great steven
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lunedì 17 dicembre 2018
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duelli, boschi, traditori e intrighi di palazzo.
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LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI (CINA/HK, 2004) diretto da ZHANG YIMOU. Interpretato da TAKESHI KANESHIRO, ANDY LAU, ZHANG ZIYI, DANDAN SONG
Wuxiapian è un vocabolo che, già nel 2004, cominciava a riacquistare il suo fascino e, dopo aver assistito alla proiezione di questo film, capirne la ragione diventa un gioco da ragazzi. Yimou, dopo il fantastico Hero, realizza un’altra opera sospesa sul filo del tempo e avviluppata da un’ impalpabile aura poetica. Anno 859 d.C.: il declino della dinastia regnante dei Tang è sotto gli occhi di tutti. Numerosi gruppi sovversivi caldeggiano nell’oscurità il crollo del governo imperiale, ritenuto responsabile della decadenza morale in cui riversa la Cina da molto tempo.
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LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI (CINA/HK, 2004) diretto da ZHANG YIMOU. Interpretato da TAKESHI KANESHIRO, ANDY LAU, ZHANG ZIYI, DANDAN SONG
Wuxiapian è un vocabolo che, già nel 2004, cominciava a riacquistare il suo fascino e, dopo aver assistito alla proiezione di questo film, capirne la ragione diventa un gioco da ragazzi. Yimou, dopo il fantastico Hero, realizza un’altra opera sospesa sul filo del tempo e avviluppata da un’ impalpabile aura poetica. Anno 859 d.C.: il declino della dinastia regnante dei Tang è sotto gli occhi di tutti. Numerosi gruppi sovversivi caldeggiano nell’oscurità il crollo del governo imperiale, ritenuto responsabile della decadenza morale in cui riversa la Cina da molto tempo. Una danzatrice cieca è sospettata di appartenere alla temibile fazione denominata "Il Clan dei Pugnali Volanti". Due ufficiali dell’esercito tentano di far uscire allo scoperto gli alti vertici della casata fuorilegge adoperando la ragazza come esca, ma poiché se ne invaghiscono, l’amore gioca loro il decisivo tiro mancino, mandando in rovina i piani di cui erano stati incaricati. Chris Doyle (Hero) è stato rimpiazzato come direttore della fotografia da Zhao Xiaoding, ma il registro finale rimane identico: il risultato è un lavoro sovraccarico di colori che domanda di essere guardato e attrae lo spettatore mozzando il fiato in ben più di un’occasione. Non a caso lo spettacolo dà le vertigini a livello visivo, è talmente colmo di contrasti e sfumature da risultare spesso stupefacente nello svariare sul fronte dello spettro del visibile in modo fluido ed emozionante. Non occorrono simbolismi astrusi se ci si lascia trasportare dalla soavità delle musiche, echi tradizionali che sostengono e incorniciano la potenza delle superbe immagini. L’autore sembra aver trovato una dimensione ideale che gli funga da mezzo espressivo personalissimo di un’enorme utilità tanto per la forma quanto per i contenuti. Temi cari a Yimou quali la posizione del singolo rispetto al potere, sotto qualunque aspetto si manifesti, trovano nelle ambientazioni storiche uno spazio pressoché illimitato. Viene affrontato l’argomento della ragion di stato contrapposto all’individualità in maniera assai puntuale e verosimile, meno vertente su ideali assoluti rispetto a precedenti opus. Le tematiche vengono affrontate in un’ottica dove l’eroismo, calibrato sul lirismo narrativo e sul risvolto romantico, sorge da attrazioni personali talmente forti da prevaricare su ogni regola o divieto marziale. In confronto ad Hero, è tutto molto meno "iperuranico" e più volutamente sfaccettato: i combattimenti appaiono quasi "umani" (pur eccedendo talvolta nell’immaginifico fine a sé stesso), le azioni dei protagonisti sono valorose ma a misura d’uomo e perfino l’impianto visivo è più reattivo, cangiante, meno monocromatico e definito. Sotto questa veste, la pellicola focalizza differenti facce delle stesse tematiche e finisce con l’essere, per molti versi, complementare al capitolo cinematografico precedente