raffaele montolivo
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martedì 8 ottobre 2013
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chiedetelo a dylan.
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MOTEL WOODSTOCK.
Ennesimo tentativo fallito per Lee che cerca, a quanto pare, di rendere del carisma a un altro suo film di commercio.
Questo film non trova manforte nemmeno nei colori, nelle inquadrature e nelle scelte registiche: la trama scarsetta e priva di "originalità" e di "personalità" metterebbe tutti noi di fronte alla speranza di trovare in questo film
una buona rappresentazione sentimentale, umoristica e passionale del concerto, ma, ahimè, del clima woodstockiano non si sente niente.
Così in questo filmetto da "mercoledì sera alla TV" non c'è intensità, gli attori sono piatti, il sottofondo di commedietta rattristisce la vicenda, e i disperati tentativi di rendere un sentimento rivoluzionario vengono spenti dalle banalità delle frasi, dei costumi e dei movimenti interni al film.
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MOTEL WOODSTOCK.
Ennesimo tentativo fallito per Lee che cerca, a quanto pare, di rendere del carisma a un altro suo film di commercio.
Questo film non trova manforte nemmeno nei colori, nelle inquadrature e nelle scelte registiche: la trama scarsetta e priva di "originalità" e di "personalità" metterebbe tutti noi di fronte alla speranza di trovare in questo film
una buona rappresentazione sentimentale, umoristica e passionale del concerto, ma, ahimè, del clima woodstockiano non si sente niente.
Così in questo filmetto da "mercoledì sera alla TV" non c'è intensità, gli attori sono piatti, il sottofondo di commedietta rattristisce la vicenda, e i disperati tentativi di rendere un sentimento rivoluzionario vengono spenti dalle banalità delle frasi, dei costumi e dei movimenti interni al film.
Funziona come un impianto bagnato, come un tema scritto da un bambino di sei anni e corretto da uno di tre.
Gradevole l'idea, ma di fatto non rimane niente, ne l'incasso della compagnia, ne il buonumore del pubblico pagante.
Volete sapere che cos'era Woodstock?
Chiedetelo a Dylan.
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liuk©
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mercoledì 5 ottobre 2011
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un po' di invidia
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film non eccelso ma che costruisce molto bene lo spaccato di Woodstock tanto da rimpiangere di non esserci stati. Peccato per la quasi totale assenza di musica, non avrebbe guastato.
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francesco2
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martedì 29 marzo 2011
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il suo posto è là?boh.
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Credo di non esagerare se sostengo che negli ultimi dieci, o addirittura quindici anni, su Ang lee si sono costruiti due partiti.
I sostenitori lo considerano un tessitore di raffinate ed intelligenti storie, come "Ragione e sentimento", che personalmente non ho mai visto , o "La tigre ed il dragone", che come "Lussuria" intreccia la sensibilità americana e quella orientale (Un pò quello che, forse, provò a fare Wayne Wang, ma pare senza grandi risultati), e che ha il coraggio di sfidare le convenzioni in film come "Brokeback Mountain", I detrattori, invece, un facilone che fa cinema pseudointellettuale o pseudoautoriale, beneficiato da Oscar e Leoni d'Oro (Due in tre anni, non ci sono riusciti neanche i Dardenne).
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Credo di non esagerare se sostengo che negli ultimi dieci, o addirittura quindici anni, su Ang lee si sono costruiti due partiti.
I sostenitori lo considerano un tessitore di raffinate ed intelligenti storie, come "Ragione e sentimento", che personalmente non ho mai visto , o "La tigre ed il dragone", che come "Lussuria" intreccia la sensibilità americana e quella orientale (Un pò quello che, forse, provò a fare Wayne Wang, ma pare senza grandi risultati), e che ha il coraggio di sfidare le convenzioni in film come "Brokeback Mountain", I detrattori, invece, un facilone che fa cinema pseudointellettuale o pseudoautoriale, beneficiato da Oscar e Leoni d'Oro (Due in tre anni, non ci sono riusciti neanche i Dardenne).
