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jayan
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giovedì 15 ottobre 2009
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bellissimo film sul '68 e la rivoluzione giovanile
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Un capolavoro sul '68 e la rivoluzione giovanile, il desiderio di libertà, amore e pace (allora contro la guerra in Vietnam). Tratta in modo quasi autobiografico di un poliziotto che doveva contrastare i moti dei giovani e il loro tentativo di occupazione dell'università. Questi si innamora di una studentessa ribelle, lascia la polizia e la segue in questo grande sogno di cambiare il mondo. Ma purtroppo la realtà è ben diversa: non si può cambiare il mondo all'improvviso e con la violenza, bisogna farlo in modo più graduale e completo. Il film è davvero ben fatto. Le interpretazioni di Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio ottime. Il regista Michele Placido realizza film che hanno una forte base nella realtà, da cui si erge l'albero della creatività cinematografica e il sogno di questi giova
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Un capolavoro sul '68 e la rivoluzione giovanile, il desiderio di libertà, amore e pace (allora contro la guerra in Vietnam). Tratta in modo quasi autobiografico di un poliziotto che doveva contrastare i moti dei giovani e il loro tentativo di occupazione dell'università. Questi si innamora di una studentessa ribelle, lascia la polizia e la segue in questo grande sogno di cambiare il mondo. Ma purtroppo la realtà è ben diversa: non si può cambiare il mondo all'improvviso e con la violenza, bisogna farlo in modo più graduale e completo. Il film è davvero ben fatto. Le interpretazioni di Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio ottime. Il regista Michele Placido realizza film che hanno una forte base nella realtà, da cui si erge l'albero della creatività cinematografica e il sogno di questi giovani allo sbaraglio davanti a una polizia agguerrita e violenta, di più di loro!
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mercoledì 14 ottobre 2009
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brutto
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mamma mia!!!!!
michele placido ha prorpio toppato e floppato(3 mln di incasso contro i 10 di budget) questa volta.....
ogni suo film mi è piaciuto ma questo assolutamnete no.......
cmq bravi gli attori
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(di beppe's)
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woody77
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venerdì 9 ottobre 2009
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il grande sogno...infranto
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Chi si aspettava un altro Romanzo Criminale...sarà rimasto deluso...
Le aspettative per il nuovo film di Placido erano alte, soprattutto dopo i 15 minuti di applausi al Festival di Venezia, e sono state parzialmente rispettate.
Analizziamolo per punti;
La recitazione è l'aspetto più interessante del film: Argentero (sempre più bravo e convincente) si sta levando di dosso l'etichetta di attore bello e "raccomandato", Jasmine Trinca si sta confermando una delle attrici più interessanti della new generation italiana e Scamarcio, il sognatore, si immedesima molto bene nella parte del poliziotto goffo e aspirante attore (per fortuna l'ombra minacciosa di Moccia è sempre più lontana).
La storia, romanzata, vera mette a confronto un racconto autobiografico della fine degli anni '60 con le manifestazioni studentesche che impazzavano in quegli anni per cercare di cambiare la società italiana.
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Chi si aspettava un altro Romanzo Criminale...sarà rimasto deluso...
Le aspettative per il nuovo film di Placido erano alte, soprattutto dopo i 15 minuti di applausi al Festival di Venezia, e sono state parzialmente rispettate.
Analizziamolo per punti;
La recitazione è l'aspetto più interessante del film: Argentero (sempre più bravo e convincente) si sta levando di dosso l'etichetta di attore bello e "raccomandato", Jasmine Trinca si sta confermando una delle attrici più interessanti della new generation italiana e Scamarcio, il sognatore, si immedesima molto bene nella parte del poliziotto goffo e aspirante attore (per fortuna l'ombra minacciosa di Moccia è sempre più lontana).
La storia, romanzata, vera mette a confronto un racconto autobiografico della fine degli anni '60 con le manifestazioni studentesche che impazzavano in quegli anni per cercare di cambiare la società italiana.
Il grande sogno infranto è quello dei giovani che, come rappresenta molto bene il finale, vera chiave di lettura del film, hanno ottenuto risultati infruttuosi dalla loro rivoluzione "comunista", cercando di reindirizzare la rotta italiana nella direzione opposta.
