pipay
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mercoledì 23 settembre 2009
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il caso e il caos nella nostra vita
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Film intelligente, davvero originale, anche se non è il miglior lavoro di Woody Allen e nemmeno uno dei migliori. Boris, il fisico che è stato "sfiorato" dal premio Nobel è diventato un vecchio misantropo capace solo di criticare tutto e tutti. Ma la sua genialità è rimasta intatta. E alla sua genialità si accompagna una buona dose di ironia e una visione del mondo che non è da tutti. Lui "vede" e intuisce più degli altri. Il protagonista, in apertura del film e in altre occasioni si rivolge direttamente al pubblico in sala provocando lo sconcerto e l'ilarità di coloro che gli sono accanto perché non riescono a comprendere con chi lui stia comunicando. Questo espediente, dell'attore che dialoga direttamente col pubblico, può sembrare scontato e stucchevole.
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Film intelligente, davvero originale, anche se non è il miglior lavoro di Woody Allen e nemmeno uno dei migliori. Boris, il fisico che è stato "sfiorato" dal premio Nobel è diventato un vecchio misantropo capace solo di criticare tutto e tutti. Ma la sua genialità è rimasta intatta. E alla sua genialità si accompagna una buona dose di ironia e una visione del mondo che non è da tutti. Lui "vede" e intuisce più degli altri. Il protagonista, in apertura del film e in altre occasioni si rivolge direttamente al pubblico in sala provocando lo sconcerto e l'ilarità di coloro che gli sono accanto perché non riescono a comprendere con chi lui stia comunicando. Questo espediente, dell'attore che dialoga direttamente col pubblico, può sembrare scontato e stucchevole. ma è un espediente che rende bene quanto Boris sia lungimirante, geniale e capace di "vedere" il mondo da un punto di vista privilegiato: lui, insomma, sta un gradino più in alto degli altri. Lui davvero riesce a comprendere gli aspetti oscuri, bislacchi, stravaganti della vita. Lui va a braccetto con il caso e con il caos. Perché questa è la vita: un misterioso miscuglio di caos e di caso. L'imponderabile è sempre in agguato. Nel film di Allen il destino viene cancellato, annullato, a tutto vantaggio dell'imponderabile, della sorpresa, del "non programmato". Così come non è programmato l'incontro con la ragazza che andrà a vivere con lui. E soprattutto non sono prevedibili e programmati gli spassosi e radicali mutamenti che subiranno sia la madre della ragazza, che darà libero sfogo ai suoi istinti sessuali dividendo il letto e la casa con due uomini contemporaneamente, sia il padre, che scoprirà in età ormai più che matura, la sua inclinazione omosessuale. Insomma: ci sono occasioni per riflettere e occasioni per ridere. Come dicevo, e sottolineo, questo non è tra i migliori film di Allen, ma certamente è un film che va visto, da non perdere.
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(di des_demona)
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sassolino
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mercoledì 30 settembre 2009
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e se dio fosse gay?
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Se a Boris Yelnikov, fisico 60enne in crisi d'identità, non hanno dato il nobel, al vecchio zio Woody dovrebbero spedire almeno un fianco della famosa statuetta platinata, perché ha messo insieme una gran commedia, piena d'umorismo spiazzante e felicissimi dialoghi.
La majorette del Mississipi che arriva nella grande mela piena di caparbia ignoranza e acconciata a suon di treccine è un simpatico diversivo rispetto alla maggiorparte dei personaggi alleniani, quasi sempre borghesi frustrati, dentisti straricchi, oculisti cinici, rabbini ambigui.
E lo è ancor di più l'arrivo della mamma, casalinga repressa in cerca di riscatto; il babbo poi è semplicemente indimenticabile, quando di fronte a una mostra di culi nudi cerca il perdono della moglie o quando ormai arresosi all'evidenza si scopre.
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Se a Boris Yelnikov, fisico 60enne in crisi d'identità, non hanno dato il nobel, al vecchio zio Woody dovrebbero spedire almeno un fianco della famosa statuetta platinata, perché ha messo insieme una gran commedia, piena d'umorismo spiazzante e felicissimi dialoghi.
La majorette del Mississipi che arriva nella grande mela piena di caparbia ignoranza e acconciata a suon di treccine è un simpatico diversivo rispetto alla maggiorparte dei personaggi alleniani, quasi sempre borghesi frustrati, dentisti straricchi, oculisti cinici, rabbini ambigui.
