gioinga
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sabato 26 novembre 2011
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uno spettacolo unico
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Non sono mai stato ad un balletto di Pina Bausch, ma devo dire che vederlo sullo schermo è stato splendido ed emozionante. Wenders, dopo il plof di Palermo Shooting, si è rialzato, tornando a fare cinema di grande qualità. Certo il taglio del film è indubbiamente documentaristico, ma mai banale o noioso, e alla fine il risultato è molto positivo. Il 3d convince, la fotografia, le musiche e la scenografia sono da incanto. Si resta ammaliati e turbati dalla potenza del teatro-danza di Pina Bausch che probabilmente, anche grazie a questo film, diventerà immortale. Grazie Pina e grazie Wim!
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2011
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l'epidermide digitale e l'origine della danza
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Il neologismo “rimediazione” sta a indicare il passaggio, la traslazione di un'immagine, di una rappresentazione da un medium all'altro. In questo film di Wim Wenders sulla coreografa tedesca Pina Baush abbiamo addirittura un intreccio, una tessitura vera e propria di rimediazioni. Il primo medium della rappresentazione è la danza, la quale trasla in quello del teatro, che a sua volta passa a quello del cinema, e a questo viene applicata la “rimediazione” della tecnologia digitale in 3 D. Abbiamo detto tessitura, perché non c'è un passaggio lineare dall'uno all'altro medium in modo ascendente, ma un intreccio dell'uno nell'altro, un essere di volta in volta l'uno rimediazione dell'altro.
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Il neologismo “rimediazione” sta a indicare il passaggio, la traslazione di un'immagine, di una rappresentazione da un medium all'altro. In questo film di Wim Wenders sulla coreografa tedesca Pina Baush abbiamo addirittura un intreccio, una tessitura vera e propria di rimediazioni. Il primo medium della rappresentazione è la danza, la quale trasla in quello del teatro, che a sua volta passa a quello del cinema, e a questo viene applicata la “rimediazione” della tecnologia digitale in 3 D. Abbiamo detto tessitura, perché non c'è un passaggio lineare dall'uno all'altro medium in modo ascendente, ma un intreccio dell'uno nell'altro, un essere di volta in volta l'uno rimediazione dell'altro. Ci sarebbe da considerare, però, anche altri intrecci mediatici. Ad esempio, quello del racconto orale, fatto dai ballerini della loro maestra non solo di danza, quanto anche di psicologia e vita. E quelli alla base della stessa danza della Baush. Pina parte dai gesti semplici della vita quotidiana e li mostra nella loro successione, ripetizione, finché non diventano danza, scena, teatro. O parte da immagini statiche che si fanno via via emozioni vive, passi, gesti, azioni pulsanti, attraversamenti e tagli dello spazio scenico, ritmo incalzante di situazioni emozionali modernamente ancestrali. E c'è una scena di “rimediazione” davvero geniale. Viene inquadrata la scatola di un teatro di marionette, la macchina da presa vi entra dentro e ci troviamo nel bel mezzo di un allestimento scenico in via di attuazione. Ma il film di Wenders porta il teatro-danza anche all'aperto, nelle strade, sotto i cavalcavia, su un vagone del metrò sospeso, e poi nei prati, nei boschi. Lo trasla, cioè, nella forma mediatica dello spettacolo di strada, la cui tradizione affonda nelle origini. L'origine non è dunque un punto storico X sepolto nel passato, ma una condizione sempre incombente sotto la pelle del presente e che può essere riattivata in determinate circostanze. E sono proprio quei ponti, quei cavalcavia, quelle monorotaie sospese a rappresentare visibilmente il passaggio, la traslazione da un medium all'altro. Il film si può vedere anche in 2 D, ovvero attraverso una proiezione tradizionale della pellicola, ma Wenders lo ha ideato e realizzato propriamente per il 3 D. Ma il 3 D, che sembra essere allora il medium finale attraverso il quale, dallo schermo e per mezzo degli appositi occhiali, noi riceviamo la rappresentazione, subisce a sua volata una “rimediazione”? Sembrerebbe di sì e proprio da parte della danza. Tecnicamente il 3 D reca ancora degli evidenti difetti, percepiti immediatamente dalla nostra vista. Ad esempio, l'effetto “pupazzetto insostanziale” che i corpi umani fanno, sopratutto se ripresi in campo lungo. Ora è proprio questa insostanzialità provocata dall'attuale epidermide digitale del 3 D che sembra singolarmente cogliere e restituire il vero aspetto della danza, ovvero quello della lievità eterea, quasi astratta dei concreti corpi umani in movimento. Non c'è dubbio che i tre spettacoli di Pina Baush qui rappresentati hanno una loro forza e originalità teatrale che conquista immediatamente e non ti lascia più. Altrettanto certo è che la rimediazione wendersiana le fa assumere una potenzialità ancora maggiore, proiettandola su uno spazio, quello del cinema, e in una dimensione, quella del 3 D, che ne esaltano le qualità narrative. Tanto che alla fine di quel paio di ore vorresti ci fosse qualche ultimo folgorante brandello da vedere ancora.
