi e sguardi più che denunce e accuse, e per farlo sceglie come protagonista una donna colta, elegante, coraggiosa, medico pediatra di professione che ha come unica colpa il volersi trasferire all'Ovest e per questo viene confinata in un piccolo paese di campagna, in una casa squallida e disadorna, a lavorare in un ospedale dove manca quasi tutto e sottoposta ad umilianti perquisizioni corporali se si assenta per qualche ora. La vita per Barbara è talmente arida così costretta in limiti fisici, sociali, culturali ed emotivi che lei stessa si chiude, si isola, evita qualunque contatto anche con i colleghi, anche se Andre, medico appassionato e scrupoloso, anche lui a suo modo esiliato dal grande circuito ospedaliero di Berlino per un vecchio errore, tenta in ogni modo di instaurare un rapporto con lei, umano e professionale. Sarà l'arrivo di Stella, adolescente incinta scappata da una casa correzionale a fungere da tramite fra i due, facendo riemergere l'umanità di Barbara che prende a cuore le vicende della ragazzina inorridita dal luogo dove è detenuta. Ma Barbara sta preparando insieme al suo compagno - che di nascosto ogni tanto la raggiunge da Berlino - la fuga verso la Danimarca, su una piccola barca di notte e proprio il giorno della fuga Stella si presenta a casa di Barbara dopo essere scappata per l'ennesima volta, e un ragazzo attende che lei gli pratichi l'anestesia per un intervento delicato, e Andre le dimostra i suoi sentimenti con un bacio e tutto viene rimesso in discussione... diciamo subito che la "scelta di Barbara" si intuisce molto prima di quando la stessa protagonista la metterà in atto, non è quindi della suspence che Petzold andava in cerca, ma di un'atmosfera inquieta pur nell'idilliaca campagna, di una disillusione e di una rabbia esistenziale che si sciolgono di fronte alle umane sofferenze e alla riscoperta di legami e confronti umani semplici che forse il suo compagno non offre più a Barbara, di un percorso umano più che politico, di una scelta fin troppo scontata pur nell'algido silenzio in cui matura. Non si può dire che il film deluda, ha un percorso emotivo delicato e intimo che sia pure con pudore denuncia lo stato di terrore in cui una persona controllata dalla Stasi viveva quotidianamente, ma di sicuro una certa lentezza appesantisce la trama e alcune scene sono poco risolte o poco riuscite al di là della recitazione e della sceneggiatura. Un film sottovoce si potrebbe dire, in cui sentimenti personali, verità storiche e considerazioni etiche restano gradevoli bozzetti invece di divenire un'opera limata e illuminata.
[-]
[+] non è corretto raccontare la trama...
(di luanaa)
[ - ] non è corretto raccontare la trama...
|
|
[+] lascia un commento a donni romani »
[ - ] lascia un commento a donni romani »
|
|
d'accordo? |
|
ennas
|
mercoledì 27 marzo 2013
|
scelte di confine
|
|
|
|
La richiesta di un permesso di soggiorno all’ovest: un motivo sufficiente per essere spediti “al confino “, all’estrema periferia del paese , al lavoro in un piccolo e sperduto ospedale : questo elemento d’avvio del film “ La scelta di Barbara “ fornisce già il senso brutale di un sistema coercitivo. Barbara è una pediatra di Berlino est negli anni ’80, prima della caduta del muro.
[+]
La richiesta di un permesso di soggiorno all’ovest: un motivo sufficiente per essere spediti “al confino “, all’estrema periferia del paese , al lavoro in un piccolo e sperduto ospedale : questo elemento d’avvio del film “ La scelta di Barbara “ fornisce già il senso brutale di un sistema coercitivo. Barbara è una pediatra di Berlino est negli anni ’80, prima della caduta del muro. Il suo arrivo nell’ospedale dove è stata dirottata ci introduce in un clima di sospetto : Barbara guardinga e diffidente , si mantiene gelida e distante da tutto e da tutti, osservata da persone immerse a loro volta in questo clima paranoico. I nemici possono essere ovunque anche dietro un sorriso affabile, anche all’interno di un appartamento squallido e spoglio. Solo una persona – Andrè il primario dell’ospedale- sembra far eccezione a questo clima mostrando verso Barbara una curiosità umana tendente alla ricerca di un approccio : sarà anch’esso una spia ?
