cizeta
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venerdì 4 aprile 2014
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capolavoro
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La vita di uno dei personaggi (insieme a Cossiga) che ha dominato la politica, l'economia e le relazioni internazionali negli ultimi 50 anni di storia italiana. Il film di Sorrentino si concentra in un momento preciso della vita di Andreotti: tra l'inizio del suo settimo mandato ed il periodo tangentopoli.
voto personale: 10
Non dilungandomi sugli aspetti legati alla trama ed il periodo (riassumerli qua con i giusti ricollegamenti storici sarebbe impresa ardua) mi soffermerei sull'aspetto cinematografico.
A mio parere una pellicola biografica è un genere realmente molto delicato: si deve decidere quale momento della vita del soggetto andare a trasporre, renderlo il più possibile interessante, dare delle nozioni documentaristiche, riprodurre fedelmente il personaggio.
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La vita di uno dei personaggi (insieme a Cossiga) che ha dominato la politica, l'economia e le relazioni internazionali negli ultimi 50 anni di storia italiana. Il film di Sorrentino si concentra in un momento preciso della vita di Andreotti: tra l'inizio del suo settimo mandato ed il periodo tangentopoli.
voto personale: 10
Non dilungandomi sugli aspetti legati alla trama ed il periodo (riassumerli qua con i giusti ricollegamenti storici sarebbe impresa ardua) mi soffermerei sull'aspetto cinematografico.
A mio parere una pellicola biografica è un genere realmente molto delicato: si deve decidere quale momento della vita del soggetto andare a trasporre, renderlo il più possibile interessante, dare delle nozioni documentaristiche, riprodurre fedelmente il personaggio. Sul primo aspetto si è quadrato in maniera perfetta il film raccogliendo uno dei momenti più delicati della vita politica androttiana (...e sostanzialmente la fine stessa di quella vita); il secondo lo lascio per ultimo; il terzo aspetto viene ben ideato dandoci nomi cognomi e brevi didascalie su chi fossero la miriade di personaggi che gravitavano intorno al Divo, quali fossero le relazioni con il protagonista e la loro collocazione storico - sociale; il quarto aspetto (delicatissimo) viene fatto suo da Sorrentino: non sappiamo il reale carattere di Andreotti ma il regista ha caratterizzato in maniera ottimale il personaggio (le passeggiate all'alba scortato, i gesti delle mani ecc ecc). L'ultimo aspetto, il rendere interessante il personaggio, racchiude la genialità di Sorrentino: il soggetto di suo è interessante, ma il regista crea nello spettatore tantissime aspettative, dovuta alla caratterizzazione, come detto precedentemente, ma anche per la presenza di un certo numeri di comprimari che ci aiutano a capire l'Andreotti uomo, politico e stratega.
La fotografia ed il montaggio sono perfetti: le inquadrature di Sorrentino sono uniche e realmente originali nel cinema degli ultimi anni. La scelta delle musiche (in taluni casi totalmente in disaccordo con la tipologia del film) è eccellente. Non può che essere perfetta la performance di Servillo, oramai miglior attore italiano: fa il suo personaggio, lo anima, gli da una vitalità unica e determinante per la riuscita del film: tanto del successo di il Divo si deve ad un attore tremandamente bravo e fastidiosamente perfetto.
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raffele
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mercoledì 9 maggio 2018
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potere, ragion di stato, manierismi brillanti
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me l’ero perso nel 2008. non è alla politica, alla storia di questo paese che mi fa pensare, non immediatamente. senza mediazioni mi colpisce sorrentìno sapiente nella fotografia, nelle sottolineature musicali, gli stacchi traumatici, e frasi storiche talmente solenni da sfiorare una specie di onanismo cinematografico. e più scorrono i fotogrammi, le allegorie, gli arredi del palazzo e quelle facciacce di santoni democristiani e di mafiosi, più sono costretto a constatare che il film è fatto bene. servillo/andreotti è un totem che prende vita, imperturbabile come andreotti vero, con in più quel momento della “confessione” concitata, parossistica, sulla strategia della tensione per la sopravvivenza del moderatismo, la ragion di stato italiana.