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riccardo76
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lunedì 21 novembre 2011
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un vortice di movimenti, espressioni ed emozioni
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La stereoscopia costituisce senza dubbio una delle più importanti innovazioni nel campo del cinema, tuttavia sono veramente pochi finora i registi che sono riusciti a sfruttare al massimo le potenzialità espressive di questa tecnica. Wenders è sicuramente tra questi, e ci riesce, non con un film ordinario, ma con un documentario su una forma d’arte, il teatrodanza, finendo a sua volta per comporre arte allo stato puro.
L’utilizzo del 3D diventa elemento essenziale alla riuscita del suo intento: portare l’arte di Pina Bausch nelle sale cinematografiche riuscendo a conservare l’emozione dell’esperienza vissuta dal vivo in un teatro.
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La stereoscopia costituisce senza dubbio una delle più importanti innovazioni nel campo del cinema, tuttavia sono veramente pochi finora i registi che sono riusciti a sfruttare al massimo le potenzialità espressive di questa tecnica. Wenders è sicuramente tra questi, e ci riesce, non con un film ordinario, ma con un documentario su una forma d’arte, il teatrodanza, finendo a sua volta per comporre arte allo stato puro.
L’utilizzo del 3D diventa elemento essenziale alla riuscita del suo intento: portare l’arte di Pina Bausch nelle sale cinematografiche riuscendo a conservare l’emozione dell’esperienza vissuta dal vivo in un teatro. Il cinema così si fa illusione, e proietta lo spettatore tra il pubblico di un teatro, dove grazie ad un sapiente gioco di inquadrature dal basso, il palcoscenico entra nella sala cinematografica con tutta la sua profondità e la sua concretezza.
Ma Wenders si spinge oltre, e rende lo spettatore partecipe di esperienze uniche, permettendogli di salire sul palco, e di condividere la dimensione dello spazio con gli occhi dei ballerini. Il pubblico diventa perciò spettatore privilegiato, offrendoglisi la possibilità di percepire la scena da diversi punti di vista.
Le meravigliose quanto innovative coreografie si fanno dunque concrete e si cimentano nella conquista dello spazio circostante, in un vortice di movimenti, espressioni, colori ed emozioni. Tuttavia, Wenders sembra ritenere ciò ancora insufficiente per esprimere appieno la grandezza di Pina; è allora che ci mostra tutta la potenza dell’arte di questa grande coreografa, talmente potente da abbattere i limiti del palcoscenico ed estendersi al di fuori, verso la conquista dello spazio esterno, tra ambienti naturali, quali giardini, e scenari urbani, come le strade della città, fino a raggiungere prospettive infinite di fabbriche e cave. Grandiosa, a tal proposito, è la fotografia, che fa di ogni elemento architettonico, anche quello apparentemente meno bello, un trampolino di lancio verso orizzonti infiniti.
Il film alterna poi alle scene di danza, interviste ad allievi e colleghi della Bausch, che aiutano a farci conoscere meglio questa grande coreografa, venerata da essi come una sorta di dea, o meglio, di sfinge, che elargiva consigli tanto preziosi quanto enigmatici, come: “continua a cercare...”.
Ciò che emerge alla fine è dunque il ritratto di una grandissima artista, raccontato attraverso la sua arte, vissuta sulla pelle dello spettatore.