del regista. Se Hero trovava i suoi limiti in un ritmo a tratti macchinosamente ingolfato, La foresta dei pugnali volanti è scandito da tempi impeccabili che lo fanno vorticare verso il sublime. Di tutto rispetto il cast: A. Lau non delude affatto e Z. Ziyi cresce film dopo film (da sottolineare il considerevole salto di qualità da La tigre e il dragone). Da sempre, in amore e in guerra, non esistono regole, se non quella di perseguire la propria causa con ogni mezzo: questo il significato conclusivo che giunge con maggior efficacia, tra i numerosi spunti di elementare attualizzazione che l’opera mette in campo. Quello che potrebbe destare qualche perplessità è il brusco cambio di registro che si verifica negli ultimi trenta minuti. Abbandonati plot e assunto di partenza, la storia pare convertirsi in un cupo melodramma, un ménage à trois in piena regola tipo Jules e Jim, innaffiato dal sangue dei tre personaggi principali e l’infrastruttura, robusta per altro, che regista e sceneggiatore avevano eretto come trave portante del film, subisce alcuni colpi preoccupanti. Tuttavia, alla fine dei conti, pure questa scena ha una sua logica, dacché il prode Jin afferma: «Non siamo che pedine su una scacchiera». E così, mentre la battaglia definitiva fra l’esercito governativo e il clan dei Pugnali Volanti viene lasciato all’immaginazione del pubblico, quest’ultimo è avvinto da sbalorditivi e reiterati colpi di scena, che richiamano a viva voce il romanzo d’appendice, mentre, grazie all’abilità dei tre attori principali, lo scontro finale li garantisce ampiamente. Yimou segna un altro passo avanti nella sua personale interpretazione del tema Wuxia, fermi restando alcuni cliché del genere, ma snellendo parecchio il contorno, il quale risulta più fresco, immediato e comprensibile per chi, cinematograficamente, non ha mai messo piede in Oriente. Notevole, d’altronde, il suo lavoro di cesello sui personaggi, pochi per non confondere chi guarda, ma talmente coinvolgenti da farli entrare subito in empatia con gli spettatori. Respingendo incredulità barocche e stilismi ricercati, il film rappresenta un distillato estremamente prezioso di emozioni, da non perdere per nulla al mondo.
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charlo
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martedì 8 febbraio 2005
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combattimenti al servizio dello spettacolo
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non capisco come si possa dire che i combattimenti de "la foresta dei pugnali volanti" siamo meno pesanti meno "barocchi" di HERO!... la serie di evoluzioni presenti in quest'ultimo non sono solo una trovata spettacolare ma sono parte della cultura cinese, secondo questa infatti, la forza spirituale (il KI) può essere utilizzata per migliorare le proprie capacità fisiche; ne derivano combattimenti sopra le acque o salti particolarmente leggeri, tuttavia rientrano in una concezione con una sua logica.
Invece ne "la foresta dei pugnali volanti" i combattimenti non presentano alcuna logica, non c'è nessuna tradizione o cultura, tutto è orientato allo spettacolo: quattro freccie partite con 15 secondi di ritardo l'una dall'altra si scontrano con il bersaglio contemporaneamente, le freccie rimbalzano e fanno gli angoli, ma sopratutto sei o sette guerrieri con le mitragliatrici di bambùche radono al suolo una foresta in un secondo e proprio quando possono colpire i protagonisti devono ricaricare le armi.
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non capisco come si possa dire che i combattimenti de "la foresta dei pugnali volanti" siamo meno pesanti meno "barocchi" di HERO!... la serie di evoluzioni presenti in quest'ultimo non sono solo una trovata spettacolare ma sono parte della cultura cinese, secondo questa infatti, la forza spirituale (il KI) può essere utilizzata per migliorare le proprie capacità fisiche; ne derivano combattimenti sopra le acque o salti particolarmente leggeri, tuttavia rientrano in una concezione con una sua logica.
