maria cristina nascosi
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mercoledì 3 maggio 2006
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storia poetica di bimba con cane in mongolia
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IL CANE GIALLO DELLA MONGOLIA
di Byambasuren Davaa
Interpretato da una famiglia nomade e presentato in anteprima con grande successo al Festival del Nuovo Cinema di Pesaro del 2005, il film è tratto da un racconto di Gantuya Lhagua.
Una bimba è salvata dagli avvoltoi grazie ad un cane abbandonato dai nomadi, suoi familiari.
Storia di fiction, dunque, su di un impianto documentaristico, visto che la famiglia nomade e l’ambiente in cui vivono per mesi sono reali, come nello stile della giovane regista mongola, classe 1971, di cui già s’era visto Storia del cammello che piange.
Girato con sensibile delicatezza e realismo poetico quasi allo stato puro, di chiara impronta femminile, il bel docu-fiction rappresenta anche un interessante spaccato etno-antropologico dei nomadi della Mongolia di oggi, sospeso fra tradizione atavico-abitudinaria ed innovamento del quotidiano.
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IL CANE GIALLO DELLA MONGOLIA
di Byambasuren Davaa
Interpretato da una famiglia nomade e presentato in anteprima con grande successo al Festival del Nuovo Cinema di Pesaro del 2005, il film è tratto da un racconto di Gantuya Lhagua.
Una bimba è salvata dagli avvoltoi grazie ad un cane abbandonato dai nomadi, suoi familiari.
Storia di fiction, dunque, su di un impianto documentaristico, visto che la famiglia nomade e l’ambiente in cui vivono per mesi sono reali, come nello stile della giovane regista mongola, classe 1971, di cui già s’era visto Storia del cammello che piange.
Girato con sensibile delicatezza e realismo poetico quasi allo stato puro, di chiara impronta femminile, il bel docu-fiction rappresenta anche un interessante spaccato etno-antropologico dei nomadi della Mongolia di oggi, sospeso fra tradizione atavico-abitudinaria ed innovamento del quotidiano.
Narrato con disarmante semplicità è, come solo le cose davvero semplici sanno trasmettere, fonte e principio di grande autenticità, sia reale che metaforica.
MARIA CRISTINA NASCOSI
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fabrizio dividi
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venerdì 25 settembre 2009
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nanook dei nostri tempi
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Nanook l'eschimese, girato nel 1922, rappresenta il primo tentativo, riuscito, di unire cinema a documentario e ancora oggi è possibile apprezzarne la vena realistico-poetica dettata dalla regia di Robert Flaherty che ci racconta la vita di una famiglia alle prese con il suo quotidiano.
Un cinema "antropologico" che "Il cane giallo" riprende con finalità analoghe e con in più il colore e il gusto estetico della ripresa (peraltro mai invasiva). Vita di tutti i giorni di una bambina di otto anni, con fratellino e sorellina alle prese con la tranquilla vita di tutti. Un cagnolino entrerà a far parte della sua vita diventando il tipico elemento di catarsi e crescita.
Quando la modernità entra nella vita del gruppo non è mai risolutrice: un recipiente in plastica che brucia sul fuoco, o un orribile cagnolino di peluche possono al massimo rappresentare uno squallido simulacro di modernità e vengono regolarmente rigettati.
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Nanook l'eschimese, girato nel 1922, rappresenta il primo tentativo, riuscito, di unire cinema a documentario e ancora oggi è possibile apprezzarne la vena realistico-poetica dettata dalla regia di Robert Flaherty che ci racconta la vita di una famiglia alle prese con il suo quotidiano.
Un cinema "antropologico" che "Il cane giallo" riprende con finalità analoghe e con in più il colore e il gusto estetico della ripresa (peraltro mai invasiva). Vita di tutti i giorni di una bambina di otto anni, con fratellino e sorellina alle prese con la tranquilla vita di tutti. Un cagnolino entrerà a far parte della sua vita diventando il tipico elemento di catarsi e crescita.
Quando la modernità entra nella vita del gruppo non è mai risolutrice: un recipiente in plastica che brucia sul fuoco, o un orribile cagnolino di peluche possono al massimo rappresentare uno squallido simulacro di modernità e vengono regolarmente rigettati.
Film sobrio e meditativo, mai noioso, davvero unico nella sua semplicità.
Fabrizio Dividi
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