michele capitani
|
giovedì 26 maggio 2011
|
un film sul "padre"
|
|
|
|
Questo è un film sul padre.
Chi pensa che questo sia un film politico, o sul conflitto arabo-israeliano, o sul terrorismo, o peggio sull'antisemitismo, o una spy-story, non ha capito quasi nulla, e comunque si perde il meglio: diciamo che sarebbe come leggere "Il nome della rosa" seguendo solo l'aspetto giallo delle vicende, o guardare "Schindler's list" preoccupandosi unicamente delle sorti imprenditoriali di Oskar; spero di rendere l'idea... Difatti, questo è un film sul padre: sull'esigenza di averne uno, e sul diventarlo. A guardarle così, tutto sommato le tante sequenze di bombe, sangue e intrighi sono giusto drammatici intermezzi, seppure appassionanti e sostanziosi, e narrativamente ben variati, di un discorso però parecchio più profondo e ricco di rimandi alla memoria e, appunto, al senso della paternità.
[+]
Questo è un film sul padre.
Chi pensa che questo sia un film politico, o sul conflitto arabo-israeliano, o sul terrorismo, o peggio sull'antisemitismo, o una spy-story, non ha capito quasi nulla, e comunque si perde il meglio: diciamo che sarebbe come leggere "Il nome della rosa" seguendo solo l'aspetto giallo delle vicende, o guardare "Schindler's list" preoccupandosi unicamente delle sorti imprenditoriali di Oskar; spero di rendere l'idea... Difatti, questo è un film sul padre: sull'esigenza di averne uno, e sul diventarlo. A guardarle così, tutto sommato le tante sequenze di bombe, sangue e intrighi sono giusto drammatici intermezzi, seppure appassionanti e sostanziosi, e narrativamente ben variati, di un discorso però parecchio più profondo e ricco di rimandi alla memoria e, appunto, al senso della paternità.
Il protagonista è Avner Kaufmann (Eric Bana, convincente), giovane israeliano, sorta di "primus inter pares" di un commando ufficialmente inesistente anche per il Mossad (vi compare, tra gli altri, un accigliato Daniel Craig/Steve), incaricato di uccidere gli attentatori palestinesi di "Settembre nero" del famoso blitz alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Egli non ha avuto mai dei genitori come li intendiamo solitamente: in uno dei primi dialoghi con la moglie (Ayelet Zurer), lei gli ricorda che lui è stato abbandonato: "Sei stato messo in un kibbutz: Israele per te è tua madre". Insomma, genitori che rinunciano all'averlo come figlio, tanto che concretamente il nuovo stato di Israele con le sue istituzioni, i suoi ideali e il suo bisogno di sopravvivenza, gli ha fatto da padre (ben raffigurato da Golda Meir/Lynn Cohen, virago comandante su altri uomini). Ma lui è anche un "senza-padri" essendolo tutta la sua generazione, la prima dopo Auschwitz, perciò il fulcro simbolico di tutto il film mi sembra quel dialogo ad Atene col palestinese: Avner è un senza padre che difende la patria come tale, l'altro è un senza patria che però sa che questa verrà conquistata dai suoi figli, dato che lui stesso è padre e ne ha avuto uno a sua volta. Gli Ebrei sono un popolo senza padre in quanto scampati alla Shoah (non ancora così remota come inizia ad apparire oggi), i Palestinesi sono gli esiliati per eccellenza dalla patria.
Insomma, tutte paternità ambite ma rimpiante, violentate e monche, deficitarie, se non soppresse, e comunque insufficienti per fondare la propria identità: un padre lo si deve pretendere anche a costo, a quanto pare, di massacrare altri che hanno la stessa esigenza, e un'efficace raffigurazione di ciò è anche nel rapporto coi due informatori francesi: il "papà" preferisce Avner al proprio figlio reale Louis; ecco la lotta per il padre: sarà infatti quest'ultimo ad informare i nemici del protagonista, non il "papà" che invece, fino alla fine del film, rassicurerà Avner sulla propria protezione.
Entrambe dalla stessa radice, le parole "padre" e "patria" le considero qui, volutamente, l'uno metafora dell'altra e viceversa, visto che entrambe sono per un uomo la radice di se stesso, la provenienza in cui stare, anche materialmente: "Avete una patria in cui lottare, ecco perché voi comunisti europei non potete capire la nostra lotta" gli dice il guerrigliero palestinese ad Atene, ovviamente non sapendo la vera identità dell'interlocutore. Anzi, splendido che in quel dialogo centrale l'identità del palestinese sia esplicita, quella dell'israeliano no.
