Cave of Forgotten Dreams

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Un film di Werner Herzog. Con Werner Herzog, Charles Fathy, Jean Clottes, Julien Monney, Jean-Michel Geneste.
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Documentario, durata 95 min. - Francia, Canada, USA, Gran Bretagna, Germania 2010. MYMONETRO Cave of Forgotten Dreams * * * * - valutazione media: 4,47 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   
carloalberto venerdì 8 ottobre 2021
herzog oltre le sue contraddizioni Valutazione 3 stelle su cinque
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 Per chi volesse approfondire un minimo, a seguito della visione del filmato, gli argomenti in esso toccati, segnalo un interessante intervista dell’archeologo ed esperto di arte paleolitica Jean Clottes, che pure compare nel documentario, rilasciata a Repubblica nel 2016, sul significato sciamanico delle pitture rupestri di Chauvet. Herzog gioca con le luci, usate come fiaccole preistoriche, per animare le figure di animali totemici dipinti sulle pareti della grotta. Il risultato è una suggestione emotiva che risveglia visioni ancestrali e per qualche attimo siamo in quella grotta e proviamo le stesse ineffabili sensazioni di quegli uomini senza linguaggio che utilizzavano i segni per comunicare con gli spiriti del mondo. [+]

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apropositodicinema domenica 15 novembre 2015
grazie, werner! Valutazione 5 stelle su cinque
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Un viaggio all’interno della Grotta Chauvet, in Francia, contenente i dipinti preistorici più antichi scoperti fin'ora, risalenti a 32000 anni fa. I documentari di Herzog non sono mai soltanto dei documentari, ma sono delle vere e proprie opere cinematografiche che incantano e fanno riflettere. La Grotta Chauvet è la più antica testimonianza dell’arte dell’uomo scoperta fin’ora, il luogo in cui l’animo umano sembra aver preso definitivamente vita per la prima volta. Herzog riflette su questo, contemplando le pitture all’interno della grotta lasciateci dai nostri antenati, accompagnando le splendide immagini con musiche che rendono la visione ancora più affascinante. Quello di Herzog è un elogio all’arte visiva, quella del passato così come quella odierna, che sembrano non essere molto differenti l’una dall’altra: i tempi cambiano, le tecnologie si sviluppano e i mezzi a disposizione si aggiornano, ma lo scopo dell'arte rimane sempre lo stesso e ancora oggi riusciamo a rimanere estasiati davanti a pitture rupestri di oltre 30 mila anni fa. [+]

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andrea alesci mercoledì 15 luglio 2015
l’immaginifico cammino dell’homo spiritualis Valutazione 4 stelle su cinque
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Ci voleva la suadente grazia documentaristica di Werner Herzog per farci compiere un viaggio di 30.000 anni nel nostro passato. Un viaggio nella valle dell’Ardèche per giungere al tempo in cui convivevano lupi, bisonti, mammut, orsi, rinoceronti, renne, cavalli, leoni, ibex. E uomini. Siamo trasportati nell’era del Paleolitico immergendoci con l’occhio privilegiato della telecamera nella grotta Chauvet, scoperta per caso nel 1994 dallo speleologo Jean-Marie Chauvet insieme a Éliette Brunel e Christian Hillaire.
 
Al cineasta tedesco è stato concesso un permesso speciale per filmare nel giro di pochi giorni l’interno di quella che è una vera e propria capsula del tempo. [+]

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fabian t. martedì 26 maggio 2015
capolavoro oltre i limiti di un documentario Valutazione 5 stelle su cinque
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Inutile, i capolavori si percepiscono immediatamente e non si ha bisogno di tante parole per definirne le qualità palesemente evidenti. Qui poi siamo di fronte al capolavoro nel capolavoro, un documentario - che è più di ciò che potrebbe sembrare - realizzato in uno dei luoghi più misteriosi, pregnanti ed evocativi della storia umana. Herzog riesce, pertanto, ad andare oltre la percezione visiva concedendo inestimabilmente allo spettatore un'esperienza, né più né meno, mistica e illuminante. Attraverso la sua regia, in definitiva, si avverte la sensazione di appartenere tutti a quella grotta e alle sue suggestioni parietali, luogo ancestrale dove ognuno di noi sembra trovare la propria origine e la propria essenza di creatura senziente, come in un intimo e universale ritorno a casa. [+]