E lo è ancor di più l'arrivo della mamma, casalinga repressa in cerca di riscatto; il babbo poi è semplicemente indimenticabile, quando di fronte a una mostra di culi nudi cerca il perdono della moglie o quando ormai arresosi all'evidenza si scopre...in un modo che non si dimentica!
Le grandi commedie, quelle che dirigevano Lubitsch e Hawks avevano una dote straordinaria, la carambola, ovvero la capacità di rovesciare all'iimprovviso eventi e destini; del resto se pensiamo che la commedia, come dicono in molti, non è altro che la vita, questo assume ancora più importanza e ci sentiamo rapiti, felicemente assorbiti e natalizi, come in "la vita e meravigliosa", quando Jimmy Stewart torna a casa, felice d'esser parte di un gruppo, di un'umanità calorosa.
E' vero, gli alleniani riconosceranno tante cose già viste, i vernissages rampanti, l'ebraismo incombente, la soggettiva narcisistica impartita allo spettatore e anche il solito Santo Loquasto, che da oltre 30 anni cura le scenografie.
Ma per chi ama la vita prevarrà il divertimento, la follia delle battute fulminanti, la stupenda colonna sonora jazz anni 30, l'insolita leggerezza che ultimamente aveva abbandonato Allen, improvvisamente tornato ai magnifici albori di "Io e Annie".
Voto 9
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fab_y
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martedì 1 maggio 2012
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il male di vivere
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Film "filosofico" impegnato nella ricerca costante di un significato dell'umana esistenza, ricerca che però viene continuamente interrotta e disillusa dalla consapevolezza dell'indigenza e della precarietà della natura dell'uomo. Woody Allen percorre e ci fa percorrere questo intricato itinerario tramite il protagonista, Boris, vecchio genio e mente brillante che riesce a stento a sopravvivere ai suoi pensieri e alle sue convinzioni circa il non-senso della vita umana, appigliandosi un po' a quel suo crudo sarcasmo , un po' alle situazioni e alle persone alle quali si rapporta sempre con distacco e con commiserazione per quel comune destino che porta ogni essere vivente ad essere nient'altro che il nulla nell'assurdo caos della vita.
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Film "filosofico" impegnato nella ricerca costante di un significato dell'umana esistenza, ricerca che però viene continuamente interrotta e disillusa dalla consapevolezza dell'indigenza e della precarietà della natura dell'uomo. Woody Allen percorre e ci fa percorrere questo intricato itinerario tramite il protagonista, Boris, vecchio genio e mente brillante che riesce a stento a sopravvivere ai suoi pensieri e alle sue convinzioni circa il non-senso della vita umana, appigliandosi un po' a quel suo crudo sarcasmo , un po' alle situazioni e alle persone alle quali si rapporta sempre con distacco e con commiserazione per quel comune destino che porta ogni essere vivente ad essere nient'altro che il nulla nell'assurdo caos della vita. Film non adatto a tutti, richiede costante attenzione nello scorrere degli ininterrotti e logorroici momenti di riflessione in cui anche anche la domanda più irrilevante o la conversazione più superficiale si trasformano in una riflessione filosofica sulla condizione umana. In questo labirinto di parole e pensieri, il ruolo del protagonista diviene necessario, perchè funge da guida allo spettatore e lo aiuta a cogliere il senso dei disordinati e velati messaggi che il film va costruendo, ed è un interprete distaccato dalle dinamiche che coinvolgono i personaggi del film e strumento pronto a smorzare ogni barlume di ottimismo e positività in modo che anche le leggere e divertenti vicende che li coinvolgono, perdono ai nostri occhi ogni motivo di umorismo e ironia. E percepiamo solo una magra consolazione e una leggera speranza quando, riflettendo sulla futilità delle vicende umane, siamo spinti dalla voce di Boris a capire che, nello scorrere senza pietà e senza senso a noi noto della vita su questa terra, qualsiasi religione abbracciamo, qualsiasi compagno amiamo, qualsiasi vita scegliamo...basta che funzioni!
