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vanessa zarastro
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domenica 8 gennaio 2017
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i cattivi vincono
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Il film nasce con delle buone intenzioni perché mostra una vicenda in cui i cattivi possono anche farla franca, che succede molto raramente nei film americani.
Il ritratto, quindi, di una famiglia di agricoltori del tutto "scorretta" con figli viziati e madre/moglie connivente e complice, sarebbe potuto essere interessante. Peccato però che gli attori recitino così male, perfino Dennis Quaid di notevole esperienza e specializztosi in parti antipatiche, ha più o meno la stessa espressione in tutto il film. Probabilmente Ramin Bahrani è più bravo come sceneggiatore che come regista perché il film risulta noioso e sempre un pò sopra le righe.
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Il film nasce con delle buone intenzioni perché mostra una vicenda in cui i cattivi possono anche farla franca, che succede molto raramente nei film americani.
Il ritratto, quindi, di una famiglia di agricoltori del tutto "scorretta" con figli viziati e madre/moglie connivente e complice, sarebbe potuto essere interessante. Peccato però che gli attori recitino così male, perfino Dennis Quaid di notevole esperienza e specializztosi in parti antipatiche, ha più o meno la stessa espressione in tutto il film. Probabilmente Ramin Bahrani è più bravo come sceneggiatore che come regista perché il film risulta noioso e sempre un pò sopra le righe.
I tre componenti della famiglia (l'altro figlio è a scalare le vette lontano da lì) sono tutti estremamente antipatici e non si riesce propro a empatizzare con nessuno dei tre.
Oltre a ciò si riscontrano tutti i luoghi comuni della famiglia unita "a qualsiasi prezzo", della forza della terra nell'America agricola, e dei conflitti e incomprensioni generazionali.
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gianleo67
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lunedì 30 maggio 2016
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dramma rurale al...glifosato
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Rimasto l'unico figlio a doversi occupare della fattoria di famiglia, dopo la partenza del fratello maggiore, Dean Whipple è diviso tra gli obblighi verso un padre venale e arruffone e la sua passione per le auto da corsa. Dopo una cocente delusione agonistica ed i problemi commerciali dovuti all'avventatezza del genitore, cerca di reagire con risolutezza e convinzione, ma lo fa nel modo sbagliato e rischia di pagare un prezzo troppo alto. Sarà proprio il padre a venirgli in soccorso.
Continua l'epopea radical chich di Ramin Bahrani all'insegna di un ritratto in chiaroscuro delle moderne declinazioni del sogno americano, tra il mito country che si riconverte all'agonismo automobilistico e le spregiudicate strategie commerciali di una Corn Belt quale dominio incontrastato di agricoltori fraudolenti e multinazionali del geneticamente modificato.
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Rimasto l'unico figlio a doversi occupare della fattoria di famiglia, dopo la partenza del fratello maggiore, Dean Whipple è diviso tra gli obblighi verso un padre venale e arruffone e la sua passione per le auto da corsa. Dopo una cocente delusione agonistica ed i problemi commerciali dovuti all'avventatezza del genitore, cerca di reagire con risolutezza e convinzione, ma lo fa nel modo sbagliato e rischia di pagare un prezzo troppo alto. Sarà proprio il padre a venirgli in soccorso.
Continua l'epopea radical chich di Ramin Bahrani all'insegna di un ritratto in chiaroscuro delle moderne declinazioni del sogno americano, tra il mito country che si riconverte all'agonismo automobilistico e le spregiudicate strategie commerciali di una Corn Belt quale dominio incontrastato di agricoltori fraudolenti e multinazionali del geneticamente modificato. Il risultato però è una favoletta patetica e predicatoria in cui il classico conflitto generazionale ed il mito di un successo ottenuto per le vie brevi, finiscono per costituire i semplici specchietti per le allodole per la solita storia di tradimenti morali e solidarietà familistica che se da un lato battono un colpo al cerchio delle contraddizioni di una cultura rurale inquinata dal glifosato e dall'ingordigia dall'altro percuotono la botte di una malintesa virtù della connivenza e dell'omertà che giustifichino l'immancabile happy end di prammatica. Peccati mortali per un film indipendente che ricalca gli stilemi di un cinema Indie che almeno in un paio di occasioni vira verso l'elegia del sentimentalismo a tutti i costi (La God Bless America al rodeo delle Nascar, l'occultamento di cadavere che manco Cosa Nostra) e dall'altro ci propina i luoghi comuni più retrivi del plot di denuncia all'acqua di rose Made in L.A. (Promise Land) con attori di grido che scimmiottano i sornioni epigoni di una cattiva coscienza della profonda provincia del Midwest. Decisamente prevedibile nella sua progressione drammaturgica (se la prima tragedia è mancata, la seconda manco per niente), finisce per sprecare l'ottima ambientazione nelle immense distese di campi di grano e parchi eolici che si stagliano contro gli sconfinati orizzonti dell'Illinois (o era l'Iowa?) ottimamente fotografati da Michael Simmonds. Attori improponibili tra un Dennis Quaid tutte moine che manco il Mel Gibson de Il fiume dell'ira ed un Zac Efron bello e colpevole che gioca a fare il (James) Dean delle situazione ma a cui si perdona quasi tutto. Aridatece Marfa Girls. Nomination al Leone d'Oro al Festival di Venezia 2012.