Il distacco dal padre/patria in Avner si verifica quando capisce che il suo padre altro non sa fare che richiedergli morte, e se ne accorge quando gli viene il dubbio che le vittime non fossero strettamente legate a quell'attentato, e che in fondo tutto l'odio nasce nei Palestinesi per rivendicare il loro diritto alla patria, per quanto sassosa e inospitale.
Come si esce dunque da tutto questo? In due maniere: la prima la intuisce l'artificiere del commando, Robert/Mathieu Kassovitz (il dialogo al binario): capisce che tramite la prevaricazione e il massacro reciproco del suo popolo con l'altro, gli Ebrei si stanno allontanando dal valore fondante della loro identità profonda che è Dio, "il" Padre per eccellenza. Uscire dalla logica della distruzione e dalla spirale infinita di botte e risposte (i Palestinesi uccisi vengono rimpiazzati subito da altri ancor più feroci, e questi danno a loro volta la caccia ad Avner e compagni) vuol dire allora tornare a quel Padre/identità, anche prescindendo dalla patria geografica, come poi farà il protagonista. La seconda maniera è infatti quella di Avner: se l'identità non si ottiene nemmeno adempiendo ai massacri richiesti dalla patria, padri allora si deve diventare: per lui, che verso la fine si trasferirà a New York, solo la famiglia conterà d'ora in poi, cioè sarà lui padre, e la sua identità sarà di padre e marito, un'identità legittimata dalla logica degli affetti, non della distruzione. Nella sequenza in cui ripensa al massacro all'aeroporto di Monaco, proprio mentre fa l'amore con la moglie, la feconda per la seconda volta: proprio nell'incubo di quelle morti (atleti e terroristi) che aveva generato la sua missione ad uccidere, rigenera la terra nuova in cui ora abita, e insieme la terra nuova, effettiva e simbolica, che è il ventre di sua moglie (dunque tutt'altro che una caduta spielberghiana nel sentimentalismo, come pure è stato detto in sede autorevole!).
Nella patria non più sua invece non tornerà, dato che i suoi figli (e figli di un padre certo, e non conteso da nessuno!) ne creano una in terra vergine, che non deve più subire la faida eterna di due fratelli, che si sono scordati di essere fratelli, e che non ci sanno convivere.
Solo un film tanto ebreo (regia, sceneggiatura, cast, ambientazione) poteva parlarci del "padre" con questo spessore; solo "The believer" potrebbe superarlo in profondità; magari ci torneremo prossimamente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a michele capitani »
[ - ] lascia un commento a michele capitani »
|
|
d'accordo? |
|
rikky
|
domenica 8 agosto 2010
|
un thriller spietato con messaggio finale
|
|
|
|
Un gruppo di terroristi palestinesi noti come Settembre Nero tiene in ostaggio 11 atleti israeliani allo stadio olimpico di Monaco e infine la faccenda si conclude in un bagno di sangue: gli 11 atleti vengono uccisi e i terroristi spariscono nel nulla. In qualità di ebreo, Spielberg ha saputo girare magistralmente quello che forse è il suo capolavoro del III millennio. Oltre ad essere un film storico, Munich sa essere anche un perfetto action thriller, ricco di tensione e appassionante che narra la sanguinosa battaglia di un gruppo di uomini contro un’associazione del terrore.Eric Bana, nato come attore di commedie, una volta tanto è perfetto per un ruolo interamente drammatico dopo scadenti interpretazioni in Hulk di Ang Lee e in Troy di Wolfgang Petersen, e riesce a convincere benissimo, il suo personaggio è un uomo normale con una famiglia e coinvolto in una guerra dagli esiti incerti.
[+]
Un gruppo di terroristi palestinesi noti come Settembre Nero tiene in ostaggio 11 atleti israeliani allo stadio olimpico di Monaco e infine la faccenda si conclude in un bagno di sangue: gli 11 atleti vengono uccisi e i terroristi spariscono nel nulla. In qualità di ebreo, Spielberg ha saputo girare magistralmente quello che forse è il suo capolavoro del III millennio. Oltre ad essere un film storico, Munich sa essere anche un perfetto action thriller, ricco di tensione e appassionante che narra la sanguinosa battaglia di un gruppo di uomini contro un’associazione del terrore.Eric Bana, nato come attore di commedie, una volta tanto è perfetto per un ruolo interamente drammatico dopo scadenti interpretazioni in Hulk di Ang Lee e in Troy di Wolfgang Petersen, e riesce a convincere benissimo, il suo personaggio è un uomo normale con una famiglia e coinvolto in una guerra dagli esiti incerti. Combatte per la pace, lotta per sopravvivere, uccide per gli amici, prima con titubanza poi sempre a sangue freddo, ( Munich rappresenta anche il cambiamento nell’uomo, la brutalità dell’omicidio ), ha gli incubi, l’orrore e l’adrenalina del combattimento non si staccano da lui, nemmeno fare l’amore con la moglie gli toglie dalla mente immagini di guerra, di violenza.