Invece ne "la foresta dei pugnali volanti" i combattimenti non presentano alcuna logica, non c'è nessuna tradizione o cultura, tutto è orientato allo spettacolo: quattro freccie partite con 15 secondi di ritardo l'una dall'altra si scontrano con il bersaglio contemporaneamente, le freccie rimbalzano e fanno gli angoli, ma sopratutto sei o sette guerrieri con le mitragliatrici di bambùche radono al suolo una foresta in un secondo e proprio quando possono colpire i protagonisti devono ricaricare le armi... privo di qualunque senso l'immortalità dei protagonisti alla fine del film, dopo affettamenti vari e pugnalate un po' dappertutto!...
barocco non può essere definito Hero, anzi quasi si può dire classico, poichè la forma coincide con la funzione, e ciò si può vedere nei colori, non buttati a caso col solo fine di ammaliare gli spettatori come ne "la foresta...", ma utilizzati saggiamente per definire e completare i racconti dei personaggi... La poesia è questo, significati nascosti, concetti che si compenetrano grazie ai colori e alle parole che li esprimono.
P.S.: Notevolmente superiore "La Tigre E Il Dragone", stupendo successore dei classici wuxia, forse persino tendente ad un altro genere, privato della violenza (i combattimenti sono più che altro coreografie e comunque non fungono da scene d'azione ma quasi da momenti di analisi introspettive nelle quali vengono presentati i personaggi e nelle quali i personaggi si conoscono e si rapportano; per esempio Li Mu Bai non combatte mai), più introspettivo (in effetti si tratta di una storia di formazione del personaggio di Jin, con tutti gli eventi che ne hanno determinato la mentalità)... è esemplare inoltre il tributo dato da questo film ad una scena obbligatoria per tutti i wuxia: il combattimento nella foresta di bambù; esso è reso con una delicatezza e raffinatezza sublimi che non lo rendono nemmeno un combattimento, ma il punto focale della trasformazione della mentalità di Jin...
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francesco2
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venerdì 29 luglio 2011
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non un pugnale di meno
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Dunque Zhang sembra essersi convertito a questo genere" Wuxiapian": dunque, "Hero” sembra non essere stato un episodio, o almeno questo si pensava prima di "Mille miglia.....lontano", film uscito -Peraltro tra non poche perplessità- in Italia, ma non nella città dove è nato ed abita chi scrive. Qualcuno sostiene che il nuovo Zhang, che spazia tra regista d'opera ed autore cinematografico non più celebrato abbia (intra) preso questa strada spinto dalle censure del suo paese, che lo hanno fatto desistere, almeno parzialmente, dal realizzare un certo tipo di cinema.
Ma è proprio così? Certo mi appare che, paradossalmente , questo film rischia di apparire meno fastidioso di "Hero", insieme di "Topoi" arricchiti(?) da un senso epico ed etico.
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Dunque Zhang sembra essersi convertito a questo genere" Wuxiapian": dunque, "Hero” sembra non essere stato un episodio, o almeno questo si pensava prima di "Mille miglia.....lontano", film uscito -Peraltro tra non poche perplessità- in Italia, ma non nella città dove è nato ed abita chi scrive. Qualcuno sostiene che il nuovo Zhang, che spazia tra regista d'opera ed autore cinematografico non più celebrato abbia (intra) preso questa strada spinto dalle censure del suo paese, che lo hanno fatto desistere, almeno parzialmente, dal realizzare un certo tipo di cinema.
Ma è proprio così? Certo mi appare che, paradossalmente , questo film rischia di apparire meno fastidioso di "Hero", insieme di "Topoi" arricchiti(?) da un senso epico ed etico. Eppure, in questa "Semplicità" il regista non rinuncia a certi valori come il rispetto per la comunità che va oltre i propri sentimenti, anche i più intimi e viscerali.
Poi ciò spesso si annacqua. Perché il film, purtroppo, spesso non è come il vento menzionato dal protagonista, che è al contempo lieve ed imprevedibile. La levità è difficilmente raggiungibile ove si scivola nella superficialità, e per annoiare di meno con l'amore-tipo e le battaglie mirabolanti si ricorre ad effetti visivi davvero troppo inverosimili anche nel contesto cinematografico (Una persona, per fare un esempio, che lancia diversi pugnali in una volta sola). In più il vento è appunto "Imprevedibille", il contrario di ciò che appare questa storia d'amore, dove al LUI forse taoista o comunque non confuciano, si contrappone una LEI più dalla parte di Confucio; in realtà da un lato mente sulla sua cecità(sic!) e non solo, dall'altra però ha il già citato s enso ella "Comunità" e dei valori collettivi che al suo lui sembrano proprio mancare. Non rappresenta il vento, ma alla stabilità, ed in qualche modo la grazia, come dimostra una delle prime scene del film dove si improvvisa(davvero?) guerriera: mescolando peraltro la delicatezza con la forza, “fusionE2 che potrebbe essere considerata una “Cifra stilistica2”dell’intero film.