Barbara deve difendere una scelta di vita come un segreto minaccioso: ha un amore che vive oltre il muro, all’ovest e sta preparando per lei una fuga clandestina, una prospettiva pericolosa da occultare in tutti i suoi risvolti e preparativi.
La riflessione del cinema tedesco su questi temi ci ha regalato altri film tra i quali il memorabile e magistrale “Le vite degli altri” : Christian Petzold con questo film sceglie uno stile più intimista e sommesso, molto incentrato sull’ambientazione, i luoghi, la natura e sul personaggio Barbara che una Nina Hoss molto bella ed espressiva rende in modo magnifico. Le sue volate in bicicletta in una natura ventosa e suggestiva sono sequenze di grande fascino visivo. Bravo anche il pacioso e sensibile Andrè ( Ronald Zherfeld ): anche lui, per un errore di ricercatore sconta in quell’ospedale un proprio “confino “ e la sua attrazione per l’enigmatica dottoressa darà impulso non secondario alla metamorfosi di Barbara.
La ragazza viene suo malgrado pressata dai problemi di due giovani pazienti : Stella, detenuta
giovanissima e incinta e un giovane che ha tentato il suicidio, anch’essi vittime di un sistema totalizzante che ne imprigiona le vite. Avvicinandosi la data fissata per la fuga, Barbara non può più prescindere dalle vite di questi pazienti e da un amore che nasce: la sua scelta non riguarderà più soltanto lei e il suo compagno che l’aspetta all’ovest.
Questa figura di donna rende perfettamente l’idea di una creatura braccata, calata in un’atmosfera di minacciosa sospensione ricattatoria. L’intera storia si snoda verso un epilogo un po’ scontato nella successione degli eventi e questo è il limite del film: ci si aspetta quanto accadrà dopo ad ogni passo : niente fiato sospeso, in un ritmo un pò lento verso una prevedibile conclusione.
Nonostante ciò il film di Christian Petzold per me certamente un buon film sicuramente da vedere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a ennas »
[ - ] lascia un commento a ennas »
|
|
d'accordo? |
|
linus2k
|
giovedì 21 marzo 2013
|
un buon film con un pessimo titolo!
|
|
|
|
Germania dell'Est, inizi anni '80, provincia. Non una situazione molto comune cinematograficamente, sicuramente interessante per scrutare e conoscere una parte della Storia recente europea non molto raccontata...
Barbara è una chirurga pediatrica costretta a trasferirsi da Berlino Est in un ospedale di periferia per aver chiesto un soggiorno all'estero, e nutre la speranza di scappare presto dal regime socialista per vivere una storia d'amore piena e libera in un Paese occidentale.
La nuova realtà di provincia la porterà a confrontarsi con la parte più meschina e cupa del regime, con quello strisciante e diffuso senso di controllo sugli altri, di spie, di ricerca di vantaggi attraverso collaborazioni con il potere, conoscerà situazioni difficili come quella della giovane Stella, in stato di gravidanza e chiusa in un centro di lavoro e la storia di Andre, collega medico dal passato professionale difficile e dal presente altrettanto complesso.
[+]
Germania dell'Est, inizi anni '80, provincia. Non una situazione molto comune cinematograficamente, sicuramente interessante per scrutare e conoscere una parte della Storia recente europea non molto raccontata...
Barbara è una chirurga pediatrica costretta a trasferirsi da Berlino Est in un ospedale di periferia per aver chiesto un soggiorno all'estero, e nutre la speranza di scappare presto dal regime socialista per vivere una storia d'amore piena e libera in un Paese occidentale.
La nuova realtà di provincia la porterà a confrontarsi con la parte più meschina e cupa del regime, con quello strisciante e diffuso senso di controllo sugli altri, di spie, di ricerca di vantaggi attraverso collaborazioni con il potere, conoscerà situazioni difficili come quella della giovane Stella, in stato di gravidanza e chiusa in un centro di lavoro e la storia di Andre, collega medico dal passato professionale difficile e dal presente altrettanto complesso.
In questa esperienza Barbara si trova a confrontarsi anche con il suo sentimento, con la sua missione professionale, dovendo quindi capire quali siano davvero per lei le basi irrinunciabili della sua vita...