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zoom e controzoom
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sabato 19 novembre 2011
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il cinema dentro la danza affascina i giovani
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L'aver potuto assaporare nei minimi particolari lo splendore del ballo, lo si deve, in questo film, al cinema. Quanto si perde stando fermi in una platea, quanto dei preziosi e ricercatissimi e studiatissimi fino all'esasperazione movimenti del corpo all'interno di un movimento del ballo ? Lo rivela la videocamera che, in "Pina" oltre alla grandezza della ballerina coerografa, ci porta così vicino da non accorgersi che tratteniamo anche noi il respiro mentre il movimento si compie. Splendida contrapposizione della staticità delle interviste, con l'interpretazione scenica che subito dopo, mette in gioco il ballerino/intervistato. Sono (purtroppo) capitata in mezzo ad una classe di adolescenti portati al cinema da una coraggiosa insegnante : al di là dei motivi d'ilarità comprensibili rispetto alla loro età, al di là dei cellulari che i genitori continuano a lasciare ai figli nemmeno andassero anzichè a scuola nella giungla, cellulari che erano il cordone ombelicale al quale corrispondevano per ogni richiamo, al di là di ciò, tutti quanti sono rimasti letteralmente senza respiro durante le scene di ballo; un silenzio nel quale era palpabile come quella bellezza ravvicinata, li stesse facendo concentrare totalmente in qualche cosa che oltre alla bellezza era sacrificio e studio.
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L'aver potuto assaporare nei minimi particolari lo splendore del ballo, lo si deve, in questo film, al cinema. Quanto si perde stando fermi in una platea, quanto dei preziosi e ricercatissimi e studiatissimi fino all'esasperazione movimenti del corpo all'interno di un movimento del ballo ? Lo rivela la videocamera che, in "Pina" oltre alla grandezza della ballerina coerografa, ci porta così vicino da non accorgersi che tratteniamo anche noi il respiro mentre il movimento si compie. Splendida contrapposizione della staticità delle interviste, con l'interpretazione scenica che subito dopo, mette in gioco il ballerino/intervistato. Sono (purtroppo) capitata in mezzo ad una classe di adolescenti portati al cinema da una coraggiosa insegnante : al di là dei motivi d'ilarità comprensibili rispetto alla loro età, al di là dei cellulari che i genitori continuano a lasciare ai figli nemmeno andassero anzichè a scuola nella giungla, cellulari che erano il cordone ombelicale al quale corrispondevano per ogni richiamo, al di là di ciò, tutti quanti sono rimasti letteralmente senza respiro durante le scene di ballo; un silenzio nel quale era palpabile come quella bellezza ravvicinata, li stesse facendo concentrare totalmente in qualche cosa che oltre alla bellezza era sacrificio e studio. La "bruttezza" della Baush o di altri danzatori, sollevava commenti, ma poi tutto scompariva ed è terminato in un applauso irrefrenabile come fossero stati in una platea teatrale. Bellezza della danza, ma grande merito anche del cinema.
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amici del cinema (a milano)
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giovedì 17 novembre 2011
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una bella doppia sorpresa
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Per me neofita della danza e di Pina Bausch (a parte la sua performance nel film di Almodovar) e' stata una bella sorpresa, anzi una doppia bella sorpresa... assaporare la visione concettuale della danza dell'artista tedesca e apprezzare la messa in scena cinematografica di Wenders.
Al contrario di quanto letto in giro non e' vero che e' un film noioso.. anzi in molti punti si percepisce una grande emozione, che sia quella cosi' dinamica e sensuale espressa dai corpi dei ballerini, o l'amore per Pina (gli occhi di Pina emergono in ogni frase) di Wenders e dei colleghi del corpo di ballo.
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Per me neofita della danza e di Pina Bausch (a parte la sua performance nel film di Almodovar) e' stata una bella sorpresa, anzi una doppia bella sorpresa... assaporare la visione concettuale della danza dell'artista tedesca e apprezzare la messa in scena cinematografica di Wenders.
Al contrario di quanto letto in giro non e' vero che e' un film noioso.. anzi in molti punti si percepisce una grande emozione, che sia quella cosi' dinamica e sensuale espressa dai corpi dei ballerini, o l'amore per Pina (gli occhi di Pina emergono in ogni frase) di Wenders e dei colleghi del corpo di ballo.
Lo spazio scenico cosi' moderno, compenetrato e sporcato dagli elementi della vita comune, la terra, le sedie, l'acqua e' davvero affascinante.
Per questo il film mi ha fatto venire (e questo e' un grande risultato) molta voglia di assistere ad uno spettacolo, magari Cafe' Muller o Full Moon, per capire se il fascino dell'opera rimane intatto (o ingigantito) oppure se e' la magia del cinema che a volte fa brillare piu' luminosi gli oggetti.
P.S. Con amici ieri sera ci chiedevamo quale fosse la città nella quale si esibiscono i ballerini (per alcuni penso fosse scontato)... e' Wuppertal (dove visse e mori' la Bausch) con la celebre "Schwebebahn" la ferrovia monorotaia che si vede nel film.