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me l’ero perso nel 2008. non è alla politica, alla storia di questo paese che mi fa pensare, non immediatamente. senza mediazioni mi colpisce sorrentìno sapiente nella fotografia, nelle sottolineature musicali, gli stacchi traumatici, e frasi storiche talmente solenni da sfiorare una specie di onanismo cinematografico. e più scorrono i fotogrammi, le allegorie, gli arredi del palazzo e quelle facciacce di santoni democristiani e di mafiosi, più sono costretto a constatare che il film è fatto bene. servillo/andreotti è un totem che prende vita, imperturbabile come andreotti vero, con in più quel momento della “confessione” concitata, parossistica, sulla strategia della tensione per la sopravvivenza del moderatismo, la ragion di stato italiana. bello il duello rapido e sanguinoso con Scalfari. belle altre cose, fastidiosa la sensazione dello spettinato napoletano dietro la macchina da presa, ripreso dal basso, accigliato, che rimugina: “il divo, il divo sono io, io voglio offuscare Fellini”
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alejazz
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martedì 19 giugno 2018
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un'altra inconfutabile opera di sorrentino
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Eppure questo film mi era sfuggito da mano....e dopo 10 anni sono riuscito a ritrovarlo spinto dalla curiosità di vedere un'altra opera di Paolo Sorrentino.
Ma ad esser onesto, ricorderei anche la bravura inconfutabile di Tony Servillo in grado di interpretare personaggi non semplici e di un certo calibro e spessore come Giulio Andreotti.
Il Divo ripercorre la storia del senatore a vita dalla fine degli anni 80 all'inizio delle inchieste su tangentopoli e mani pulite.
Cosa mi è piacuto:
- la fotografia del film con la saggia scelta dei colori e delle inquadrature delle telecamere
- la scelta del passo storico inserito nel film
- l'interpretazione di T.
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Eppure questo film mi era sfuggito da mano....e dopo 10 anni sono riuscito a ritrovarlo spinto dalla curiosità di vedere un'altra opera di Paolo Sorrentino.
Ma ad esser onesto, ricorderei anche la bravura inconfutabile di Tony Servillo in grado di interpretare personaggi non semplici e di un certo calibro e spessore come Giulio Andreotti.
Il Divo ripercorre la storia del senatore a vita dalla fine degli anni 80 all'inizio delle inchieste su tangentopoli e mani pulite.
Cosa mi è piacuto:
- la fotografia del film con la saggia scelta dei colori e delle inquadrature delle telecamere
- la scelta del passo storico inserito nel film
- l'interpretazione di T. Servillo ( e anche degli altri attori che l'hanno affiancato come Carlo Buccirosso per citarne qualcuno nei ruoli di Cirino Pomicino)
Cosa non mi è piaciuto:
- sarà una cosa banale però l'audio del film è stato registrato abbastanza basso che qualche volta ho avuto difficoltà a seguire le battute.
Conclusione:
- Visione molto consigliata
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rob8
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sabato 28 luglio 2018
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una delle prove più riuscite di sorrentino
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Misurarsi con la storia recente della Repubblica e con personaggi politici di spicco, come fu il Moro di Ferrara o di Bellocchio, o come qui con Giulio Andreotti, è impresa ardua e rischiosa.
Tanto più se si punta ad un’identificazione tra uomo e personaggio, nei termini volutamente esasperati che quest’opera persegue. Ma avere a disposizione per tale parte un attore cone Toni Servillo, invoglia a perseguire l’impresa con ferma determianzione. E lo sforzo viene premiato.
Il divo è una delle prove più riuscite di Sorrentino, laddove la geometria visiva si sposa con quella narrativa, in un rigore di forme che rende coerenti anche le deformazioni – non solo fisiche – del protagonista.