Vincitore dell'Orso d'Argento all'ultimo festival del cinema di Berlino, "La scelta di Barbara" è raccontata in maniera secca, quasi con appiglio televisivo (ammetto che per ambientazione e tipo di narrazione mi sono giunti alla memoria le storie di "Amico mio", vecchio sceneggiato della Rai), impreziosita da una fotografia dai colori intensi e da una recitazione scarna e convincente.
Di certo uno degli aspetti più interessanti del film è l'ambientazione ed il clima umano, quelle tende sempre chiuse, gli occhi bassi spesso alzati solo per "controllare" gli altri, la sensazione di essere costretti ad una guerra tra poveri per ottenere quel privilegio in più... Da parte del regista non c'è sguardo severo su nessun personaggio, piuttosto sul regime socialista che rimane sospeso come un'atmosfera oppressiva.
La grossa, feroce critica che devo fare invece al film è riguardo ai cari, soliti adattatori di titoli italiani. Il titolo originale del film sarebbe stato "Barbara", semplice, chiaro, "neutro": purtroppo l'infelice traduzione italiana "La scelta di Barbara" suggerisce il finale già a metà del film. Era davvero necessario?
[-]
[+] amico mio???!!!
(di luanaa)
[ - ] amico mio???!!!
|
|
[+] lascia un commento a linus2k »
[ - ] lascia un commento a linus2k »
|
|
d'accordo? |
|
theophilus
|
venerdì 29 novembre 2013
|
barbara, sogno di ciò che non è stato
|
|
|
|
BARBARA
Forse la nostra critica andrà del tutto fuori misura, ma, a dispetto di molte cose che accadono nel film, delle parole messe in bocca alla protagonista, di alcune immagini crude che non lasciano spazio ad indulgenze, in Barbara abbiamo respirato un’atmosfera di nostalgia.
Ambientato nella Germania Est del 1980, ma girato ai nostri giorni, il film sembra osservare con occhio critico la distanza degli oltre 30 anni che ci separano da quel periodo. C’è una rivalutazione estetica di quei momenti, visti, come già altri hanno fatto notare, non attraverso una scelta di colori freddi e bluastri che avrebbero indotto in chi guarda un appesantimento automatico del giudizio negativo.
[+]
BARBARA
Forse la nostra critica andrà del tutto fuori misura, ma, a dispetto di molte cose che accadono nel film, delle parole messe in bocca alla protagonista, di alcune immagini crude che non lasciano spazio ad indulgenze, in Barbara abbiamo respirato un’atmosfera di nostalgia.
Ambientato nella Germania Est del 1980, ma girato ai nostri giorni, il film sembra osservare con occhio critico la distanza degli oltre 30 anni che ci separano da quel periodo. C’è una rivalutazione estetica di quei momenti, visti, come già altri hanno fatto notare, non attraverso una scelta di colori freddi e bluastri che avrebbero indotto in chi guarda un appesantimento automatico del giudizio negativo. Quella era stata la visione offerta da Das Leben des anderen, “Le vite degli altri”, il drammatico lungometraggio d’esordio del regista Florian Henckel von Donnersmarck, uscito nelle sale nel 2006. La scelta del regista Christian Petzold è, in questo senso, forse più coraggiosa. Al pubblico ignaro dello svolgersi degli avvenimenti è offerta una maggiore libertà di sintonizzarsi storicamente con quegli anni attraverso uno sguardo d’epoca, neutro, non già segnato dall’analisi storica e dalla condanna politica fatta a posteriori. Le tinte che colorano il film sono, infatti, calde, accoglienti e sembrano voler mettere a repentaglio la pressoché universale pena morale inflitta a quella stagione.
Ciò premesso, riteniamo del tutto inappropriato l’accostamento fatto da alcuni fra le due storie. Se là assistevamo alla palingenesi di un potenziale aguzzino che consente alla vittima di salvarsi dalle grinfie di un regime spietato, in Barbara, la protagonista, tenuta sotto controllo dalla Stasi, col suo atteggiamento distaccato e scontroso non solo tiene a distanza chi vorrebbe entrare in sintonia con lei, ma, almeno all’inizio, allontana anche le simpatie del pubblico.