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katamovies
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giovedì 17 novembre 2011
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il film è discreto, ma magnifica è pina
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Ho per Pina Bauch una ammirazione e quasi un affetto profondi. La considero artista pura, la cui opera ha prodotto bellezza, e la bellezza è benefica: dà coraggio.
Ora, questo omaggio di Wim Wenders va preso per ciò che è, un omaggio appunto. Protagonista assoluta è la danza, la danza di Pina, raccontata attraverso gli spettacoli più noti e significativi e attraverso le parole dei ballerini che hanno lavorato con lei nella compagnia a Wuppental, in Germania. Per quanto mi riguarda, tanto è bastato per suscitarmi commozione, soprattutto con Cafè Muller e Kontacthof, che consiglio entrambi di vedere in versione integrale. Detto questo, Wim Wenders ci ha messo del suo nel taglio narrativo del film, con un impianto molto scarno, lavorando per sottrazione sia nelle scene che nelle parti parlate.
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Ho per Pina Bauch una ammirazione e quasi un affetto profondi. La considero artista pura, la cui opera ha prodotto bellezza, e la bellezza è benefica: dà coraggio.
Ora, questo omaggio di Wim Wenders va preso per ciò che è, un omaggio appunto. Protagonista assoluta è la danza, la danza di Pina, raccontata attraverso gli spettacoli più noti e significativi e attraverso le parole dei ballerini che hanno lavorato con lei nella compagnia a Wuppental, in Germania. Per quanto mi riguarda, tanto è bastato per suscitarmi commozione, soprattutto con Cafè Muller e Kontacthof, che consiglio entrambi di vedere in versione integrale. Detto questo, Wim Wenders ci ha messo del suo nel taglio narrativo del film, con un impianto molto scarno, lavorando per sottrazione sia nelle scene che nelle parti parlate.
Forse di Pina viene fatto un ritratto agiografico daisuoi ballerini, ma d'altronde la sua figura ha una dimensione spirituale molto affascinante.
Il film ha il pregio di essere visivamente rispettoso dell'estetica della Bauch, e fedele nelle ambientazioni delle performance.
L'ho visto in 2D, forse questo mi ha impedito di godermi appieno tutti i momenti, ma nel complesso di ha emozionato, a tratti commosso, è dunque riuscito nell'intento di omaggiare la grandezza di Pina. Ne consiglio la visione soprattutto a chi fa teatro e danza, perché Pina Bauch è l'ideatrice del concetto stesso di teatro-danza. Teatro danza che attualmente, almeno a mio modesto parere, viaggia su un binario morto, con coreografi che fanno gli epigoni degli epigoni, e che non sanno smarcarsi dai maestri. Soprattutto, che non sanno più parlare ad un pubblico più vasto. Motivo in più per conoscere e amare Pina, il cui lavoro ha settato i parametri della danza contemporanea in Europa.
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giul1a
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mercoledì 16 novembre 2011
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linguaggi
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Ogni modo di espressione ha il suo linguaggio specifico.
Il linguaggio del cinema in questo film è perfetto per raccontare la storia di Pina, della sua danza, dei sui ballerini delle loro emozioni, del loro stato di perenne ricerca...
Ma guardando i balletti ho avuto l'impressione, pur apprezzandone l'oggettiva bellezza, di non comprendere pienamente il linguaggio della danza di Pina. Forse un ballerino comprende anche quello e vive un esperienza completa con questo bellissimo film.
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ricci mariagrazia
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mercoledì 16 novembre 2011
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movimenti sospesi nell'aria e nel tempo
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Una fotografia incredibile.. un linguaggio corporeo che supera ogni verbalità, che fa sentire le emozioni quasi tangibili... etereità di corpi che si muovono inconsisteeeenti e che parlano alle anime!
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flyanto
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martedì 15 novembre 2011
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la danz come concepita da una grande artista
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Omaggio del regista Wim Wenders alla coreografa tedesca sua amica Pina Bausch, morta di cancro nel 2009. Attraverso le interviste ai componenti della sua compagnia ed alle performances teatrali degli stessi tratte dagli allestimenti dei suoi spettacoli, il film presenta e descrive la concezione che la Bausch aveva della danza e dell'arte in generale. Ottimo film su tutti i fronti. Per gli appassionati della danza, però.