Cinque nomine agli oscar fra cui miglior film e regia e nessuna statuetta. Ignobile non dare il più prestigioso dei premi cinematografici a questo intensissimo capolavoro drammatico. Ricco di sequenze piene di tensione e di scene memorabili, questo nuovo capolavoro di Spielberg ( non un autore di fantascienza ma l’autore di fantascienza ), riesce a creare un thriller teso come un cavo elettrico, con ottimi dialoghi ( scritti da Eric Roth sceneggiatore di Forrest Gump e dall’autore di Insider ), magistrali e movimentate scene di guerra e scontri a fuoco, che ha pochi attimi di tregua nel finale, dove si riceve una dura e purtroppo reale lezione: A cosa è servito uccidere i colpevoli della strage di Monaco, se comunque sono stati sostituiti da persone ancor più tremende? Probabilmente a nulla, si è solo iniziata una guerra che è destinata a non avere mai fine: per ogni loro omicidio, altrettante e più persone vengono uccise per vendetta.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a rikky »
[ - ] lascia un commento a rikky »
|
|
d'accordo? |
|
frenky 90
|
lunedì 23 febbraio 2009
|
una corretta astensione
|
|
|
|
Munich è un film che ha il potere di turbare e disgustare chi lo vede per la prima volta e questa, vista la natura dei temi trattati, è la sua migliore qualità. T’indigna, ti rattrista, ma al tempo stesso ti costringe alla retorica di un pensiero mai troppo ricorrente: è così difficile per gli uomini non uccidersi a vicenda? Spielberg è veramente un grande regista. E’ un peccato vederlo, di tanto in tanto, rifugiarsi in quei filmetti commerciali che saltuariamente produce ma evidentemente per lui, o per la lobby di produttori che gli sta alle calcagna, il detto del “meglio pochi ma buoni” non ha molto valore. Bisogna vedere, però, con quale maestria riproduce la tragicità degli avvenimenti e delle ripercussioni del Massacro di Monaco alle Olimpiadi estive del 1972, per mezzo di un montaggio dinamico e fuori dagli schemi e delle musiche puntuali e azzeccatissime del maestro John Williams (vedere per credere “The terminal”).
[+]
Munich è un film che ha il potere di turbare e disgustare chi lo vede per la prima volta e questa, vista la natura dei temi trattati, è la sua migliore qualità. T’indigna, ti rattrista, ma al tempo stesso ti costringe alla retorica di un pensiero mai troppo ricorrente: è così difficile per gli uomini non uccidersi a vicenda? Spielberg è veramente un grande regista. E’ un peccato vederlo, di tanto in tanto, rifugiarsi in quei filmetti commerciali che saltuariamente produce ma evidentemente per lui, o per la lobby di produttori che gli sta alle calcagna, il detto del “meglio pochi ma buoni” non ha molto valore. Bisogna vedere, però, con quale maestria riproduce la tragicità degli avvenimenti e delle ripercussioni del Massacro di Monaco alle Olimpiadi estive del 1972, per mezzo di un montaggio dinamico e fuori dagli schemi e delle musiche puntuali e azzeccatissime del maestro John Williams (vedere per credere “The terminal”). Ma ciò che più è da lodare del “director” di origini israelite è, come hanno notato in molti con compiacenza, la totale assenza di una presa di posizione fra le ragioni di ebrei e palestinesi, il cui compimento sarebbe stato quanto mai fuori luogo nel caso specifico, nonostante gli estremi per farlo (mettetevi nei panni d’un fiero figlio del popolo della Stella di David) ci sarebbero stati tutti. Asetticità che, purtroppo e veniamo al discorso recitativo, ha trasmesso magari senza volerlo primo fra tutti all’attore protagonista Eric Bana, il cui talento sembra intravedersi solo quando si lascia andare all’interpretazione di emozioni forti. A tal proposito sono esplicative le scene dell’improvviso quanto furtivo pianto al telefono con la sua bimba, e l’urlo di raccapriccio durante la scena di sesso con la moglie tormentata dai flashback finali, che svelano solo dopo due ore in maniera visiva l’epilogo del sequestro degli atleti. Sono però al tempo stesso significative le sequenze delle uccisioni dei capi di Settembre Nero, rese dal giovane attore australiano con una quasi totale mancanza di sentimento (positivo o negativo che sia) ed espressività, le quali appaiono errate nella