Chi scrive lo conobbe anni fa col "Banchetto di nozze", ha apprezzato gli ltri film menzionati con l'eccezione di "Brokeback Mountain", i cui meriti, ove esistano, mi paiono "politici" più che cinematografici. Ma anche difendendo,a volte accanitamente,altro suoc inema, stavolta devo schierarmi dalla parte dei suoi detrattori. Perché "Motel Woodstock" non mi è sembrato né un documentario, né un affresco, nè altro. Solo una pellicola anonima con anonimi personaggi, che specie nel secondo tempo si preoccupa di documentare incorrendo in un errore fondamentale: chi voglia farlo veramente, se non proprio asettico come nella "Rosetta "dardenniana, deve partire da situazioni che (cor) rispondano il meno possibile a canoni consolidati; altrimenti ne esce la versione a stelle e strisce dei nostri "Lavorare con lentezza" e "Mi piace lavorare".
Come ha intelligentemente osservato qualcuno, Lee ci consegna invece un protagonista politicamente corretto, che non beve e non fuma in un momento storico di trapasso, non perché più saggio ma perché amorfo, con genitori che rasentano la macchietta e delle figure di c ontorno che raramente aggiungono qualcosa, compreso il gay poliziotto. Ecco, forse questa è la contraddizione di fondo: la CARTOLINA, per sua stessa definizione, non può documentare, ma raccontare qualcosa di tipico. La scena della "Droga" sa solo di trasgressione da.cartolina(Appunto), buttata lì più che altro per diverti(cchia)re.
Altra osservazione già fatta, ma con un'aggiuta personale: il protagonista è veramente un ragazzo.....tra palco e realtà, nel senso che il film non entra mai nel merito del significato di Woodstock, ma lo sfiora sottopelle: non credo perché, come ha osservato qualcuno, voglia restituirne con leggerezza il significato (Che io ignoro, certamente, essendo nato quattro anni dopo), ma perché il vero risultato che ottiene è incasellare una serie di ritrattini, prima che il protagonista si arricchisca, il padre che aveva ttraversato un momento difficile, possa riprendersi, e l'amico dice che se ne andrà ad un altro concerto, stavolta gratis: quello dei Rolling Stones.
Tra i pochi(ni) momenti di interesse, una scena in cui il giovane sperimenta, nel giro di pochi secondi, due reazioni contrapposte: quella della piccola comunità che non gli perdona una prossima invasione di fricchettoni , e due signore che lo ringraziano per i proventi economici della sua iniziativa, che forse non avrebbe neanche organizzato, tra parentesi, se avesse saputo quanti soldi la madre avesse messo da parte, mentre i due sostenevano che stavano andando in rovina. Ma sono momenti che riguardano soprattutto l'inizio del film, in un'opera che di contrapposizioni ne ha troppo poche, raramente bizzarra come i suoi protagonisti quando si impegnano in bizzarre danze.....tra palco e realtà.
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volevosolodiventare
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mercoledì 22 settembre 2010
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magari c'andassimo...
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Motel Woodstock mi è piaciuto. Molto.
Non urlerei certamente al capolavoro, né al film che se non lo vedi vivi peggio e in punto di morte c’hai da rimpiangerlo e augurarti che esista un UCI Cinema nell’aldilà - però è veramente, ma veramente carino. Anzi, CA-RIII-NO, con smorfia annessa.
Un film simpatico, leggero, naturalmente ruffiano, con una colonna sonora che suona, decisa, le corde di una cultura generale che, un po’ come il peccato originale, abbiamo senza sapere di avere. Un film che risveglia e alimenta la nostalgia per un pezzo di storia che non abbiamo vissuto e non vivremo, ma lo fa con una tale serenità d’animo da non destare alcun sospetto e da rifuggire la ridondanza dei mille stereotipi legati al più famigerato concerto della storia recente.
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Motel Woodstock mi è piaciuto. Molto.
Non urlerei certamente al capolavoro, né al film che se non lo vedi vivi peggio e in punto di morte c’hai da rimpiangerlo e augurarti che esista un UCI Cinema nell’aldilà - però è veramente, ma veramente carino. Anzi, CA-RIII-NO, con smorfia annessa.
Un film simpatico, leggero, naturalmente ruffiano, con una colonna sonora che suona, decisa, le corde di una cultura generale che, un po’ come il peccato originale, abbiamo senza sapere di avere. Un film che risveglia e alimenta la nostalgia per un pezzo di storia che non abbiamo vissuto e non vivremo, ma lo fa con una tale serenità d’animo da non destare alcun sospetto e da rifuggire la ridondanza dei mille stereotipi legati al più famigerato concerto della storia recente.
Un film semplicemente bello, che scende giù come un bicchiere di succo di frutta all’ace. Quasi puro, fresco, ingenuo oserei dire.
