Nanook l'eschimese, girato nel 1922, rappresenta il primo tentativo, riuscito, di unire cinema a documentario e ancora oggi è possibile apprezzarne la vena realistico-poetica dettata dalla regia di Robert Flaherty che ci racconta la vita di una famiglia alle prese con il suo quotidiano.
Un cinema "antropologico" che "Il cane giallo" riprende con finalità analoghe e con in più il colore e il gusto estetico della ripresa (peraltro mai invasiva). Vita di tutti i giorni di una bambina di otto anni, con fratellino e sorellina alle prese con la tranquilla vita di tutti. Un cagnolino entrerà a far parte della sua vita diventando il tipico elemento di catarsi e crescita.
Quando la modernità entra nella vita del gruppo non è mai risolutrice: un recipiente in plastica che brucia sul fuoco, o un orribile cagnolino di peluche possono al massimo rappresentare uno squallido simulacro di modernità e vengono regolarmente rigettati.
Film sobrio e meditativo, mai noioso, davvero unico nella sua semplicità.
Fabrizio Dividi
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