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kondor17 sabato 5 aprile 2014
fantastico Valutazione 5 stelle su cinque
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Un documentario veramente unico. Un pezzo di storia sommersa, portato alla luce dalla visione e dalla inesauribile curiosità di Werner Herzog, accompagnato da una musica coinvolgente e da giochi di luci ed ombre che sembrano dar vita a graffiti rupestri di oltre 30.000 anni fa. Il contributo ed il confronto con ritrovamenti di grotte limitrofe, oltre al certosino lavoro di decine di scienziati, arricchisce poi il tutto, facendo immergere l'ignaro homo sapiens (noi, lui, chi altro?) in un brodo primordiale e temporale indefinito e immaginifico. Dove regna l'ipotesi, il sogno, l'immaginazione, liberandoci da schemi passati e futuri. Come in un tuffo nei meandri più profondi dell'io/ignoto, cammini sulla stretta passerella, testimone silenzioso di un tempo che è andato, ma che forse ritornerà. [+]

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riccardo tavani domenica 11 novembre 2012
la caverna del cinema preistorico Valutazione 5 stelle su cinque
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Il puro cinema è sempre immagine del mondo che mette in scena se stesso senza l’ausilio di una trama romanzata, di personaggi ed attori. Se Herzog ce lo ha dimostrato in più occasioni, qui ce ne dà un’altra magistrale prova. Nel 1994 lo speleologo Jean-Marie Chauvet, scopre una enorme grotta che prende poi il suo nome. È situata in Francia, lungo il fiume Ardèche e contiene quasi 500 pitture rupestri risalenti a 32000 anni fa. Stando alle conoscenze attuali, le più antiche mai ritrovate. Il crollo di una parete rocciosa aveva completamente sigillato l’ingresso della caverna, scattando, come dice Herzog, come un’istantanea fotografica a quella scena che rimane esattamente così com’era al momento del crollo. Il fascino della caverna è aumentato da colate di calcite, le quali, oltre a formare, uno spettacolare fondale di candide stalattiti e stalagmiti, riveste anche i resti ossei animali, come i crani di diversi orsi, rendendoli dei veri e propri oggetti d’arte vetrificati. In quell’epoca lo scenario geologico dell’Europa era radicalmente diverso da come è ora. Vi era uno strato di ghiaccio di circa 2500 metri di altezza, il livello del mare molto più basso e in Gran Bretagna si poteva arrivare a piedi, perché La Manica era secca. Oltre l’uomo preistorico c’erano cavalli, leoni, mammut. E proprio questi sono affrescati sulle pareti ondulate della caverna. Affrescati, però, con un geniale stile d’animazione cinematografica ante litteram. Ai quadrupedi sono disegnate molte più zampe, per simulare l’effetto della corsa. Se poi pensiamo che l’autore del disegno e i visitatori di allora illuminavano le pareti con torce (delle quali si vedono ancora i segni sulle pareti), lo scorrere della luce sull’insieme produceva davvero un effetto di movimento, che Herzog ci mostra, riproducendolo con le sue lampade per le riprese. Abbiamo detto autore perché si pensa sia uno solo. Su un ampio disco rotondo di roccia sono stati impressi numerosi palmi di mano. Tutti questi palmi hanno il dito mignolo storto. La stessa impronta, con lo stesso dito deformato, si trova in diversi altri punti dell’ambiente sotterraneo. Soprattutto il fascino che Herzog subisce e ci trasmette è quello della improvvisa vicinanza, anzi interiorità, che sentiamo con quest’uomo sepolto sotto gli strati più profondi della nostra corteggia cerebrale e genetica. Perché chiamarlo “Homo Sapiens”, si domanda uno studioso? No, era un uomo spirituale. Un antropologo fa emergere due tratti della sua sensibilità e spiritualità naturale, riassumibili in due concetti salienti: quello di fluidità e quello di permeabilità. Fluidità, perché non c’era per lui un confine rigido tra uomo, animali, acqua del fiume, vegetazione e quelle rocce imponenti. Permeabilità, perché lo spirito e la materia si compenetrano a vicenda e retro agiscono l’una sull’altro. La bellezza stilizzata di quei cavalli e di quei leoni, infatti, ci dice che non si tratta di una mera riproduzione della realtà esteriore, ma di una vera e propria produzione, creazione artistica di un senso interiore, di uno spirito comune del mondo. A un certo punto Herzog chiede all’equipe scientifica e alla sua troupe di fare completo silenzio, per ascoltare il battito, il respiro della caverna. Vuole far percepire anche a noi questo battito remoto, questo barlume di eternità che pulsa sprofondato ma mai spento nelle viscere della Terra come in quelle del nostro essere. Un’opera magistrale nella storia del genere documentario. [-]