Il ritratto non artificiale e non sovraccarico di una generazione divisa tra gli orrori del Vietnam (si pensi a Billy) e la ricerca aperta di una nuova luce per il futuro. Grande l’abilità del regista (Ang Lee) nel farci sentire esattamente in quel posto, nel farci sognare l’atmosfera, la carica, l’attesa del concerto. Si respira a pieni polmoni uno stile di vita unico, mai sperimentato e mai più sperimentabile, mitizzato, demonizzato, ma assolutamente irripetibile, e lo si respira senza nemmeno arrivare al concerto, senza una sola immagine delle performance. Immagini che, nella loro assenza, ci inducono quasi inavvertitamente a fare appello a quel repertorio condiviso – che all’università di Scienze della Comunicazione chiamano “Enciclopedia” – di scene, di volti, di suoni che già abbiamo, creando uno stato di empatia che cancella il limite tra narratore e destinatario, e unisce attori e spettatori in una deliziosa amalgama umana.
Un film puramente narrativo, semplice ma non superficiale. Efficace nel far comprendere, con la spontaneità della gioventù e della provincia, l’ineluttabile forza storica di quel periodo. L’impossibilità, il sacrilegio quasi, del sottrarsi alla rivoluzione culturale che avveniva. E non aveva alcuna importanza che fosse giusta o sbagliata. Le conseguenze e il dopo non c’entravano.
Era semplicemente un’onda fortissima, che andava cavalcata senza esitazioni.
Per sentire che la vita meritava d’essere vissuta.
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lomax
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mercoledì 23 giugno 2010
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anonimo
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Buona l'idea di base e anche la prima parte del film promette bene, ma ben presto perde di brio e di originalità trascinandosi stancamente allo scontato epilogo.
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vittorio
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venerdì 26 marzo 2010
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simpatico e coinvolgente!!
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Film da dividere in due parti....
La prima ora è divertentissimo, coinvolgente, un inno alla musica e a quel periodo di grande ribellione.....poi l'ultima parte si perde in inutili qualunquismi (vedi la scena nel pulmino dove i ragazzi si drogano) e con un finale abbastanza scontato!!
Comunque da vedere...
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venerdì 12 febbraio 2010
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il tocco lieve del miglior ang lee.
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Avevo una sensazione legata ad un film visto qualche giorno fa, ma ci ho messo un po’ a ricordare quale fosse. È più o meno questa la cifra stilistica di Motel Woodstock: volatilità, scarsa consistenza. Che non sono caratteristiche negative, quanto vicine alle qualità che nel 1994 avevano fatto di Mangiare Bere Uomo Donna un film gradevole e particolare. Anche questo, pur avendolo visto più volte, continuo a ricordarlo per la preparazione e la cottura di alcune splendide anatre, più che per la soluzione di avventure sentimentali che Ang Lee, fortunatamente, non ritiene più importanti della riuscita di una zuppa o della resa estetica di una tavola apparecchiata.
Mi aspettavo molta più musica on stage, in Motel Woodstock (praticamente non ce n’è affatto), credevo fosse in parte un film-concerto, mentre la storia si concentra su una famiglia e su un’atmosfera, che non è necessariamente quella sessantottina, quanto quella di una generale spinta alla realizzazione della propria identità; anche se il tema avrebbe potuto suggerire immersione nelle folle e nella ricostruzione storica, il registro rimane, appunto, sempre lieve e distaccato, l'attenzione sui personaggi che compiono le loro scelte e le loro scoperte in modo sempre piuttosto naturale, senza grossi conflitti, e questo lascia che il film scivoli via.
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Avevo una sensazione legata ad un film visto qualche giorno fa, ma ci ho messo un po’ a ricordare quale fosse. È più o meno questa la cifra stilistica di Motel Woodstock: volatilità, scarsa consistenza. Che non sono caratteristiche negative, quanto vicine alle qualità che nel 1994 avevano fatto di Mangiare Bere Uomo Donna un film gradevole e particolare. Anche questo, pur avendolo visto più volte, continuo a ricordarlo per la preparazione e la cottura di alcune splendide anatre, più che per la soluzione di avventure sentimentali che Ang Lee, fortunatamente, non ritiene più importanti della riuscita di una zuppa o della resa estetica di una tavola apparecchiata.
