Una commedia per gli inguaribili romantici. “Se solo fosse vero” ha gli ingredienti giusti per piacere agli amanti delle storie sentimentali, perché l’anima di una ragazza entrata in coma troverà la via del risveglio grazie ad un inquilino depresso per la morte della moglie. Elizabeth è la classica donna in carriera, troppe ore al lavoro e nessun fidanzato all’orizzonte; David è un architetto paesaggistico, mezzo alcolista e con nessuna voglia di vivere. Il quale un bel giorno si ritrova tra le braccia uno spiritello che cerca in tutti i modi di tornare alla vita. Tratto dal romanzo di uno scrittore esordiente -la favoletta è del francese Marc Levy-, “Se solo fosse vero” si mantiene su una linea che segna il confine tra la vita e la morte, mentre l’amore è il solo punto di contatto tra due mondi che sfidano il tempo e lo spazio. Il regista Mark Waters confeziona un prodotto di facile presa, gioca con la metafisica senza scivolare nel macabro, dirige un film romantico riuscendo persino a parlare di eutanasia. Leggero pur affrontando temi non certo facili, “Se solo fosse vero” deve la sua riuscita alla verve dei protagonisti -Reese Whiterspoon e Mark Ruffalo- che litigano a più non posso prima di capire cosa ha riservato il destino. E se la storiella della ragazza che torna a vivere grazie all’amore di un anima pia è vecchia quanto il mondo, Waters non scivola tuttavia nella banalità, restituisce la vita con un bacio e regala l’emozione di un finale da incorniciare. Con tanto di giardino e vista panoramica sulla città. Ancora una volta la commedia parla americano. Brillante, sofisticata, sentimentale, non fa alcuna differenza: il cinema a stelle e strisce esce di nuovo vincitore.
Antonello Villani
(Salerno)
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