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Misurarsi con la storia recente della Repubblica e con personaggi politici di spicco, come fu il Moro di Ferrara o di Bellocchio, o come qui con Giulio Andreotti, è impresa ardua e rischiosa.
Tanto più se si punta ad un’identificazione tra uomo e personaggio, nei termini volutamente esasperati che quest’opera persegue. Ma avere a disposizione per tale parte un attore cone Toni Servillo, invoglia a perseguire l’impresa con ferma determianzione. E lo sforzo viene premiato.
Il divo è una delle prove più riuscite di Sorrentino, laddove la geometria visiva si sposa con quella narrativa, in un rigore di forme che rende coerenti anche le deformazioni – non solo fisiche – del protagonista.
Il lucido disegno delle vicende, di cui Servillo è perno imprescindibile, si arricchisce di un coro di comprimari di prima scelta, dove la bravura degli attori sventa il rischio della parodia, nell’incarnazione pedessiqua di politici, industriali, faccendieri e mafiosi.
Il risultato finale è la reinvenzione originale del cinema civile dei Rosi e dei Petri, nella cornice aggiornata ed illividita dell’ambigua società italiana contemporanea.
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paolo pasetti
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venerdì 30 maggio 2008
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l'uomo senza qualità
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“Andreotti, le sto parlando di politica…” dice a un certo punto un adrenalinico Cirino Pomicino al Divo Giulio. Andreotti si schermisce, un po’ stizzito: ”Non voglio parlare di politica”. Forse la chiave di tutto il film sta proprio in questo frammento: Andreotti NON è un politico. Allo stesso modo, come sentenzia a un certo punto Livia, la moglie del Divo, Andreotti non è quel genio, quello stratega mefistofelico che tutti credono. Piuttosto, la sua qualità consiste nella sua opacità, nell’essere – quasi letteralmente – il buco nero della storia contemporanea d’Italia. Come disse una volta Montanelli, delle due l’una: o Andreotti è il più grande criminale della storia d’Italia, o è il più grande perseguitato.
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“Andreotti, le sto parlando di politica…” dice a un certo punto un adrenalinico Cirino Pomicino al Divo Giulio. Andreotti si schermisce, un po’ stizzito: ”Non voglio parlare di politica”. Forse la chiave di tutto il film sta proprio in questo frammento: Andreotti NON è un politico. Allo stesso modo, come sentenzia a un certo punto Livia, la moglie del Divo, Andreotti non è quel genio, quello stratega mefistofelico che tutti credono. Piuttosto, la sua qualità consiste nella sua opacità, nell’essere – quasi letteralmente – il buco nero della storia contemporanea d’Italia. Come disse una volta Montanelli, delle due l’una: o Andreotti è il più grande criminale della storia d’Italia, o è il più grande perseguitato. Ma Andreotti è entrambe le cose, perché Andreotti è il nulla. In Andreotti si concentrano secoli di Roma papalina, la città – appunto – eterna, in cui nulla cambia e tutto si perpetua all’infinito. Andreotti – e lui stesso ne è consapevole – è sostanzialmente un portato storico, una forza oggettiva. È molto significativa la sequenza in cui il giovane Divo chiede alla futura moglie di sposarlo al Cimitero di guerra del Verano. La “spettacolare vita” del Divo Giulio è tutta qui: le “azioni” o “inazioni” delle sua vita hanno forse provocato stragi, morti, lutti. Ma quelle stragi, morti, lutti sono accaduti per una forza oggettiva, del tutto impersonale: una guerra, in tutto simile a quella che ha provocato i morti del Verano. La straordinaria forza visiva, drammaturgica, linguistica del film si gioca tutta su questa chiave: di Andreotti non si sa nulla. Come in un antico palinsesto, Sorrentino ha potuto scrivere su questa pagina completamente bianca una partitura grottesca e fantasmagorica, con invenzioni sorprendenti, deliziosi dettagli, accostamenti deliranti e quasi commoventi (come quando Giulio e Livia, mano nella mano, ascoltano Renato Zero che canta “I migliori anni della nostra vita”…). In fin dei conti, anche l’incessante, interminabile ricorso di Andreotti alle battute, all’ironia, ai paradossi non è altro che l’ultima delle sue maschere; ma anche sotto quella maschera si nasconde il solito nulla. In questo Andreotti ha qualcosa di paradossalmente ebraico, un Woody Allen “de noantri”, o ancora meglio una specie di Zeno Cosini: un uomo senza qualità, privo di spessore, sul quale gli eventi scivolano, subito seppelliti dall’ennesimo motto di spirito. Solo nel monologo finale, frontale e sfrontato, Andreotti parla veramente, parla in quanto uomo. Ma a quel punto è già finito, è solo un imputato, anzi, come dicono a Roma, “n’impunito” (alla lettera).