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loris kiris
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lunedì 23 settembre 2013
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film che funziona più che abbastanza
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Che Woody Allen possieda un geniale tatto cinematografico non si discute. In Basta che funzioni sussiste una sorta di filiazione tra il suo genio e quello del protagonista principale, un certo Boris Yelnikoff, ex-fisico esperto nella teoria delle stringhe e mancato nobel. Il film inizia proprio con un mordace monologo di Boris, un monologo che più che un monologo è la martellata di un picchio scorbutico, una mitragliata di sentenze che ti schiaffeggiano il muso, uno scioglilingua d’irrefrenato cinismo che fa presa sullo spettatore, lucido, d’umorismo tagliente e sorretto da original retorica: un mix, insomma, facile da sottoscrivere.
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Che Woody Allen possieda un geniale tatto cinematografico non si discute. In Basta che funzioni sussiste una sorta di filiazione tra il suo genio e quello del protagonista principale, un certo Boris Yelnikoff, ex-fisico esperto nella teoria delle stringhe e mancato nobel. Il film inizia proprio con un mordace monologo di Boris, un monologo che più che un monologo è la martellata di un picchio scorbutico, una mitragliata di sentenze che ti schiaffeggiano il muso, uno scioglilingua d’irrefrenato cinismo che fa presa sullo spettatore, lucido, d’umorismo tagliente e sorretto da original retorica: un mix, insomma, facile da sottoscrivere. Al di là della sua natura autentica (o, quantomeno, verosimile), ciò che rende ancor più incisivo ’sto frullato d’un soliloquio riposa nel fatto che sia indirizzato direttamente agli spettatori svaccati in sala e, di conseguenza, a tutti noi, che veniamo improvvisamente ridestati dalle scudisciate Yelnikoffiane, mirate soprattutto a colpire la nostra ipocrisia latente. In proposito, mi sovviene quel fantastico proemio anticonformista che Baudelaire spiattellò là, in bella vista, nell’apertura dei suoi mirabolanti Fleurs du mal, con il quale sconsacrava l’ipocrisia del lettore; ma vabbé, non divaghiamo. Va specificato che Boris è l’unico personaggio cha dialoga direttamente con il “pubblico di idioti”, dato che è il solo a possedere “una visione d’insieme”, mentre gli altri personaggi, dal QI meno powerful, ne sono ovviamente sprovvisti. L’inizio di Basta che funzioni, insomma, è magistralmente giocato attorno alla funzione conativa e meta cinematografica, nonché altamente programmatico: insomma è un vero e proprio abbrivo-bomba. Da lì in poi e tutto un alacre galoppo verso il finale, dove ancora una volta Boris prende contatto con gli spettatori.
Embè, e all’interno di questa cornice che succede? Un bell’arzigogolo! La trama vive una situazione antitetica, essendo molto precisa e calcolata, ma, al contempo, pretendendo di rappresentare una serie di eventi fortuiti. Questi spaziano sugli ultimi anni di vita di Boris, dall’incontro con la giovane bonazza Melody, alle rocambolesche lezioni di scacchi impartite ai poveri frugoletti ignoranti del quartiere (immancabilmente bistrattati dal signor Yelnikoff), passando attraverso le trovate “artistiche” della madre di Melody (che abbandona l’osservanza religiosa per convertirsi al peccato dell’ingordigia sessuale), il tentato suicidio di Boris (in rapporto di filiazione con suo papà, già levatosi la vita anni prima), le sue fobie igieniche, sino a giungere, in chiusa di bobina, alla (ri)formulazione della filosofia di vita Yelnikoffiana: “Ecco perché non lo dirò mai abbastanza. Qualunque amore riusciate a dare ed avere, qualunque felicità voi riusciate a rubacchiare o a procurare, qualunque temporanea elargizione di grazia, basta che funzioni…”
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fiorequetzal
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venerdì 14 marzo 2014
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brillante
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Film che capovolge tutte le convenzioni, sradica il perbenismo e il moralismo. I benpensanti rabbrividerebbero di fronte a Boris, che non ha paura di dire quello che pensa quando lo pensa, con una cruda ed amara presa di coscienza che non ammette ideali, perchè in fondo "basta che funzioni", senza curarsi del chi, quando, come o con quanti, il tutto condito da una buona dose di cinismo e ipocondria.