Quando si arriva alla fine della storia, il cui esito si delinea gradualmente con chiarezza, non si ha (almeno non l’ha avuta chi scrive) la sensazione che il regista e lo sceneggiatore abbiano inteso dare a “La scelta di Barbara” un taglio sentimentale. Abbiamo pensato piuttosto ad un riesame, meglio ad un ripensamento della coscienza critica, alla luce dell'attuale situazione politica europea e mondiale. Se questa chiave è corretta, è, non di meno, del tutto sotterranea, implicita, ma spiegherebbe in parte la differenza fra Le vite degli altri (girato nel 2006, in epoca pre-crisi) e Barbara. Non pensiamo che Christian Petzold abbia inteso rivalutare la stagione del comunismo, ma supponiamo, invece, che abbia cercato uno sguardo su come le cose sarebbero potute andare in presenza di una differente evoluzione storica.
Così, il sentimento che poco alla volta prende Andre, il primario che lavora con Barbara nell’ospedale pediatrico di un paese di provincia dove la donna è stata confinata, ha quel calore sincero ma discreto che dà un senso di sicurezza. Percezione, questa, sempre più estranea al nostro mondo occidentale, preso com’è fra le morse della crisi economico politica e una fragilità indotta dal consumismo che intacca anche i sentimenti. Oppure, quando Barbara s’incontra in una camera d’albergo col fidanzato, insieme al quale progetta la sua fuga via mare, abbiamo letto uno sguardo perplesso all’ipotesi prospettatale di una futura vita in Danimarca, in cui lui guadagnerà abbastanza per consentirle di stare a casa. Allo stesso modo, una vera immagine poetica si apre nella casa di Andre, ricca di cultura, libri, un pianoforte e un giardino arioso che offre una sensazione di serenità non edulcorata, anche questa molto distante dalla miseria spirituale in cui versa sempre più l’occidente.
Come dire? Sembra di essere dentro una fiaba di ricca miseria, tipica dei fratelli Grimm o di Andersen. Una fiaba in cui i cattivi in qualche modo saranno messi all’angolo. Poi, però, il libro si chiude e ci si sveglia da questo periodo ipotetico dell’irrealtà.
Bravi gl’interpreti, Nina Hoss e Ronald Zehrfeld.
Enzo Vignoli
20 luglio 2013.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a theophilus »
[ - ] lascia un commento a theophilus »
|
|
d'accordo? |
|
rita branca
|
lunedì 5 maggio 2014
|
“mai fidarsi dell’apparenza” di rita branca
|
|
|
|
La scelta di Barbara (2012) film di Christian Petzold con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Christina Hecke ed altri
Questo film, ambientato nella Germania ancora divisa, presenta Barbara, una misteriosa e bella dottoressa esiliata in un ospedale di provincia, punita, sembra, per aver osato chiedere il visto per lasciare la Germania Est e tenuta sotto stretto controllo e sottoposta a spiacevoli perquisizioni anche di carattere intimo. Nella nuova sede la donna è a disagio e cerca di nascondere il suo privato, per esempio gli incontri con un amante che si appresta a favorirne la fuga.
[+]
La scelta di Barbara (2012) film di Christian Petzold con Nina Hoss, Ronald Zehrfeld, Rainer Bock, Christina Hecke ed altri
Questo film, ambientato nella Germania ancora divisa, presenta Barbara, una misteriosa e bella dottoressa esiliata in un ospedale di provincia, punita, sembra, per aver osato chiedere il visto per lasciare la Germania Est e tenuta sotto stretto controllo e sottoposta a spiacevoli perquisizioni anche di carattere intimo. Nella nuova sede la donna è a disagio e cerca di nascondere il suo privato, per esempio gli incontri con un amante che si appresta a favorirne la fuga. Barbara chiaramente è scontenta dell’attuale destinazione e non lo nasconde, perché non la ritiene all’altezza delle sue aspirazioni e capacità professionali, pur essendo accolta con calore dai colleghi ed in particolar modo dal bravo André, subito colpito dal fascino della donna, sfuggente a tal punto da sembrare spigolosa e maleducata.
E’ algida e un po’ antipatica ma questa sua corazza impenetrabile sorprendentemente svanisce quando si ritrova a trattare casi disperati, al punto che, quando ormai tutto è stato preparato per la sua fuga e finalmente può lasciare un contesto che detesta, succede qualcosa d’imprevisto.
Il film, caratterizzato dalla bella fotografia e da una convincente interpretazione dei protagonisti, presenta sequenze di alta tensione che rendono efficacemente l’idea di regimi totalitari.