Placido si limita a dare una visione quanto più possibile esterna della vicenda, la visione del simpatico poliziotto, ma nel finale raffronta i due grandi sogni; il suo, quello di diventare attore (grazie a Dio realizzato, visto che Placido è uno dei migliori attori degli ultimi 40 anni) e quello frantumato in mille pezzi della giovane borghesia universitaria che arriva all'estremo pur di far valere i suoi ideali (l'arresto di Libero).
Divertente il cameo di Silvio Orlando, nei panni di un Comandante appasionato del "vecchio" teatro italiano.
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raffaella langiulli
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lunedì 5 ottobre 2009
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le storie e la storia
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Vi prego di inserire le stelline alla mia recensione. Grazie mille. Raffaella Langiulli
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antonio di natale
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lunedì 5 ottobre 2009
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piacevole
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Il film parla del 68 ma non lo rende vero protagonista!
Si è dato più spazio ai rapporti interpersonali dei protagonisti e il 68 da sottofondo .
Chi si aspetta un film politico rimane deluso, chi invece una commedia leggera recitata da bravi attori rimane soddisfatto.
Io mi ritengo soddisfatto.
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raffaella langiulli
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lunedì 5 ottobre 2009
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le storie e la storia.
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Un affresco completo del ’68, in cui sono presenti tutti i pezzi del puzzle per poter dare ad un pubblico più giovane un quadro di tutti gli aspetti politico-sociali che hanno caratterizzato la contestazione giovanile in Italia negli ultimi anni ’60. Più che altro c’è da chiedersi se tutti i pezzi di questo enorme puzzle multidimensionale sono stati messi al posto giusto.
A prescindere dal giudizio complessivo sul film, che può convincere o meno i più scettici, ciò che bisogna prendere in considerazione è l’intento del regista. Dopotutto, come conferma il regista Placido in un’intervista rilasciata alla rivista Vivilcinema (n. 4, 2009, Fice ed.) , “Il film non è dedicato a chi ha fatto il ’68, ma a chi non ne sa nulla”.
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Un affresco completo del ’68, in cui sono presenti tutti i pezzi del puzzle per poter dare ad un pubblico più giovane un quadro di tutti gli aspetti politico-sociali che hanno caratterizzato la contestazione giovanile in Italia negli ultimi anni ’60. Più che altro c’è da chiedersi se tutti i pezzi di questo enorme puzzle multidimensionale sono stati messi al posto giusto.
A prescindere dal giudizio complessivo sul film, che può convincere o meno i più scettici, ciò che bisogna prendere in considerazione è l’intento del regista. Dopotutto, come conferma il regista Placido in un’intervista rilasciata alla rivista Vivilcinema (n. 4, 2009, Fice ed.) , “Il film non è dedicato a chi ha fatto il ’68, ma a chi non ne sa nulla”. Ma in questo caso non si tratta di un film storico. Esso racconta una storia, all’interno della Storia.
Prima di giudicare la riuscita o meno dell’intento della mente creatrice bisognerebbe considerare il punto di vista dal quale l’intera storia è narrata. Non si tratta di una narrazione corale. L’intento, infatti non è la descrizione puntuale di un evento storico che ha già avuto un lunga lista di registi che gli hanno reso giustizia. Placido non voleva portare sullo schermo un punto di vista, per così dire collettivo sui fatti e non ha voluto nemmeno dare un impianto corale alla trattazione (si veda il film che sta uscendo in questi giorni, Baarìa di Tornatore, il cui intento è raccontare l’anima di una città e non una storia personale).
Il regista ci mette del suo, parte dalla sua storia per arrivare alla Storia. Il fatto è raccontato da un punto di vista personale. Non a caso, volendo tirare in ballo la divisione in generi, questo è un film drammatico e non storico o epico.
L’artista crea partendo da sé, dalle sue esperienze che rielabora attraverso l’immaginazione più o meno consapevolmente. E restituisce alla Storia e a noi spettatori il suo mood, cioè la sua attitudine verso l’evento narrato.
Il regista racconta un’esperienza che ha vissuto in prima linea, con le sue emozioni e il suo spirito da ragazzo ingenuo che viene travolto dagli eventi e dalle altre storie personali. Non possiamo fargliene una colpa. Dopotutto la Storia non è un’entità a sé stante che si muove indipendentemente di nostri piccoli drammi quotidiani. Le nostre storie fanno la Storia. E Michele Placido nel ’68 era un giovane poliziotto meridionale che voleva fare l’attore e che per sbaglio viene travolto dalla fiumana degli eventi delle altre storie. La storia di Laura, una ragazza borghese soffocata da un destino apparentemente già scritto che lei rifiuta, e la storia di un attivo studente rivoluzionario, Libero, chiaro ritratto dell’intellettuale serio e spregiudicato di quegli anni. Tutti e tre travolti da un sogno di liberazione: da qualcuno (Libero), da qualcosa (Laura), da sé stessi (Nicola). Tre personaggi di estrazione diversa, con desideri diversi ma tutti e tre accomunati da qualcosa che li spinge a lottare sino alla fine: la passione.