Quando le colpe dei figli ricadono sui genitori.
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fabio1957
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giovedì 4 giugno 2015
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sufficiente
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Film non troppo originale e forse troppo americano per noi occidentali.Le questioni che solleva ci appartengono poco.Dennis Quaid è bravo come sempre,ma la storia non coinvolge
Appena sufficiente
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mauro lanari
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sabato 6 dicembre 2014
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ogm da indiewood
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Ancora con questo yankeecentrismo ambivalente, frappè fascinoso e terrifico, seducente e infernale, triste e agghiacciante sui Dean d'oggi e del secolo scorso, sempre a ravanare tra sogni e incubi dell'american way of life e sulla presunt'aura epica della sua provincia (profonda, mi raccomando, rurale, vi supplico, repubblicana, v'imploro), cogl'immancabili mostri delle saghe familiari, patriarcali e calviniste nascosti nei silos della fattoria e i coltivatori che cercano di perpetuare la colonizzazione dell'immaginario ex-collettivo e adesso globale. Ci voleva davvero un iraniano che rinvendisse cogl'OGM la melodrammatica cronaca di loser made in USA, il marcio statunitense, la crisi cronica d'una Nazione e del suo popolo? Non si potrebbe ottenere un'ingiunzione ch'obblighi la Fed o l'OMS dell'Indiewood a gettar via le matrici di simili pataccate o pannocchiate? Ha sfiancato pure gli States stessi (51% la media delle rece su RT, 33% quella del pubblico), e noi qui a fare la guardia al barile nel deserto in compagnia d'Ebert del Chicago Sun-Times ("Bahrani, the best new American director of recent years").
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Ancora con questo yankeecentrismo ambivalente, frappè fascinoso e terrifico, seducente e infernale, triste e agghiacciante sui Dean d'oggi e del secolo scorso, sempre a ravanare tra sogni e incubi dell'american way of life e sulla presunt'aura epica della sua provincia (profonda, mi raccomando, rurale, vi supplico, repubblicana, v'imploro), cogl'immancabili mostri delle saghe familiari, patriarcali e calviniste nascosti nei silos della fattoria e i coltivatori che cercano di perpetuare la colonizzazione dell'immaginario ex-collettivo e adesso globale. Ci voleva davvero un iraniano che rinvendisse cogl'OGM la melodrammatica cronaca di loser made in USA, il marcio statunitense, la crisi cronica d'una Nazione e del suo popolo? Non si potrebbe ottenere un'ingiunzione ch'obblighi la Fed o l'OMS dell'Indiewood a gettar via le matrici di simili pataccate o pannocchiate? Ha sfiancato pure gli States stessi (51% la media delle rece su RT, 33% quella del pubblico), e noi qui a fare la guardia al barile nel deserto in compagnia d'Ebert del Chicago Sun-Times ("Bahrani, the best new American director of recent years"). Gli si sarà imputridito il calendario, qualcuno l'aiuti ad aggiornarglielo. "Harvest" è del '72 e almeno dura solo quasi un terzo.
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andrea fratini
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giovedì 21 novembre 2013
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gli ogm fra il marcio del sogno americano
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Decisamente una sorpresa questo dramma che ci parla della riesumazione del sogno americano in una "geneticamente modificata" comunità dello Iowa, lo Stato del mais, dove la competizione e il capitalismo agrario portano alla disgregazione ogni senso di identità e di tradizione persino nel mondo rurale. Uno stranamente straordinario Dennis Quaid riesce a interpretare perfettamente la parte dell'ingenuo quanto senza scrupoli medio imprenditore che falsifica documenti e sementi, violando le regole delle società che hanno i diritti sugli OGM, entrando in conflitto con altre famiglie e finendo per commettere la più atroce delle vendette. Il ballo della festa del raccolto nel finale rappresenta la sordida e deprimente voglia di dimenticare i marci fatti e di andare avanti, avanti, sempre più avanti, in una sorta di sovrapproduzione che seppelisce tutto, sotto terra, in tutti i sensi.