Qualcuno potrebbe obiettare che la sua reazione si fa più imprevedibile quando è incapace di sacrificare questi ideali all'amore, quello vero, ma ciò non toglie che il canovaccio di fondo resti prevedibile; alla fine, la sua doppia natura già estrinsecata (Al contempo bugiarda ed idealista, guerriera ed innamorata ecc.) non le verrà perdonata da chi veda nella donna un puro e semplice oggetto, che non ha il diritto di ribellarsi né ai vincoli del "gruppo” né a quelli (im)posti dall'amore canonico. Ma sarà lei, alla fine, che tingerà definitivamente di rosso la neve; a differenza di Giovanna D'Arco, che muore per la comunità, o del “Maestro del tè” di Kumai, che fa harakiri per motivi difficili da comprendere per noi occidentali, il personaggio della Ziyi lo fa (Semplicemente) per amore. Si è immolata,come la Ryan in "The City of angels". Ma questa è solo un'ulteriore conferma di quanto questo film sia, di fondo, acqua fresca, e non sempre piacevole da sorseggiare.
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[+] una triste visione
(di claudio ghiazza)
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andrea giostra
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domenica 18 novembre 2012
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la potenza dell'amore.
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La Foresta dei Pugnali Volanti (2004)
E’ un bellissimo film che racconta di complotti e contro-complotti, intrighi e tradimenti, inganni e contro-inganni, cospirazioni e congiure, lealtà e fedeltà, amore e vendetta, altruismo e generosità.
La fotografia è superba e vorticosamente attraente. Lo spettacolo di danze e combattimenti affascinante e fantastico. Le musiche delicate e raffinate. Lo spettatore ne rimane affascinato e incantato. Ma tutto questo è solo la cornice di un messaggio più grande e straordinario.
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La Foresta dei Pugnali Volanti (2004)
E’ un bellissimo film che racconta di complotti e contro-complotti, intrighi e tradimenti, inganni e contro-inganni, cospirazioni e congiure, lealtà e fedeltà, amore e vendetta, altruismo e generosità.
La fotografia è superba e vorticosamente attraente. Lo spettacolo di danze e combattimenti affascinante e fantastico. Le musiche delicate e raffinate. Lo spettatore ne rimane affascinato e incantato. Ma tutto questo è solo la cornice di un messaggio più grande e straordinario.
Zhang Yimou, prendendo magistralmente spunto dall’inizio della caduta della dinastia Tang, nell’anno 859 d.c., ci racconta brillantemente come spesso “La Ragion di Stato” viene demolita e compromessa dall’umanità e da sentimenti puri ed ancestrali che sovrastano l’obbedienza e la disciplina.
Ed è un messaggio che oggi, nell’inverno dell’anno 2012, appare assolutamente contemporaneo e attuale. “La Ragione di Stato” è la ragione dei poteri forti sui “poteri deboli”: sul potere espresso dalla famiglia, sul potere conquistato dai commercianti e dalle piccole imprese, sul potere della competenza accumulato dai piccoli professionisti e dagli instancabili operai, sul potere della conoscenza, del sapere e dell’insegnamento. Ed è un “piccolo” potere che si vuole ceda il passo al potere dei più forti: il potere economico e il potere politico. E’ lì che ha inizio la caduta di uno degli imperi più virtuosi e potenti della storia cinese del primo millennio. Ed è sempre lì che prende il sopravvento la vera e più profonda natura dell’uomo. Non esiste forza di volontà che possa reggere i colpi devastanti dell’amore puro ed impetuoso. E’ questo che, con una narrazione poeticamente coinvolgente, ribadisce allo spettatore il bravissimo regista: l’inesorabile supremazia dell’amore sopra ogni altra forza terrena.
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sergio bonfiglio
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domenica 6 febbraio 2005
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un film strano
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Perchè, uno si domanda, scomodare Kurosawa, realizzare una fotografica degna degli impressionisti francesi, scrivere una bellissima storia piena di suspance e di colpi di scena, condire il tutto con un sapido finale shakespeariano e ... poi finire invischiati in una brodaglia kung-fu anni '70 finto militare, del tutto inutile e del tutto gratuita ?