[+] ottima recensione. solo una precisazione (di kondor17)
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max ferrarini lunedì 6 agosto 2012
uno sguardo luminoso sull'immensità della storia. Valutazione 4 stelle su cinque
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Il mondo del rito come forma di comunicazione più antica e intensa che sia mai esistita, come forma ineguagliabile e propria di ogni sentire umano che abbia solcato le infinite onde del tempo. Storia umana come sguardo attento agli eventi che ci hanno preceduto, che hanno portato l'uomo a rappresentare la vita e rappresentarsi egli stesso. Il mito platonico della caverna di un uomo di 300 secoli fa che deve saper uscire per capire, come oggi, e che ha bisogno della mediata immediatezza del simbolo per trasmettere una memoria inafferrabile di sè che sempre gli sfugge.
Rito, celebrazione, afflato spirituale che caratterizza in ultima istanza l'uomo ben più di ogni sua natura razionale. [+]

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mirror lunedì 2 luglio 2012
herzog al vertice Valutazione 5 stelle su cinque
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Herzog qui firma forse il suo più alto capolavoro in un documentario che lascia a dir poco a bocca aperta: che una persona 32000 hanni fa abbia potuto firmare un capolavoro della portata di quello mostrato è un mistero che tocca i più grandi abissi della nostra coscienza spirituale...

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dounia martedì 6 settembre 2011
la storia che parla Valutazione 5 stelle su cinque
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Lo spettatore, in questo documentario, si trova di fronte alla grotta Chauvet, nome dello speleologo francese che la scoperse nel 1994, e contiene 500 pitture rupestri che risalgono a 32.000 anni fa. Il regista è riuscito a realizzare simile documentazione attraverso permessi che gli sono stati consentiti, con le persone adeguate (storici dell'arte, archeologi, geologi) e attraverso una telecamera piccola, a luce fredda per non danneggiare l'umidità delle pareti, per poche e quindi pochi giorni, su una stradina stretta fissata. Esso presenta un susseguirsi di immagini che lui accompagna con la sua voce profonda. La grotta, quando è stata scoperta, si credeva fosse come tante altre, invece poi sono stati visti dei disegni che lasciano senza fiato e fanno pensare alla realtà umana. [+]

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Cave of Forgotten Dreams | Indice

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Marianna Cappi
Pubblico (per gradimento)
  1° | dounia
  2° | max ferrarini
  3° | fabian t.
  4° | riccardo tavani
  5° | andrea alesci
  6° | carloalberto
  7° | apropositodicinema
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Critics Choice Award (1)


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