“L'operazione riesce a metà perché il dato personale e autobiografico al contempo frena e fagocita lo sguardo complessivo” (Giancarlo Zappoli, mymovies).
Il punto è questo: il regista non voleva dare uno sguardo complessivo, voleva semplicemente raccontare una storia che si svolge sullo sfondo di un periodo storico pregno di importanza e che ben si fonde, ma non si CONfonde con la Storia perché da essa ne vuol trarre soltanto le mosse.
Forse l’unico aspetto che si potrebbe notare è che, come afferma Lino Patruno (La Gazzetta del Mezzogiorno) “Il film procede dunque su due piani paralleli, il personale e il sociale, si diceva, e il problema era farli andare d’accordo. Placido è tanto convincente nel raccontare se stesso quanto didascalico nel raccontare lo scenario, appunto il ‘68: quasi un documentario, con ampi spezzoni di documentari del resto, dal Vietnam, a Martin Luther King, a Che Guevara, a Nixon, e la bellissima colonna sonora di allora. Un difetto di emotività, una staticità senza prospettiva (…)”. La storia personale, seppur nutrita di tanti cliché, non risulta banale, il problema è il raccordo tra la storia personale e la Storia. Il rapporto tra i due piani forse non risulta così armonico come avrebbe dovuto. Esempio lampante di questa incongruità è il fatto che il regista lascia ai documentari la trattazione della Storia, vuoi per economia di tempi, vuoi per intenti realistici, vuoi per la scarsità dei fondi (ricordiamoci che i film storici sono quelli più in genere dispendiosi). E ciò conferisce staticità e quasi appiattimento, cosa che il grande Placido avrebbe potuto evitare. Tuttavia, al di là di questi errori tecnico-stilistici, evitiamo le polemiche a tutti i costi soprattutto quando si tratta di giornalisti che assistono alle conferenze stampa alla Mostra del Cinema di Venezia che si permettono critiche su questa e quella produzione, di questa o quella parte politica. Come se il cinema non avesse già abbastanza problemi in un momento storico in cui anziché polemizzare, bisogna apprezzare chi ha ancora il coraggio di investire nell’arte e proprio attraverso quest’ultima lancia un messaggio attualissimo. Ora più che mai.
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andrea d
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giovedì 1 ottobre 2009
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il sogno grande e il sogno piccolo
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Ho visto questo film in un cinema del quartiere San Lorenzo a Roma, a poche centinaia di metri da quella città universitaria in cui il nuovo lavoro di Placido è in gran parte ambientato. Aiutato da un'atmosfera favorevole, mi sono fatto dare una mano dalla puntuale magia del cinema e sono andato a fare una visita, seppure romanzata, in un'epoca nella quale non ho vissuto. Il film parte bene con la ricostruzione di un ambiente, di un'atmosfera, al di fuori e all'interno della mura della Sapienza, senza far mancare qualche ammiccamento nei confronti dei giovani, non solo quelli che si rivoltavano contro i professori trionfi e bachettoni (specie non estinta), ma soprattutto di quelli seduti in sala tra il pubblico, come per guardagnarsi un consenso e incuriosire: non è poi cambiato così tanto, sembra dirci quello che vediamo.