La fotografia è grande, fresca e dinamica. Altri considerano la cinepresa come un'estensione degli occhi dello spettatore seduto di fronte alla scena, come a teatro, e che quindi non cambia mai. Ma non Zhang, che ti porta dentro la scena, tra gli attori. Anche l'uso del colore è grande. I cromatismi della natura immergono lo spettatore in un sogno ad occhi aperti.
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Perchè, uno si domanda, scomodare Kurosawa, realizzare una fotografica degna degli impressionisti francesi, scrivere una bellissima storia piena di suspance e di colpi di scena, condire il tutto con un sapido finale shakespeariano e ... poi finire invischiati in una brodaglia kung-fu anni '70 finto militare, del tutto inutile e del tutto gratuita ?
La fotografia è grande, fresca e dinamica. Altri considerano la cinepresa come un'estensione degli occhi dello spettatore seduto di fronte alla scena, come a teatro, e che quindi non cambia mai. Ma non Zhang, che ti porta dentro la scena, tra gli attori. Anche l'uso del colore è grande. I cromatismi della natura immergono lo spettatore in un sogno ad occhi aperti. C'è da perdersi nei colori. Il film si svolge in una azione che si sviluppa in poche ore, forse 2 giorni, ma attraverso i colori e la natura di tutte le stagioni.
Il filo poetico del ciclo della vita che si evolve nell'azione dei protagonisti è pieno di promesse e di patti, di sopresa e di rammarico. Questo filo è chiaro e ben leggibile, e la natura gli fa da cornice.
La storia è soprendente, perchè antepone l'amore a tutti gli obbiettivi - potere, libertà, ribellione, dovere - senza essere mai stucchevole. Il miele non è compreso nel menù, eppure tutti i personaggi sono, a loro modo, esseri dolcissimi anche se spesso terribili.
La recitazione, pur soffrendo di evidenti limitazioni dovute alle diverse impostazioni culturali è piacevole e mai forzata come appare in molti flm orientali anche di grande fattura.
E allora perchè, (o Dei dell'Olimpo, rispondete!), perchè infierire sul nostro animo con inutili balzi, voli disumani, coltelli che cambiano direzione in aria, impossibili fluttuazioni, inutili scontri arborei, sfoggio di tecniche shao-lin (monaci in antitesi con il potere centrale) che nulla hanno a che vedere con l'arte militare dell'epoca, con la storia, con la magia dei colori e della splendida campagna cinese ?
Perchè ? Perchè imporci stupidaggini che vanno contro la legge della fisica ? A che scopo ? Io non ho una risposta.
Ho amato molto Zhang Ziyi, che credo sia una tra le donne più belle del mondo. Una vera gioia per gli occhi.
Ho amato la magia del colore, della fotografia e della storia.
Questo fiilm può essere indimenticabile, se lo si affronta come un'esperienza di indagine zen, alla ricerca dei suoi valori veri in mezzo alla "kung-fu spazzatura" stile anni '70.
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kanali85
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sabato 5 febbraio 2005
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la foresta dei pugnali volanti
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Questo film rappreseta la totale incapacità da parte di noi occidentali di poter apprezzare il cinema orientale.
"La Foresta dei Pugnali Volanti" a me on è piaciuto poi tanto. Se la tigre e il Dragone aveva avuto un successo assoluto grazie agli spettacolari combattimenti, alla fotografia di altissimo livello e ad una storia che risultava piuttosto lineare e comprensibile, "Hero" si è rivelato un flop totale. Una storia che non è comprensibile da parte nostra in quanto altamente spezzata e dal ritmo discontinuo. Combattimenti assolutamente non credibili che avrebbero fatto rizzare i capelli a Bruce Lee con uomini costantemente in volo contribuiscono a creare il discontento nel pubblico. tuttavia vi è una grande ricerca nella fotografia che risulta veramente geniale in alcune scene come quando i due amanti vestiti di bianco sono trafitti dalla stessa spada, o quando le foglie gialle si tingono di rosso alla morte del personaggio.
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Questo film rappreseta la totale incapacità da parte di noi occidentali di poter apprezzare il cinema orientale.