Mi aspettavo molta più musica on stage, in Motel Woodstock (praticamente non ce n’è affatto), credevo fosse in parte un film-concerto, mentre la storia si concentra su una famiglia e su un’atmosfera, che non è necessariamente quella sessantottina, quanto quella di una generale spinta alla realizzazione della propria identità; anche se il tema avrebbe potuto suggerire immersione nelle folle e nella ricostruzione storica, il registro rimane, appunto, sempre lieve e distaccato, l'attenzione sui personaggi che compiono le loro scelte e le loro scoperte in modo sempre piuttosto naturale, senza grossi conflitti, e questo lascia che il film scivoli via. Il protagonista Demetri Martin, “comedian, actor, artist, musician, writer, and humorist”, ha uno sguardo sempre al limite dell’assenza, che lo pone in perfetta sintonia col film, ma impedisce anche allo stesso di avere un punto focale. Motel Woodstock è un film in fuga che, come i suoi personaggi, si lascia appena osservare, poi, pudico, preferisce andar via. Avete presente un Muccino? Il contrario.
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fabian t.
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martedì 15 dicembre 2009
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il retroscena dolceamaro di un evento epocale
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Bisogna dirlo subito, film come "Motel Woodstock" sono sempre più rari a vedersi e il merito di Ang Lee è stato anzitutto quello di non cedere alla spettacolarizzazione o ai luoghi comuni che pullulano nel Cinema di oggi. La sua è un'opera quasi in sordina, sottile, affascinante, curatissima nei particolari, armoniosa e vagamente psichedelica. Sembrerebbe una commedia a sfondo musicale quando invece non lo è perché il tutto ruota non attorno ai miti del rock di Woodstock, o a ciò che la civiltà americana in quel periodo offriva, bensì alla crescita interiore e alla visione del mondo da parte del protagonista, il giovane Elliot Theichberg. La sua famiglia e il trasandato Motel di White Lake sono il mondo bizzarro e multiforme attorno a cui si svolgerà l'evento musicale per eccellenza e tutta la sceneggiatura cresce e si sviluppa lentamente solo in funzione di ciò che lo stesso Elliot vede.
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Bisogna dirlo subito, film come "Motel Woodstock" sono sempre più rari a vedersi e il merito di Ang Lee è stato anzitutto quello di non cedere alla spettacolarizzazione o ai luoghi comuni che pullulano nel Cinema di oggi. La sua è un'opera quasi in sordina, sottile, affascinante, curatissima nei particolari, armoniosa e vagamente psichedelica. Sembrerebbe una commedia a sfondo musicale quando invece non lo è perché il tutto ruota non attorno ai miti del rock di Woodstock, o a ciò che la civiltà americana in quel periodo offriva, bensì alla crescita interiore e alla visione del mondo da parte del protagonista, il giovane Elliot Theichberg. La sua famiglia e il trasandato Motel di White Lake sono il mondo bizzarro e multiforme attorno a cui si svolgerà l'evento musicale per eccellenza e tutta la sceneggiatura cresce e si sviluppa lentamente solo in funzione di ciò che lo stesso Elliot vede. Così, lo stesso leggendario concerto giunge ai suoi occhi da lontano come fosse un magico sogno iridescente e meraviglioso, probabilmente il sogno di tre giorni unici e irripetibili in cui pace, musica e armonia hanno regalato una momentanea sospensione dalla realtà cinica e materiale di ogni giorno. Per questo motivo Elliot rappresenterà, con il suo microcosmo, l'esempio universale dell'intimo desiderio di illuminazione, libertà e innocenza insito in ogni uomo ancora capace di sperare.
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cannedcat
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domenica 13 dicembre 2009
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the future is wide open
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Come nella canzone di Tom Petty il futuro della mia generazione, quella dei ragazzi di Woodstock, il futuro era senza confini in qualsiasi campo e il film di Ang Lee, praticamente perfetto, rappresenta la forza di questa genrazione che veramente si è liberata in ogni senso e lo dimostra la scena epica della danza faunesca degli hippy durante la discesa dell'elicottero.
Un elicottero come in Apocalypse now che non porta la morte ma la devastazione del vecchio mondo, quello dove un piccolo borghese dice "ci stupreranno i nostri animali" e non si accorge che stanno per stuprargli l'anima.
Un film che mostra anche le capacità della mia generazione: visione, collettivo, azione, e sarà per questo che abbiamo costruito tutto quello che oggi è di uso comune, da Internet al PC, ai cellulari e non è un caso che un hippy come Steve Jobs è ancora l'innovatore.