Anche se, tutto sommato, Andreotti ha avuto la meglio anche questa volta. A conferma della sua natura non umana (il Divo…), opaca, sfuggente, inafferrabile, i giudici di Palermo hanno dovuto ricorrere a un manipolo di avanzi di galera, i cui racconti erano perfino poetici nel loro essere “fantastici” (e infatti Sorrentino li mette in scena!). Proprio perché Andreotti, nella sua natura fantasmatica, è letteralmente non-incastrabile: la giustizia umana ha bisogno di prove (“potrebbe ripeterlo in aula?”), ma nessuna prova può incastrare Andreotti. Le cose sono accadute secondo un disegno divino, del quale Andreotti rivendica ripetutamente di essere soltanto la longa manus. Tanto, tantissimo “male” è stato perpetrato, ma in fondo Andreotti ne era soltanto il motore immobile: una forza oggettiva, storica, impersonale, priva di quella malvagità che sarebbe, comunque, umana.
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catullo
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giovedì 3 febbraio 2011
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sorrentino come petri?
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Un film politico di grande livello espressivo che richiama quelli di Elio Petri (i vari "Todo modo"..."indagine"..La proprietà non è più un furto") che si colloca tra le ultime ma poche opere cinematografiche italiane di alto livello. Certo la scelta di Andreotti come personaggio del film è un pò come sparare sulla croce rossa...o gli si addebitano tutte le malefatte dello stato negli ultmi 50 anni o lo si considera un santo martire vittima dei rumor più gettonati della prima repubblica.E' Belzebù o S.Sebastiano? Lasciamo alla storia l'arduo giudizio. Pensare che un politico cattolico di grande osservanza e un frequentatore assiduo delle stanze vaticane possa aver ordinato omicidii e collaborato con la mafia per un ingenuo come me è dura da digerire.
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Un film politico di grande livello espressivo che richiama quelli di Elio Petri (i vari "Todo modo"..."indagine"..La proprietà non è più un furto") che si colloca tra le ultime ma poche opere cinematografiche italiane di alto livello. Certo la scelta di Andreotti come personaggio del film è un pò come sparare sulla croce rossa...o gli si addebitano tutte le malefatte dello stato negli ultmi 50 anni o lo si considera un santo martire vittima dei rumor più gettonati della prima repubblica.E' Belzebù o S.Sebastiano? Lasciamo alla storia l'arduo giudizio. Pensare che un politico cattolico di grande osservanza e un frequentatore assiduo delle stanze vaticane possa aver ordinato omicidii e collaborato con la mafia per un ingenuo come me è dura da digerire. Ma tutto è possibile nel nostro povero paese...non è stato fino a poco tempo fa il teatro della guerra fredda tra il mondo occidentale e quello comunista? Grande attore Toni Servillo....grande regia di Paolo Sorrentino che per confermarsi grande auteur dovrà propinarci qualche altro capolavoro ancora! Però quel gatto persiano bianco di cui Andreotti aveva timore che stupenda creatura!