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Ho visto questo film in un cinema del quartiere San Lorenzo a Roma, a poche centinaia di metri da quella città universitaria in cui il nuovo lavoro di Placido è in gran parte ambientato. Aiutato da un'atmosfera favorevole, mi sono fatto dare una mano dalla puntuale magia del cinema e sono andato a fare una visita, seppure romanzata, in un'epoca nella quale non ho vissuto. Il film parte bene con la ricostruzione di un ambiente, di un'atmosfera, al di fuori e all'interno della mura della Sapienza, senza far mancare qualche ammiccamento nei confronti dei giovani, non solo quelli che si rivoltavano contro i professori trionfi e bachettoni (specie non estinta), ma soprattutto di quelli seduti in sala tra il pubblico, come per guardagnarsi un consenso e incuriosire: non è poi cambiato così tanto, sembra dirci quello che vediamo. Lo studente che apostrofa non delicatamente un professore, invitandolo ad un risveglio dal torpore culturale di cui la lezione è imbevuta, è Luca Argentero, migliore attore maschile, assolutamente convincente nel ruolo dello studente che si ribella e inizia a chiamare "compagno" ognuno di quelli che occuperanno l'università. Ma non tarda ad arrivare il volto femminile, Jasmine Trinca, in quella che è una performance misuratissima, praticamente perfetta. Lei è una ragazza di educazione cattolica, dell'opinione che il sogno di modificare la società si debba radicare innanzitutto in un cambiamento dell'istruzione universitaria, costruita per i figli dei borghesi (come la stessa città universitaria, appunto, da Mussolini) e da destinare all'accessibilità da parte di tutti. Il punto estremo di Argentero trova così un freno in un terreno più riflessivo e meno utopista, una via mediana di compromesso. Ma c'è un terzo punto di vista, quello del poliziotto (Riccardo Scamarcio, qui in una prova sufficiente, forse perché ben diretto), un poliziotto che vorrebbe in realtà essere un attore, e che cede alla passione artistica nel momento in cui, inviato come spia tra gli studenti, si infatua del personaggio della Trinca, decidendo di non denunciarla. E' quindi apprezzabile che Placido non abbia preso esclusivamente la parte di chi si rivolta, ma anche esplorato la posizione di chi si trovava a dover contrapporsi alla ribellione. Vediamo poliziotti picchiati, o ufficiali che si rifiutano di ricorrere a una risposta violenta, la solita repressione che diventa la soluzione. La pellicola, di conseguenza, non opta per una suddivisione manichea, ma per una esposizione alternata di macrostoria e microstoria. Quello che ci si vuole dire è che gli aspetti di un qualsiasi problema collettivo dovrebbero essere analizzati a livello individuale per essere giudicati; bisognerebbe avvicinarsi col microscopio alle entità umane che sono al di sotto delle bandiere e osservare la loro personale ed esclusiva quotidianità: ed è per questo che il film pian piano si chiude verso questo microcosmo, facendo sfumare un po' - troppo, forse - la Storia alle spalle, focalizzando la vicenda dei tre ragazzi e delle persone che a loro ruotano intorno, in particolare i familiari, che sono lì, con i loro problemi e le loro diversità, a far capire che non è tutto semplicisticamente riducibile ad un conflitto tra due estremi. Peccato per la retorica del finale, un po' da "Notte prima degli esami". Serve ancora fare film di questo tipo? Non so. Però so che domani, quando tornerò a studiare nella biblioteca di quell'università, non la guarderò con gli stessi occhi.
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pipay
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lunedì 28 settembre 2009
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io c'ero, e capisco la ricostruzione di placido
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Credo che per giudicare questo film bisognerebbe aver vissuto in quel periodo. Nel '68 avevo 19 anni e frequentavo la facoltà di Lettere, proprio a Roma. Non ho partecipato attivamente alla contestazione, ma ho colto e assorbito tutte le incertezze, le contraddizioni, le manifestazioni, il caos, i fermenti positivi e negativi, i propositi e le chimere che circolavano tra i giovani. Ebbene, Placido ha realizzato una ricostruzione corretta di quel periodo. Il film può sembrare frammentario, irrisolto, forse in alcuni punti affrettato e confuso. Ma non poteva essere diverso. Così erano quegli anni. Così è stato quel periodo. Un'utopia, un grande sogno, destinato a restare tale. I veri effetti del '68 si sono sentiti qualche anno dopo.
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Credo che per giudicare questo film bisognerebbe aver vissuto in quel periodo. Nel '68 avevo 19 anni e frequentavo la facoltà di Lettere, proprio a Roma. Non ho partecipato attivamente alla contestazione, ma ho colto e assorbito tutte le incertezze, le contraddizioni, le manifestazioni, il caos, i fermenti positivi e negativi, i propositi e le chimere che circolavano tra i giovani. Ebbene, Placido ha realizzato una ricostruzione corretta di quel periodo. Il film può sembrare frammentario, irrisolto, forse in alcuni punti affrettato e confuso. Ma non poteva essere diverso. Così erano quegli anni. Così è stato quel periodo. Un'utopia, un grande sogno, destinato a restare tale. I veri effetti del '68 si sono sentiti qualche anno dopo. La contestazione è stata una miccia destinata a bruciare lentamente. E poi, tempo dopo, qualche cosa è cominciato a cambiare. Ma proprio durante il '68 i punti di riferimento, anche se non assenti, non erano chiari a tutti e molti partecipavano senza costrutto e senza coscienza politica, tanto per aggiungere caos al caos. In quel periodo contestazione e smarrimento, esaltazione e delusione si davano la mano e procedevano di pari passo. Troppo difficile risultava, allora, distinguere la portata del fenomeno e i suoi possibili sviluppi... Il film non è un capolavoro, ma Placido, giustamente, ha evitato le forzature, ha evitato di mettere a fuoco quel che era impossibile mettere a fuoco. Ha dato prova di grande coerenza e di onestà intellettuale.