Rita Branca
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rita branca »
[ - ] lascia un commento a rita branca »
|
|
d'accordo? |
|
pensierocivile
|
martedì 26 marzo 2013
|
la finzione dell'interpretazione
|
|
|
|
La cosa più riuscita del film è l'ambientazione, l'oppressione morale e psicologica, nonché fisica che la protagonista è costretta a subire. La stessa austerità degli ambienti poi si ripercuote nel volto di questa donna che non sorride mai, se non nei pochi attimi di sesso rubati alla finzione della vita. LA SCELTA DI BARBARA è un gioco di finzioni, si interpretano ruoli per uno scopo, ma al momento di scoprire le carte e mostrare il gioco, è la vita che chiede il conto a tutti, sia a chi vuole fuggire, sia a chi per mestiere adopera crudeltà e intransigenza. Dal punto di vista dello spettacolo, invece, si è di fronte al solito film tedesco, pallido in regia e talmente trattenuto e controllato da risultare a tratti freddo, troppo costruito e un po' pesante.
[+]
La cosa più riuscita del film è l'ambientazione, l'oppressione morale e psicologica, nonché fisica che la protagonista è costretta a subire. La stessa austerità degli ambienti poi si ripercuote nel volto di questa donna che non sorride mai, se non nei pochi attimi di sesso rubati alla finzione della vita. LA SCELTA DI BARBARA è un gioco di finzioni, si interpretano ruoli per uno scopo, ma al momento di scoprire le carte e mostrare il gioco, è la vita che chiede il conto a tutti, sia a chi vuole fuggire, sia a chi per mestiere adopera crudeltà e intransigenza. Dal punto di vista dello spettacolo, invece, si è di fronte al solito film tedesco, pallido in regia e talmente trattenuto e controllato da risultare a tratti freddo, troppo costruito e un po' pesante. Certo l'immersione nel periodo è totale, ma si fatica non poco.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pensierocivile »
[ - ] lascia un commento a pensierocivile »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
lunedì 18 marzo 2013
|
quando un sentimento umano ed etico supera l'inter
|
|
|
|
Film in cui si narra di una donna medico, di nome Barbara appunto, che svolge quotidianamente la sua attività presso un ospedale di un paesino di campagna della Germania dell'Est. Siamo pertanto all'epoca antecedente la caduta del Muro di Berlino dove l'ambiente e l'atmosfera che si respira ed in cui la protagonista vive giornalmente è quella caratterizzata dai controlli e dalle severe punizioni della polizia politica della Stasi. Tutto ciò la porta sempre di più ad organizzare un piano di fuga dal suo paese verso terre più liberali, quali la Danimarca, ed abbandonare definitivamente la sua pesante situazione, ormai divenuta insostenibile per lei e per tutti coloro che la condividono con lei.
[+]
Film in cui si narra di una donna medico, di nome Barbara appunto, che svolge quotidianamente la sua attività presso un ospedale di un paesino di campagna della Germania dell'Est. Siamo pertanto all'epoca antecedente la caduta del Muro di Berlino dove l'ambiente e l'atmosfera che si respira ed in cui la protagonista vive giornalmente è quella caratterizzata dai controlli e dalle severe punizioni della polizia politica della Stasi. Tutto ciò la porta sempre di più ad organizzare un piano di fuga dal suo paese verso terre più liberali, quali la Danimarca, ed abbandonare definitivamente la sua pesante situazione, ormai divenuta insostenibile per lei e per tutti coloro che la condividono con lei. Ma le varie vicende la porteranno alla fine a desistere dal suo programma scegliendo di favorire chi più di lei ha bisogno di un futuro e di un'esistenza di maggiore speranza. Una pellicola molto ben diretta con uno stile asciutto e preciso tanto da valerle meritatamente il premio dell'Orso d'argento al Festival di Berlino per, appunto, la regia. La trama è scarna, non ci sono exploits ma l'intento del regista è proprio quello di non rappresentare grossi avvenimenti bensì soltanto il clima estremamente pesante, caratterizzato dalla moltitudine di sospetti e di congiure e soprattutto dall'impossibilità di condurre un'esistenza di libero pensiero ed agire, che hanno dovuto purtroppo vivere tutti gli abitanti dell'ex Germania dell'Est. Ed egli vi riesce molto bene (sebbene non raggiunga la profondità e la perfezione dell'altra pellicola sua connazionale de "Le vite degli altri") ma costruendo ugualmente un film praticamente di nicchia che non fa assolutamente rimpiangere quei tempi bui e quanto mai assurdi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
|