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steno811
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lunedì 16 febbraio 2009
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grande film, grande regia
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realizzato benissimo con accuratezza e stile, si può discutere sulla rappresentazione fumettistica o realistica del potere e di Andreotti, ma sull'ottima fattura e regia non c'è dubbio.
Alcune scene sono di forte impatto emotivo e i dialoghi sono funzionali a fare luce sui comportamenti dei politici, da sfondo ci sono le vicende e gli intrighi che riguardano politica, banche, loggie e mafia... giustamente il film suscita una riflessione ma non realizza una teoria precisa riguardo Andreotti. Credo che come in altri casi sia un film schierato a sinistra ma ripeto è comunque un grande film.
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robmamba
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venerdì 30 maggio 2008
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intorno ad andreotti il nulla!
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Il film è di ottimo livello artistico,registico e attoriale. Ottima la scelta di analizzare a fondo la piscologia di questo personaggio(la fotografia anke lo analizza),circondato da tutto quello che è successo in quei anni e dai suoi pulp-politici, il tutto in chiave grottesca.La regia è Sorrentiniana a tratti virtuosa ma ammirevole e mai pesante. Servillo rende perfettamente il personaggio senza esagerare ne nel bene ne nel male.
Il limite di questo film è questo,Andreotti è perfettamente caratterizzato,brevi spennellature sui suoi compagni , il tutto in contrasto con gli omicidi di quei tempi che Andreotti non vive, come se fosse di ghiaccio. Il problema è questo,enfatizzare quello che circondava l'immortale Giulio sarebbe stato perfetto a delineare ancora la sua glacialità.
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Il film è di ottimo livello artistico,registico e attoriale. Ottima la scelta di analizzare a fondo la piscologia di questo personaggio(la fotografia anke lo analizza),circondato da tutto quello che è successo in quei anni e dai suoi pulp-politici, il tutto in chiave grottesca.La regia è Sorrentiniana a tratti virtuosa ma ammirevole e mai pesante. Servillo rende perfettamente il personaggio senza esagerare ne nel bene ne nel male.
Il limite di questo film è questo,Andreotti è perfettamente caratterizzato,brevi spennellature sui suoi compagni , il tutto in contrasto con gli omicidi di quei tempi che Andreotti non vive, come se fosse di ghiaccio. Il problema è questo,enfatizzare quello che circondava l'immortale Giulio sarebbe stato perfetto a delineare ancora la sua glacialità. Ma le scene deglio omicidi sono girate e montate con molta superficialità , inoltre manca totalemte qualche documento storico. insomma è giusto che intorno ad andreotti ci fosse il nulla per lui, ma questo nulla che nulla non è non lo vede neanche lo spettatore facendolo diventare un vero NULLA(perdonate il gioco virtuoso di parole)
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antonio
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mercoledì 18 giugno 2008
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il mal di testa logora chi ce l'ha.
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La consacrazione del divo Giulio. Una sequenza di fotogrammi sul potere e la "giusta distanza" con la quale questo si gestisce. Un cesarismo democratico al passo con l'evoluzione del potere per antonomasia, quello religioso. Come questo, l'alias di Andreotti attraversa la secolarizzazione della nostra società e la asseconda accompagnando gli italiani dal post dittatura fascista a quella mediatica odierna. Una propaggine del Vaticano nella gestione del potere nel nostro Paese. Il film è interessante per le novità grottesco- narrative, ma fà il verso sotto alcuni aspetti al "Caimano" di Moretti. Sono più realista del Re, sembra dire il protagonista che gestisce il potere perchè noi tutti si stia bene e soprattutto perchè "il mio e il nostro sacrificio sia gradito al Padre".