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free soul
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lunedì 28 settembre 2009
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in attesa…
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Il mio giudizio non va al di là di 1 stellina, mi spiace ma proprio non riesco a spingermi oltre.
Io non c’ero in quegli anni ma di film ne ho visti un po’ e questo certo non regge il passo. I clichè sono tanti: come si può non diventare contestatrici se a infiammare gli animi c’è Argentero? OK, anche i belli hanno un’anima, un cuore ed un cervello; certo Lo Cascio e Favino sono fuori perché l’anagrafe non è dalla loro ma restano gli unici veri trascinatori. Ad ogni modo bello e dannato no, non ci sto!
Per tutto il film si vive in un clima di attesa in cui speri che sì, ce la puoi fare a farti coinvolgere ma non si va al di là di una lieve commozione a pensare che lì sullo schermo ci stanno tua madre e tuo padre, che loro c’erano, che hanno potuto scegliere e tu no ma questa è un’altra storia.
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Il mio giudizio non va al di là di 1 stellina, mi spiace ma proprio non riesco a spingermi oltre.
Io non c’ero in quegli anni ma di film ne ho visti un po’ e questo certo non regge il passo. I clichè sono tanti: come si può non diventare contestatrici se a infiammare gli animi c’è Argentero? OK, anche i belli hanno un’anima, un cuore ed un cervello; certo Lo Cascio e Favino sono fuori perché l’anagrafe non è dalla loro ma restano gli unici veri trascinatori. Ad ogni modo bello e dannato no, non ci sto!
Per tutto il film si vive in un clima di attesa in cui speri che sì, ce la puoi fare a farti coinvolgere ma non si va al di là di una lieve commozione a pensare che lì sullo schermo ci stanno tua madre e tuo padre, che loro c’erano, che hanno potuto scegliere e tu no ma questa è un’altra storia.
E se la storia è quella di Placido, si è accorto che Scamarcio non parla affatto come uno di Torremaggiore? Scamarcio parla barese appiattendo una delle regioni più variegate d’Italia. Del resto, chi se ne sarebbe mai accorto? Credo che i dettagli manchino a dispetto di un’abbondanza di temi ed altro (Vietnam, Cuba & Co.) e questo generi un complessivo senso di insoddisfazione.
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luana
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sabato 26 settembre 2009
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risposta della redazione...quante contraddizioni,,
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l'intervento della redazione sugli scritti pervenuti è volto unicamente a discriminare all'interno di tutti i commenti della sezione "Forum", quelli che per lunghezza, qualità e profondità di analisi, corrispondono più similmente ad una recensione e che vengono per questo pubblicati nella sezione "Pubblico".
La redazione non interviene in alcun modo ad influenzare l'ordine di pubblicazione degli interventi. A stilare questa "classifica" è un algoritmo di calcolo informatico che tiene conto della data di pubblicazione, del numero di accessi e della percentuale di gradimento di ogni singolo commento.
In un certo senso, quindi, siete solo voi del pubblico a stilare la "classifica".
[+] quindi i tuoi che fine fanno?
(di marezia)
[ - ] quindi i tuoi che fine fanno?
[+] ...
(di marezia)
[ - ] ...
[+] ma dove leggi la contraddizione?
(di fleda)
[ - ] ma dove leggi la contraddizione?
[+] boh?
(di marezia)
[ - ] boh?
[+] ci faccia, ovviamente.
(di marezia)
[ - ] ci faccia, ovviamente.
[+] che vuoi dire, marezia?
(di luana)
[ - ] che vuoi dire, marezia?
[+] ah già rispondevi a fleda...
(di luana)
[ - ] ah già rispondevi a fleda...
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