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olgadik
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sabato 12 novembre 2011
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"danzare danzare sennò siamo persi"
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Non ho visto la versione in 3D, tecnica osannata in primis dalle stesso regista e poi da chi ne ha gustato l’effetto prodotto sullo spettatore dal sentirsi quasi insieme ai danzatori sulla pedana, cogliendo tutti i dettagli della coreografia. Ma, nonostante ciò, sono molto contenta di aver visto e sentito lo spettacolo, immedesimandomi col pensiero nello sguardo profondo, ora triste ora luminoso, della Bausch e a quanto di lei e della sua opera l’autore ha fatto rivivere. Nel contempo ho “ritrovato” il regista tedesco e la sua capacità di cogliere per immagini luoghi ed eventi particolari, offuscati nell’ultimo periodo un po’ pigro e vuoto di creatività. Qui c’è il miglior Wenders (Paris Texas, Lisbon story, il Cielo sopra Berlino) potenziato in espressività ed eleganza dal legame di amicizia o meglio di vera e propria corrispondenza che lo legava da circa un ventennio alla Pina B.
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Non ho visto la versione in 3D, tecnica osannata in primis dalle stesso regista e poi da chi ne ha gustato l’effetto prodotto sullo spettatore dal sentirsi quasi insieme ai danzatori sulla pedana, cogliendo tutti i dettagli della coreografia. Ma, nonostante ciò, sono molto contenta di aver visto e sentito lo spettacolo, immedesimandomi col pensiero nello sguardo profondo, ora triste ora luminoso, della Bausch e a quanto di lei e della sua opera l’autore ha fatto rivivere. Nel contempo ho “ritrovato” il regista tedesco e la sua capacità di cogliere per immagini luoghi ed eventi particolari, offuscati nell’ultimo periodo un po’ pigro e vuoto di creatività. Qui c’è il miglior Wenders (Paris Texas, Lisbon story, il Cielo sopra Berlino) potenziato in espressività ed eleganza dal legame di amicizia o meglio di vera e propria corrispondenza che lo legava da circa un ventennio alla Pina B. Quest’ultima negli anni ’70, parallelamente all’amico regista, rivoluzionò la danza, trasformandola in azione teatrale recitata e ballata, sfruttando tutte le possibilità espressive del corpo in un connubio originale di vari linguaggi, tanto da far parlare di lei come di una “creatrice d’arte”. Il film con lei e su di lei ha una incubazione lunghissima perché Wenders non si sentiva in grado di scendere nel profondo del lavoro dell’artista e perché alle prime prove realizzate mancavano il cuore e lo guardo della danzatrice, alla quale infatti non piacquero. Poi per caso nel 2009 il regista incontra il 3D, cioè il mezzo tecnico che gli permetteva di dare la giusta efficacia al suo documentario, esaltando la forza emozionale delle creazioni dell’amica. Ma quando mancavano solo due giorni alle prime registrazioni in 3D, la danzatrice-maestra viene improvvisamente a mancare. Sono poi stati i ballerini che formavano il suo corpo di ballo Tanztheater Wuppertal a non desistere da quello che sarebbe diventato un film con la Bausch, perché il suo spirito aleggiava ancora tra allievi e sodali, ma anche per la Bausch, rendendo omaggio alla sua memoria. L’opera è fatta di poche parole, come sarebbe piaciuto a Pina, che sono le frasi brevi dei suoi ballerini intervistati. Ci sono poi spezzoni di repertorio, ricordi, movimenti di danza, ambientati in angoli urbani di Wuppertal o nelle vicinanze en plein air. Nucleo centrale dell’opera sono però quattro coreografie tra le più famose dell’autrice: Cafè Muller, Le sacre du printemps, Vollmond, Kantakthof. A mio parere le più emozionanti sono le ultime due, sebbene una graduatoria sia difficile da effettuare. La unicità dello guardo della Bausch si fonda del resto su una preparazione multidisciplinare che le ha consentito il recupero di altre arti immesse nella sua con padronanza e scrupolo assoluto dei particolari minimi. Memorie artistiche di Caravaggio, di Dalì, di Magritte, insieme a memorie storiche della sua Germania, percorrono l’insieme della sua opera, accanto alla ricerca inesausta sugli elementi vitali del mondo (terra, acqua, rocce) e sulle capacità del corpo di esprimere sentimenti con ogni piccola parte di esso, a partire dai capelli delle danzatrici con vibrazioni a volte sottilissime. Solo un amico e i componenti della sua “famiglia” artistica potevano renderle questo forte e delicato omaggio senza lacrime, tutto da godere.
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[+] il ritorno di wenders
(di writer58)
[ - ] il ritorno di wenders
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