delineazione di un personaggio sicuramente duro come il capo della “Operazione Collera di Dio” ma al tempo stesso sensibile e non tanto abituato ad uccidere da poterlo fare con il volto disteso e la tranquillità vocale (quest’ultima anche colpa di un doppiatore italiano poco convincente, fortunatamente una rarità in senso assoluto) che si può notare nel protagonista. Poco convincente anche Daniel Craig che, per via del look più che della mimica, più che un israeliano assetato di sangue assume maggiormente i contorni di un detective da telefilm a stelle e strisce alla Starsky e Hutch tanto per intenderci. In questo caso probabilmente è una mancanza dei costumisti ma il futuro primo James Bond biondo della storia della cinematografia hollywoodiana non fa abbastanza per fare emergere il proprio personaggio. Degne di nota invece le interpretazioni del semisconosciuto attore teatrale Ciaran Hinds nella parte del più mite e pacifico agente del Mossad, e di Michael Lonsdale nei panni del “papà” dell’informatore di Bana per gli spostamenti degli obbiettivi (l’attore considerato fra i migliori interpreti francesi Mathieu Amalric) cui si deve l’elocuzione materiale della frase più bella del film: “Non è degli agili la corsa, nè dei forti la guerra, poichè il tempo e il caso raggiungono ogni uomo”. Tutto sommato, ai non facilmente impressionabili, da vedere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a frenky 90 »
[ - ] lascia un commento a frenky 90 »
|
|
d'accordo? |
|
bogia
|
sabato 7 febbraio 2009
|
daniel daniel e basta
|
|
|
|
nn è il mio genere di film però puo andare...mitiko daniel craig!
|
|
[+] lascia un commento a bogia »
[ - ] lascia un commento a bogia »
|
|
d'accordo? |
|
francesco
|
domenica 12 ottobre 2008
|
munich 1972
|
|
|
|
un film storico, ben costruito. Impeccabile il passaggio in cui si avverte la trasformazione della missione da un affare di stato ad una questione personale: dietro ogni guerra ci sono delle persone, con delle storie, delle emozioni, dei desideri. Duro, scarno ma proprio per questo intensissimo.
[+] munich
(di roberta)
[ - ] munich
|
|
[+] lascia un commento a francesco »
[ - ] lascia un commento a francesco »
|
|
d'accordo? |
|
freaks
|
domenica 31 agosto 2008
|
altra delusione
|
|
|
|
Da Spielberg ormai non mi attendo più niente! Dopo aver visto questo film posso dire che il regista di E.T. è ormai finito, non riesce più a fare un cinema di livello: si pensi agli splendidi L'impero del sole, Schindler's List e il colore viola. Lento, fiacco, noioso.
[+] doppiatore
(di roberta)
[ - ] doppiatore
|
|
[+] lascia un commento a freaks »
[ - ] lascia un commento a freaks »
|
|
d'accordo? |
|
stefano v.
|
sabato 12 luglio 2008
|
spielberg non scivola nel banale
|
|
|
|
Olimpiadi di monaco 72,settembre nero,servizi segreti israeliani,sono il mix di questo film di Spielberg, a tratti la trama è forzata, ma scorre volentieri nonostante il film duri più di 2 ore e mezza, bene Bana, un po' meno il suo doppiatore, che sembra essere uscito da quelle telenovele italiane anni 80. Il tema del film è scontato, i decennali conflitti tra Israele e i Palestinesi di Al Fatha, tra i quali la pace non avverrà mai, facendolo notare lo stesso Spielberg in alcune inquadrature o dialoghi, nonostante si noti la mano filoisraeliana del regista. Tutto sommato è un buon film.
|
|
[+] lascia un commento a stefano v. »
[ - ] lascia un commento a stefano v. »
|
|
d'accordo? |
|
jasonnn2006
|
venerdì 4 luglio 2008
|
capolavoro
|
|
|
|
davvero un lavoro intenso..
|
|
[+] lascia un commento a jasonnn2006 »
[ - ] lascia un commento a jasonnn2006 »
|
|
d'accordo? |
|
paride
|
venerdì 20 giugno 2008
|
bravo spielberg
|
|
|
|
Bellissimo e intenso! Onore a Spielberg che ha affrontato con (moderato) coraggio lo spinoso tema del conflitto israelo-palestinese. Credibile Eric Bana nella parte dell'uomo che, pur avendo sempre pensato di essere dalla parte della ragione, ad un certo punto si ferma a riflettere.
|
|
[+] lascia un commento a paride »
[ - ] lascia un commento a paride »
|
|
d'accordo? |
|
mamma
|
domenica 11 maggio 2008
|
che vomito...
|
|
|
|
|
|
[+] lascia un commento a mamma »
[ - ] lascia un commento a mamma »
|
|
d'accordo? |
|
|