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Decisamente una sorpresa questo dramma che ci parla della riesumazione del sogno americano in una "geneticamente modificata" comunità dello Iowa, lo Stato del mais, dove la competizione e il capitalismo agrario portano alla disgregazione ogni senso di identità e di tradizione persino nel mondo rurale. Uno stranamente straordinario Dennis Quaid riesce a interpretare perfettamente la parte dell'ingenuo quanto senza scrupoli medio imprenditore che falsifica documenti e sementi, violando le regole delle società che hanno i diritti sugli OGM, entrando in conflitto con altre famiglie e finendo per commettere la più atroce delle vendette. Il ballo della festa del raccolto nel finale rappresenta la sordida e deprimente voglia di dimenticare i marci fatti e di andare avanti, avanti, sempre più avanti, in una sorta di sovrapproduzione che seppelisce tutto, sotto terra, in tutti i sensi. E se nessuno per ora ne pagherà le conseguenze, la denuncia del film è chiara: l'arrivismo delle famiglie disgregate e assuefatte, la speculazione, la guerra del denaro che non risparmia nessuno, di fronte alle vecchie generazioni ormai silenti e spettatrici inerti di fronte al viaggio verso la nuova realtà
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peer gynt
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domenica 2 settembre 2012
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tragedia familiare fra le pannocchie
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Storia che mette in scena l'America rurale squadernando, secondo un copione già visto, ricorrenti tòpoi del cinema americano, quali il conflitto generazionale, la fuga dall'opprimente paese natìo, il mito della famiglia che deve restare unita costi quello che costi, il delitto senza castigo che è alla base di un grande successo personale e familiare. Per quanto ben girato e ben recitato, il film non avvince perché punta a raccontare con apparente sguardo neutro una vicenda che avrebbe beneficiato di un maggior coinvolgimento nella scrittura. Stilisticamente, poi, sembra che il regista voglia riallacciarsi all'atmosfera di certi classici degli anni '50 (quali ad es.
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Storia che mette in scena l'America rurale squadernando, secondo un copione già visto, ricorrenti tòpoi del cinema americano, quali il conflitto generazionale, la fuga dall'opprimente paese natìo, il mito della famiglia che deve restare unita costi quello che costi, il delitto senza castigo che è alla base di un grande successo personale e familiare. Per quanto ben girato e ben recitato, il film non avvince perché punta a raccontare con apparente sguardo neutro una vicenda che avrebbe beneficiato di un maggior coinvolgimento nella scrittura. Stilisticamente, poi, sembra che il regista voglia riallacciarsi all'atmosfera di certi classici degli anni '50 (quali ad es. East of Eden o Rebel without a cause). Ma Bahrani non è Kazan o Nick Ray, come e soprattutto Zac Efron non ha niente a che vedere con James Dean. Dennis Quaid ci mette tutto il suo impegno e ben figura, ma il film resta un prodotto passabile ma non memorabile.
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sabato 14 luglio 2012
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recensione mediocre del film at any price con zac.
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questo film at any price è decisamente mediocre,è già visto come film,la trama è già sentita,non è un film da concorso al festival del cinema di venezia perchè è un film monotono,con gli stessi ritmi e le stesse immagini anche se ancora non l'ho visto perchè non è uscito come film e non esiste ancora un trailer.Quindi deduco che At any price ha una trama leggemente scadente,tratta di un padre di famiglia un imprenditore agricolo che vuole che suo figlio faccia lo stesso ma suo figlio ha altri ideali,come quello di guidare in modo spericolato partecipando a delle gare clandestine e di corsa,l'attore in questione è zac efron e mi piace tantissimo,anche solo per lui mi seguirei il film,pur di guardare i suoi occhi azzurri e il suo viso.
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questo film at any price è decisamente mediocre,è già visto come film,la trama è già sentita,non è un film da concorso al festival del cinema di venezia perchè è un film monotono,con gli stessi ritmi e le stesse immagini anche se ancora non l'ho visto perchè non è uscito come film e non esiste ancora un trailer.Quindi deduco che At any price ha una trama leggemente scadente,tratta di un padre di famiglia un imprenditore agricolo che vuole che suo figlio faccia lo stesso ma suo figlio ha altri ideali,come quello di guidare in modo spericolato partecipando a delle gare clandestine e di corsa,l'attore in questione è zac efron e mi piace tantissimo,anche solo per lui mi seguirei il film,pur di guardare i suoi occhi azzurri e il suo viso.Concludo dicendo che non è assolutamente un film da mandare al festival del cinema di venezia perchè è un film indipendente,va bene da solo,ha una trama unica nell'insieme,quindi questa è la mia recensione.
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