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Come nella canzone di Tom Petty il futuro della mia generazione, quella dei ragazzi di Woodstock, il futuro era senza confini in qualsiasi campo e il film di Ang Lee, praticamente perfetto, rappresenta la forza di questa genrazione che veramente si è liberata in ogni senso e lo dimostra la scena epica della danza faunesca degli hippy durante la discesa dell'elicottero.
Un elicottero come in Apocalypse now che non porta la morte ma la devastazione del vecchio mondo, quello dove un piccolo borghese dice "ci stupreranno i nostri animali" e non si accorge che stanno per stuprargli l'anima.
Un film che mostra anche le capacità della mia generazione: visione, collettivo, azione, e sarà per questo che abbiamo costruito tutto quello che oggi è di uso comune, da Internet al PC, ai cellulari e non è un caso che un hippy come Steve Jobs è ancora l'innovatore.
Tutto il resto è una serie di camei perfetti che inquadrano bene non tanto l'evento Woodstock ma il periodo, quel momento particolare della storia culturale dove the future was wide open.
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domas
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mercoledì 21 ottobre 2009
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quando eravamo bambini e non solo anagraficamente.
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Abbiamo visto il film “Motel Woodstock”, regia di Ang Lee.
Tratto dal libro Taking Woodstock: A True Story di Elliot Tiber e Tom Monte. Racconta la storia autobiografica di Elliot, un giovane arredatore del Greenwich Village che torna nel modesto motel di famiglia, l’El Monaco, per l’estate per aiutare i suoi anzianotti genitori a salvare l’alberghetto dal fallimento. Il ragazzo tra un colloquio con la banca e una riunione con i paesani scopre che nel paese vicino le autorità hanno vietato lo svolgimento di un grosso raduno musicale. Elliot allora contatta il produttore del festival Michael Lang che giunge lì, trova un enorme prato e si trasferisce subito nel motel di famiglia con tutta l’organizzazione: neanche il tempo di mettere le basi e un fiume di persone si mette in viaggio per raggiungere il campo dove è stato annunciato il Woodstock Festival.
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Abbiamo visto il film “Motel Woodstock”, regia di Ang Lee.
Tratto dal libro Taking Woodstock: A True Story di Elliot Tiber e Tom Monte. Racconta la storia autobiografica di Elliot, un giovane arredatore del Greenwich Village che torna nel modesto motel di famiglia, l’El Monaco, per l’estate per aiutare i suoi anzianotti genitori a salvare l’alberghetto dal fallimento. Il ragazzo tra un colloquio con la banca e una riunione con i paesani scopre che nel paese vicino le autorità hanno vietato lo svolgimento di un grosso raduno musicale. Elliot allora contatta il produttore del festival Michael Lang che giunge lì, trova un enorme prato e si trasferisce subito nel motel di famiglia con tutta l’organizzazione: neanche il tempo di mettere le basi e un fiume di persone si mette in viaggio per raggiungere il campo dove è stato annunciato il Woodstock Festival. Una serie di coincidenze involontarie rende possibile quello che a quarant’anni di distanza è ancora considerato l’evento musicale e sociale più importante della storia contemporanea. Il film intelligentemente racconta il ‘dietro le quinte’ della vita, dei sogni e le aspirazioni di una generazione focalizzandolo sulle persone e le loro storie e non sul festival vero e proprio, “ sentito “ in fuori campo grazie alle note di una parte della colonna sonora originale.
Il film è arrivato in Italia in sordina, senza grande pubblicità giacchè negli Stati Uniti è stato un flop mostruoso, ha incassato solo 7460204, praticamente niente.
Mentre la critica si è divisa e chi lo ha stroncato ha detto che i problemi “ seri “ come l’omosessualità, il reducismo dal Vietnam, i razzisti e la famiglia ebrea del protagonista sono stati affrontati dallo sceneggiatore e dal regista in modo superficiale, quasi offensivo.
Noi, più modestamente, venendo pure dalla visione di altri film della nostra storia passata ( Il grande Sogno, Baaria… ) ho apprezzato una storia mai retorica o nostalgica, un affresco di una generazione piuttosto sincero e vero ( anche se c’è molta ‘cultura’ del sesso, droga e rock e roll ). Una storia costruita bene, credibile e piacevole da vedere anche se la psicologia del protagonista resta criptica e non risolta. C’è un’ottima regia che ci fa calare in quei tempi così lontani, una ricostruzione ( scenografia, costumi e fotografia ) degni di un film da oscar. Andatelo a vedere foss’anche solo per riflettere sui nostri tempi e sulle nostre fobie.
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