"La Foresta dei Pugnali Volanti" a me on è piaciuto poi tanto. Se la tigre e il Dragone aveva avuto un successo assoluto grazie agli spettacolari combattimenti, alla fotografia di altissimo livello e ad una storia che risultava piuttosto lineare e comprensibile, "Hero" si è rivelato un flop totale. Una storia che non è comprensibile da parte nostra in quanto altamente spezzata e dal ritmo discontinuo. Combattimenti assolutamente non credibili che avrebbero fatto rizzare i capelli a Bruce Lee con uomini costantemente in volo contribuiscono a creare il discontento nel pubblico. tuttavia vi è una grande ricerca nella fotografia che risulta veramente geniale in alcune scene come quando i due amanti vestiti di bianco sono trafitti dalla stessa spada, o quando le foglie gialle si tingono di rosso alla morte del personaggio.
Ne "La Foresta Dei Pugnali Volanti" si fa un passo indietro e si cerca di far volare di meno i personaggi e di creare una storia più semplice e narrata in modo più lineare anche se non mancacano i mille combiamenti di scena uno dietro l'altro che tanto piacciono al regista. Ritengo che anche questo genere di film sia molto apprezzabile per la fotografia (meno sperimentale rispetto a "Hero") che ritrae peasaggi da favola con colori e costumi brillanti di altissimo livello. La protagonista poi è molto convincente nel ruolo della ragazza cieca. Tuttavia quando alla fine i due personaggi combattono fino a quando comincia a cadere la neve si ricade nel solito fanatismo di fare le cose eccessivamente in grande. Vi è infatti un'esasperazione in tutte le cose e se da una parte risulta convincente (con i colori brillantissimi dai forti contrasti per esempio) poi sfocia in un eccessiva teatralità da parte degli attori che non diventano più credibili in quanto troppo carichi di pathos. Insomma la mia opinione è che questo genere di film sia molto apprezzabile per la fotografia ma decisamente scadente per quando riguarda i combattimenti e lo svolgimento della storia. non riesco a capire come mai vengano osannati dai critici: un film di ottima, eccellente, innovativa fotografia ma dal montaggio pesante e con una storia e/o una morale incomprensibile per il pubblico non è un buon film.
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(di simona)
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enoc
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lunedì 24 gennaio 2005
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smalto sul nulla
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Zhang Yimou è uno dei registi più sopravvalutati del pianeta: il suo cinema accattivante e ruffiano non ha mancato di riscuotere successi e consensi da parte di critica e pubblico. Passano gli anni e i suoi film continuano ad occupare gli schermi cinematografici di mezzo mondo, appagando spettatori in cerca di emozioni estetiche a buon mercato. Anche stavolta Yimou non si smentisce e confeziona una pellicola intrisa di sentimentalismo e tanto tanto colorata, ma totalmente priva di un'autentica gestione delle emozioni spettatoriali e dei tempi drammatici. Ne scaturisce un film tanto variopinto quanto superficiale, un fotoromanzo che si limita a giustapporre situazioni narrative smaltate ma incapaci di esercitare la minima presa sullo spettatore.
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Zhang Yimou è uno dei registi più sopravvalutati del pianeta: il suo cinema accattivante e ruffiano non ha mancato di riscuotere successi e consensi da parte di critica e pubblico. Passano gli anni e i suoi film continuano ad occupare gli schermi cinematografici di mezzo mondo, appagando spettatori in cerca di emozioni estetiche a buon mercato. Anche stavolta Yimou non si smentisce e confeziona una pellicola intrisa di sentimentalismo e tanto tanto colorata, ma totalmente priva di un'autentica gestione delle emozioni spettatoriali e dei tempi drammatici. Ne scaturisce un film tanto variopinto quanto superficiale, un fotoromanzo che si limita a giustapporre situazioni narrative smaltate ma incapaci di esercitare la minima presa sullo spettatore. Inutile dire che le sequenze di combattimento, firmate come in "Hero" da Ching Siu-tung, sono una spanna sopra tutto il resto. Buone le prove di Zhang Ziyi, Takeshi Kaneshiro ed Andy Lau, laccatissima la fotografia di Zhao Xiaoding e sprecate le musiche di Shigeru "2046" Umebayashi.
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