Questo campione di cultura e di rassegnata e graffiante genialità è destinato a scontrarsi e incontrarsi col suo preciso opposto, l'ingenua, disarmante e angelica Melody, in fuga da una famiglia borghese e bigotta. L'incontro e l'accettazione del disincantato Boris e del suo caratteraccio le cambia la vita, le insegna a vedere come lui vede, a pensare come lui pensa, ad aprire la mente a tutti gli aspetti della vita, anche quelli più impensati, come la vita sessuale della madre che attraverso la figlia impara a conoscersi e diventa una fotografa di soggetti erotici e va a vivere con due uomini, e l'omossessualità del padre che nel ricercare la sua vecchia e stereotipata vita impara ad accettarsi per quello che è.
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Film che capovolge tutte le convenzioni, sradica il perbenismo e il moralismo. I benpensanti rabbrividerebbero di fronte a Boris, che non ha paura di dire quello che pensa quando lo pensa, con una cruda ed amara presa di coscienza che non ammette ideali, perchè in fondo "basta che funzioni", senza curarsi del chi, quando, come o con quanti, il tutto condito da una buona dose di cinismo e ipocondria.
Questo campione di cultura e di rassegnata e graffiante genialità è destinato a scontrarsi e incontrarsi col suo preciso opposto, l'ingenua, disarmante e angelica Melody, in fuga da una famiglia borghese e bigotta. L'incontro e l'accettazione del disincantato Boris e del suo caratteraccio le cambia la vita, le insegna a vedere come lui vede, a pensare come lui pensa, ad aprire la mente a tutti gli aspetti della vita, anche quelli più impensati, come la vita sessuale della madre che attraverso la figlia impara a conoscersi e diventa una fotografa di soggetti erotici e va a vivere con due uomini, e l'omossessualità del padre che nel ricercare la sua vecchia e stereotipata vita impara ad accettarsi per quello che è.
Melody stessa come il resto della sua famiglia deve fare il suo percorso, e l'affetto e il rispetto per Boris non può impedirle di innamorarsi di un suo coetaneo che, come lei, ha ancora sogni e speranze.
Boris si aspettava che accadesse, e attendeva il momento, per portare a termine quello che aveva cominciato anni prima, cioè il suicidio, ma anche questa volta non ce la fa, perchè si schianta su una donna, e il suo tentativo di suicidio si trasforma in una rinascita fisica, spirituale e psicologica, perchè l'uomo votato al realismo e alla scienza deporrà le armi di fronte alla medium su cui è precipitato.
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rocco somma
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martedì 29 settembre 2009
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manhattan e ironia: torna il binomio vincente
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"Basta che funzioni" segna il ritorno del regista ebreo ad una formula, o meglio vero e proprio trinomio, cui il regista raramente rinuncia e che è di per sè garanzia di successo: Manhattan, Larry David, ironia. Manhattan perchè è l'amata città di Woody Allen,che vi fa ritorno dopo una notevole esperienza di pellicole girate in Europa; la città è praticamente un personaggio aggiunto del film. Larry David è il sarcastico brontolone alter-ego del regista, malato di un pessimismo che definire cosmico alla maniera leopardiana non sarebbe un azzardo, e pazienza se in molti avrebbero preferito al suo posto lo stesso Allen..la prova di L. David è a dir poco convincente. E infine l'ironia, quella che in verità Allen non ha mai abbandonato, a prescindere dalla collocazione europea o trans-oceanica del set, o dagli interpreti scelti.