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La consacrazione del divo Giulio. Una sequenza di fotogrammi sul potere e la "giusta distanza" con la quale questo si gestisce. Un cesarismo democratico al passo con l'evoluzione del potere per antonomasia, quello religioso. Come questo, l'alias di Andreotti attraversa la secolarizzazione della nostra società e la asseconda accompagnando gli italiani dal post dittatura fascista a quella mediatica odierna. Una propaggine del Vaticano nella gestione del potere nel nostro Paese. Il film è interessante per le novità grottesco- narrative, ma fà il verso sotto alcuni aspetti al "Caimano" di Moretti. Sono più realista del Re, sembra dire il protagonista che gestisce il potere perchè noi tutti si stia bene e soprattutto perchè "il mio e il nostro sacrificio sia gradito al Padre". Andreotti non ne esce affatto male, anzi sembra che diventi a un certo punto l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Come disse in grande filosofo argentino, Diego Armando Maradona, definitemi in tutte le maniere, ma non chiamatemi "poverino"...così il Divo Giulio all'indomani di "Mani Pulite" quando partirono i processi a suo carico per collusione mafiosa disse agli americani: "ho capito che il mio tempo è compiuto, ma non dite che ho baciato sulla bocca Totò Riina" ovvero ho fatto per voi tutte le nefandezze possibili ma quel mafioso non è il mio tipo. Io gli credo. E' Sorrentino che tra un mal di testa da "Amico di Famiglia" e quello del "Divo Giulio" finisce col dare una semplice aspirina al pubblico che avrebbe oggi bisogno di un elettroshock di fronte a quello che gli sta accadendo davanti agli occhi. Altro che immaginazione al potere, siamo all'inimmaginabile (legge salva Premier di Berlusconi, ricusazione del giudice per grave inimicizia) altro che finzione, la realtà è andata oltre ...e questo nemmeno Andreotti lo aveva previsto. Ai posteri il prossimo film di Sorrentino. Giudizio: film che riesce a stupire senza effetti speciali, solo facendo il verso alla cronaca. Continuate a chiamarmi "Gobbo Giulio" perchè non mi offendo! Ci sarà qualcuno che un giorno vorrà sapere se sono dotato come diveva De Andrè della " virtù meno apparente", fra tutte le virtù la più indecente.
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dario steno
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mercoledì 2 febbraio 2011
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un ottimo regista, un pessimo cronista
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Non vi è nulla da dire sulle eccezionali capacità tecniche di Sorrentino, il film scorre con eleganza e ritmo. Un abilissimo narratore. Il peccato è che egli non abbia nulla da dire che vada oltre la vulgata comunista e post-comunista su Andreotti. Quasi lo si volesse capro espiatorio della debacle di un progetto politico, quello di sinistra, che, non avendo mai vinto politicamente, è costretto a dare la colpa ai falli compiuti dalla squadra avversaria. Suggerire in maniera quasi mefistofelica una serie di serpeggianti ipotesi di crimini compiuti dal Divo dice, appunto, non solo di impareggiabili capacità tecniche, ma anche di pochezza di contenuti.
Sarebbe stato preferibile uno schietto schierarsi, onesto e diretto.
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Non vi è nulla da dire sulle eccezionali capacità tecniche di Sorrentino, il film scorre con eleganza e ritmo. Un abilissimo narratore. Il peccato è che egli non abbia nulla da dire che vada oltre la vulgata comunista e post-comunista su Andreotti. Quasi lo si volesse capro espiatorio della debacle di un progetto politico, quello di sinistra, che, non avendo mai vinto politicamente, è costretto a dare la colpa ai falli compiuti dalla squadra avversaria. Suggerire in maniera quasi mefistofelica una serie di serpeggianti ipotesi di crimini compiuti dal Divo dice, appunto, non solo di impareggiabili capacità tecniche, ma anche di pochezza di contenuti.
Sarebbe stato preferibile uno schietto schierarsi, onesto e diretto. Avrebbe rappresentato l'onore delle armi ad un avversario da parte della cultura che lo ha infangato fino ad affondarlo politicamente. Insomma, l'ennesima occasione persa da parte di un intellettuale di sinistra, un gigante nel suo campo, di dimostrare la presunta superiorità morale della sua parte politica. Peccato.
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