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"Basta che funzioni" segna il ritorno del regista ebreo ad una formula, o meglio vero e proprio trinomio, cui il regista raramente rinuncia e che è di per sè garanzia di successo: Manhattan, Larry David, ironia. Manhattan perchè è l'amata città di Woody Allen,che vi fa ritorno dopo una notevole esperienza di pellicole girate in Europa; la città è praticamente un personaggio aggiunto del film. Larry David è il sarcastico brontolone alter-ego del regista, malato di un pessimismo che definire cosmico alla maniera leopardiana non sarebbe un azzardo, e pazienza se in molti avrebbero preferito al suo posto lo stesso Allen..la prova di L. David è a dir poco convincente. E infine l'ironia, quella che in verità Allen non ha mai abbandonato, a prescindere dalla collocazione europea o trans-oceanica del set, o dagli interpreti scelti. Ironia che di "Basta che funzioni" è l'anima, il cuore pulsante. La vicenda è quella dello strano e fortuito incontro tra una giovane quanto insolita ragazza "barbona",di una ingenuità il cui confine con la stupidità è quanto mai effimero, ed il vecchio cervellone candidato al Nobel per la fisica, Boris, di inguaribile misantropia e pienezza di sè. La formula non è nuova: Allen gioca sull'opposizione di tipi umani inconciliabili, come in Vicky Christyna Barcelona, ed il risultato è vincente anccora una volta. Ma la riflessione dello spagnoleggiante film precedente sulla relatività dei rapporti umani lascia ora il posto ad un clima più distesamente umoristico, ad una comicità che è frivola e intelligente, pungente e mai volgare.Eppure gli spunti per la riflessione non mancano: la divergenza di caratteri, prospettive, visioni del mondo dei due protagonisti sembra trovare leggitimazione proprio nell'abissale differenza di età, che sancisce l'insanabilità dello scarto tra due condizioni esistenziali.Può davvero un attempato signore candidato al Nobel e ostile verso l'umanità e i suoi valori,conquistare il cuore di un'ingenua fanciulla, puerile nel corpo e nello spirito? Può davvero una donnina borghese imbevuta di pseudo valori autentici e di una apparentemente rigida morale, derivante dalla sua stessa condizione sociale, aderire tutt'a un tratto ad un "modus vivendi" sbarazzino e artisticamente dissoluto? Può un "puritano" e penitente padre di famiglia sublimare col matrimonio le sue tendenze omosessuali troppo tardi scoperte.Woody Allen non lo sa,e tutto ciò che riesce a dirci è un flemmatico quanto pragmatico "Basta che funzioni". Così come funziona questo film...complimenti Woody!
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asterione
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sabato 12 dicembre 2009
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evviva new york!!!!
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Un professore di mezza età che lavora alla Columbia insegnando meccanica quantistica tenta il suicidio perchè non riesce più a sentirsi parte del mondo in cui vive; lasciata famiglia e lavoro, dovrà convivere con un'adolescente scappata di casa dagli stati del sud. Rispolverando la formula che gli ha regalato i maggiori successi, Woody Allen dipinge con semplicità e gusto da vendere un cinico romantico dalla battuta pronta, costringendolo a vivere le proprie nevrosi di fronte all'ingenua (e, diciamolo, stupida) ragazzetta di campagna; così facendo, però, smaschera impietosamente il suo nichilismo e sottolinea con forza come l'approdo epicureo dell'inutilità dell'azione umana (così come il tentativo di rinuncia alla vita) finisca per essere trasformato anch'esso in una delle tante maschere della città.
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Un professore di mezza età che lavora alla Columbia insegnando meccanica quantistica tenta il suicidio perchè non riesce più a sentirsi parte del mondo in cui vive; lasciata famiglia e lavoro, dovrà convivere con un'adolescente scappata di casa dagli stati del sud. Rispolverando la formula che gli ha regalato i maggiori successi, Woody Allen dipinge con semplicità e gusto da vendere un cinico romantico dalla battuta pronta, costringendolo a vivere le proprie nevrosi di fronte all'ingenua (e, diciamolo, stupida) ragazzetta di campagna; così facendo, però, smaschera impietosamente il suo nichilismo e sottolinea con forza come l'approdo epicureo dell'inutilità dell'azione umana (così come il tentativo di rinuncia alla vita) finisca per essere trasformato anch'esso in una delle tante maschere della città. Il clichè che dà il titolo al film (basta che funzioni) , rappresentato dalla limpidezza della giovane inquilina (a cui non è mai risparmiato l'assoluto disprezzo da parte del regista) diventa allora l'ultima e ben poco rassicurante risposta che possiamo permetterci, ahimè, sciupata dal finale lievemente melenso. Insomma ci sono tutti i temi toccati e ritoccati dal regista, l'incomunicabilità tra le persone, l'ipocrisia della loro vita quotidiana, la misoginia, l'impossibilità di conoscere davvero l'esistenza di un altro essere umano; tutto, nella forma semplice della commedia, metà broadway e metà teatro greco (ritorna anche il metacinema, con il protagonista che parla direttamente dentro la telecamera); un'altra lezione a chi cerca percorsi complicati per nascondere l'incapacità di dire al pubblico qualcosa di sensato. Una chicca, infine, il ritorno a Manhattan; da mott street al Greenwich, ovunque in mezzo ai cinesi, l'unica certezza che sembra avvolgere l'ingorgo di dubbi che popola la grande mela.
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paioco89
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giovedì 1 luglio 2010
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un trattato su pellicola della poetica alleniana
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Una commedia semplice, come spesso Allen sa fare, arricchita all'eccesse del suo nichilismo, cinismo e agnosticismo ormai celeberrimo. Questi sono gli ingredienti della serie "i grandi classici" presenti in questa pellicola che si mostra più come un trattato filosofico sull'esistenza umana che un film vero e proprio. Storie ormai sempre simili (o quasi) all'ormai archiviato "Anithing Else". Una sceneggiatura semplice ma curata nei minimi dettagli dove le battute del genio newyorkese andrebbero annoverate ogni minuto, rimanendo però confinate in un personaggio (Ed Begley jr.) che sembra interagire solo col pubblico (rappresentato da Evan Rachel Wood), cercando d'insegnare palesemente a vivere secondo i canoni alleniani.
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Una commedia semplice, come spesso Allen sa fare, arricchita all'eccesse del suo nichilismo, cinismo e agnosticismo ormai celeberrimo. Questi sono gli ingredienti della serie "i grandi classici" presenti in questa pellicola che si mostra più come un trattato filosofico sull'esistenza umana che un film vero e proprio. Storie ormai sempre simili (o quasi) all'ormai archiviato "Anithing Else". Una sceneggiatura semplice ma curata nei minimi dettagli dove le battute del genio newyorkese andrebbero annoverate ogni minuto, rimanendo però confinate in un personaggio (Ed Begley jr.) che sembra interagire solo col pubblico (rappresentato da Evan Rachel Wood), cercando d'insegnare palesemente a vivere secondo i canoni alleniani. I primi 5 minuti si presentano con un quasi piano sequenza stucchevole e noioso, mentre la maggior parte del film è ambientata all'interno di uno scarno appartamento americano privo di ogni scenografia (e regia oserei dire). Allen è più concentrato nel "dire" e raccontare la sua filosofia attraverso le parole che le immagini e dunque tralasciando completamente la prima finalità del cinema: l'immagine. Spesso la sua "regia" (se cosi vogliamo definirla) si limita a 2/3 inquadrature per scena, dilungate nel tempo, con un montaggio assente e un insieme d'immagini che quasi sembrano di accompamento più che di racconto. Se in "Match Point" il tema della fortuna viene raccontato prima di tutto con l'immagine (geniale) di una pallina da tennis che rimbalza sulla rete, in "Manhattan" si racconta, anche grazie alla stupenda fotografia, l'amore e la malinconia, qui Allen mette in tavola tutta la sua poetica in un frappè di parole e dialoghi fini a se stessi, che non raccontano una storia da iniziare e concludere in 92 minuti ma che palesano esclusivamente il suo pensiero rendendo il tutto una grande intervista per il pubblico a lui caro.
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vales.
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lunedì 23 agosto 2010
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divertente
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Commedia che presenta molti stereotipi ( la bella ma stupida, una coppia in crisi..) ma che risulta molto originale per il protagonista e il suo "rapporto" con il pubblico. Pur essendo complessato e cinico, ho trovato Boris per certi versi divertente. La Wood abbastanza credibile. Forse un pò banale la conclusione ( tutti felici e contenti..), ma lascia comunque intendere che nessuna relazione potrebbe essere duratura: come dice già il titolo, ognuno sta con l'altro sino a che funziona...
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no_data
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lunedì 21 novembre 2022
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larry david come "alter ego" di allen.
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Incentrato sulle peripezie anche sentimentali del protagonista e sulla sua caustica ironia - l'attore, Larry David sembra quasi un "alter ego" del regista Allen - il film presenta ogni tanto degli "intermezzi" in cui l'attore si rivolge allo schermo e al pubblico, quasi in uno "straniamento" brechtiano da opera didattica. L'andamento e' da commedia brillante anche se amarotica come tutti i films dell'autore: i personaggi sono quasi sempre insoddisfatti del loro partner e ne ricercano un altro. La maturita' di Allen e' assai prolifica, con prodotti cinematografici dagli sfondi americani ed europei, soprattutto parigini.
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